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Autore: Annatar    19/09/2015    1 recensioni
Anna Nulda, il Dono Segreto, è una giovanissima Istari inviata dai Valar in Arda per l’improvviso risvegliarsi del Male in Dol Guldur nel corso della Terza Era. Data la natura improvvisa della sua chiamata, ella non è ancora in grado di gestire perfettamente i suoi poteri e, per questo, viene assegnata a Romestamo e a Morinethar, i due Stregoni Blu, come Apprendista Istari. Vedrà molti anni passare innanzi a sé, vedrà il suo potere crescere, ma il mondo per lei resterà sempre un grande sogno lontano e bramato. Il suo destino si compirà una volta per tutte quando Gandalf Olòrin la porterà con sé a Minas Tirith, per aiutarlo in certe ricerche segrete riguardo l’Anello Sovrano e, quando conoscerà un certo Capitano della Torre Bianca, il suo amore per il mondo degli Uomini diverrà tale da costringerla a combattere in prima linea per la Libertà su Arda.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Faramir, Gandalf, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il cancello all’entrata della Cittadella era una muraglia di pietra bianca scurita dal tempo con un’unica, stretta e buia porta sorvegliata giorno e notte da guardie armate. Sotto l’arcata, un corridoio buio conduceva ad un’apertura ogivale di luce.
Gandalf salutò con un cenno le guardie impassibili all’entrata e Anna Nulda lo seguì nel buio, i due bastoni che ticchettavano in sincronia sul pavimento duro.
Quando sbucarono dall’altra parte si trovarono in uno spiazzo erboso e silenzioso, a forma di testa di freccia: si trovavano sopra la terrazza del monte Mindolluin, il giardino della città. Lo spazio era diviso in quattro spicchi da candidi sentieri in marmo, con al centro una fontana e un albero maestoso ma rattrappito.
“L’albero di Gondor”, le spiegò Gandalf, “E’ l’albero piantato dalla stirpe dei Re di Gondor ma, da quando la stirpe è andata persa, non è più fiorito”.
“E’ dunque morto?”, chiese Anna, poggiandovi sopra una mano. Debolissimo, riuscì a sentire un alito di vita.
“Solo finché il Re non tornerà sul suo trono.”, rispose Gandalf, poggiando a sua volta la mano sulla corteccia, “Evento in cui confido da tempo immemore”.
L’Istari le sorrise, prima di proseguire verso il grande palazzo di marmo candido che dominava il giardino, sopra cui svettava una torre altissima e longilinea. Anna si schermò il viso dai raggi del sole per vedere lo stendardo di Gondor garrire al vento. Di volata, raggiunsero i gradini che conducevano ala spianata innanzi al palazzo. Col naso insù, ammirò l’imponente struttura: era semplice ed elegante, con un grande rosone tondo che si apriva nella facciata come una fiore, circondato da dodici finestre ad arco in file da tre, profilate nello stesso marmo nero che costituiva lo stipite del portale e il profilo dei gradini.
“Davvero gli Uomini hanno costruito questo da soli?”, sospirò Anna, tornando a guardare Gandalf.
L’Istari ridacchiò. “Certo!”, esclamò, “Ricordati che loro sono della nostra stessa pasta, più o meno. Intelligenza e gusto hanno fatto di loro degli ottimi artigiani.”
Sospirò, ricomponendosi e guardando il portale.
“Adesso entriamo”, disse con aria seria, “Ma prima, un avvertimento: Denethor è il Sovrintendente di Gondor da molti anni ormai, conosce bene il suo ruolo e dunque esercita la sua autorità con notevole bravura. Ti osserverà con grande attenzione e probabilmente ti porrà delle domande per capire cosa vuoi, quindi ricorda: parla poco e niente e lascia fare a me.”
Anna Nulda si strinse maggiormente al bastone, cercando un coraggio che sentiva mancarle, e annuì con un sospiro.
 
All’interno, il palazzo era ancora più bello che all’esterno: piastrellato di bianco, era diviso in tre navate da grandi campate ad arco profilate di marmo nero e sorrette da lisce colonne altrettanto nere. Sotto ogni arcata, una statua in marmo nero osservava i due Istari avanzare: Gandalf puntava dritto al fondo della navata, dove un alto trono vuoto di marmo bianco era posto sopra un palco; Anna si guardava attorno, meravigliata dall’architettura e dalla maestria degli Uomini, finché non si fermò accanto a Gandalf, puntando gli occhi nella sua stessa direzione: un uomo era seduto su un trono nero, spoglio di qualsiasi orpello, posto alla destra del trono vuoto ma ai piedi del palco.
L’uomo era giovane e aveva gli occhi chiari. Il viso era squadrato ma ammorbidito dalla barba rossiccia, in cui si perdevano le labbra sottili, e il naso dal profilo forte gli dava un’aria nobile. Portava i capelli lunghi, come sembrava essere di costume a Gondor, e li osservava senza parlare con un misto di curiosità e diffidenza stando seduto di sbieco sul trono con la spada posata sulle ginocchia.
“Mithrandir”, lo salutò infine l’uomo, alzandosi. Era molto alto e dalla corporatura massiccia, notò Anna, e il suo portamento gli ricordò Aragorn, anche se aveva decisamente un aspetto migliore, vestito di cuoio nero e con la spada in mano. L’uomo lanciò una breve occhiata alla ragazza, soppesandola.
 “Qual buon vento ti conduce qui?” Chiese ancora, mentre gli occhi andavano dall’uno all’altra.
Gandalf piegò appena il capo.
“Il vento della guerra, Boromir figlio di Denethor”, iniziò lo stregone , “Mi ha sospinto a Minas Tirith per accertarmi che Mordor non vi avesse sopraffatto. Nei territori della Rhun si ammassano eserciti che muovono contro di voi”.
A quelle parole, Anna Nulda andò con la mente ai suoi maestri: loro erano proprio la, dove il Male andava acuendosi.
La bocca dello stomaco le si chiuse a quel pensiero.
Boromir sorrise, sarcastico.
Nessun buon vento, dunque”, sospirò l’uomo, incrociando le braccia sul petto. “So bene quali sono i pericoli per Gondor, Mithrandir, non c’è bisogno che me li ripeti”, proseguì lui passandosi una mano sul viso, “Tuttavia, le tue visite non arrivano mai per caso e raramente sono di piacere. Dunque, dimmi: cosa fate nella mia città tu e questa fanciulla?”
Fanciulla?, pensò Anna, senza distogliere gli occhi dall’uomo. Sembro davvero così giovane?
Gandalf sorrise, freddo. “Come vedo, gli anni ti hanno reso acuto, Capitano di Gondor. Ho un favore da chiedere alla casata dei Sovrintendenti. Dimmi, dov’è tuo padre? Vorrei parlarne anche alla sua presenza.”
Boromir scosse la testa. “Mio padre è rimasto nella sua torre, stamattina, a rimuginare come spesso fa, in questi tempi bui. Ha lasciato a me il compito di gestire gli affari della giornata, quindi sono il reggente di turno, oggi. Dunque, parla con me: se è nei miei poteri, ti aiuterò volentieri”.
Gandalf storse la bocca ma si costrinse a parlare per non apparire scortese.
“Avrei bisogno che la mia allieva”, accennò ad Anna, “Facesse delle ricerche per me nella vostra biblioteca”.
Boromir puntò di nuovo lo sguardo su Anna, incuriosito. “E di quale natura sarebbero queste ricerche, si può sapere?”
“Storiche”, rispose Anna prima di Gandalf, sentendo gli occhi scontenti di lui puntati addosso.
Boromir si mosse di un passo nella sua direzione, studiandola con attenzione: fanciulla, l’aveva chiamata, ma ora che osservava i suoi occhi vi leggeva ben altro che la spensieratezza della giovinezza e, sicuramente, il fatto che fosse con Gandalf la rendeva diversa da qualsiasi altra fanciulla avesse mai conosciuto.
Le sorrise, cercando di apparire cortese.
“Si da il caso che la biblioteca di Gondor sia la più fornita tra tutte quelle di Arda, persino più di quella di Isengard”, l’informò, “Mio fratello sarebbe un ottimo compagno per le vostre letture e sicuramente vi aiuterebbe nelle ricerche, se non fosse impegnato nell’Ithilien per monitorare il fronte contro i Sudroni”.
Gandaslf alzò un sopracciglio, scontento del tono sarcastico del principe. “Queste ricerche potrebbero salvare la vita di molti.”
“Certo, stando comodamente seduti ad uno scrittoio mentre fuori i miei uomini si fanno massacrare!”, sbuffò Boromir, contrariato. “Con i tuoi poteri, Mithrandir, potresti aiutarci molto, lo sai bene.”
Gandalf si irrigidì. “Questo adesso non è il mio compito”, mormorò, “Ho altro da fare, ma credimi: questa ricerca non sarà vana.”
 “Non farò delle ricerche di piacere”, intervenne Anna, cercando di apparire conciliante, “Ma solo dei modi per… sconfiggere Sauron. Lo giuro.” Si stava lasciando sfuggire il vero motivo delle sue ricerche.
Boromir  roteò gli occhi al cielo, esasperato. “E credi che in quel vecchio ammasso di carte troverai la tua risposta? Sei una folle.”
Anna si irrigidì, incupendosi. “Forse, ma almeno io cercherò una strada alternativa allo spargimento di sangue”, sussurrò continuando a fissarlo.
Boromir scosse il capo, contrariato, osservando la luce alla sommità del bastone della ragazza pulsare debolmente.
“Lo spargimento di sangue ci sarà, ne più ne meno. Il tuo è solo un perdere tempo, donna.”
“Non ho detto che dovrete tenermi la mano mentre cerco le mie risposte”, sibilò Anna a sua volta, la luce del bastone che andava acuendosi. “Voi siete un soldato, a quanto sembra: pensate al vostro, di lavoro, e lasciate che io compia il mio in pace.”
Gli occhi di Boromir lampeggiarono d’ira, mentre fissavano quella ragazzina dai capelli corti e gli occhi saggi.
Qualcuno che osa tenermi testa, pensò il Capitano.
Quell’aria di sicurezza e di determinazione lo infastidivano ma, inevitabilmente, attiravano la sua attenzione.
Si accorse, non con un certo stupore, che i suoi lineamenti erano piacevoli alla vista. Perché non darle una possibilità?
 “E sia”, disse infine tornando a sedersi sul trono dopo un attimo di silenzio. “Avete il mio permesso per accedere alla biblioteca di Gondor. Solo una cortesia: attendete prima il benestare di mio padre. Una volta ottenuto quello, potrete muovervi come vorrete.”
Gandalf si inchinò leggermente e Anna fece lo stesso, mentre un servo veniva chiamato per essere mandato alla torre di osservazione di Denethor.
“Per quanto fate conto di fermarvi?”, chiese Boromir.
“Lei si fermerà per il tempo necessario, mentre io partirò questa sera stessa con un rapido corriere, alla volta dell’Ovest.”
“Se vai dai tuoi amici elfi, ricordagli che Gondor ha bisogno di aiuto per fronteggiare il Male”, disse Boromir, per poi sospirare con aria afflitta, volgendo lo sguardo al cielo oltre il rosone. “Ogni notte che passa credo che non rivedrò la luce del giorno: l’oscurità si fa così fitta e le stelle sono sempre più rare che ogni alba è una grazia, per me.”
“Come vanno le cose?” Volle informarsi Gandalf.
Anche Anna ascoltava, curiosa.
“L’Ithilien è disabitato da anni, questo lo sai. Minas Morgul ha in serbo per noi delle sorprese, ne sono più che certo, ma è dalla Rhun che vengono i guai peggiori: Sudroni ed Esterling sono stati visti dai nostri esploratori marciare in lungo e in largo e, con loro, vi erano anche dei cavalieri neri.”
Gandalf si fece più attento. “Che genere di cavalieri neri?”
Boromir sorrise, freddo. “Del genere che non vorresti mai incontrare, Mithrandir, nemmeno alla luce di mezzogiorno. Sono servi di Lui, e vanno in giro a reclutare vite umane e non. Ne hanno contati otto, le sentinelle, ma questo non vuol dire che non ve ne siano molti di più.”
Anna vide Gandalf farsi ancora più serio di prima. “Questo non è bene, non è bene affatto!”, borbottò più a se stesso che a loro, “Sarà un motivo di preoccupazione in più per il Bianco Consiglio.”
“Lieto di averti dato una buona notizia!”, esclamò con aria sarcastica Boromir, alzandosi mentre un servo portava tre calici e una brocca d’argento su un vassoio. Boromir si versò dell’idromele e ne offerse anche a Gandalf e Anna.
Cercando di stemperare l’atmosfera cupa e di dimenticare il battibecco di prima, si avvicinò alla ragazza.
“Dunque ti fermerai a Minas Thirit per un po’, mia signora”, le disse, osservandola mentre annusava il contenuto del calice. Lei annuì, assaggiando un po’ di quel liquido chiaro e torbido. “Esatto”, commentò, scoprendo che l’idromele non era poi tanto male.
“Dove alloggiate?”, chiese ancora Boromir.
“Alla prima cerchia”, rispose Gandalf per Anna. “Sarà ospite di Mirthilde.”
“Oh, allora sarete alla locanda migliore della città!”, sostenne Boromir,  “Il comando militare è poco lontano da lì, mentre la biblioteca si trova nella sesta cerchia”.
Anna annuì, distratta, continuando a sorseggiare la bevanda.
“E’ raro trovarmi qui a palazzo, proprio perché passo il mio tempo al comando”, continuò Boromir osservandola, “Forse, vorrete venire ogni tanto a dirmi come procedono le vostre ricerche?”
“Forse”, concordò Anna versandosi dell’altro idromele e facendo ridere Gandalf.
Molto bene, si disse l’Istari nascondendo il sorriso nel calice, davvero uno splendido inizio.
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Si ci sono ancora… è da inizio anno che non pubblico, nella mia altalenante amicizia con l’ispirazione.
Or bene…che dire? Eccoli qua, i nostri due eroi! Lei, una strega senza alcuna conoscenza del mondo,
lui… beh, è semplicemente lui. Sono curiosa di vedere come lo caratterizzerò… Seguitemi e vedrete!
Penso proprio che la storia ripartirà alla grande!

Un grazie grande a tutti quelli che leggeranno in silenzio e recensiranno!
Annatar.
   
 
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