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Autore: Abigail_Cherry    19/09/2015    1 recensioni
"Il tuo nome non ti definisce come persona. Ognuno è quello che è, indipendentemente dal proprio nome. Ed io dico che tu sei intelligente, sgargiante ed adorabile. Questo è ciò che sei."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 18:
Il Latte e i Biscotti
 
Nel pomeriggio seguente, ho chiamato Andrew perché venisse a riparare il mio computer, che avevo passato tutta la mattina a riempire di virus.
«Non capisco» dice Andrew, scorrendo la lista dei problemi di sistema sul computer.
«Cosa?» chiedo.
«Hai detto che hai questo computer da pochi mesi, come fai ad aver installato tutti questi virus? Sono più di cento!»
«Non saprei proprio...»
«In più, tu hai un buon antivirus, solo col tuo permesso avrebbe potuto installarli...»
Sorvolo l'argomento. «Quindi, li puoi togliere o no?»
«Sì, certo, non sarà difficile. Sono tutti virus a basso rischio, quindi non penso ci metterò molto.»
«Va bene. Ti lascio solo allora.» Gli accarezzo una spalla, sperando di provocargli qualche brivido, ma lui non se ne accorge neanche, troppo concentrato sul computer. «Avvertimi quando hai finito.»
Uscendo dalla mia stanza con un po' di delusione in volto, noto che Cameron è in piedi appena fuori dalla porta.
«Adesso mi segui?» chiedo, chiudendo la porta.
«Affatto» risponde. «Ma mi diverte vederti cercare di sedurre un mago dei computer mentre è già col suo amore più grande.»
«Stai dicendo che non mi guarderà mai finché sarà al computer?»
«Cavolo, sei sveglia» mi risponde con un sorriso beffardo.
«Ma io l'ho fatto venire a casa apposta perché mi riparasse il computer e poi tornasse a casa. Certo, era solo una scusa ma finché lui non lo capisce...»
«Dovrai trovare un modo per staccarlo da lì, allora. Oppure...»
«Cosa?»
Cameron sorride. «Fai in modo che ti guardi.»
Resto un attimo ferma a pensare. Fare in modo che mi guardi...
«Capito» dico. «Grazie, Cameron.»
Ritorno in camera mia, dove c'è anche Andrew, e apro l'armadio.
Vediamo... cosa potrebbe piacere a Andrew? Io punterei sullo stile casual, molto casual, ad esempio un abbigliamento da casa, comodo ma carino.
Cerco un po' in giro ed alla fine decido di indossare un maglietta larga di quelle che lasciano una spalla scoperta e un paio di pantaloncini vergognosamente corti, Andrew non si accorge di nulla ed io esco di nuovo dalla camera per andare a cambiarmi in bagno. Una volta uscita, vado in cucina sistemandomi disordinatamente i capelli con un mollettone.
Apro il frigo. Non c'è molto da mangiare. In realtà non c'è nulla a parte del latte e delle uova. Prendo il latte e lo verso in due bicchieri, poi apro la dispensa. Anche qui c'è poco, ma mi accontento e prendo dei biscotti. Sistemo tutto su un vassoio ed aggiungo una cannuccia ad entrambi i bicchieri di latte.
Faccio un lungo sospiro ed afferro il vassoio.
Si va in scena.
Salgo le scale e torno in camera mia. Lì trovo Andrew che sta ancora lavorando al computer, non sembra neanche essersi accorto che sono entrata.
«Ciao» dico, avvicinandomi a lui.
«Uh?» fa lui, come se l'avessi svegliato dal sonno. Mi dà giusto un'occhiata veloce. «Oh, non ho ancora finito.»
Sorrido. «Lo vedo.» Appoggio affianco a lui il vassoio. «Ma ho pensato volessi qualcosa da sgranocchiare.»
Andrew guarda il vassoio. «Grazie.» Sorride. «Aspetta un attimo...» Andrew clicca qualche volta sulla tastiera, poi preme invio e sullo schermo appare una finestra di caricamento. «Okay, mentre si carica mi concederò una pausa.» Prende un biscotto dal vassoio e lo porta alla bocca, ma prima di morderlo alza lo sguardo e finalmente sembra notarmi.
Resta fermo, con la bocca aperta ed il biscotto in mano.
«Qualcosa non va?» chiedo, con un sorriso. So benissimo cosa non va...
Andrew sembra riprendersi. «C-cosa? No, nulla, sto...» Si schiarice la voce. «Hai cambiato vestiti?»
«Avevo caldo.» Prendo un quaderno lì vicino e lo sventolo verso il mio viso. «Ed a dire il vero anche adesso la situazione non è cambiata.» Sospiro.
«Ma ci saranno massimo venti gradi!»
Ops. «In effetti hai ragione... è strano che abbia caldo.»
«Già.» Si vede che Andrew è nervoso: continua a passarsi le mani sui pantaloni e a distogliere lo sguardo.
«Già» gli faccio eco, poi cala un teso silenzio per qualche secondo.
«Sai,» comincio. «ho recentemente ripensato ai due, "incidenti" che ci sono capitati in queste ultime due settimane. E sono giunta ad una conclusione.»
«Una... conclusione? Quale?»
«Quando è successo non riuscivo a guardati in faccia senza arrossire o balbettare, ed i giorni seguenti cercavo di non pensarci per non sprofondare nell'imbarazzo. Ma, come ti ho detto, recentemente ci ho ripensato.»
«E...?»
«E per la prima volta non ho provato imbarazzo. Anzi, ero quasi... felice.»
«C-cosa intendi?»
«Vuoi proprio sentirmelo dire?»
Andrew non risponde. Io prendo i braccioli della poltrona girevole su cui è seduto e la giro verso di me. Avvicino il viso al suo, concendendogli la vista di una più che generosa scollatura. «È perché mi piaci, stupido.» Mi avvicino ancora di più, sfioro il suo naso col mio e lo bacio.
Lui all'inizio non ricambia il bacio, ma poco dopo si lascia andare e mi prende la testa tra le mani.
Quando mi stacco da Andrew, lui sta sorridendo ma appena anche io gli sorrido, la sua espressione cambia drasticamente.
«Oh mio Dio! No, no, no, no, no, no, no, no!» mi spinge via e si alza dalla poltrona.
«Cosa c'è?» chiedo, scossa.
«Non... non posso mi dispiace.»
«Cosa? Ma ci siamo appena...»
«Lo so, lo so, e mi dispiace tanto, davvero tanto ma... mio Dio! Sei minorenne!»
«E quindi? Ho diciassette anni, non dodici. Sono perfettamente in grado di scegliere chi baciare.»
«Lo so ma... prova a dirlo ai tuoi genitori! E poi... oddio, tuo fratello mi ucciderà.»
«Lascia perdere mio fratello!» Mi avvicino a lui e gli prendo le mani. «Io prima ho sentito qualcosa e so che l'hai sentita anche tu. Non è questo ciò che dovrebbe contare?»
«Non lo so...»
«E poi non dobbiamo per forza dirglielo, no?» Sposto le mie mani sul suo petto.
«In effetti...»
«E allora...» gli tolgo gli occhiali e li appoggio sulla scrivania. «Cosa aspetti?»
Andrew esita ancora un attimo. «Nulla.» riponde e, dopo un breve sorriso, mi bacia.
Sento suonare il campanello di casa. Potrebbe essere Thomas che è tornato, ormai sta più qui con me che a casa sua. Menomale che i suoi hanno poco tempo libero e non se ne accorgono più di tanto.
«Vado ad aprire» dico e gli do un ultimo bacio a stampo prima di andare alla porta con un sorriso stampato in viso.
Apro la porta e vedo un postino con in mano un enorme scatola, sottile ma molto larga, con il mio nome sopra. Strano, non aspettavo nulla.
«Una firma qui, prego.» mi dice il postino, porgendomi un foglio ed una penna. Firmo il tutto, prendo il pacco, saluto il postino e chiudo la porta.
«Chi era?» chiede Cameron. Da quanto è nella stanza?
«Solo il postino. Mi ha consegnato un pacco, anche se non aspettavo nulla» rispondo.
«Chi te lo manda?»
Guardo la targhetta sul pacco. «Theo?»
«Era... il ragazzo che dipingeva, giusto?»
«Sì. Chissà cosa mi avrà mandato...» Mi inginocchio a terra ed appoggio il pacco davanti a me. Cameron mi porta delle forbici ed io apro la scatola tagliando lo scotch che chiude i lati. C'è della carta velina bianca che copre qualcosa con appoggiato sopra un biglietto. Lo prendo e lo leggo.
 
"Spero sia di tuo gradimento, ho immaginato non avessi un vestito da gala, quindi ho tentato di indovinare le tue misure, spero siano giuste.
Theo."
 
Rimuovo la carta velina e scopro un bellissimo abito da sera bianco panna.
Lo afferro dalle delicate spalline e lentamente lo tiro fuori dal pacco, alzandomi in piedi. La gonna è a più strati, soffice, la scollatura è a cuore e all'altezza dello stomaco ci sono tanti piccoli brillanti che sembrano formare una cintura.
È bellissimo. Non ho mai visto nessun vestito più delicato e bello di questo.
«Qualcuno qua si è preso una cotta!» dice Cameron.
«Cosa?» chiedo, risvegliata dall'incanto del vestito.
«Regalare fiori e gioielli ci può stare come gentilezza, ma regalare vestiti di questo genere... sì, penso proprio che sia cotto.»
«Quanto sarà costato?» chiedo.
«Non sono un esperto ma scommetto qualche migliaio di dollari.»
«Migliaio?!»
«Beh, si capisce solo guardando il tessuto, così delicato e con un sacco di strati leggeri sulla gonna.»
Piego il vestito e lo rimetto nella scatola. «Non posso accettarlo.»
«Cosa? Sei impazzita? E come vorresti andarci al gala, in tuta? Se non te lo metti verrai umiliata appena entrata nella sala. Hai bisogno di quel vestito. O hai qualche miliardo di dollari sotto il letto?»
«Hai ragione ma...»
«Ascoltami» continua Cameron. «Se proprio non lo vuoi tenere, dopo il gala glielo potrai restituire ma, ti prego, almeno per quella sera mettilo. In più il signorino "sono triste perché nessuno capisce la mia arte" sarebbe deluso e offeso se non lo facessi, è meglio accettarlo.»
Passo le dita sul delicatissimo tessuto del vestito. È vero, Theo ci rimarrebbe male. Sospiro e mi giro verso Cameron. «Beh, spero di non sporcare il vestito.»
   
 
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