Amaranth dream
1.
Forse non
era stata una mossa saggia domandargli la sua identità.
Alla sua domanda, l’uomo tacque immediatamente e
lei, Emma –si, le era familiare quel nome.-, riuscì a leggere nei suoi occhi
tutto lo sgomento che doveva provare in quel singolo momento. Sgomento che dopo
qualche secondo divenne pura ira. Emma tremò quando l’uomo scattò in piedi e,
dopo aver stretto i pugni con forza, si diresse verso la porta, uscendo quasi
di corsa.
La ragazza, dopo qualche secondo di incertezza, lo
seguì più velocemente possibile, lottando contro le vertigini e la nausea: lui
la conosceva, poteva dirle chi era e, soprattutto, poteva benissimo essere
l’unica persona nel giro di chilometri e lei non voleva rimanere da sola
nuovamente.
Riuscì a stento a stare dietro al tizio furioso
–le sue falcate erano almeno il doppio delle sue-, anche se iniziò a
spazientirsi dopo la settima curva: dove diavolo era finita, in un labirinto?
Dopo minuti che le sembrarono interminabili,
finalmente l’uomo si fermò davanti ad una porta in metallo e la aprì con un
calcio che la fece sbattere rumorosamente sul muro. –Dottor Banner! Stupido
mentecatto, aveva detto che sarebbe stata bene! Spero per la sua futura
compagna che la perdita di memoria non sia considerata “salute”, altrimenti
credo che la poveretta avrà una vita piena di delusioni!-
-Fratello, cosa stai dicendo?- chiese una voce, il
cui possessore Emma non riuscì a vedere. I suoi occhi erano puntati su quello
che, fino a pochi secondi prima credeva l’unico umano presente nella struttura e sulla sua infelice vittima, un
uomo pallido e con due occhiali in bilico sul naso. In effetti, con quel camice
lungo sembrava proprio un medico.
-Non sono un dottore, sono un fisico. Fisicamente la ragazza sta bene, ma non
potevo sapere quali fossero le conseguenze della caduta sulla sua psiche.-
rispose quello, tranquillamente. –Potrebbe benissimo essere un’amnesia
temporanea, per quanto ne sappiamo.-
L’uomo ringhiò e con una mossa ferina prese il
dottore per il collo, alzandolo un paio di spanne da terra. –Conviene per la
tua di salute che sia così, Banner.- gli disse, prima di gettarlo con forza
addosso ad un tavolo con sopra parecchi strumenti di vetro, che si ruppero in
mille pezzi. Immediatamente nella visuale di Emma entrò una donna dai capelli
rossi che corse verso il dottore, seguita da parecchi insulti ed imprecazioni.
E’ uno
psicopatico, si ritrovò a pensare Emma, mentre un gemito le usciva dalle
labbra, attirando l’attenzione di sei paia di occhi. La ragazza rimase per un
attimo confusa nel rendersi conto di quanti fossero effettivamente gli
occupanti della stanza, ma capì altresì come di sei persone, nessuna fosse
intervenuta allo scatto d’ira di quel tizio.
Sono in un
posto pieno di psicopatici, pensò, prima di fare dietro front e scappare
via con tutta la forza e l’equilibrio di cui disponeva al momento. Il quale, in
effetti, non era molto, poiché fu raggiunta praticamente subito da un altro
componente dello strano gruppo, che la sollevò come un sacco di patate. Emma
iniziò a calciare l’aria, tentando di liberarsi in ogni modo possibile.
-Calmati, piccola furia.- le sussurrò lui all’orecchio,
-Nessuno si è fatto nulla, sei solo molto confusa.-
-Lasciami andare! Siete tutti pazzi, voialtri!-
esclamò Emma, riuscendo finalmente a tirare una gomitata al suo aggressore e
incontrando un ampio petto muscoloso che le fece amaramente rimpiangere il
gesto. –Dove sono? Chi siete voi? Cosa volete da me?- continuò ad urlare, ignorando
il dolore ed agitandosi, cercando di impedire che il tizio la riportasse
indietro.
-Mi chiamo Steve Rogers
e i miei compagni sono gli Avengers. Hai passato con
noi le ultime settimane, ed eri totalmente consenziente.-
-Io?!? Con un gruppo di tizi che si fa chiamare
“Vendicatori”? Voi siete pazzi!!!-
urlò ancora più forte, non appena Steve
girò l’angolo e la riportò dagli altri. Emma, quasi casualmente, incontrò gli
occhi del tizio che era venuto nella sua stanza
-solo in quel momento si accorse che erano verde smeraldo.- e si sentì
percorrere la schiena da un brivido di inquietudine.
-Mettimi giù!-
-Fiorellino, capisci che la tua richiesta è
decisamente inappropriata? Sembri la bambina di The Ring.- disse un altro uomo, alquanto buffo, con il pizzetto e
l’aria ironica e saccente.
-Stark, non essere maleducato: Emma è molto
confusa e direi che la trovata di Loki di certo non l’ha aiutata a sentirsi al
sicuro.- intervenne la donna che era accorsa dal dottore solo pochi minuti
prima. –Io sono Natasha e questo è il quartier generale degli Avengers. Non sei in pericolo qui con noi.- le disse, quasi
leggendole nella mente. –Ora, tuttavia, Steve ti metterà a terra solamente se
prometti di non scappare e di rimanere tranquilla.-
Emma annuì, sempre più confusa, e fu poggiata
delicatamente a terra dall’energumeno con i pettorali scolpiti. Tuttavia,
questi le tenne un braccio attorno alle spalle e lei gliene fu particolarmente
grata: le vertigini erano aumentate e sentiva che senza un apposito sostegno
sarebbe caduta a terra all’istante.
-Perdonami se ti ho spaventata poco fa.- le disse
Steve, rivolgendole un sorriso. Emma si perse qualche secondo a guardarlo: era
davvero alto –troppo alto!- e molto
muscoloso, ma aveva un’espressione gentile ed affabile. Sentì che poteva
fidarsi di lui, ma decise che avrebbe lasciato i giudizi per un secondo
momento: nelle condizioni in cui era non poteva di certo permettersi di fidarsi
del suo istinto.
-Credo che la cosa migliore sia presentarci.
Dopotutto, potrebbe bastare davvero un nonnulla per farle ritornare la
memoria.- disse il dottore e Steve annuì, prendendo la parola. –Il nostro
dottore, appena scaraventato addosso ad importantissime ampolle,- disse,
lanciando un’occhiataccia al tizio dagli occhi verdi –Laki?-, il quale sbuffò irritato, -è Bruce Banner.-
Emma lo fissò per qualche secondo, rivolgendogli
un sorriso timido immediatamente ricambiato, ripetendosi mentalmente il nome un
paio di volte. No, non le ricordava niente.
-Lei,- disse puntando un dito verso Natasha –è
Natasha Romanoff, mentre il simpaticone è Tony Stark.-
Emma distolse quasi subito lo sguardo da Natasha e
lo puntò su Stark. Il pizzetto e gli occhi scuri non le dicevano assolutamente
niente, così come il sopracciglio alzato e l’espressione mezzo seria e mezzo
divertita, però il nome.. –Stark.. come le Stark Industries?- chiese,
ritrovando quel nome nei meandri della sua mente.
Tony Stark puntò il dito verso di lei e le fece
l’occhiolino. –Bingo. Cosa costruiamo?- domandò a bruciapelo, tanto che Emma,
minimamente soddisfatta per quel piccolo ricordo, si trovò interdetta.
Ok, le Stark
Industries, cosa producono? Se sai il nome devi per forza sapere cosa producono..
forza, la prima cosa che ti passa per la mente.. –Ehm.. frullatori?-
domandò, arricciando il naso.
La risata di Tony Stark le fece capire che la
risposta era, ovviamente, errata. Emma non poté fare a meno di imbronciarsi.
–Potresti fare a meno di prendermi in giro.- brontolò, facendo ridacchiare
anche l’energumeno accanto a lei.
-Beh, è già un passo avanti.- le disse, cercando
di confortarla. –E sono sicuro che Stark prenderà in considerazione la costruzione
di frullatori invece della armi.- aggiunse, facendo aumentare, se possibile, la
risata di Tony.
Magnifico, dei
Vendicatori simpatici, pensò Emma ironica, incrociando le braccia sotto il
seno. Fortunatamente, uno dei rimanenti Vendicatori fece un passo avanti e,
alzando un inquietantissimo martello che teneva in una mano, si presentò. –Io
sono Thor, di Asgard.- disse, con tono abbastanza pomposo. –E lui è mio
fratello, Loki. Lui è.. mio fratello minore.- aggiunse, dopo avergli lanciato
un’occhiata stranita. Emma si voltò. Quindi,
il pazzo psicopatico dei pazzi psicopatici ha un nome, pensò squadrando
dall’alto al basso il tizio. Solo in quel momento si accorse del suo
abbigliamento eccentrico: un lungo mantello arrivava fino a terra, coprendo a
mala pena un grosso strappo che correva sul fianco di quella che sembrava
un’uniforme. Si girò nuovamente verso Thor –che nomi terribilmente strani- e notò
anche addosso a lui il lungo mantello rosso e l’armatura argentata. E quel martello.
-Il, ehm, il martello fa parte del costume?-
domandò, ben poco intelligentemente, facendo un passo indietro. Quell’affare
sembrava terribilmente pericoloso.
-No. Il Mjolnir è un dono di mio padre, Odino.-
spiegò pazientemente. –Può essere sollevato solamente da chi ne è degno e
possiede il potere di creare tempeste.-
Mjolnir? Odino? –Oh, certo, Thor. Tu dovresti
essere il Dio dei Fulmini?- domandò la ragazza, ricordando la mitologia di un
qualche popolo che, al momento, le sfuggiva.
Thor le rivolse un sorriso accecante che gli
illuminò gli occhi azzurri. –Ti ricordi?- domandò, più entusiasta del previsto.
Emma si passò una mano sul viso, rendendosi conto di quanto fosse stanca e
irritata dall’emicrania che persisteva tenace.
-No. Sto parlando di mitologia. Gli déi non.. non esistono.-
Loki scoppiò a ridere, di una risata nervosa che
mise in risalto la magrezza del suo viso, la pelle innaturalmente pallida e le
occhiaie scure. Pallidezza che faceva a pugni con i capelli color del carbone.
Da quanto
tempo quest’uomo non si fa un sonno fatto bene?
-A quanto pare ti sbagli.- disse, rivolgendole un
ghigno stanco. La ragazza strizzò gli occhi. –E tu che dio dovresti essere?-
domandò, un misto tra l’ironico e l’arrendevole. –Il Dio dei Morti?-
Loki spalancò gli occhi verdi e il ghigno sparì
immediatamente dal suo volto. Emma si rese conto che, probabilmente, doveva
aver detto qualcosa di veramente offensivo, dato che l’atmosfera nella stanza
si era improvvisamente appesantita.
Stava per chiedere perdono, quando si ricordò il
modo in cui il presunto dio aveva lanciato il dottor Banner da una parte
all’altra della stanza e rimase zitta. Di certo non gli doveva alcuna scusa.
-Forse è il caso che vada a prendere Jane.- disse
Thor, dopo qualche secondo di silenzio.
-Chi è Jane?-
-Tua sorella.- le rispose Steve, mentre Thor
portava verso l’alto il suo martello.
-No, nel mio laboratorio no!- strillò Tony, ma fu
probabilmente ignorato, perché un cilindro di luce color arcobaleno avvolse il
presunto dio con un rumore sordo e, dopo qualche secondo, scomparve nel nulla.
Emma fece un urlo e quasi inciampò nelle gambe di
Steve mentre cercava di allontanarsi dalla colonna di luce. –Non ti preoccupare
Emma.- le disse lui, sussurrandole calmo all’orecchio. –L’avrai visto fare un
centinaio di volte, come minimo.-
-Dove.. dov’è andato?- domandò, con il cuore che
le batteva forsennatamente nel petto.
-Su Asgard, il loro mondo natale.-
Emma spalancò gli occhi e Steve dovette prenderla
al volo perché le gambe le cedettero improvvisamente. –Sono davvero déi?-
Lui annuì.
-C’è qualcuno di umano tra di voi?- domandò
allora, conscia che, dopotutto, quella non fosse una domanda così ridicola.
Tony inclinò la testa e ghignò. –Io sono Iron Man. Ma sono umano.- disse, come se quella fosse la
clausola che spiegava la sua superiorità rispetto a tutti gli altri. Emma
annuì, evitando di domandare cosa fosse esattamente
questo Iron Man.
-Io sono un mutante.- intervenne il dottor Banner,
incrociando le braccia e sorridendo mesto. –Quando mi arrabbio divento un
mostro.-
Natasha alzò gli occhi al cielo e sbuffò. –Lui
esagera sempre. Non diventa un mostro.
Solo un tantino più grande e verde.-
Verde?
-A causa delle radiazioni gamma.- specificò Tony,
ma Emma non capì lo stesso. Di certo non doveva essere stata una fisica prima
della sua perdita di memoria.
-Io sono una spia.- aggiunse la rossa, scuotendo
la testa. –Ma sono perfettamente umana.-
-Cia?- domandò, improvvisamente curiosa.
Lei scosse la testa. –No, per amor di dio. Kgb.-
Ah beh,
molto meglio, pensò ironica, per poi voltarsi verso Steve, che distava solo
poche spanne dal suo viso. In effetti, era una posizione parecchio
imbarazzante.
-E tu? Solo tanta palestra?-
Lui scosse la testa. –No. Sono il risultato di un
esperimento per creare una nuova razza di supersoldati.-
Razza di
supersoldati??? Dove diavolo sono finita..
La ragazza appoggiò la testa sulla spalla di Steve, psicologicamente esausta. –Credete che potrei avere un’aspirina nel frattempo? La testa mi sta scoppiando.-
Angolino dell’autrice: Ciao a tutti! Inizio con il ringraziare di cuore chi ha recensito e chi ha inserito questa storia in una delle liste: mi rendo conto che il Prologo era parecchio corto e pressoché privo di informazioni, ma sono contenta che abbia assolto al suo “compito”, ovvero fare incuriosire. Questo primo capitolo, come i prossimi, sarà più lungo.
Ho cercato di aggiornare in fretta, prima dell’inizio della scuola, ma non posso promettere di essere sempre così veloce, dato che con la maturità sarò parecchio occupata. Cercherò di mantenere il ritmo costante a una volta a settimana, massimo una volta ogni due.
Tornando alla storia, Emma ha conosciuto di Avengers e si è scontrata per la prima volta con l’irritazione di non sapere/ricordare l’identità delle persone attorno a lei. Inoltre, ecco come ho deciso di intensificare il suo legame con il gruppo: Emma è la sorella di Jane. Il mio obiettivo è quello di analizzare i vari rapporti con i nostri Avengers, e ovviamente Jane, nel corso dei capitoli, con la calma di una mente confusa come quella della nostra protagonista. Spero di riuscire bene nell’impresa!
Per concludere, spero che questo capitolo sia piaciuto e invito a recensire, così da capire cosa posso migliorare e cosa sta “andando per il verso giusto”. Al più presto risponderò anche alle vostre recensioni.
Un bacione e buona giornataJ
Sami