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Autore: SagaFrirry    19/09/2015    2 recensioni
Seguito dell'Olympus Chapter, caricato qualche mese fa e che in principio non doveva avere un seguito. Visti però i numerosi fan (vi voglio bene, davvero) e le richieste..l'Olympus è tornato! Spero sia gradito a chi ha seguito il primo racconto. Inizia il viaggio alla ricerca del senno perduto di Arles!E ovviamente possiamo farci mancare una buona dose di nemici? Certo che no!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gemini Kanon, Gemini Saga, Gold Saints, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XI

GIUDIZIO

 

“Ma io non ho capito..” si lagnò Milo, fra le sabbia del deserto “..perché non mi ha fatto viaggiare con Deathmask? Quello è stato addestrato in un vulcano, di certo non soffre il caldo! Perché con Aiolia, dico io?! È noioso e mi irrita..”.

Il Leone camminava in silenzio, cercando di resistere alla provocazione dello Scorpione. Davanti ad entrambi, ruotando gli occhi al cielo, Kanon ripeteva a se stesso di non sprecare le energie litigando.

“Sai dove stiamo andando, almeno?” riprese Milo.

“Seguo i cosmi che percepisco” rispose il figlio di Ares “E, forse, se voi due non perdeste tempo a  stuzzicarvi, potreste fare lo stesso. Non vi si asciuga la bocca, a parlar tanto?!”.

“Stai zitto tu, che di certo non puoi dire che dai l’esempio”.

“Io sto zitto!” sbottò Kanon.

“Adesso..vedremo davanti a Saga quanto tempo ci metterai per picchiarlo ed insultarlo”.

“Quello sicuro. Impara a fare il cretino che ci tocca andare a cercare per il Mondo!”.

“Io non insulterei mai mio fratello!” si intromise Aiolia.

“Perché tuo fratello è quasi sempre morto o ben lontano da te” sorrise Kanon “Dovessi sopportarlo tutto il giorno, credimi, lo insulteresti. Per tutti i fratelli è così!”.

“Non per me ed Aiolos!”.

“Ma sentitelo..sembra quasi uno di quegli innamorati convinti che la sua storia d’amore sia diversa da quella di tutte le altre..”.

“Sei cinico”.

“Sono il fratello di Eros..”.

 

“Ma che razza di posto è mai questo?” si chiese Ipazia, facendosi spazio fra le spighe a fatica “Come ci siamo capitati?”.

“Non me lo chiedere. Se fossi da solo, darei la colpa al mio cervello ma ci sei tu..perciò..” rispose Arles, guardandosi attorno.

“C’è una luce laggiù” indicò la giovane “Proviamo a raggiungerla?”.

“Non vedo alternative. Però queste spighe..che roba sono?!”.

“Cerco di non rovinarle. Magari sono di qualcuno che poi si incazza..”.

“Hai ragione. Però sembrano pronte per essere mietute”.

“Vuoi fare il contadino?” rise Ipazia.

“Magari avrei un futuro. Che ne sai..”.

I due risero e ripresero il cammino, verso quella luce. Nel nero del cielo apparve una porta.

“Che sia l’uscita?” si chiese Arles, ormai non stupendosi più.

Ma la porta era sbarrata e davanti ad essa erano poggiate due falci.

“Ma che..”.

“Papà! Forse..” ipotizzò Ipazia “..forse dobbiamo usare quelle falci per mietere il grano”.

“Che?! Piuttosto mando le spighe in un’altra dimensione!”.

“Cerca di collaborare! Qualcuno ci ha spedito qui..tentiamo di seguire quel che ci ordina e vediamo”.

“Dici sul serio?!”.

“Dai, che ti costa? Quanto tempo ci metterai mai a finire un campo?”.

“Perché parli al singolare, scusa?! Le falci sono due! E questo campo è piuttosto gigante..”.

“Chi ben comincia, è a metà dell’opera!” sorrise Ipazia, stringendo fra le mani una delle falci e porgendo l’altra al padre.

 

Deathmask guardò in giù, verso la terza casa. L’inquieto Tolomeo lanciava piccole scosse di cosmo, nervoso e infuriato.

“Hei!” gridò il Cancro “Ti dai una calmata o vengo giù io a calmarti?!”.

“Non dirmi quel che devo fare!” ribatté il giovane.

“Mi infastidisci! Tieni a bada il tuo cosmo!”.

“Migra!”.

Deathmask lasciò la sua casa, camminando a passo deciso fino alla terza.

“Che vuoi?!” ringhiò Tolomeo “Sono nervoso, lasciami in pace”.

“Lo vedo che sei nervoso. I tuoi capelli hanno cambiato colore. Ma non è una scusa per insultarmi e restare impunito!”.

“Vuoi mettermi in punizione?”.

“Senti, moccioso! Anche se sei un semidio, a me la cosa non interessa! Vedi di darti una calmata ed una regolata altrimenti ti faccio vedere come i vecchietti del tempio risolvono le questioni!”.

“Cioè?”.

“Non provocarmi”.

“Ma scusa, che vuoi?! Intanto questa è casa mia e faccio quel che voglio e poi ho le mie ragioni per essere incazzato. Atena ha mandato Kanon in missione e non me! Ha detto che io sono troppo coinvolto”.

“E mi pare abbia proprio ragione! Ma ti sei visto?! Stai sragionando!”.

“Mio padre potrebbe essere morto e con lui mia sorella!”.

“E allora?! La morte è un passaggio che tutti dobbiamo affrontare e poi, anche se fosse, che potresti fare? Ha mandato in missione quei tre per cercare informazioni su possibili nemici, non per attaccar briga in preda all’isteria!”.

“Mi stai dando dell’isterico?!”.

“Ti sto dando del pazzo isterico, esattamente com’è tuo padre quando perde il controllo”.

Tolomeo, di tutta risposta, urlò in faccia a Deathmask. Deathmask, mostrando uno strano autocontrollo, rimase fermo per qualche secondo. Poi colpì con un violento cazzotto il giovane, che finì in terra.

“Ecco” ghignò il Cancro “Così risolviamo le questioni noi vecchietti!”.

Gemini si rialzò subito ed aggredì il Cancro, prendendolo per il collo.

“Ti ammazzo, vecchio!” urlò.

Deathmask si stupì, percependo un così notevole potere attorno a quel giovane. Ma, si disse, era del tutto normale! Tolomeo non era più un ragazzino, era un uomo, ed era per giunta un semidio. Per liberarsi, il Cancro lanciò un calcio al collega, che però ricominciò subito ad attaccare. Fra insulti e colpi, i due litiganti non percepirono un terzo cosmo entrare nella casa.

“Ma la volete finire voi due?!” tuonò una voce.

“Aldebaran!” si arrestò Deathmask “Da quando sei di nuovo al Tempio?”.

“Da pochissimo. Atena ci ha fatti richiamare per una presunta emergenza. E voi mi state dando fastidio”.

“Scusa” ridacchiò Tolomeo, steso a terra, tirando i capelli al Cancro.

Il giovane pareva aver ripreso un certo autocontrollo, forse sfogandosi si sentiva meglio, ed i suoi capelli stavano tornando al solito rosso.

“Mi meraviglio di te, Deathmask” incrociò le braccia Aldebaran “Non dovresti dare l’esempio alle nuove generazioni?”.

“Ma per favore! Quale esempio?!” rise il Cancro, rialzandosi e lasciando il collo di Tolomeo “Bentornato a casa, Toro!”.

“Grazie..voi due però non litigate più”.

“Va bene” annuì Tolomeo, sentendosi come uno scolaretto sgridato dalla maestra “Chiedo perdono. È che..si tratta comunque di mio padre. Anche se mi ha quasi del tutto ignorato, pur avendogli salvato la vita, mi preoccupo. Per non parlare di mia sorella, a cui sono molto legato e non sopporterei di perdere!”.

“Io non ho fratelli..” ammise Aldebaran “..ma posso capire”.

“Però..il cosmo di mio padre è svanito da pochissimo. Come hai potuto tu, Toro, raggiungere il Tempio tanto in fretta?!”.

“Sono stato convocato giorni fa!”.

“Ah..ma..” si stupì Deathmask “..quindi Atena aveva già percepito qualcosa di strano e non ce lo aveva detto?!”.

“Te ne stupisci?” storse il naso Tolomeo “Gli Dei agiscono sempre in modo strano..”.

“Sì ed io sono vecchio per queste cose” concluse il Toro, divertito dall’occhio nero di Deathmask.

 

“Sembro l’oscuro mietitore” rise Arles, con la falce fra le mani.

il campo era ormai quasi del tutto raccolto. Ipazia, lasciando che il padre svolgesse il lavoro più pesante, aveva raggruppato le spighe in fasci.

“Pensavo fosse più facile” ammise lui, dando le ultime falciate a quel campo apparentemente infinito.

“Ma come, non ti sei divertito?” sorrise la figlia “Mi sembra un ottimo allenamento”.

Si fissarono, entrambi piuttosto stanchi, ma senza aver perso il buon umore.

“Papà! La porta!” indicò Ipazia, vedendola aprire.

Subito corsero per raggiungerla, temendo di vederla chiudere di nuovo. Una volta che l’ebbero attraversata, essa si chiuse alle loro spalle e piombarono di nuovo nel buio.

“Riponete pure la falce” si sentirono dire “Ed accendete le torce”.

“Come?” domandò Arles.

“Non avete qualcosa di apposito con voi?”.

“No..”.

“Capisco..in questo caso, dovrete seguirmi al buio”.

Il figlio di Ares si illuminò leggermente, usando il cosmo e capì che di fronte non aveva di certo un essere umano. Di sicuro la sua testa non era umana.

“Oh..la tua luce mi sa che deve essere stata scambiata da Seth per quella di Ra e per questo ha ribaltato la vostra barca..uno spiacevole equivoco che vi ha condotto nel regno dei morti”.

“Regno dei morti?!” sobbalzò Ipazia “Siamo..morti?”.

“Mi duole confermarvelo. Sì, siete morti..”.

“E tu dunque sei..Anubis?”.

“E voi..voi non siete Egizi! Curioso che siate finiti qui. Immagino sia sempre colpa del serpentone..”.

“No, aspetta!” sbottò Arles “Io non posso essere morto! Ho un sacco di cose da fare!”.

“Lo dicono quasi tutti, sai? Seguitemi..”.

Ipazia prese per mano il padre ed insieme si incamminarono dietro alla divinità dal volto di sciacallo, che camminò convinto per un tratto.

“Siete pronti ad essere giudicati?” domandò l’Egizio, davanti ad una porta ricoperta di geroglifici oro.

“Giudicate prima me” rispose il figlio di Ares.

“Come mai tanta fretta?”.

“Perché qualsiasi peccato abbia mai commesso mia figlia, sarà di certo perdonato dopo aver udito tutto quello che ho combinato io in questi anni!”.

“Come preferisci..”.

“Che devo fare? Come mi devi giudicare?”.

“Ah ma non sarò io a giudicarti” ghignò, forse divertito, Anubis “Ma loro!”.

L’Egizio accompagnò quell’ultima frase all’apertura della porta, che rivelò un’immensa sala decorata. In essa, su due balconate che percorrevano i due lati più lunghi della stanza, sedevano in silenzio delle creature di varia natura, che si voltarono simultaneamente verso coloro che stavano entrando. Al centro della grande sala, sulla parete di fondo, un trono vuoto ed una bilancia erano sorvegliati da colei che pareva essere una Dea. Fra i capelli di lei si vedeva una grossa piuma azzurra.

“La conosco questa storia..” commentò Arles “..e vi dico subito che il mio cuore pesa molto di più di quella piumetta!”.

 

Ares era perso nei suoi pensieri, cosa rara. Distrattamente, lucidava uno dei tanti pezzi della sua armatura, seduto sul divanetto della tredicesima, posto sulla terrazza che dava sull’anfiteatro.

“Signor Ares?” parlò qualcuno ed il Dio sobbalzò.

“Scusa. Non ti volevo spaventare” ridacchiò la voce.

“Non mi sono spaventato” mentì la divinità, girandosi e vedendo un piccolo gruppo di cavalieri d’oro.

A parlare era stato Aphrodite, accanto ad altri suoi colleghi.

“Che volete?” esclamò Ares.

“Vorremmo chiedervi una cosa..” rispose Shura.

“E non è una cosa a cui potrebbe rispondere il vostro Gran Sacerdote?”.

“No”.

“Capisco..”.

Storcendo il naso, il Dio ripose il pezzo della sua armatura.

“Vi ascolto” disse, ed i cavalieri si fissarono a vicenda, come a decidere chi dovesse parlare.

“Noi..siamo stati richiamati tutti qui..” parlò di nuovo Aphrodite “..e piano piano stiamo rientrando al Tempio. Però non in seguito al cosmo svanito di Arles ed il dubbio che gli Egizi lo abbiano attirato in una trappola. Atena forse sa qualcosa che non ci dice?”.

“Perché lo chiedete a me?!”.

“Beh..siete il suo consorte..quasi..”.

“Ecco, QUASI! Molto QUASI! Non è mia moglie e non ho idea di che le passi per la testa. Dovreste chiedere direttamente a lei..”.

“Non ci pare rispettoso” rispose Aiolos.

“Capisco. Ed è per voi più rispettoso che sia io il pirla di turno che va a chiedere?”.

Qualche gold sorrise in modo stupido, mascherando un certo imbarazzo ed annuendo.

 

“Che devo fare? Mi togliete voi il cuore o faccio da me?” chiese Arles.

“Prima devi rispondere ad alcune domande” spiegò Anubis “I 42 giudici della Dea Maat ti chiederanno delle cose a cui tu dovrai rispondere sinceramene. Non puoi mentire, o la Dea ti punirà. Normalmente, dovreste voialtri pronunciare i giuramenti e promettere dinnanzi a loro di non aver commesso determinati reati ma, visto che non siete Egizi, non potete conoscere questo rituale. Perciò saranno loro a chiedere”.

“Sono pronto”.

“Poi toccherà alla ragazza..”.

“Iniziamo, per favore!”.

Il primo giudice, che si definì “dal lungo passo”, fu il primo ad alzarsi e parlare: “Hai commesso ingiustizie?”.

“Io? Direi un sacco” ammise Arles.

“Hai commesso furti o cattiverie?” domandò il secondo giudice, “colui che abbraccia la fiamma”.

“Certo. L’ultimo furto che ho commesso è stata la barca che mi ha condotto qui e per quel che riguarda le cattiverie..si sprecano!”.

Uno dopo l’altro, i giudici si alzarono e porsero la loro domanda. Il figlio di Ares, senza alcun timore, rispose con sincerità.

Il volto ritorto: “Hai mai commesso un omicidio?”.

“Sì. Commesso omicidio e non solo uno”.

Il fiammeggiante: “Hai rubato dei beni alle divinità?”.

“Ad Atena un sacco..spero non lo scopra..”.

Il rompi-ossa: “Hai ingannato qualcuno con le tue menzogne?”.

“Più di qualcuno”.

Aady: “Hai chiacchierato e dato voce a malelingue?”.

“Colpa di Aphrodite ma sì, sono un pettegolo”.

La voce incantatrice: “Ti sei lasciato sopraffare dall’ira, causando timore nel cuore della gente?”.

“Un sacco di volte..”.

Il signore della verità: “Ti sei lasciato andare ai piaceri dell’alcol, alterando le razioni di birra?”.

“A volte, è capitato..”.

Uammety: “Hai avuto rapporti carnali con una donna sposata?”.

“Questo è un punto delicato..non facile rispondere..ma diciamo che se dovesse capitarmi chi penso io davanti..lo farei senza alcun dubbio”.

Colui il cui viso è sulle sue spalle: “Hai avuto rapporti carnali con dei fanciulli?”.

“No, quello no! Almeno una cosa che non ho fatto. Non tocco i bambini..”.

Colui che vede: “Hai avuto rapporti carnali, anche solo parziali, con persone del sesso opposto a quello per cui il tuo corpo prova attrazione?”.

“Cioè? Mi state chiedendo se ho limonato con qualche uomo? In gioventù..ammetto che è successo”.

Colui che porta offerte: “Sei stato violento?”.

“Parecchio”.

Il signore dei volti: “Sei stato impaziente?”.

“Lo sono anche adesso”.

Il signore dalle corna: “Hai danneggiato l’immagine delle divinità”.

“Direi proprio di sì..”.

Colui che comanda la gente: “Hai insultato le divinità?”.

“Sì. Questa cosa continuerà ancora a lungo? Ho commesso tutti i peccati possibili! Punitemi e facciamola finita!”.

I giudici si fissarono. Mai prima d’ora si erano trovati davanti un uomo con così tante colpe nel cuore!

“Compisti un’opera buona nella tua intera esistenza?”.

Arles indicò Ipazia. “Lei e Tolomeo, i miei figli, penso siano le uniche cose positive compiute nella mia vita. Anche se sono stati concepiti con una donna che non è mia moglie”.

I giudici rimasero in silenzio qualche istante, fissandosi. Era giunto il tempo di pronunciare il verdetto..

Non riuscirono a parlare però, perché la terra tremò e qualcuno entrò di colpo nella stanza, sfondando la porta da cui padre e figlia erano entrati.

 

“I tuoi cavalieri sono dei piccoli rompi cazzi” commentò Ares.

“Lo hai capito solo ora?” sorrise Atena.

“Però mi hanno fatto sapere una cosa. Perché hai richiamato gli oro al Tempio? Che cosa hai percepito?”.

“Io sono a capo di tutte le divinità, al posto di mio padre Zeus. Quel che faccio, non sempre può essere chiaro a chi sta ad un livello inferiore”.

“Grazie per avermi dato dell’inferiore..”.

“Da tempo avevo percepito il cosmo degli Egizi. Aspettavo l’occasione per controllare..”.

“E perché non lo hai detto?”.

“Non era ancora il tempo”.

“Credi scoppierà una guerra?”.

“Penso che la cosa a te faccia piacere..”.

“Non molto, lo ammetto”.

“Come sarebbe a dire?!”.

Ares non rispose. Atena lo fissò, dubbiosa e stupita.

“Cosa mi nascondi?” si dissero, al’unisono.

 

“Meioo!” esclamò Ipazia, capendo chi era appena entrato.

“Hades..” commentò Arles.

“Che sta succedendo qui?!” esclamò il Dio dell’oltretomba greco “Questi due non sono Egizi! Sono sotto la mia giurisdizione!”.

“Queste due anime sono giunte da noi” rispose Anubis “Perciò..”.

“Senti, Dio Canide, vedi di non farmi incazzare! Il trono del tuo signore, Osiride, è vuoto. Perciò, tecnicamente, il vostro mondo dei morti non è completo o attivo. Non sconfinate voialtri, perché se mi girano le palle son dolori per tutti!”.

“Hades, io non cerco di rubarti il lavoro. Sono loro venuti qui, non io che me li sono andati a prendere!”.

“Ed io me li porto via!”.

“No, aspetta! Perché sono arrivati qui?!”.

“Ho seguito la luce del mio anello” si intromise Arles.

“Quale anello?” chiese Maat.

Il figlio di Ares lo estrasse, tirando la catenina che teneva celata sotto la veste. Si avvicinò alla Dea, che voleva vederlo, e tentò di toglierselo di dosso per facilitare l’operazione. Appena toccò il gioiello, però, questi bruciò ed Arles dovette lasciarlo.

“Come hai avuto quell’anello?!” domandò la Dea, stupendosi.

“Era l’anello di mia moglie..”.

Maat chiamò Anubis ed entrambi osservarono il gioiello. Si fissarono qualche istante.

“Devi venire con noi” parlò poi il Dio dalla testa di sciacallo.

“Dove?!”.

“A palazzo. Tranquillo. La tua anima è salva, sarai ancora in vita. Ma dovrai venire con noi”.

“E mia figlia?”.

“Lei è morta”.

“Lei me la porto via io!” sbottò Hades “Giù le zampacce, egiziano!”.

“Come preferite. Al risveglio di Osiride, staremo a vedere..”.

“Lo aspetterò a braccia aperte!”.

Con un tono che non ammetteva repliche, Hades afferrò Ipazia e la strinse a sé, facendo arrossire la giovane. Spalancò le ali, simpatico orpello che spuntava grazie all’armatura nera ed argento, sollevandosi.

“Vai pure con loro senza timore, Arles” parlò “Penso io alla tua bambina. La riporterò al Tempio di Atena sana e salva”.

“Posso fidarmi?!”.

“Di me sì. Tu trova Eleonore, e saremo pari!”.

Arles annuì. Ipazia protestò, volendo continuare l’avventura con il padre, osservandolo mentre veniva portato altrove, attraverso un’altra porta apparsa alle spalle del trono vuoto.

“Non essere triste” le disse Hades, riportandola in fretta nel mondo dei vivi “C’è qualcosa che posso fare per tirarti su il morale?”.

“Io..mmm..posso giocare con Cerbero?” ghignò lei.

 

Spero che questa piccola cosa vi piaccia J i 42 giudici sono tratti dal “libro dei morti” egizio, una delle tante interpretazione che ho trovato. Spero sia di vostro gradimento ;)

   
 
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