XI
GIUDIZIO
“Ma io non ho capito..” si
lagnò Milo, fra
le sabbia del deserto “..perché non mi ha fatto
viaggiare con Deathmask? Quello
è stato addestrato in un vulcano, di certo non soffre il
caldo! Perché con
Aiolia, dico io?! È noioso e mi irrita..”.
Il Leone camminava in silenzio, cercando
di resistere alla provocazione dello Scorpione. Davanti ad entrambi,
ruotando
gli occhi al cielo, Kanon ripeteva a se stesso di non sprecare le
energie
litigando.
“Sai dove stiamo andando,
almeno?” riprese
Milo.
“Seguo i cosmi che percepisco”
rispose il
figlio di Ares “E, forse, se voi due non perdeste tempo a stuzzicarvi, potreste fare
lo stesso. Non vi
si asciuga la bocca, a parlar tanto?!”.
“Stai zitto tu, che di certo non puoi
dire
che dai l’esempio”.
“Io sto zitto!”
sbottò Kanon.
“Adesso..vedremo davanti a Saga quanto
tempo ci metterai per picchiarlo ed insultarlo”.
“Quello sicuro. Impara a fare il cretino
che ci tocca andare a cercare per il Mondo!”.
“Io non insulterei mai mio
fratello!” si
intromise Aiolia.
“Perché tuo fratello
è quasi sempre morto
o ben lontano da te” sorrise Kanon “Dovessi
sopportarlo tutto il giorno,
credimi, lo insulteresti. Per tutti i fratelli è
così!”.
“Non per me ed Aiolos!”.
“Ma sentitelo..sembra quasi uno di quegli
innamorati convinti che la sua storia d’amore sia diversa da
quella di tutte le
altre..”.
“Sei cinico”.
“Sono il fratello di Eros..”.
“Ma che razza di posto è mai
questo?” si
chiese Ipazia, facendosi spazio fra le spighe a fatica “Come
ci siamo
capitati?”.
“Non me lo chiedere. Se fossi da solo,
darei la colpa al mio cervello ma ci sei
tu..perciò..” rispose Arles,
guardandosi attorno.
“C’è una luce
laggiù” indicò la giovane
“Proviamo a raggiungerla?”.
“Non vedo alternative. Però
queste
spighe..che roba sono?!”.
“Cerco di non rovinarle. Magari sono di
qualcuno che poi si incazza..”.
“Hai ragione. Però sembrano
pronte per
essere mietute”.
“Vuoi fare il contadino?” rise
Ipazia.
“Magari avrei un futuro. Che ne
sai..”.
I due risero e ripresero il cammino, verso
quella luce. Nel nero del cielo apparve una porta.
“Che sia l’uscita?”
si chiese Arles, ormai
non stupendosi più.
Ma la porta era sbarrata e davanti ad essa
erano poggiate due falci.
“Ma che..”.
“Papà! Forse..”
ipotizzò Ipazia “..forse
dobbiamo usare quelle falci per mietere il grano”.
“Che?! Piuttosto mando le spighe in
un’altra dimensione!”.
“Cerca di collaborare! Qualcuno ci ha
spedito qui..tentiamo di seguire quel che ci ordina e
vediamo”.
“Dici sul serio?!”.
“Dai, che ti costa? Quanto tempo ci
metterai mai a finire un campo?”.
“Perché parli al singolare,
scusa?! Le
falci sono due! E questo campo è piuttosto
gigante..”.
“Chi ben comincia, è a
metà dell’opera!”
sorrise Ipazia, stringendo fra le mani una delle falci e porgendo
l’altra al
padre.
Deathmask guardò in giù,
verso la terza
casa. L’inquieto Tolomeo lanciava piccole scosse di cosmo,
nervoso e infuriato.
“Hei!” gridò il
Cancro “Ti dai una calmata
o vengo giù io a calmarti?!”.
“Non dirmi quel che devo fare!”
ribatté il
giovane.
“Mi infastidisci! Tieni a bada il tuo
cosmo!”.
“Migra!”.
Deathmask lasciò la sua casa, camminando
a
passo deciso fino alla terza.
“Che vuoi?!” ringhiò
Tolomeo “Sono
nervoso, lasciami in pace”.
“Lo vedo che sei nervoso. I tuoi capelli
hanno cambiato colore. Ma non è una scusa per insultarmi e
restare impunito!”.
“Vuoi mettermi in punizione?”.
“Senti, moccioso! Anche se sei un
semidio,
a me la cosa non interessa! Vedi di darti una calmata ed una regolata
altrimenti ti faccio vedere come i vecchietti del tempio risolvono le
questioni!”.
“Cioè?”.
“Non provocarmi”.
“Ma scusa, che vuoi?! Intanto questa
è
casa mia e faccio quel che voglio e poi ho le mie ragioni per essere
incazzato.
Atena ha mandato Kanon in missione e non me! Ha detto che io sono
troppo
coinvolto”.
“E mi pare abbia proprio ragione! Ma ti
sei visto?! Stai sragionando!”.
“Mio padre potrebbe essere morto e con
lui
mia sorella!”.
“E allora?! La morte è un
passaggio che
tutti dobbiamo affrontare e poi, anche se fosse, che potresti fare? Ha
mandato
in missione quei tre per cercare informazioni su possibili nemici, non
per
attaccar briga in preda all’isteria!”.
“Mi stai dando
dell’isterico?!”.
“Ti sto dando del pazzo isterico,
esattamente com’è tuo padre quando perde il
controllo”.
Tolomeo, di tutta risposta, urlò in
faccia
a Deathmask. Deathmask, mostrando uno strano autocontrollo, rimase
fermo per
qualche secondo. Poi colpì con un violento cazzotto il
giovane, che finì in
terra.
“Ecco” ghignò il
Cancro “Così risolviamo
le questioni noi vecchietti!”.
Gemini si rialzò subito ed
aggredì il
Cancro, prendendolo per il collo.
“Ti ammazzo, vecchio!”
urlò.
Deathmask si stupì, percependo un
così
notevole potere attorno a quel giovane. Ma, si disse, era del tutto
normale!
Tolomeo non era più un ragazzino, era un uomo, ed era per
giunta un semidio.
Per liberarsi, il Cancro lanciò un calcio al collega, che
però ricominciò
subito ad attaccare. Fra insulti e colpi, i due litiganti non
percepirono un
terzo cosmo entrare nella casa.
“Ma la volete finire voi due?!”
tuonò una
voce.
“Aldebaran!” si
arrestò Deathmask “Da
quando sei di nuovo al Tempio?”.
“Da pochissimo. Atena ci ha fatti
richiamare per una presunta emergenza. E voi mi state dando
fastidio”.
“Scusa” ridacchiò
Tolomeo, steso a terra,
tirando i capelli al Cancro.
Il giovane pareva aver ripreso un certo
autocontrollo, forse sfogandosi si sentiva meglio, ed i suoi capelli
stavano
tornando al solito rosso.
“Mi meraviglio di te,
Deathmask” incrociò
le braccia Aldebaran “Non dovresti dare l’esempio
alle nuove generazioni?”.
“Ma per favore! Quale
esempio?!” rise il
Cancro, rialzandosi e lasciando il collo di Tolomeo
“Bentornato a casa, Toro!”.
“Grazie..voi due però non
litigate più”.
“Va bene” annuì
Tolomeo, sentendosi come
uno scolaretto sgridato dalla maestra “Chiedo perdono.
È che..si tratta
comunque di mio padre. Anche se mi ha quasi del tutto ignorato, pur
avendogli
salvato la vita, mi preoccupo. Per non parlare di mia sorella, a cui
sono molto
legato e non sopporterei di perdere!”.
“Io non ho fratelli..” ammise
Aldebaran
“..ma posso capire”.
“Però..il cosmo di mio padre
è svanito da
pochissimo. Come hai potuto tu, Toro, raggiungere il Tempio tanto in
fretta?!”.
“Sono stato convocato giorni
fa!”.
“Ah..ma..” si stupì
Deathmask “..quindi
Atena aveva già percepito qualcosa di strano e non ce lo
aveva detto?!”.
“Te ne stupisci?” storse il
naso Tolomeo
“Gli Dei agiscono sempre in modo strano..”.
“Sì ed io sono vecchio per
queste cose”
concluse il Toro, divertito dall’occhio nero di Deathmask.
“Sembro l’oscuro
mietitore” rise Arles,
con la falce fra le mani.
il campo era ormai quasi del tutto
raccolto. Ipazia, lasciando che il padre svolgesse il lavoro
più pesante, aveva
raggruppato le spighe in fasci.
“Pensavo fosse più
facile” ammise lui,
dando le ultime falciate a quel campo apparentemente infinito.
“Ma come, non ti sei
divertito?” sorrise
la figlia “Mi sembra un ottimo allenamento”.
Si fissarono, entrambi piuttosto stanchi,
ma senza aver perso il buon umore.
“Papà! La porta!”
indicò Ipazia, vedendola
aprire.
Subito corsero per raggiungerla, temendo
di vederla chiudere di nuovo. Una volta che l’ebbero
attraversata, essa si
chiuse alle loro spalle e piombarono di nuovo nel buio.
“Riponete pure la falce” si
sentirono dire
“Ed accendete le torce”.
“Come?” domandò
Arles.
“Non avete qualcosa di apposito con
voi?”.
“No..”.
“Capisco..in questo caso, dovrete
seguirmi
al buio”.
Il figlio di Ares si illuminò
leggermente,
usando il cosmo e capì che di fronte non aveva di certo un
essere umano. Di
sicuro la sua testa non era umana.
“Oh..la tua luce mi sa che deve essere
stata scambiata da Seth per quella di Ra e per questo ha ribaltato la
vostra
barca..uno spiacevole equivoco che vi ha condotto nel regno dei
morti”.
“Regno dei morti?!”
sobbalzò Ipazia
“Siamo..morti?”.
“Mi duole confermarvelo. Sì,
siete
morti..”.
“E tu dunque sei..Anubis?”.
“E voi..voi non siete Egizi! Curioso che
siate finiti qui. Immagino sia sempre colpa del serpentone..”.
“No, aspetta!”
sbottò Arles “Io non posso
essere morto! Ho un sacco di cose da fare!”.
“Lo dicono quasi tutti, sai?
Seguitemi..”.
Ipazia prese per mano il padre ed insieme
si incamminarono dietro alla divinità dal volto di
sciacallo, che camminò
convinto per un tratto.
“Siete pronti ad essere
giudicati?”
domandò l’Egizio, davanti ad una porta ricoperta
di geroglifici oro.
“Giudicate prima me” rispose il
figlio di
Ares.
“Come mai tanta fretta?”.
“Perché qualsiasi peccato
abbia mai
commesso mia figlia, sarà di certo perdonato dopo aver udito
tutto quello che
ho combinato io in questi anni!”.
“Come preferisci..”.
“Che devo fare? Come mi devi
giudicare?”.
“Ah ma non sarò io a
giudicarti” ghignò,
forse divertito, Anubis “Ma loro!”.
L’Egizio accompagnò
quell’ultima frase
all’apertura della porta, che rivelò
un’immensa sala decorata. In essa, su due
balconate che percorrevano i due lati più lunghi della
stanza, sedevano in
silenzio delle creature di varia natura, che si voltarono
simultaneamente verso
coloro che stavano entrando. Al centro della grande sala, sulla parete
di
fondo, un trono vuoto ed una bilancia erano sorvegliati da colei che
pareva
essere una Dea. Fra i capelli di lei si vedeva una grossa piuma azzurra.
“La conosco questa storia..”
commentò
Arles “..e vi dico subito che il mio cuore pesa molto di
più di quella
piumetta!”.
Ares era perso nei suoi pensieri, cosa
rara. Distrattamente, lucidava uno dei tanti pezzi della sua armatura,
seduto
sul divanetto della tredicesima, posto sulla terrazza che dava
sull’anfiteatro.
“Signor Ares?” parlò
qualcuno ed il Dio
sobbalzò.
“Scusa. Non ti volevo
spaventare”
ridacchiò la voce.
“Non mi sono spaventato”
mentì la
divinità, girandosi e vedendo un piccolo gruppo di cavalieri
d’oro.
A parlare era stato Aphrodite, accanto ad
altri suoi colleghi.
“Che volete?”
esclamò Ares.
“Vorremmo chiedervi una cosa..”
rispose
Shura.
“E non è una cosa a cui
potrebbe
rispondere il vostro Gran Sacerdote?”.
“No”.
“Capisco..”.
Storcendo il naso, il Dio ripose il pezzo
della sua armatura.
“Vi ascolto” disse, ed i
cavalieri si
fissarono a vicenda, come a decidere chi dovesse parlare.
“Noi..siamo stati richiamati tutti
qui..”
parlò di nuovo Aphrodite “..e piano piano stiamo
rientrando al Tempio. Però non
in seguito al cosmo svanito di Arles ed il dubbio che gli Egizi lo
abbiano
attirato in una trappola. Atena forse sa qualcosa che non ci
dice?”.
“Perché lo chiedete a
me?!”.
“Beh..siete il suo
consorte..quasi..”.
“Ecco, QUASI! Molto QUASI! Non
è mia
moglie e non ho idea di che le passi per la testa. Dovreste chiedere
direttamente a lei..”.
“Non ci pare rispettoso”
rispose Aiolos.
“Capisco. Ed è per voi
più rispettoso che
sia io il pirla di turno che va a chiedere?”.
Qualche gold sorrise in modo stupido,
mascherando un certo imbarazzo ed annuendo.
“Che devo fare? Mi togliete voi il cuore
o
faccio da me?” chiese Arles.
“Prima devi rispondere ad alcune
domande”
spiegò Anubis “I 42 giudici della Dea Maat ti
chiederanno delle cose a cui tu
dovrai rispondere sinceramene. Non puoi mentire, o la Dea ti
punirà.
Normalmente, dovreste voialtri pronunciare i giuramenti e promettere
dinnanzi a
loro di non aver commesso determinati reati ma, visto che non siete
Egizi, non
potete conoscere questo rituale. Perciò saranno loro a
chiedere”.
“Sono pronto”.
“Poi toccherà alla
ragazza..”.
“Iniziamo, per favore!”.
Il primo giudice, che si definì
“dal lungo
passo”, fu il primo ad alzarsi e parlare: “Hai
commesso ingiustizie?”.
“Io? Direi un sacco” ammise
Arles.
“Hai commesso furti o
cattiverie?” domandò
il secondo giudice, “colui che abbraccia la fiamma”.
“Certo. L’ultimo furto che ho
commesso è
stata la barca che mi ha condotto qui e per quel che riguarda le
cattiverie..si
sprecano!”.
Uno dopo l’altro, i giudici si alzarono e
porsero la loro domanda. Il figlio di Ares, senza alcun timore, rispose
con
sincerità.
Il volto ritorto: “Hai mai commesso un
omicidio?”.
“Sì. Commesso omicidio e non
solo uno”.
Il fiammeggiante: “Hai rubato dei beni
alle divinità?”.
“Ad Atena un sacco..spero non lo
scopra..”.
Il rompi-ossa: “Hai ingannato qualcuno
con
le tue menzogne?”.
“Più di qualcuno”.
Aady: “Hai chiacchierato e dato voce a
malelingue?”.
“Colpa di Aphrodite ma sì,
sono un
pettegolo”.
La voce incantatrice: “Ti sei lasciato
sopraffare dall’ira, causando timore nel cuore della
gente?”.
“Un sacco di volte..”.
Il signore della verità: “Ti
sei lasciato
andare ai piaceri dell’alcol, alterando le razioni di
birra?”.
“A volte, è
capitato..”.
Uammety: “Hai avuto rapporti carnali con
una donna sposata?”.
“Questo è un punto
delicato..non facile
rispondere..ma diciamo che se dovesse capitarmi chi penso io
davanti..lo farei
senza alcun dubbio”.
Colui il cui viso è sulle sue spalle:
“Hai
avuto rapporti carnali con dei fanciulli?”.
“No, quello no! Almeno una cosa che non
ho
fatto. Non tocco i bambini..”.
Colui che vede: “Hai avuto rapporti
carnali, anche solo parziali, con persone del sesso opposto a quello
per cui il
tuo corpo prova attrazione?”.
“Cioè? Mi state chiedendo se
ho limonato
con qualche uomo? In gioventù..ammetto che è
successo”.
Colui che porta offerte: “Sei stato
violento?”.
“Parecchio”.
Il signore dei volti: “Sei stato
impaziente?”.
“Lo sono anche adesso”.
Il signore dalle corna: “Hai danneggiato
l’immagine
delle divinità”.
“Direi proprio di
sì..”.
Colui che comanda la gente: “Hai
insultato
le divinità?”.
“Sì. Questa cosa
continuerà ancora a
lungo? Ho commesso tutti i peccati possibili! Punitemi e facciamola
finita!”.
I giudici si fissarono. Mai prima d’ora
si
erano trovati davanti un uomo con così tante colpe nel cuore!
“Compisti un’opera buona nella
tua intera
esistenza?”.
Arles indicò Ipazia. “Lei e
Tolomeo, i
miei figli, penso siano le uniche cose positive compiute nella mia
vita. Anche se
sono stati concepiti con una donna che non è mia
moglie”.
I giudici rimasero in silenzio qualche
istante, fissandosi. Era giunto il tempo di pronunciare il verdetto..
Non riuscirono a parlare però,
perché la
terra tremò e qualcuno entrò di colpo nella
stanza, sfondando la porta da cui
padre e figlia erano entrati.
“I tuoi cavalieri sono dei piccoli rompi
cazzi” commentò Ares.
“Lo hai capito solo ora?”
sorrise Atena.
“Però mi hanno fatto sapere
una cosa. Perché
hai richiamato gli oro al Tempio? Che cosa hai percepito?”.
“Io sono a capo di tutte le
divinità, al
posto di mio padre Zeus. Quel che faccio, non sempre può
essere chiaro a chi
sta ad un livello inferiore”.
“Grazie per avermi dato
dell’inferiore..”.
“Da tempo avevo percepito il cosmo degli
Egizi. Aspettavo l’occasione per controllare..”.
“E perché non lo hai
detto?”.
“Non era ancora il tempo”.
“Credi scoppierà una
guerra?”.
“Penso che la cosa a te faccia
piacere..”.
“Non molto, lo ammetto”.
“Come sarebbe a dire?!”.
Ares non rispose. Atena lo fissò,
dubbiosa
e stupita.
“Cosa mi nascondi?” si dissero,
al’unisono.
“Meioo!” esclamò
Ipazia, capendo chi era appena
entrato.
“Hades..” commentò
Arles.
“Che sta succedendo qui?!”
esclamò il Dio
dell’oltretomba greco “Questi due non sono Egizi!
Sono sotto la mia
giurisdizione!”.
“Queste due anime sono giunte da
noi”
rispose Anubis “Perciò..”.
“Senti, Dio Canide, vedi di non farmi
incazzare! Il trono del tuo signore, Osiride, è vuoto.
Perciò, tecnicamente, il
vostro mondo dei morti non è completo o attivo. Non
sconfinate voialtri, perché
se mi girano le palle son dolori per tutti!”.
“Hades, io non cerco di rubarti il
lavoro.
Sono loro venuti qui, non io che me li sono andati a
prendere!”.
“Ed io me li porto via!”.
“No, aspetta! Perché sono
arrivati qui?!”.
“Ho seguito la luce del mio
anello” si
intromise Arles.
“Quale anello?” chiese Maat.
Il figlio di Ares lo estrasse, tirando la
catenina che teneva celata sotto la veste. Si avvicinò alla
Dea, che voleva
vederlo, e tentò di toglierselo di dosso per facilitare
l’operazione. Appena toccò
il gioiello, però, questi bruciò ed Arles dovette
lasciarlo.
“Come hai avuto
quell’anello?!” domandò la
Dea, stupendosi.
“Era l’anello di mia
moglie..”.
Maat chiamò Anubis ed entrambi
osservarono
il gioiello. Si fissarono qualche istante.
“Devi venire con noi”
parlò poi il Dio
dalla testa di sciacallo.
“Dove?!”.
“A palazzo. Tranquillo. La tua anima
è
salva, sarai ancora in vita. Ma dovrai venire con noi”.
“E mia figlia?”.
“Lei è morta”.
“Lei me la porto via io!”
sbottò Hades “Giù
le zampacce, egiziano!”.
“Come preferite. Al risveglio di Osiride,
staremo a vedere..”.
“Lo aspetterò a braccia
aperte!”.
Con un tono che non ammetteva repliche,
Hades afferrò Ipazia e la strinse a sé, facendo
arrossire la giovane. Spalancò le
ali, simpatico orpello che spuntava grazie all’armatura nera
ed argento, sollevandosi.
“Vai pure con loro senza timore,
Arles”
parlò “Penso io alla tua bambina. La
riporterò al Tempio di Atena sana e salva”.
“Posso fidarmi?!”.
“Di me sì. Tu trova Eleonore,
e saremo
pari!”.
Arles annuì. Ipazia protestò,
volendo
continuare l’avventura con il padre, osservandolo mentre
veniva portato
altrove, attraverso un’altra porta apparsa alle spalle del
trono vuoto.
“Non essere triste” le disse
Hades,
riportandola in fretta nel mondo dei vivi
“C’è qualcosa che posso fare per
tirarti su il morale?”.
“Io..mmm..posso giocare con
Cerbero?”
ghignò lei.
Spero
che questa piccola cosa vi piaccia J i 42 giudici sono tratti dal “libro dei
morti” egizio, una delle tante interpretazione che ho
trovato. Spero sia di
vostro gradimento ;)