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Autore: Castiga Akirashi    20/09/2015    1 recensioni
- ATTENZIONE: questa storia è il seguito di Black Hole. Se non avete l'avete letta, la comprensione potrebbe risultare difficile. -
Due anime gemelle sono due metà che si compongono.
Una non può vivere senza l'altra.
Raphael ha perso la sua e, ora, la sua unica gioia è Lily.
Ma capirà presto che non è mai troppo tardi per essere felici...
Questa storia è un po' diversa dalle altre sui Pokémon... diciamo che ci sono lotte, ci sono Pokémon ma c'è anche altro. Ho cercato di inserire il più possibile inerente all'argomento.
Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lance, N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Giovanni entrò nel cimitero infestato di Ester, la seconda Élite. Aveva battuto Fosco, poteva andare avanti. Quel posto spettrale gli mise i brividi. Immaginò il tipo principale della donna... spettri. Ester emerse dalla nebbia: era una bella ragazza, mora, decisa. Giovanni strinse la Pokéball di Donkey e mormorò: «Sono qui per sfidarti.»
«E sia. Io sono Ester, il tuo secondo scoglio. Mostrami ciò che sai fare! Vai Dusknoir!»
«Esci Donkey! Usa Nottesferza!»
Ester sorrise. Donkey si lanciò come una furia contro l'avversario, menando pugni potenti, volendo finirla il prima possibile. Ma si rese presto conto che l'avversario non pareva risentirne troppo. Sembrava che i colpi non gli facessero nemmeno il solletico. Il Primeape arretrò, perplesso, respirando affaticato.
«Dusknoir, Fuocofatuo.»
Donkey cercò di schivare ma i piccoli fuochi blu partiti dalle mani dello spettro lo seguirono, riuscendo a scottarlo. Il Primeape cadde su un ginocchio, sentendosi un braccio andare in fiamme.
«Dannazione! Dai Donkey, cerca di abbatterlo!»
*«E andiamo!» * rispose lui, ricominciando a colpire l'avversario con Nottesferza.
«Dusknoir, Sciagura!»
Piccoli fuochi blu comparvero intorno al Primeape e si schiantarono contro di lui, causandogli maggior dolore per via della scottatura. Donkey si allontanò dall'avversario, ferito e affaticato. Come poteva sconfiggerlo? Pareva non sentisse nemmeno i suoi colpi. Giovanni rifletté e gli vennero in mente alcune parole della sua mamma. Athena spesso gli aveva detto che qualunque Pokémon, anche il più forte, ha un punto debole. E i danni, per quanto pochi siano, servono.
«Donkey, ritorna. Vai Magma!»
La Camerupt uscì dalla sfera con un ruggito. Ester sorrise nel vedere che, in quel modo, la sua strategia era bloccata.
«Dusknoir, usa Malediz...» cominciò a dire, ma non riuscì a terminare la frase perché Giovanni gridò: «Erutta, Magma!»
Dal vulcano sulla schiena del Pokémon scoppiò una bomba di lava che colpì in pieno l'avversario, non pronto a ricevere un colpo di quella potenza. Avendo aperto la bocca sulla pancia per usare la sua mossa, Dusknoir non riuscì a mettersi sulla difensiva e la vampa di fuoco lo colpì lì, proprio nel suo punto più debole. Diradata la polvere, Dusknoir era KO.
«Ottima mossa.» sorrise l'Élite, facendo rientrare il suo Pokémon: «Ma non basterà. Vai Sableye!»
Il nero Pokémon cercatore di gemme apparve sul campo. Gli occhi brillavano e il ghigno malvagio fece rabbrividire i due avversari.
«Vai, di nuovo, Eruzione!» esclamò Giovanni, cercando di batterla sul tempo. Lei sorrise e disse: «Sbigoattacco, segui con Ombrartigli.»
Il ragazzino sbarrò gli occhi quando l'avversario, velocissimo, colpì per primo e le impedì di usare la sua potentissima mossa. Con una sequenza rapida di colpi, la ferì gravemente con l'Ombrartigli sul muso. Ora Eruzione era preclusa. La potenza della mossa dipendeva dalla salute. Da così stanca non avrebbe fatto molto.
«Vai, usa Geoforza!»
Il terreno sotto i piedi di Sableye cominciò a ribollire e il Pokémon, dopo essere stato colpito da un geyser, rimase intrappolato in una spaccatura del terreno; con la vittoria nello sguardo, approfittando di quel colpo di fortuna, Giovanni esclamò: «Sì! Vai usa Lavasbuffo!»
«Sableye! Megaevolvi!» esclamò, sorridendo emozionata da quella lotta, l'Élite.
Giovanni non credette ai suoi occhi quando una luce avvolse l'avversario che riuscì a proteggersi da metà dell'attacco con il rubino che usava come scudo, ottenuto dalla megaevoluzione. La potenza della nuova forma lo rese in grado di uscire dalla sua trappola. Con due rubini negli occhi e uno gigante come scudo, MegaSableye sembrava un muro impenetrabile. Magma e Giovanni, colti alla sprovvista, non sapevano cosa fare. Così, Ester colse la palla al balzo ed esclamò: «Usa Gemmoforza!»
«Bloccalo con Lavasbuffo!»
Piccole pietre affilate apparvero intorno a MegaSableye e si scagliarono contro la Camerupt che rispose lanciando potenti lapilli di lava. I due Pokémon si concentrarono, persistendo nel loro attacco. Avrebbe perito il primo che avesse ceduto. MegaSableye però interruppe, mise il rubino davanti a sé e ci si nascose dietro. Magma esaurì tutta l'energia in quell'attacco e affaticata, guardò il nemico, che la spiò da dietro il suo scudo, sogghignando. Giovanni si bloccò un attimo, poi sorrise. In un sussurro, mormorò: «Magma, ti fidi di me?»
*«Al cento per cento.» * rispose lei, pronta ad attaccare di nuovo.
«Allora mira la parte alta dello scudo e continua con il Pirolancio. Vai avanti più che puoi.»
Lei annuì ed eseguì; MegaSableye si nascose dietro al suo scudo e, insieme alla sua allenatrice, attese che l'avversario si stancasse per contrattaccare. Ma non poté prevedere quello che successe. Il Pirolancio ripetuto allargò una crepa ggià presente che, arrivata al punto di rottura, spezzò lo scudo. MegaSableye inorridì, senza più la sua difesa, e la sequenza di colpi infuocati lo centrò in pieno, mandandolo KO. Ester lo fece rientrare, stupita. Senza parole, mandò in campo Banette, ma era davvero colpita da quel ragazzino. Sconfiggere così il suo campione non era da tutti. Contento di quel due a zero, Giovanni fece rientrare Magma e mandò Jukain. Quel Banette sembrava molto forte e, forse un po' per vendicarsi, fu il suo turno di megaevolvere. Con un paio di Dragartigli ben piazzati, Jukain mise la parola fine a quello scontro, permettendo al suo amico umano di proseguire.
Al carcere di Zafferanopoli, invece, madre e figlia si stavano sfogando, entrambe ancora furiose con un certo avvocato. Pur avendo passato i trent'anni, Athena era infondo ancora una bambina capricciosa e ancora adesso non tollerava che le facessero torti.
«Glielo tiro in testa il pericolo.» sbottò, ancora irritata da quel fastidioso epiteto che le era stato attribuito: «Non sono un'irresponsabile, accidenti a lui.»
Lily, però, un po' si sentiva in colpa. Superato il momento di rabbia, riusciva a capire perché il padre si fosse agitato tanto. Così, mormorò: «Di certo non voleva offenderti. Però, forse, un po' di ragione ce l'ha.»
«Che vuoi dire?»
Sentendo il tono seccato, lei evitò di essere troppo polemica, ma mormorò: «Intendo... metti che mi dovessero beccare...»
«Io...» cominciò a dire la donna, ma la figlia la bloccò e disse: «Appunto. Aggredisci due secondini e poi? Allunghiamo la lista? Da quel punto di vista non posso dargli torto... però se stiamo attente, non vedo dove sia il problema!»
Athena annuì, convinta, e rispose: «Esatto, basta fare più attenzione.»
Non si era nemmeno resa conto che la figlia le aveva fatto ammettere di essere almeno a metà in torto, ma che comunque Raphael aveva ragione, semplicemente girandole la frase. Anzi, più tranquilla, dopo una pausa, cambiò discorso e chiese: «N come sta? Ti sta simpatico?»
Lily avvampò di colpo; sperando che non si fosse notato, deglutì e rispose: «Perché?»
«Deve esserci un motivo? È mio amico e non lo vedo da un sacco di tempo...» commentò lei, notando come la figlia si fosse fatta nervosa: «E poi, insomma... un estraneo, così. Magari non ti piaceva.»
«Oh... chiaro... beh, sta... bene. Sì. Bene.» balbettò lei, cercando di essere normale ma senza successo: «È, sì. Simpatico, sì.»
Athena la squadrò per un momento, poi cambiò discorso, senza però capire il motivo di tutta quell'ansia; prese dalla tasca una lettera, scritta su un tovagliolo della mensa, e sbottò: «Fammi un piacere. Porta questa a Pidg e digli di darla ad Aurea.»
Lily annuì, prendendo il pacchettino di tovaglioli quasi sigillato, e si alzò. Le sorrise e mormorò: «Ci vediamo domani.»
«Buonanotte, piccola mia.»
Athena la guardò uscire con un sorriso. Quanto avrebbe voluto andare con lei, abbracciarla, darle il bacio della buonanotte... forse non avrebbe mai potuto. Arrivata a casa, invece, Lily individuò Pidg che in quel momento era preso in un allenamento con Wargle e Archeops. I due Pokémon più giovani passavano spesso i pomeriggi in lotte due contro uno per riuscire a sconfiggere l'anziano rivale. Ma il Pidgeot, allenato in anni e anni di lotte con il Demone Rosso, costretto a vincere in ogni situazione perché nessuno potesse catturare la sua amata sorellina, riusciva a metterli in difficoltà entrambi. Lily sedette, ammirando lo zio e la sua abilità nel volo. Sembrava fosse un tutt'uno con il vento. Se a terra su muoveva a fatica, sofferente, zoppicante, in cielo era un re. Wargle attaccò dall'alto con il Baldeali. Pidg schivò più e più colpi, abbassandosi di quota. Archeops ne approfittò e usò Pietrataglio, facendo apparire dal terreno degli spuntoni di roccia. Pidg caricò l'Alacciaio e si fece strada tra le rocce, spezzandole tutte e limitando i danni. Sbuffando, Wargle fece salire Archeops sulla schiena per permettergli di riposare mentre pensavano a qualcosa. Pidg sorrise, vedendoli in difficoltà, e gridò: *«Arrendetevi, ragazzini!» *
*«Per questa volta...» * sbottò Archeops, convincendo Wargle a scendere: *«Siamo troppo stanchi. Lasciamo perdere.» *
Wargle si limitò ad annuire, ansimante, e atterrò. Pidg fece lo stesso ma si posò accanto alla nipote; ammiccò, salutandola, contento di vederla. Lei sorrise e commentò: «Non li lascerai mai vincere, vero zio?»
Lui ridacchiò e lei aggiunse: «Guarda come emerge il lato sadico di Deathly Eagle.»
Pidg guardò dall'altra, un po' offeso. Lei gli accarezzò le piume sotto il becco ed esclamò: «Dai, zio Pidg! Stavo scherzando!»
«Pigeo.» brontolò lui, chiudendo gli occhi alle coccole. Quei grattini erano il suo punto debole.
«Ah, a proposito! Mamma mi ha detto di darti questa per una tale Aurea. Conosci?» borbottò lei, prendendo la lettera dalla tasca e facendogliela vedere. Pidg annuì, la prese nel becco, ammiccò e decollò, alzando un polverone. Lasciandosi trasportare dai venti, fece rotta verso Isshu. N lo vide decollare; abbassò lo sguardo e vide Lily accarezzare Wargle. Perplesso, uscì e chiese: «Ciao, piccola. Dove sta andando Pidg?»
Lei si voltò, sorrise rossa in volto, e rispose: «Mamma aveva una lettera per una certa Aurea e mi ha chiesto di darla a Pidg perché gliela portasse. È partito subito.»
«Posta prioritaria.» sorrise lui, sedendosi accanto a lei: «Come stai?»
«Bene. Se non penso che ho una tonnellata di compiti e sono già a metà vacanze.»
N ridacchiò, sentendo il tono sconsolato, e lei aggiunse: «Mi toccherà mettermici dietro. È ora e tempo e papà potrebbe sfruttare la cosa per impedirmi di andare nel continente.»
«Sarebbe un'ottima scusa in effetti. Vuoi una mano?» chiese lui, con un sorriso.
Lei scosse la testa. Fare i compiti con N avrebbe voluto dire perdersi a fissarlo sognante e zero concentrazione. Era meglio evitare e fare la seria. Così declinò, sperando che non si offendesse. Sedette fuori casa, all'ombra del solitario grande albero. L'unica volta che N comparve, fu per portargli un po' di frutta, giustificando la visita dicendo: «Non studi da un bel po'. Non vorrei mai che mi svenissi qui per un calo di zuccheri!»
«Spiritoso!» ribatté lei, facendogli la linguaccia.
Lui ridacchiò e si allontanò, tornando in casa, ma si mise sul davanzale della finestra sul portico, a guardarla. Si sentiva un infame ma cercava di convincersi che, stando lì, solo a osservarla, non faceva niente di male... poi, però, si costrinse ad andarsene. Non poteva continuare così.
Lily, invece, andava avanti con gli studi; con N lontano era decisamente più concentrata. Qualche mese e avrebbe avuto gli esami di fine anno. Un incubo sempre più vicino. All'improvviso, sentì qualcosa di appuntito nella ciotola nella quale aveva infilato la mano per prendere da mangiare. Con un salto alto tre metri, lanciando quaderni, astuccio e penne, si allontanò di scatto, voltandosi poi per vedere cosa avesse toccato. Non vide nulla inizialmente, ma poi notò dell'arancione tra il verde dei cespugli. Perplessa, si avvicinò e il cespuglio arancione si mosse. Era stranissimo, con tre piccole foglie gialle. Lily deglutì: era terrorizzata ma voleva sapere. Si avvicinò al cespuglio e scostò le fronde con un gesto secco.
«Tor!» esclamò un piccolo pulcino arancione, sparando piccole braci dal becco e cominciando a correre. Lily si riparò con le braccia e si nascose.
«Cavoli!» esclamò: «Quello doveva essere un Pokémon selvatico. Che spavento...»
Fece per recuperare le sue cose e rimettersi a studiare in casa, quando sentì di nuovo il verso del Pokémon. Ma questa volta sembrava spaventato. Restò un momento immobile. Poi, istintivamente, cominciò a correre. Vide il piccolo Pokémon gemere e cadere a terra, colpito da un violento attacco di un rapace fatto di acciaio. Lily deglutì ma quando vide gli artigli del Pokémon avvicinarsi pericolosamente al pulcino, agì senza nemmeno pensare. Prese un sasso e colpì in testa il nemico. Skarmory si voltò, furioso. Gli artigli si illuminarono e l'attaccò, ma il Torchic si mise in mezzo e con le piccole braci lo tenne lontano. Lily corse in avanti, abbracciò il pulcino, e gridò: «Cobalion!»
Il Pokémon Metalcuore arrivò ruggendo furioso, avendo percepito il panico nella sua voce. Le corna si fecero luminose e con due colpi della sua Spadasolenne, scacciò il nemico. Lily respirò a fondo, stringendo la piccola palla di piume che in quel momento tremava. Cercando di non sembrare troppo spaventata, mormorò: «Tranquilla, piccolina. Non avere paura.»
Lei si nascose tra le sue braccia, cercando di calmarsi. Cobalion si avvicinò e mormorò: “Ora provo a vedere da dove arriva.”
Cobalion sedette accanto a loro e mormorò: *«Piccola Torchic, da dove vieni?» *
La Pokémon alzò lo sguardo e fissò l'interlocutore. Cobalion sorrise e borbottò: *«Non aver paura, non voglio farti del male. Voglio solo sapere come sei finita qui.» *
*«Il professore faceva ricerche con la nave.» * borbottò lei, accoccolata sul grembo di Lily: *«Non mi piace l'acqua, non volevo stare sulla barca. È attraccato e io sono scappata.» *
“A quanto pare è fuggita dal professore Pokémon della regione. Salta su che lo cerchiamo.” spiegò Cobalion alla ragazzina, alzandosi e indicandole con il muso il suo dorso.
Lily sospirò, essendosi già affezionata a quella calda creatura, ma annuì e mormorò: «Ti riporto a casa, va bene?»
Torchic la guardò negli occhi per un istante. Poi, forse un po' triste, annuì. Lily saltò sul dorso di Cobalion ma la ricerca fu breve. In mezzo al bosco videro un uomo vestito con un camice che gridava: «Torchic!»
La Pokémon abbassò lo sguardo mentre loro si avvicinavano. Lily sorrise e mormorò: «Professore, cercava lei?»
«Oh, sì! Ti ringrazio molto! È sparita dalla barca ed ero disperato!»
Lily sorrise e le tese la Pokémon; ma sembrava triste. Quando Birch le puntò la Pokéball per farla rientrare, lei saltò giù e schivò il raggio rosso. Lui ritentò varie volte ma lei scappò tutte le volte. Poi saltò in braccio a Lily, fissando intensamente il professore. Lui sorrise e mormorò: «Ho capito. Senti, piccola, Torchic vorrebbe restare con te. La terresti?»
«C-come?» chiese lei, stupita, non aspettandosi una richiesta del genere. Guardò la piccola Pokémon che ricambiò lo sguardo. E ammiccò, strusciando la testa contro la sua faccia. Lei sorrise e rispose: «Molto volentieri, professore!»
Birch sorrise, poi levò le ancore e ripartì con la sua barca. Lily fece saltare a terra Torchic e mormorò: «Non sono mai stata amica di un Pokémon. Io sono Lilith!»
«Tor!» ammiccò lei, saltando sulle piccole zampe e correndole intorno.
«Ehi, che energia!» esclamò lei, accogliendola tra le sue braccia: «Sei così carina... lo vuoi un nome? Ti renderebbe diversa!»
Torchic annuì così lei si perse a pensare, mentre camminava diretta alla casa con Cobalion al fianco. Sorridendo, avuta un'idea, Lily chiese: «Ti piace il nome Flamey?»
«Tor!» rispose lei, annuendo convinta. E così, tornarono a casa. Quando N le vide, esclamò: «Ehi! E lei dove l'hai trovata?»
«È scappata dal professore e ha passato un brutto momento contro uno Skarmory.» rispose Lily, accarezzandole la testa: «A quanto pare, le sto simpatica.»
*«Non è da tutti buttarsi sotto un Ferrartigli per proteggere un Pokémon che non conosci.» * borbottò Flamey, accoccolandosi più comoda tra le sue braccia.
N sbiancò e borbottò: «C-come?!»
La Torchic lo fissò, perplessa. Lily pure e chiese: «Che cosa ha detto?»
«Ti sei buttata davanti a uno Skarmory che stava usando Ferrartigli?!» esclamò lui, sconvolto e impaurito. Era pura follia un gesto del genere. Il solo pensiero di quello che le sarebbe potuto accadere lo aveva raggelato. Lei, imbarazzata, cercò di giustificarsi e mormorò: «Volevo aiutarla e ho agito d'istinto...»
N si calmò, pensando che comunque ora stava bene, e replicò: «Tale e quale a tua madre. E a me. Scusa lo scatto, capisco benissimo come ti sei potuta sentire.»
«È successo anche a te?» chiese lei, interessata nello scoprire qualcosa della vita dell'uomo: «Ti sei mai ferito per proteggere un Pokémon?»
«È capitato, sì. Ma io avevo la fortuna di avere con me Zorua.» sorrise lui, accarezzando il suo Zoroark, arrivato lì silenziosamente: «Zoroark è con me da quando siamo piccoli. Che risate che mi faceva fare quando era uno Zorua. Mio padre mi precludeva l'esterno, quindi ero sempre nella mia stanza... Zorua creava mille illusioni, le più assurde che gli venivano in mente, per distrarmi. E spesso di trasformava in me e si faceva rimproverare lui al mio posto... non so come avrei fatto senza di lui. E quando invece vedevo Pokémon soffrire o altri aggressivi, mi mettevo in mezzo ma lui interveniva. Creava le sue illusioni e gli avversari, non sapendo più cosa era vero, si calmavano o comunque non colpivano me.»
Zoroark ridacchiò, mettendosi il cappello da baseball dell'amico umano, e commentò: *«Per fortuna non sei più così folle, sire.» *
«Lo sarei se ce ne fosse il bisogno, mio caro.» rispose piccato N. Flamey intervenne e chiese: *«Perché lo chiami sire?» *
*«N è nato per essere un sovrano. Nessuno lo riconosce, ma è così. E nulla potrà mai impedirmi di riconoscerlo come tale.» * rispose il Pokémon, togliendosi il cappello con un breve inchino.
N sorrise, da un certo punto di vista onorato che almeno il suo Zoroark riconoscesse il suo titolo, ma replicò: «Non esageriamo.»
*«Non lo faccio. Dico solo come stanno le cose.» *
N non aggiunse altro, ma gli fece un cenno di noncuranza e rivolse la sua attenzione a Lily, dicendo: «Quindi ora lei è tua?»
«Papà mi ucciderà.» rispose lei, con un sospiro. N ridacchiò e replicò: «Non credo. Se non sbaglio, era la tua matrigna ad avere problemi con i Pokémon, non Raphael.»
Lily arrossì. Si guardò intorno, imbarazzata, poi mormorò: «Mi accompagneresti a dirglielo?»
«Certo.» sorrise lui, tendendole la mano.
La ragazzina sorrise di risposta. Mise in terra Flamey, facendole una carezza, e prese la mano di N; insieme, si avviarono verso la casa. Zoroark rise, così Flamey chiese: *«Perché ridi?» *
*«Capirai presto. Sono cotti.» * ridacchiò lui, avviandosi verso la casa a sua volta. La Torchic alzò le spalle e lo imitò. Quella sera, quando Raphael arrivò, si accorse subito della novità. Lily era sdraiata sul divano che spazzolava le piume di un piccolo Pokémon pulcino. Zoroark stava apparecchiando, N cucinava, come al solito, e tutti i Pokémon erano pronti per mangiare. Perplesso chiese: «Qualcuno deve dirmi qualcosa?»
«Posso tenerla, vero?» chiese subito Lily, mentre l'ansia cominciava a stringerle lo stomaco. Se avesse detto di no? Se avesse dovuto abbandonarla?
«Certo.» sorrise il padre, andando poi a cambiarsi.
Lei ci rimase di sasso. Aveva davvero detto di sì? Raphael ritornò poco dopo e, vedendo quello sguardo incredulo, esclamò: «Lily, ti faccio notare che in questa casa ci sono più Pokémon che persone. Che fastidio dovrebbe darmi un Pokémon in più?»
Lei non parlò ma lo abbracciò forte. Lui sorrise e chiese: «Me la presenti?»
E così, alla famiglia, si aggiunse un membro.
  
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