Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Madison Alyssa Johnson    20/09/2015    6 recensioni
La misteriosa mortre di Victor Cavendish, visconte di Vidal e figlio del duca di Devonshire, attira l'attenzione della regina Vittoria sulle misteriose morti che stanno devastando Dublino. Un nuovo Jack lo Squartatore, che i dublinesi chiamano Molly Mangiauomini, si aggira per le vie della città seminando morte e terrore. Tocca a Ciel e al suo fido Sebastian recarsi sul posto per risolvere il problema.
« Perché Molly Mangiauomini? » rifletté a voce alta. Doveva togliersi quel vizio, ma a volte non riusciva a farne a meno.
« Voi siete troppo piccolo per saperlo, padroncino, ma è così che sono chiamate le donne molto... esperte. » gli rispose il maggiordomo, senza smettere di sbattere le uova. « E se non sbaglio c'è una leggenda che parla proprio di una donna di quella risma che si chiamava appunto Molly, Molly Malone. Pare le abbiano anche dedicato una canzone, di recente. »
« Jack lo Squartatore era una donna... e mezza. » obiettò Ciel. Era arrossito, ma non avrebbe comunque permesso a quel dannato demone di metterlo in ridicolo.
« Certo. » assentì Sebastian.
« E una donna sola non potrebbe sopraffare un uomo di media corporatura. »
« Non se fosse umana... ma non ne avrebbe bisogno. »
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis, Shinigami, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Sebastian era in trappola. Aveva tentato in tutti i modi di sfondare le difese della sua avversaria, ma ogni volta lei lo ricacciava indietro e rideva.
« Cos’hai, Sebastian? Il digiuno ti ha reso debole, forse? » lo schernì la demone. Il suo corpo flessuoso emanava l’aura demoniaca come immense ali di luce nera, che circondavano l’area in cui si stavano combattendo. I suoi capelli fulvi ondeggiavano nell’aria e gli occhi scuri assorbivano tutta la luce che riusciva a filtrare in quella gabbia.
Il maggiordomo ringhiò. « Lasciami passare, Hana’el! »
« E permetterti di fare del male al mio cucciolo? Nemmeno per idea! »
Le iridi del demone passarono dal mogano al magenta e un’ondata di aura si abbatté con violenza sulle mura che lo imprigionavano. « Non ti permetterò di danneggiare l’anima che ho allevato con tanta cura, immonda creatura. » mormorò. Richiamò la propria energia e la scagliò contro di lei come un enorme pugno.
La demone lo tagliò in due e diede fuoco alla terra sotto i suoi piedi.
Sebastian disperse le fiamme e diede un colpo di tacco al suolo, che tremò e sia aprì in una ragnatela di crepe e voragini.
La donna le schivò. Aveva lo stesso passo aggraziato di una ballerina di danza classica, ma il suo sorriso era freddo. « Ah-ha, Sebastian. » lo rimproverò, beffarda. « Non è così che si trattano le signore! »
Lui sorrise e si inchinò per schivare una lama di ghiaccio. « Sono desolato, ma devo informarti che tu non lo sei, schifosa ghoul. » Con uno scatto, le afferrò la gola e affondò la mano nel suo petto, ma non trovò ciò che cercava. Le costole marce cedettero con un tonfo sordo, ma le dita non incontrarono altro che i polmoni mollicci e ormai inutili.
La demone sorrise. « Se cerchi il mio cuore, perdi il tuo tempo. » disse. « L’ho nascosto. » Lo spinse indietro e lo imprigionò con robusti tentacoli di tenebra. « E, visto come hai osato chiamarmi... ti farò provare l’ebbrezza di essere uno di loro. » Gli strappò panciotto e camicia e con i pollici gli tastò il torace.
Sebastian colpì la sua avversaria al mento con un calcio e la respinse due metri più indietro. Spezzò le corde che lo imprigionavano e si ripulì le maniche del frac. « Forse hai dimenticato chi sono io, mocciosa. » disse. Lui era più vecchio di lei e di tutti gli altri demoni messi insieme. Era il più potente. Se i suoi simili fossero stati capaci di organizzarsi in una società come quella umana, avrebbe dovuto esserne a capo.
La donna si pulì il sangue che le colava dalle labbra. « Oh, no, Abraxas. » rispose. « Ricordo bene chi sei. » Gli scagliò addosso tre serie di pugnali da lancio in rapida successione.
Sebastian schivò la prima e la seconda e prese al volo la terza. « Chi credi di spaventare? » Rilanciò le lame alla mittente e caricò un attacco frontale. Con la mano aperta tentò un colpo di taglio al collo, ma Hana’el riuscì a respingerlo con un pugno al ventre.
« Non devo spaventarti. » disse. « Devo solo dare a Yzneth il tempo di consumare il suo spuntino. Ormai avrà finito di pulirlo. »
Il maggiordomo inorridì.
Sopra di loro, Ciel urlò. « Sebastian! » chiamò. La sua voce sapeva di pianto.
Il padroncino non piange mai. Il suo stomaco si annodò e l’odio divampò nei suoi occhi. Batté le mani, le sfregò e le impose sul terreno.
Bastò un istante perché da questo spuntassero tentacoli d’acciaio sotto i piedi della demone. Si avventarono su di lei e la stritolarono in un abbraccio feroce.
Sebastan strinse i pugni, li congiunse e li separò.
I tentacoli morsero gli arti della sua avversaria e li strapparono dal torace. Si bagnarono del sangue marcio della necrofaga e con le loro piccole bocche dentate si aggrapparono alle ferite.
La demone urlò, si dimenò e tentò in tutti i modi di toglierseli di dosso, ma era ormai incapace di sfuggire a tanta furia. Scoppiò a ridere. « Non morirò per così poco, Abraxas! » gridò.
Il diavolo la ignorò. « Resistete, signorino! » urlò. Saltò e si aggrappò alle travi. Con una capriola fu dentro la tana e tirò un sospiro di sollievo.
Ciel era nudo, ma ancora vivo. Tirava calci al demone per tenerlo a distanza. I suoi colpi erano sempre più deboli, ma non si sarebbe arreso senza lottare.
Sebastian sorrise, ma non c’era tempo per compiacersi. Con uno strattone, sottrasse il ragazzo alle lingue della mostruosa creatura e lo nascose dietro di sé.
La belva non gradì l’interruzione. Ruggì e lo frustò con le lingue.
Il maggiordomo le afferrò al volo. Se le avvolse intorno alla mano e tirò.
Le appendici si staccarono dalla bocca con uno schiocco secco e un gorgoglio. Il sangue spumeggiò roseo e colò oltre quelle labbra oscene. La bestia, resa folle dalla rabbia e dal dolore, caricò a testa bassa.
Il maggiordomo non esitò. Ne circondò la gola con un braccio e la costrinse supina. Affondò la mano destra nel ventre morbido e scavò fino a trovare il cuore. Lo estrasse, ancora pulsante, e con un lieve sussurro gli diede fuoco.
La creatura rantolò e si contorse. Agitò le zampe in una grottesca imitazione del nuoto e frustò l’aria con la coda. Si indebolì in fretta e persino i suoi gemiti si spensero del tutto, prima che il suo corpo si dissolvesse insieme alla tana.
Senza più il supporto della sostanza gommosa sotto di sé, Ciel rischiò di cadere, ma Sebastian lo prese in braccio e lo nascose contro il proprio petto. Il giovane Conte rabbrividì. Il profumo forte e muschiato di quel corpo caldo premuto contro il suo gli invase le narici. È lo stesso odore di papà. pensò. Lo aveva plasmato apposta perché assomigliasse a lui, eppure talvolta se ne stupiva ancora. Si aggrappò alle spalle del demone con le poche forze che ancora gli restavano e nascose il viso nell’incavo del suo collo.
Sebastian non protestò. Gli accarezzò la nuca con una mano e saltò a terra. Rivolse un ultimo sguardo ad Hana’el, che si dibatteva nella sua prigione, e scosse la testa. Si sfilò il frac senza lasciare nemmeno per un istante quel corpo minuscolo e lo posò sulle spalle frementi del ragazzo. Era così grande da stargli come coperta. « Riposate, signorino. » sussurrò. « Andrà tutto bene. »

 

Convincere Ciel a lasciare la presa sulle sue spalle non fu semplice. Le sue piccole e fragili dita non ne volevano sapere e nemmeno l’offerta di un buffet di dolci riuscì a persuaderlo.
« Signorino, non potete restare così per sempre. »
« Posso, invece. » obiettò il ragazzo. « Ho freddo. » Si aggrappò ancor di più a lui e nascose il viso contro il suo petto. Chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni. « Preparami un bagno. » ordinò. Così, forse, la sua pelle avrebbe smesso di prudere.
« Come desiderate, signorino, ma dovrete lasciarmi andare. »
Ciel annuì, imbronciato. Si lasciò deporre sulle lenzuola ancora in ordine e si appallottolò nel frac come un gatto. L’odore di Sebastian – l’odore di suo padre – era abbastanza forte da mantenerlo calmo, ma non del tutto sufficiente. Si aggrappò ad un cuscino e chiuse gli occhi, nella speranza che almeno quello gli desse un’illusione di contatto fisico. Non riusciva a dimenticare la sensazione di quelle lingue addosso, che lo spogliavano e assaggiavano. Gli dava i brividi. È passato. È passato. Sebastian l’ha ucciso. Mugolò e affondò il viso nel cuscino, ma la sensazione non accennava a sparire. Piccole stille salate corsero lungo le sue guance. Le scacciò con rabbia e si sforzò di non fare rumore nel tirare su con il naso. Non voleva sembrare debole, anche se aveva paura. Non poteva permettere né a Sebastian, né a nessun altro di vedere quanto fosse profondo l’abisso nel suo cuore.
« Il bagno è pronto, signorino. »
Il Conte si riscosse. Alzò gli occhi verso il maggiordomo e annuì. Si tirò su, avvolto nella giacca del demone, e si trascinò fino alla vasca. Non avrebbe voluto privarsi della sua protezione, ma si costrinse ad abbandonarla per affidarsi all’acqua. È più calda del solito. notò, ma la cosa non gli dispiacque. Era gradevole e lo faceva sentire leggero. « Sebastian, lavami. »
« Sì, signorino. » Il demone gli fece chinare il capo all’indietro e, con una brocca, gli versò l’acqua calda sui capelli, quindi cominciò a insaponarli. Il suo tocco era delicato e attento come al solito, eppure aveva qualcosa di strano.
Ciel chiuse gli occhi e sospirò. Si schiarì la voce, ma non riuscì a trovare le parole necessarie per cancellare quel silenzio opprimente.
« Qualcosa non va, padroncino? »
« No. » mentì il Conte. « Stavo solo pensando. » Abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Tremavano, di nuovo. « Dammi il sapone. »
Sebastian annuì e fece colare via la schiuma. « Volete che vi lasci solo? »
« No. Resta. »
« Sì, padroncino. » Il demone gli porse il flacone di sapone e rimase al suo fianco, in attesa.
Ciel si strofinò il panetto sulle braccia e sulle gambe con rabbia, ma non riuscì a fermare il tremore. Gli occhi gli pizzicarono e quella sensazione acre e pesante gli gonfiò il petto. Oh, no. Oh, no. No, no, no. Doveva fermare le lacrime. Non poteva piangere, soprattutto davanti a Sebastian. Si morse le labbra con forza, ma non servì. Gli sfuggì un singhiozzo e qualcosa si spezzò in lui. Mise la testa sott’acqua, per nascondere altri versi, ma la mano pronta del maggiordomo lo riagguantò subito e lo tirò fuori. « L-Lasciami, Sebastian! » urlò, stridulo. La sua voce era ormai spezzata e nei suoi occhi spiccava la paura.
« No. »
« Come osi? Questo è un ordine, Sebastian. Lasciami. »
« No. » Il tono del maggiordomo era pacato, ma deciso. I suoi occhi erano calmi, eppure la piega delle sopracciglia e delle labbra era dura e aveva il sapore acre del rimprovero. « Non posso permettervi di fare del male a voi stesso, padroncino. Va contro la mia estetica. »
Ciel sgranò gli occhi. Si alzò in piedi, incurante della propria nudità, e lo schiaffeggiò. « Allora avresti dovuto salvarmi prima. » disse. « Ora lasciami solo. Devo pensare. »
« Sì, mio Lord. » Sebastian si inchinò e uscì dal bagno.
Il Conte guardò la porta chiudersi senza battere ciglio, ma restare solo non gli diede affatto la pace a cui anelava. Si strinse le gambe al petto e posò il mento sulle ginocchia. Le lacrime sgorgarono prima che potesse trattenerle e a quel punto non tentò più di fermarle: non ne valeva la pena. Le lasciò uscire e si crogiolò in quel dolore sordo e pulsante. Era da così tanto che nessuno lo consolava più, che iniziava a dimenticare che effetto facesse abbandonarsi tra le braccia di qualcuno e affidarsi senza timore alle sue cure. Il tempo in cui suo padre gli assicurava che non aveva nulla da temere dopo aver messo la testa nell’armadio era lontano e gli mancava da morire, ma aveva giurato di non ammetterlo mai. Tremò. Forse, chiedere a Sebastian di assumere il suo aspetto non è stata poi una grande idea. rifletté, ma ormai era fatta. Si appoggiò al bordo della vasca, distese le gambe e poco alla volta si lasciò scivolare nell’acqua, fino a sfiorarla con il mento. Chiuse gli occhi e rimase in ammollo finché non divenne fredda. Solo allora si costrinse ad uscire. Si deterse meglio che poté con il grande asciugamano e indossò la camicia da notte. Si mise a letto, ma le lenzuola erano troppo leggere per dargli il calore che desiderava. Benché l’aria di Dublino non fosse affatto fredda, il suo corpo sembrava incapace di rendersene conto. Continuava a tremare e a rigirarsi nel letto senza trovare requie.
Sebastian lo trovò così, quando, due ore dopo, rientrò in camera. « Siete ancora sveglio, signorino? »
Ciel annuì. « Non riesco a prendere sonno. » disse. « Fa troppo freddo. »
Sebastian chiuse le finestre. « Volete anche del latte e miele? »
Il ragazzo annuì di nuovo. Quello funzionava sempre e, se fosse riuscito ad addormentarsi, sarebbe stato libero. 

 

Ciel si svegliò urlando. Calciò via le lenzuola e si mise a sedere. Con gli occhi ancora chiusi, cercò l’arma che nel sogno gli era caduta di mano. Il suo cuore accelerò i battiti e i brividi corsero lungo la schiena fradicia. Sentì le guance umide e le nascose con le mani prima ancora di verificare se fossero lacrime o sudore. Che spettacolo penoso stava dando al suo maggiordomo! Non poteva permettere che la paura lo dominasse, eppure non riusciva a respingerla. Che mi succede? Da quando sono così debole? Fece diversi respiri profondi. Non posso lasciarmi abbattere. Io sono Ciel Phantomhive, Cane da Guardia della Regina. Devo portare a termine la mia vendetta. Ho venduto la mia anima per questo. Non posso lasciarmi schiacciare dalla paura. Per quanto se lo ripetesse, non riusciva a smettere di tremare.
Le mani di Sebastian si posarono sule sue spalle e gli occhi dell’altro incontrarono i suoi. « Di cosa avete paura, padroncino? » Il suo tono pacato non poteva definirsi gentile. Era metodico, piuttosto.
Il Conte desiderò sottrarsi a quel contatto, ma il suo corpo si rifiutava di obbedire. Alzò gli occhi verso il viso del servitore e strinse i pugni. Dovette deglutire tre volte, prima di riuscire a ritrovare la voce. « Non ho paura. » mentì, strozzato.
« E allora perché tremate, padroncino? » sussurrò il diavolo. « Perché vi siete svegliato urlando? »
« Un... un incubo. Solo uno stupido incubo. » rispose il Conte. Si imbronciò e incrociò le braccia in petto.
« Ma davvero? » Il maggiordomo gli sollevò il mento con due dita e gli accarezzò le labbra con il polpastrello del pollice. « Eppure, avete l’aria di un coniglio in trappola, padroncino. »
« E tu saresti il lupo che mi divorerà, giusto? » lo rimbeccò Ciel, con un ghigno che per un attimo parve davvero il suo, ma non avrebbe potuto usare verbo peggiore. Lo stomaco si contorse e gli occhi pizzicarono di nuovo, ma non avrebbe pianto. Non era un simile mollaccione.
« Quando verrà il momento, sì, signorino. » confermò il demone. « Ma fino ad allora sarò tutto ciò di cui avrete bisogno. »
Il Conte lo fissò. « Tu... puoi farmi dimenticare, Sebastian? » chiese. « Puoi cancellare quel ricordo dalla mia mente per sempre? » La sua voce si incrinò e spezzò, troppo acuta persino per un bambino.
Il maggiordomo sospirò. « Potrei provare, padroncino. » disse. « Ma gli incantesimi di memoria sono sempre complicati... e pericolosi. La vostra mente cercherà di riempire quel vuoto con qualcosa e potrebbe anche essere peggio di ciò che volete far sparire. » spiegò. « E nulla vieta che in futuro quel ricordo non riemerga in qualche modo. »
« Capisco. » Ciel si passò una mano tra i capelli. « Ma non posso continuare così, o impazzirò e sai che non posso permettermelo. »
Il demone annuì.
« Devi impedirmi di sognare, Sebastian. » riprese il ragazzo. « Posso combattere questa cosa, da sveglio, ma devo poter dormire. »
Sebastian non rispose subito. Si portò le dita al mento e increspò le labbra. Corrugò le sopracciglia e scosse la testa. « Non posso farlo, signorino. » decise. « Senza quello sfogo, la vostra mente collasserebbe ancora più in fretta. »
« Allora cosa puoi fare? »
Il maggiordomo lo abbracciò. « Questo, padroncino. » rispose. Aveva constatato l’effetto terapeutico che, in quel momento, il contatto fisico sembrava avere sul ragazzo e non era poi tanto diverso dal dargli lo sciroppo per la tosse.
Il Conte tentò di respingerlo, ma quel calore, per effimero e falso che fosse, era ciò che gli serviva. Si aggrappò al suo torace ampio e si acciambellò sul suo ventre. Chiuse gli occhi. « Solo per stanotte. » sussurrò.
« Ma certo, signorino. » rispose Sebastian. « Solo per stanotte. » Gli spazzolò i capelli con le dita e sorrise.
Ciel, cullato dal suo tocco meticoloso, si rilassò poco a poco. Il torpore si impadronì di lui e lo condusse in un sonno profondo e privo di incubi.
Il demone capì che il suo piano aveva funzionato, ma nonostante ciò non osò muoversi. Il padroncino era minuto, come continuava a ricordargli ad ogni occasione buona, e il peso della sua carne era irrisorio. Avrebbe potuto spendere quella notte in maniera più utile, ma aveva giurato di proteggere il contraente fino allo scadere del contratto e in quel momento il suo posto era lì, tra quelle lenzuola. 

 


Habemus capitulum!
Sì, in ritardissimo, me ne rendo conto, ma l'importante è il risultato, no? ù_ù
Bene, prima di lasciarvi alle recensioni, lasciatemi dire solo un paio di cosette.
Primo: la scelta del nome da demone è del tutto arbitraria. In genere non mi spingo così "oltre" nella manipolazione del materiale originale, ma in questo caso era un dettaglio necessario. Quasi di sicuro, tale nome non sarà più usato in seguito (odio uscire dal seminato), ma devo confessare che con l'andare di questi capitoli sto aggiungendo sempre di più del mio sacco, perché in fondo Yana ci ha dato davvero poche informazioni su Sebastian e sui demoni in generale e io su qualcosa devo pur costruire la trama. ewe Perciò, perdonatemi le licenze poetiche e non sbranatempi, please!
Secondo: spero che la scena finale sia riuscita bene. Scriverla à stato un parto difficile, ma spero che risulti gradevole e di non aver annientato l'ethos dei personaggi al primo colpo di interazione "insolita" tra loro. Tra l'altro, mentre la scrivevo fangirlavo indecentemente, quindi sono terrorizzata da cosa potrei averne fatto. Vi prego, rassicuratemi, perché ho paura a farli interagire ancora.
In ultimo, vi ricordo che vi adoro. Siete fantastici, anche se passate solo a sbirciare.
Ogni recensione fa di me una personcina felice, ricordatelo!

 
   
 
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