Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: _Crisalide_    21/09/2015    0 recensioni
Emma a ventidue anni perde suo marito Neal a causa di una brutta malattia. Ma non è sola: aspetta un bambino che considera un dono fattole da suo marito e poi a Natale riceve una lettera: dolci e struggenti parole di Neal la sproneranno ad andare avanti.
Sette anni dopo Emma è tornata ad essere quella di sempre. Ha Henry di sei anni e il suo amico Killian , con il quale il rapporto diventa più intenso. Ma cosa succederà se nel suo cammino Emma si imbatterà nell'affascinante quanto misterioso Graham? Riuscirà a fare chiarezza nel suo cuore?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Graham/Cacciatore, Killian Jones/Capitan Uncino, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2
 

Killian
 
Se c’è una cosa che adoro sono le navi. Sin da bambino infatti ho sempre avuto questa passione per tutto ciò che riguardava la nautica ma anche il mare in generale: possedevo più di cento modellini di navi, avevo libri illustrati in ogni angolo della casa e i miei personaggi preferiti sono sempre stati Capitan Uncino e Jack Sparrow. Questa passione l’ho ereditata grazie a mio padre, Eric Jones. Lui era un vero e proprio costruttore di navi e spesso le estati le passavo con lui e mia madre a bordo di una di queste: mi mettevo sempre al timone, ovviamente sorvegliato da lui e fingevo di essere uno dei miei capitani preferiti. Ma poi un “bel giorno”, quando avevo appena quattordici anni e rincasai da scuola, trovai mio padre con delle valige fuori alla porta mentre dalle scale mia madre che lo guardava in lacrime, arrabbiata e delusa, intimandogli più volte di andarsene. Lì per lì non ci capii molto ma quella stessa sera a cena mia madre mi raccontò tutto: mio padre aveva conosciuto un’altra e nel giro di pochi mesi se n’era innamorato, dimenticandosi di avere una famiglia alle spalle.  Ma mia madre, Lily, è sempre stata una donna forte, coraggiosa, determinata e fu proprio grazie a lei e a queste qualità che noi ci rimboccammo le maniche, ripartendo da zero.
Mia madre chiese subito il divorzio e quando, nel giro di pochi mesi, l’ottenne, lasciammo l’Irlanda per trasferirci in Inghilterra, dove conobbe Alan Locksley, un famoso avvocato, anche lui separato con un figlio, Robin, della mia stessa età. Ma la ferita era ancora aperta e quini mia madre ci mise un bel po’ a fidarsi, anche se io personalmente lo adoravo e anche con Robin avevo creato un bel feeling. Lui è davvero quel fratello maggiore che non avevo mai avuto: sì, dico maggiore, anche4 se ci separano solo pochi mesi di differenza. Maggiore perché è lui quello che mi tira fuori ai guai, è sempre lui quello che ragiona, quello che conta fino a cento prima di dire o fare qualcosa.
Fu solo dopo due anni che i sentimenti uscirono allo scoperto.. Mia madre e Alan si fidanzarono ufficialmente e l’anno dopo diventammo definitivamente una famiglia. Poi Alan, essendo un famoso avvocato, ottenne una collaborazione con uno studio legale di Storybrooke, una piccola cittadine del Maine. Quindi ci trasferimmo nuovamente ma stavolta eravamo felici, diversi, cambiati soprattutto.
Mia madre, dopo vari lavori saltuari, ottenne un contratto definitivo come cuoca nel ristorante irlandese, in cui ancora oggi lavora, mentre io e Robin iniziammo l’ultimo anno di liceo. E fu lì che conoscemmo Regina, Emma e Neal.
Io e Neal legammo sin da subito, era un tipo come me che amava cacciarsi nei guai, fare casino. Diventò il mio migliore amico già dal primo giorno in cui avevo varcato la soglia della mia nuova classe. Però con Emma cambiava davvero tanto: diceva sempre che era la donna della sua vita e che una volta preso il diploma l’avrebbe sposata, non importava se non aveva un lavoro e nemmeno un soldo. Voleva sposarla e io sapevo che era sincero, Neal aveva questa peculiarità di dire le cose come stavano subito, senza fare tanti giri di parole. E con Emma era da subito stato schietto e sincero. E quindi lo fece, okay non lo fece subito dopo il diploma, anche perché Emma era ancora una quindicenne quando la conobbe. Si sposarono l’anno dopo il matrimonio di Regina e Robin.
Erano felici, io ero felice, ero stato anche il testimone e mi promise che sarei stato anche il padrino dei loro figli. Ma questa felicità durò poco perchè se ne andò a soli 25 anni, lasciando da sola una disperata Emma e, ironia della sorte, il bambino che lei portava in grembo.
Rialzarci non era stato facile, per lei che era suo marito ma nemmeno per me che era il mio migliore amico. Ma come si dice, la vita deve andare avanti, così lo avrebbe voluto, mi diceva sempre Robin all’epoca. E così, ancora una volta, mi ritrovai a rimboccarmi le maniche e rimettere insieme i pezzi. Ma soprattutto costruire quello che era sempre stato il mio sogno: un cantiere navale dove avrei potuto costruire tutte quelle navi che avevo sempre immaginato da bambino. Robin si dimostrò felice di aiutarmi ma a lui affidai la parte amministrativa, con le scartoffie e affini. Io volevo costruire, sudare, sporcarmi, anche farmi male ma alla fine avrei visto con i miei occhi il frutto dei miei sacrifici, del mio sudore.
E fu così che nacque la Cassidy Corporation, in onore a Neal: perché era stato anche grazie a lui che in qualche modo ero riuscito a creare tutto ciò.
 
-Killian, tuo fratello ti cerca!-
La voce di Will Scarlett, uno degli operai più giovani, mi chiama mentre do un’ultima verniciatura ad un pezzo di legno scuro con la quale avrei costruito la mia prima vera nave. Anche se non sarebbe stata del tutto mia.
 Ho in testa questo progetto da anni, precisamente cinque.
-Arrivo subito, grazie Will.-
Sorrido, riponendo con cura il pezzo su un tavolo separato dagli altri per farlo asciugare; mi tolgo poi i guanti e prendo uno straccio per pulirmeli, mentre mi dirigo verso gli uffici.
Arrivo davanti alla porta di vetro opaco e la apro piano, notano mio fratello che mi fa cenno di entrare, mentre ringrazia qualcuno per telefono., posandolo poco dopo Quindi entro e mi accomodo su una delle due poltrone di pelle nera.
-Mi hai fatto chiamare?-
Chiedo, sistemandomi comodamente sullo schienale imbottito. L’ufficio di Robin è davvero accogliente: luminoso, qua e là sulle pareti dei disegni di navi e mari, sulla scrivania un MAC nero grande, una cartellina porta documenti, il telefono, il portapenne, dei modellini di navi (alcuni regalati da me stesso) e delle cornici di fotografie con Robin, Regina e Roland, il loro bambino di tre anni.
-Sì, c’è una novità.-
Robin mi sorride, mettendo i gomiti sulla scrivania di mogano e il mento poggiato sulle mani chiuse a pugno. Tipica posizione che usa quando ha qualcosa di grandioso da dirmi.
-Sai chi era al telefono?- Mi guarda, come se aspettasse sul serio che conoscessi la risposta e vedendo che non parlo, anzi che attendo con impazienza, riprende il discorso. –Graham Dornan.-
Lo guardo, non avendo idea di chi sia questo Dornan, il nome non mi dice nulla.
-E chi sarebbe?-
-E’ il figlio di un famoso avvocato che gestisce uno studio legale in America, che collabora con quello di papà.  Il figlio è un imprenditore appassionato di navi come te. Ci sarà stato di sicuro un passa parola tra mio padre e il suo perché adesso domani lui sarà qui in persona a vedere le nostre navi e…-
Mio fratello si ferma, lasciando la frase in sospeso ma io capisco subito dove sta per andare a parare. E infatti finisco la frase per lui.
-Vuole che ne costruiamo una?-
Spalanco gli occhi, facendo anche un mezzo sorriso: se ho capito bene questa famiglia ha soldi che sbucano perfino nella loro cucina.
-Esattamente! Perciò mi aspetto ciò che tu sai fare: il meglio!-
Mio fratello sorride anche lui. Di solito abbiamo costruito navi solo per poche persone al di fuori del Maine. Sono sempre stato io quello che segue, gestisce e controlla i lavori, ovviamente collaborando con i colleghi. Un gioco di squadra, insomma.
-Quindi domani verrà qui?-
-Mh mh- Robin annuisce, prendendo a giocherellare con una penna blu. -Vorrà vedere da vicino i nostri lavori, parleremo ovviamente del contratto in generale e soprattutto tu e lui discuterete sulle preferenze del ragazzo.-
-Mi sembra perfetto Robin!-
-Lo è, proprio così.-
Ci sorridiamo poi lo saluto lasciandolo al proprio lavoro, tornando al mio. Sono felice e forse un po’ ansioso: è un personaggio importante e non voglio assolutamente fare delle brutte figure.
 
Di sera, poco prima di cena, passo da Granny, come al solito. Ho già parlato con i miei colleghi della novità e tutti sono rimasti entusiasti e pronti per il lavoro che aspetta loro.  Sono fortunato ad avere quei validi ragazzi ma anche adulti come compagni di lavoro: ci aiutiamo a vicenda e in tutti quegli anni non ci sono mai stati screzi né competizioni. Certo ci sono stati degli abbandoni per motivi gravi ma mai per rivalità o per altro.
Il suono del campanellino accompagna la mia entrata nel locale: non c’è quasi nessuno a quell’ora, cosa che amo perché mi permette di parlare un po’ di più con Emma, visto che tra il figlio e il lavoro di entrambi non riusciamo mai a parlarci per davvero.
-Zio Kill!- Una vocina allegra richiama la mia attenzione e mi abbasso per sollevare in braccio Henry. Gli sono molto legato e, da come mi abbraccia e mi sorride, anche lui lo è con me.
-Ciao ragazzino!- Gli scompiglio i capelli e lui ride, divincolandosi, mentre lo porto verso il bancone.  Emma è li dietro che lava alcuni bicchieri mentre Ruby si occupa di sistemare i tavoli. Saluto anche la nonna di quest’ultima che sistema la cassa prima di chiuderla e poi mi siedo allo sgabello con Henry sulle mie gambe.
-Ti vedo felice Jones.-
Mi dice Emma, porgendomi il mio solito bicchiere di rum che porto subito alle labbra, annuendo.
-Lo sono, grandi novità. Ma non dico nulla per scaramanzia.-
Emma rotea gli occhi ma sa benissimo della mia superstizione al lavoro, quindi non insiste più di tanto.
-Come vuoi. Tu ragazzino sistema i colori che hai lasciato sul tavolo che tra poco andiamo a casa.-
-Mamma ma c’è zio Kill!-
Sorrido e scuoto la testa, facendolo scendere dalle mie gambe.
-Non scappo, andiamo a casa insieme. Vi accompagno io, okay?
Dico al bambino e il suo visetto si illumina, correndo subito a sistemare il suo album e i suoi colori in cartella.
-Sai come convincerlo, sei un perfetto zio!-
Emma mi sorride e io faccio spallucce. E’ facile volergli bene, è un bambino tranquillo, okay un po’ vivace ma non ha mai fatto così tanti capricci.
-Lo avevo accompagnato dai miei dopo la scuola ma  ha voluto stare con me, come al solito. Forse perché sa che passi quasi sempre nell’arco della giornata. Solo ora sei arrivato tardi, ora che ci faccio caso. Anzi è da un po’ che vieni tardi qui, come mai?
Mi chiede, guardandomi curiosa mentre posa alcuni bicchieri asciutti e lavando il mio dove poco prima c’era il rum. Ha ragione, è da un po’ che arrivo tardi da Granny ma lo faccio perché voglio lavorare per bene su questo progetto della mia nave.
-Un progetto che mi prende tempo, tutto qui.
Alzo le spalle e lei inclina il viso.
-Killian, non mi dire…ancora quel progetto?
Emma ovviamente lo sa, così come lo sa Robin. Sa di questo progetto che avevo visto davanti ai miei occhi quando Henry aveva spento la sua prima candelina: gli avevo regalato un modellino di nave chiuso in una bottiglia di vetro che ancora oggi conserva gelosamente su uno scaffale in alto per non romperla. Al mio orecchio Henry mi aveva sussurrato il suo desiderio: una nave gigante come quella però vera. E io mi ci ero intestardito nel volerla costruire.
-Aveva solo un anno Killian. Era un desiderio di un bambino, avanti!
-E quindi? Non voglio deluderlo.  E poi che male c’è?
Io sorrido e Emma non può far a meno di arrendersi di fronte alla mia testardaggine. In fondo lo sa che ce l’avrei fatta. Ciò che però non sa è che ormai è questione di mesi, al massimo un altro anno e l’avrei completata finalmente.
-Va bene, va bene. Dai andiamo a casa.
Mi dice prendendo la sua borsa e la sua inseparabile giacca di pelle rossa. Intanto Henry si è già avvicinato a noi con cartella sulle spalle e il sorriso furbetto: probabilmente ha sentito ogni cosa ma spero di no, altrimenti addio sorpresa!
Emma saluta Ruby e la nonna, cosa che faccio anche io e infine li accompagno a casa. Henry che cammina davanti saltellando leggermente, facendo attenzione a non farsi male mentre Emma sotto al mio braccio, persa un attimo nei suoi pensieri. In quegli anni gli sono stato accanto, l’ho vista piangere, disperarsi, poi dare alla luce il bambino e poi rialzarsi soprattutto per il suo bene. Ma la sera quella forza che ha ottenuto vacilla, lasciandola in balia dei ricordi e della malinconia.
Io resto in silenzio, in attesa di un suo sfogo, di una sua lacrima ma anche questa sera mi sorride appena, guardandomi negli occhi.
-Non ti ho mai detto grazie sai?- mi dice improvvisamente. Io inarco un sopracciglio, spronandola a continuare. -Grazie per essermi stato accanto, di esserti preso cura di Henry, di avergli fatto da padrino, mantenendo la promessa che Neal ti aveva fatto.
-Oh no, non devi. Sono vostro amico, tuo e di Neal. E poi è facile adorare quel bimbo lì.
Dico, indicando Henry che ogni tanto si ferma, voltandosi verso di noi e riprendendo poi a camminare.
-Già. Lo è.
Mi sorride e io ricambio, dandole un lieve bacio sulla guancia e poi riprendiamo a camminare.
-Zio Kill, mangi a casa con noi?
Henry, fermo davanti alla porta della loro casa, mi prende per mano e mi guarda con quegli occhioni. Occhioni a cui non posso dire di no.
-E va bene, aggiungete un posto in più.
 
 
 
Ed eccomi con il secondo capitolo e con Killiannn *-*
Un po’ lungo ma volevo parlare di come l’ho costruito e di come ho costruito il suo legame con Robin, con Neal, con Henry e con Emma. Vi piace?
Spero vi soddisfi  >.<
A presto! 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: _Crisalide_