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Autore: Jessie95    21/09/2015    4 recensioni
Un gioco, una scommessa, un patto.
Così inizia questa storia.
Tratto dalla storia:
– Posso sapere almeno il tuo nome?
– No.
– Andiamo… ti ho domandato solo come ti chiami, mica ti ho chiesto la luna!
–… Mi chiamo Talia. Talia Carter. – mi dice dopo un attimo di esitazione. Che nome particolare!
– È un piacere conoscerti Talia Carter. Io sono Jason Moore.
Talia, Talia, Talia… tu non sai cosa ti farei. Ma adesso non è il momento.
Tu sarai mia!
È ora di iniziare a giocare!
***
E' la prima volta che mi cimento in una storia con solo il punto di vista maschile. Spero non sia uscito uno schifo, buona lettura! :)
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love's a game, want to play?'
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Capitolo dodicesimo: Ricordi ch ti sbattono in faccia la realtà - GIORNO 30
 
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Si dice che la notte porti consiglio… Chi l’ha detta questa stronzata? A me ha portato solo grandi e immense occhiaie violacee, un mal di testa terribile e un gigantesco e perenne sonno. Nessun consiglio, niente di niente.
Passeggio per le vie del centro e intanto penso.
La gente mi passa affianco, ma io non me ne curo, così come fanno loro.
Mi sono sempre chiesto come si faccia a sentirsi soli anche in mezzo ad una folla che urla ad un passo da te.
Ora l’ho capito: è una sensazione strana. Ti isoli dal mondo e non senti più nulla a parte i tuoi pensieri che sono assordanti, peggio di un bambino che ti strilla nelle orecchie. Stai lì, senza curarti di ciò che ti accade intorno aspettando che la tua ancora ti venga a salvare e se non viene sei fottuto e devi essere in grado di riuscire a salvarti da solo… ed è questo che io voglio fare oggi. Salvarmi da solo, perchè non so chi o cosa sia la mia ancora e non saprei dove cercarla.
Mi risveglio dal mio stato catatonico solo quando sono di fronte ad una vetrina di un negozio, precisamente dove io e Talia siamo venuti a fare shopping.
Guardo il mio riflesso nella vetrina e noto i miei occhi.
Sono sconvolti, hanno il colore del mare in tempesta. Mi sento come se fossi una piccola imbarcazione in mezzo alle onde provocate da una burrasca: sbatacchiato di qua e di là senza sapere se riuscirò a tornare a casa. Solo, di nuovo, con i miei sbagli.
Quante volte ho sbagliato?!
Quanti errori ho fatto?!
Troppi per essere contati.
Rimango lì ancora per un po’ aspettando che i ricordi mi colpiscano uno ad uno per farmi capire quale è stato il mio sbaglio stavolta.
Occhi di mare senza scogli
Il mare sbatte su di me
Che ho sempre fatto solo sbagli
Ma uno sbaglio che cos'è?
GIORNO 3:
Talia era sdraiata sulla coperta a quadri bianca e rossa, stesa a terra per non sporcarsi.
C’erano i residui del nostro pic-nic sparsi su tutto il prato intorno a noi.
Eravamo gli unici in quella raduna. Talia mi aveva spiegato che era perché in pochi conoscevano quel posto. Pensai che fosse un peccato, per una meraviglia del genere, non poter essere goduta appieno, ma poi mi ricordai il fatto che io e Talia eravamo soli.
Mi stesi sulla coperta affianco a lei, la mia mano quasi sfiorava la sua. Quando feci per prendergliela lei la scansò.
La guardai male.
– Do molta importanza al gesto di prendere per mano. – disse – Se lo faccio significa che amo la persona a cui la stringo oppure che questa ha bisogno di conforto. Queste sono le uniche volte in cui tengo la mano a qualcuno.
– Perché?
– Perché lo trovo un gesto troppo intimo, anche più del bacio…
– Mi stai invitando a baciarti, per caso? – scherzai.
– No. – fece senza un attimo di esitazione.
– Senti un po’ ragazzina, – dissi tirandomi su con il busto e guardandola – tieni la cresta abbassata.
Si tirò a sedere anche lei per poi guardarmi con un sopracciglio alzato e domandò – Altrimenti cosa succede?
– Ti conviene non scoprilo. – affermai ammiccando.
– Ma io sono curiosa…!
– … Allora inizia a scappare Carter, perché se ti acciuffo per te sono guai.
Probabilmente lesse la promessa nei miei occhi perché sgranò i suoi, si mise velocemente in piedi e iniziò a correre.
Ah, la caccia. Mi era sempre piaciuta.
Mi alzai di slancio e mi misi a correre dietro di lei, la raggiunsi e in pochi secondi la avevo già atterrata.
– Sei lenta, musa. – le sussurrai all’orecchio, prima di iniziare a farle il solletico.
La vedevo ridere e un sorriso comparve, di riflesso, anche sulle mie labbra.
Più lei cercava di ripararsi in un punto, più mi dava libero accesso a tutti gli altri.
La vedevo contorcersi sotto di me cercando di scappare a quella che per lei era una tortura, ma che per me era divertimento.
– Ok, ok… Time out… Non ce la faccio più… Basta… Basta! – disse tra una risata e l’altra.
Fermai il movimento delle mani e la guardai riprendersi.
Era bella.
Era una musa.
Era la mia musa.
Incrociai i suoi occhi e lei smise finalmente di ridere.
Mi abbassai su di lei e la baciai dolcemente, lentamente, gentilmente…
Rispose al bacio, ma una sensazione strana allo stomaco mi fece fermare e staccare da lei.
O stare nudi in mezzo a un campo
A sentirsi addosso il vento
Io non chiedo più di tanto
Anche se muoio son contento
GIORNO 10:
– Musa, calmati. Andrai bene, non farti venire delle paranoie inutili!
Era un’ora che cercavo di calmare Talia. Era andata in ansia per la cena che si sarebbe svolta solo due giorni dopo e non riuscivo a calmarla, nemmeno il mio tono dolce e i vari ‘musa’ riuscivano a fare qualcosa.
– Tu non capisci. E se poi ti faccio fare brutta figura? E se inciampo sui tacchi? E se non riesco a fare conversazione? Cosa succederebbe se per sbaglio faccio cadere il bicchiere e rovescio il vino sulla tovaglia? Potrei scontrare qualche opera di valore e romperla... No. No, Moore. Non ci vengo a quella cena.
Era impazzita, andata. Kaput.
– Musa, hai già comprato il vestito… non puoi rinunciare così.
– Non mi interessa nulla del vestito! Lo utilizzerò per un’altra occasione…
– Musa… – cercai i suoi occhi, ma lei me li nascondeva – Carter, guardami mentre ti parlo. – le presi il mento tra le dita e le voltai il viso. La guardai dolcemente. – Non mi farai fare brutta figura, anche se non mi hai mostrato l’abito so che sarai comunque splendida. Se mai dovessi inciampare sui tacchi, cosa che non accadrà perché li sai portare, ci sarò io a sorreggerti. Tu che non sai fare conversazione? Ma non farmi ridere, ti troverai benissimo. Se dovessi rovesciare il bicchiere e sporcare la tovaglia, pazienza: capita a tutti, non saresti la prima e non sarai nemmeno l’ultima. Se hai paura di scontrare opere di valore vorrà dire che ci penserò io a tenerti lontana da esse.
Non staccò nemmeno per un attimo i suoi occhi dai miei mentre le parlavo.
Si era calmata. Il respiro era tornato regolare, la tensione aveva lasciato il suo corpo e aveva una espressione più serena.
Grazie. – mi disse riconoscente.
Ci guardammo negli occhi in silenzio ancora e ancora, entrambi immersi nei nostri pensieri.
Quel nocciola era bellissimo, mi ci potevo perdere.
Mi affascinavano, se avessi potuto non avrei smesso neanche per un secondo di guardarli.
Io i miei occhi dai tuoi occhi
Non li staccherei mai
E adesso anzi me li mangio
Tanto tu non lo sai
GIORNO 12:
– Hei, Moore, aspetta. – mi voltai e la vidi annaspare sui tacchi con gambe tremolanti. Tornai indietro e le porsi un braccio che, prontamente, afferrò.
È ancora valida la promessa che mi hai fatto, vero? – la guardai cercando di capire a cosa si stesse riferendo, lei, prima di continuare, sbuffò – Non farmi cadere. Di tutto quello di cui ero spaventata l’altro giorno, questa è l’unica cosa che mi spaventa ancora. Per il resto… saprò cavarmela.
Entrammo in macchina e lei accese la lucina per potersi guardare e sistemare il trucco, quasi inesistente per poter avere quell’aspetto fresco che, da ragazza di ventidue anni qual’era, aveva di suo.
Era bella, sempre.
Avrei voluto dirglielo tutti i giorni che era bella.                                                       
Non serviva che si mettesse chili di trucco e un abito elegante per poter essere definita tale.
Avevo così tante cose da dirle, ma, alla fine, guardandola con un sorriso sghembo, le dissi soltanto: – Spegni la luce, Carter, non riesco a guidare.
Ho un materasso di parole
Scritte apposta per te

E ti direi spegni la luce
Che il cielo c’è
GIORNO 16:
Era mattina presto.
Stavamo facendo colazione in un bar.
Stavo mangiando una ciambella quando Talia me lo chiese.
– Sabato sera ti andrebbe di venire a cena da me?
Quasi mi strozzai mentre la guardavo stranito.
– Che c’è? Non posso invitarti a cena? Guarda che la mia è un’ottima cucina e non avvelenerò il tuo piatto se te lo stessi chiedendo. Non sprecherei mai così del cibo!
– Ah, adesso sì che mi sento meglio…
Non potevo crederci. Cena. Casa sua. Casa libera. Scopare.
Questo era tutto ciò che la mia stupida mente era stata in grado di elaborare. L’unico neurone attivo era andato in vacanza, il criceto aveva smesso di girare e il cervello era andato in tilt.
– Volentieri musa. Cosa mi preparerai di buono?
Questo è un segreto. Devi aspettare sabato per scoprirlo! – disse strizzandomi l’occhio.
Non vedevo l’ora.
Per stare con lei.
Per andare a letto con lei.
Per fare sesso con lei.
Quello che non sapevo è che non avrei fatto solo sesso con Talia.
Con lei avrei fatto l’amore.
Avrei contato ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, che mi separava dallo stare con lei, perché non ero in grado di aspettarla ancora per tanto.
Non so aspettarti più di tanto
Ogni minuto mi dà
L'stinto di cucire il tempo
E di portarti di qua
 
Passeggio, da solo, per le strade.
Fa strano non avere Talia al mio fianco quando per quasi un mese intero siamo stati sempre insieme, ma questa situazione l’ho voluta io, mi ci sono infilato con le mie stesse mani. Dunque, perché ora ci sto così male? Che cosa è cambiato dal mese scorso? Perché Talia mi manca tanto? Perché desidero così disperatamente che la mia musa sia con me anche adesso?
Non capisco cosa mi sia successo, non lo capisco davvero.
L’unica cosa che so per certa è che non rispondere alle sue chiamate, vedere la sua immagine sullo schermo acceso del mio cellulare che poi si è spento quando ha interrotto la chiamata, mi ha provocato un tuffo al cuore e non è stato per niente piacevole.
Mi sento uno schifo.
Mi sento una merda.
E forse la sono.
Una goccia d’acqua si abbatte su di me, sulla mia giacca e la vedo scivolare piano per la lunghezza del mio braccio.
Mi fermo sotto la pioggia. Mentre la gente intorno a me impazzisce per cercare riparo, io rimango lì, col viso proteso verso il cielo ad aspettare che i ricordi di quei giorni non molto distanti mi affollino la mente…
 
GIORNO 18:
Stavamo passeggiando per il parco quando la prima gocciolina ci cadde addosso.
Nessuno dei due aveva un ombrello con sè, ma non ce ne sarebbe importato più di tanto se avesse continuato a piovere così. Era una pioggerellina leggera, di quelle che non danno fastidio. Per questo decidemmo di non farci caso e di continuare la nostra passeggiata.
Mai decisione fu più sbagliata.
La pioggerellina si fece via via sempre più insistente fino a quando, in pochi secondi, ci ritrovammo i vestiti fradici.
E meno male che eravamo in estate!
Le presi il polso, non avevo cercato la sua mano perché mi aveva spiegato l’importanza di quel gesto e io volevo rispettarla, e iniziai a correre trascinandomela dietro per cercare un riparo. Sembrava che il fato ce l’avesse con noi o che, comunque, si stesse divertendo a prendersi gioco di noi: ovunque andassimo non c’era un fottuto posto dove non ritrovarci sotto la pioggia.
Alla fine scorsi un ponte e decisi che al di sotto di esso avremmo trovato il nostro rifugio.
Quando, finalmente, nessuna gocciolina ci sbatté più addosso mi voltai verso Talia e scoppiai a ridere.
Un pulcino bagnato, ecco cosa sembrava.
Un dolcissimo e adorabile pulcino bagnato.
I capelli ricci erano appiattiti dall’acqua, la canotta bianca si era fatta trasparente e lasciava ben poco all’immaginazione. Tremava, dal freddo.
– Vieni qua. – le dissi spalancando le braccia.
Non si fece ripetere l’invito e si fiondò, letteralmente, tra le mie braccia.
Iniziai a scaldarla come meglio potevo e aspettammo, sotto quel ponte, che smettesse di diluviare.
E come lacrime la pioggia
Mi ricorda la sua faccia
Io la vedo in ogni goccia
Che mi cade sulla giacca
GIORNO 25:
La mia musa era ubriaca e io non mi divertivo così da parecchio tempo.
Era salita su un tavolo e aveva iniziato a ballare a ritmo di musica cercando di imitare le ballerine sul palco che, non essendo ubriache, ballavano con molta più grazia ed equilibrio di Talia.
Quando riuscii a farla fermare e scendere mi buttò le braccia al collo e iniziò a strusciarsi contro di me sempre cercando di ballare.
Io non mi muovevo, sapevo che se la avessi assecondata non avrei risposto delle mie azioni, perciò lasciavo che fosse lei a fare tutto. Avevo addirittura incrociato le braccia dietro la schiena per non toccarla e puntavo gli occhi sul soffitto per non guardarla e lasciarmi andare.
Balla con me… – biascicò queste parole dopo avermi dato un bacio sul mento.
Non le diedi alcuna soddisfazione e continuai ad ignorarla mentre lei ancora mi si strusciava addosso.
– Per favore… – mi implorò di nuovo – Balla con me, Jason…
Cazzo! Mi aveva appena chiamato per nome e quello mi provocava una bella sensazione. Il mio nome, pronunciato da quelle labbra, detto con quella voce, mi faceva sentire l’uomo più felice della terra.
Avevo voglia di caricarmela in spalla e buttarla in macchina per fare cose più divertenti di un semplice ballo, ma non lo feci. Avrebbero dovuto farmi una statua per il coraggio e il valore per essere riuscito a controllarmi in quel preciso istante. Perché resistere ad una Talia ubriaca facile non lo era per niente.
– Ti porto a casa, Talia. – mi permisi di chiamarla col suo nome, tanto il giorno dopo non se lo sarebbe ricordato, da quanto aveva bevuto.
– Nooooo. – disse lamentandosi come una bimba – Voglio restare qua, Jason, ti prego…
La presi per il braccio, senza farle male, e la scortai fuori dal pub in cui ci trovavamo. La feci salire sulla mia auto e il desiderio di prenderla lì era tanto e forte, ma non volevo questo per noi: volevo renderla mia su un letto.
In realtà avrei voluto renderla mia in qualsiasi luogo: sul prato, in macchina, in un bar, sotto la pioggia, in un pub… Era così difficile resistere al fascino da musa che emanava.
Testa dura testa di rapa
Vorrei amarti anche qua
Nel cesso di una discoteca
O sopra il tavolo di un bar
Trovo un riparo dalla pioggia dentro ad un piccolo bar.
Ordino un caffè mentre cerco di non bagnare troppo in giro.
Tiro fuori il portafoglio ed estraggo una banconota, con essa esce anche una foto. La foto.
La guardo e il mio cuore perde un battito.
Come sono riuscito, in un mese, ad innamorarmi di lei?
Finalmente Moore. Ci voleva tanto?!
No, non ci voleva tanto, ma ci voleva il tempo di questa giornata, da solo con i miei ricordi e pensieri, per riuscire a capirlo, per riuscire ad ammetterlo, anche con me stesso.
E adesso Moore?
Non lo so vocina… Devo parlare con Talia, devo chiarirmi con lei, sperando che lei mi voglia dare un’altra possibilità. Altrimenti sono perduto, finito.
Lo sai, Moore? Alla fine non sei male.
Nemmeno tu grillo, nemmeno tu.
Cosa vuoi fare adesso?
Andare a casa, fare una doccia, dormire e domani mattina… domattina andrò da lei, le parlerò, le dirò che l’amore stavolta ha vinto.
Amore 1 – Jason lo stronzo 0
E poi… e poi incrociamo le dita che lei mi voglia ancora nella sua vita perché io senza la mia ancora non ci so stare.
Star lontano da lei non si vive
Stare senza di lei mi uccide
 
 

ADESSO PARLO IO!
Buon inizio settimana ragazze!
Eccovi il penultimo capitolo. Dite la verità: un capitolo-ricordo non ve lo aspettavate, vero? xD Allora, cosa ne pensate? L'idea di un intero capitolo dedicato ai ricordi mi ha sempre ispirato per la loro storia... forse perchè l'ho raccontata a giorni e, a volte, c'erano anche salti temporali di sette giorni! xD
Comunque mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo in quanto i pezzi li scrivevo subito dopo aver scritto il loro incontro precedente... insomma questa storia è stata scritta in ordine cronologico! >.<
Non so voi, ma secondo me questo è il capitolo più bello di tutta la storia, mi piace tantissimo! *^* E il vostro qual'è? :)
Ringrazio:
* Tutti gli amanti delle storie che hanno preso in considerazione di leggere la mia! 
* Jova_Kocca per aver inserito la storia tra le preferite!
* MissF - Fancy_dream99 - cecy_99 per averla aggiunta alle seguite!
* fiorinfiorello - cecy_99 per averla messa tra le ricordate!
* loveinfinite - Cassie78 per aver recensito lo scorso capitolo e Ginevra Granger per aver recensito l'ottavo capitolo!
Io non so come sono riuscita a trovarvi o come voi abbiate trovato me, ma ne sono contenta! <3 Non riesco nemmeno a descrivere quanto siate importanti e quanto mi rendiate felice!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e, mentre aspetto i vostri pareri, vi mando un bacio.
Jessie <3

PS: le parole in grassetto sul lato destro della storia è una canzone di Lucio Dalla il cui titolo è proprio CANZONE, non so se potrà piacervi, ma a me piace tanto quindi ve la consiglio! ^^

 
  
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