XII
INCONTRO
DI RELIGIONI
“Dove mi state portando?”
domandò Arles,
seguendo Anubis fra stretti corridoi decorati e labirintici.
“A palazzo” rispose il Dio,
semplicemente.
“Quale palazzo?”.
“Lo vedrete”.
“Posso togliermi una
curiosità? Se Hades
non fosse intervenuto..che mi sarebbe capitato?”.
“Con un tale carico di peccati, la vostra
anima sarebbe stata sbranata e distrutta”.
“Bello..”.
“Ma non credo che il giudizio di fine
vita
sia una novità per voi, dico bene?”.
“In che senso?”.
“Siete già morto altre volte.
Giusto?”.
“Sì. Vero..”.
“Vedo la vostra anima.
Piange..”.
“Me ne sbatto se piange! Io devo tenere
alta
la testa, nonostante le molte ragioni che avrei per chinarla”.
“Siete un uomo forte..”.
“No, sono un uomo riconoscente. I miei
figli hanno rischiato la vita per salvarmi, perciò il minimo
che posso fare è
andare avanti e combattere”.
“Questo vi rende felice?”.
“Non penso che ti riguardi,
Anubis”.
L’Egizio non rispose. Si erano fermato
dinnanzi l’ennesima porta.
“Prego..” indicò,
facendo segno ad Arles
di entrare.
“Solo io?”.
“Io devo tornare al lavoro..sbrigatevi.
La
regina vi attende”.
Il figlio di Ares spinse la porta e questa
si aprì, brillando di luce oro. Si ritrovò in una
stanza di quel colore,
riccamente decorata a geroglifici e tendaggi, con statue e colonne
terminanti
con petali di pietra dura. Si guardò attorno, quasi accecato
dalla luminosità
di quel luogo. L’anello bruciava sempre di più,
illuminandosi.
“ Ary!” si sentì
dire.
Si girò verso quella voce, riuscendo
finalmente a vedere nonostante la luce, e trattenne il fiato.
“Eleonore!” esclamò.
Dopo aver sedato l’ennesima rissa fra
Milo
ed Aiolia, Kanon distolse lo sguardo dai colleghi. Avvolto da una
nebbiolina
simile ad un miraggio, scorgeva un gruppo di persone oltre le rovine.
Era reale
o sono uno scherzo che subiva la sua vista?
“Che ti prende?” chiese lo
Scorpione,
prima di scorgere anche lui la stessa cosa.
“Un esercito?” si
allarmò il Leone “Lo
vediamo solo noi?”.
“Probabilmente..”
ipotizzò Kanon “..è
celato da una sorta di barriera, simile a quella che avvolge il
Santuario. Per
chi possiede un cosmo, è visibile. Ma per gli altri
è solo un mucchio di
rovine..”.
L’enorme tempio di Abu Simbel, con le
imponenti statue, fissava i tre cavalieri. Ma era molto diverso
rispetto a come
lo vedevano i comuni mortali: le statue erano integre e colorate, come
se i
millenni non fossero trascorsi. Poco distante, un esercito si stava
radunando.
“Che significa?” chiese Aiolia
“Dobbiamo
informare subito Atena!”.
“Un attimo! Forse è meglio
prima
verificare certe cose. Facciamo un giro..” lo
fermò Milo.
“Cosa c’è da
verificare?! Non lo vedi che
è un esercito?!”.
“Lo vedo ma..magari..”.
“Magari?”.
“Non so. Non mi viene in mente niente di
buono da fare con un esercito”.
“Tentiamo di scoprire qualcosa di
più”
propose Kanon “Così da fornire ad Atena
più informazioni possibili”.
“Hai ragione..ma cerchiamo di non farci
notare. Siamo solo in tre contro..millemila!” rispose lo
Scorpione.
“Millemila?!”.
“Eleonore!” mormorò
Arles, vedendola.
Era diversa. Era vestita, pettinata e
truccata come un’egiziana. Però era viva! E stava
bene! Lei rimase qualche
istante immobile, fissandolo, poi corse e lo abbracciò,
chiamandolo per nome.
“Sei sveglio. Stai bene!”
parlò “Che bello
vedere che sei sfuggito dalla tua illusione!”.
“Sì..è stato..anche
merito tuo”.
Il figlio di Ares si lasciò abbracciare.
Dopotutto le era tanto mancata quella donna, colei che tanto tempo
prima era
stata la sua sposa.
“Cosa ci fai qui, Eleonore? E..i tuoi
capelli..le tue vesti..il tuo viso..”.
“Ti piacciono? È una lunga,
lunghissima
storia. Ma non so se avrò il tempo di
raccontartela”.
“Perché?”.
“Quanto manca alla luna piena?”.
“Non lo so. Però sono partito
in una notte
senza luna quindi credo che manchino almeno una decina di giorni, forse
anche
di più. Perché lo chiedi? Che succede?”.
Lei tornò a farsi stringere e lui
capì che
qualcosa la spaventava.
“Non temere” tentò
di rassicurarla,
pregando che Hades non lo vedesse mentre abbracciava la consorte
“Ora ci sono io
qui e ti porterò al sicuro”.
“Non puoi portarmi via da
qui..”.
“Hades ti sta aspettando. Devo riportarti
da lui”.
“Hades?” esclamò
lei, allontanandosi “Lo
fai per Hades, non per me?”.
“Eleonore, tu non sei più mia
moglie. Ora
appartieni ad Hades”.
“Io appartengo solo a me
stessa!”.
“Lo so..”.
“E allora perché sei
qui?”.
“Perché ho fatto una promessa.
E perché ti
amo come il primo giorno in cui ti ho vista. Però..la morte
ci ha separati. Ed
io non posso far altro che tentare di renderti felice entro le mie
possibilità.
Non sono più tuo marito, non sono più il tuo
amato ma..voglio saperti al
sicuro”.
“Però mi ami
ancora?”.
“Certo..ma tuo figlio
nell’oltretomba ha
bisogno di te”.
“Mio figlio è adulto ormai.
Non ha bisogno
di me. Nessuno ha bisogno di me”.
“Hades ti cerca disperatamente. E poi..io
ho bisogno di te! Ho bisogno di sentirti al sicuro e felice”.
“E se ti dicessi che da Hades non sono
felice?”.
“Tenterei con ogni mezzo di ridarti la
felicità”.
“Anche a costo di sfidare
Hades?”.
“Io..se tu lo desideri, sì, lo
farei”.
“Però..ormai è
tardi”.
“In che senso è tardi?! Per
cosa è tardi?!
Eleonore..”.
“Zitto! Forse abbiamo ancora un
po’ di
tempo per noi..”.
Lei si avvicinò, poggiandosi nuovamente
al
petto del suo antico compagno, che la fissò.
“L’hai tenuto..”
commentò Eleonore,
trovando l’anello appeso alla catenella.
“È tuo. Appartiene a te. E mi
ha guidato
qui. Puoi riaverlo..”.
“Tienilo tu. Così ti
ricorderai sempre di
me..”.
“Non potrei comunque mai dimenticarti.
Mai. Qualsiasi cosa accada, io ti penserò sempre”.
“Quanto sai essere schifosamente
romantico”.
“Già. Quasi
nauseabondo..”.
“Nel tutto nauseabondo”.
Lei rialzò leggermente il capo e si
alzò
sulle punte. In questo modo, sfiorò le labbra di Arles, che
però si ritrasse.
“Eleonore..”mormorò
“..la morte ci ha
separati”.
“Chiederò ad Anubis di
rimediare..”.
“Eleonore..”.
“Amore mio..”.
Nuovamente le loro labbra si avvicinarono
e questa volta Arles non oppose resistenza. Con un lievissimo scatto
del viso,
la baciò e la strinse a sé. Non sapeva
dov’era, quel che stava accadendo,
perché si trovasse in quel luogo e perché lei
dicesse di avere poco tempo, ma
non gli importava. Voleva solo sentire quelle labbra contro le sue. Lei
allungò
una mano, per affondarla nei capelli di lui e, così facendo,
gli ornamenti
egizi che decoravano la capigliatura della sposa di Hades tintinnarono.
“Dei, quanto mi sei mancato”
sospirò lei,
sempre rimanendo abbracciata ad Arles.
“Anche tu mi sei mancata..ma questa
rientra nelle frasi fatte che si dicono, giusto?”.
“Quelle schifosamente romantiche,
sì..”.
“Perché piangi,
Eleonore?”.
“Non piango..”.
In realtà, lei stava versando calde e
piccole lacrime, pur cercando di celarlo.
“Perché piangi,
Eleonore?”.
“Te lo spiegherò..ora
però stringimi
forte, come se non dovessi lasciarmi mai!”.
Il figlio di Ares la strinse forte e la
sentì tremare, forse singhiozzando. Ma che succedeva?
Perché non voleva dargli
spiegazioni?!
“Ary!” esclamò lei,
di colpo, con un tono
quasi di supplica “Stringimi forte, tienimi stretta, non
lasciarmi più!”.
“Eleonore..”.
“Ho bisogno di te! Ho bisogno di te,
amore
mio”.
“Sono qui, non avere paura..”.
“Io ho tentato! Ho tentato di combattere
ma..non ci sono riuscita!”.
“Combattere? Contro chi?
Spiegami..”.
“Oh, Ary..baciami. Baciami ancora. Il tuo
amore..mi rende forte! Questo contatto con te..mi dona
serenità. Ed è
bellissimo. Mi sento più..potente!”.
“Un mio bacio ti fa sentire
più
potente?!”.
“Figlio di Dio. Figlio della guerra. Il
tuo tocco mi spinge a combattere!”.
“Lieto di saperlo, ma..”.
“Baciami!”.
Eleonore lo zittì, con un bacio
appassionato, mentre con le mani stringeva forte a sé chi
aveva di fronte.
“Ho bisogno di questo tuo
potere” mormorò
lei “Voglio combattere”.
“Se è questo che desideri, e
se questo ti
aiuta, io..”.
“Fammi tua!”.
“Che..?”.
“Prendimi e fammi tua. Sai bene come si
fa! Se un solo bacio mi dona una tale forza, allora se io facessi
l’amore con
te so che potrei sconfiggere chiunque! Perfino un Dio!”.
“Devi lottare contro un Dio?!”.
“Arles! Smettila di parlare!”
con
quell’esclamazione, lei guardò negli occhi chi
aveva di fronte con la decisione
di chi non ammetteva repliche “Smettila di parlare”
ripeté più dolcemente.
“Oh, piccola mia..io..non posso! Io
non..”.
“Hades non lo verrà mai a
sapere! Lo
sguardo degli Dei Greci non può penetrare la barriera di
questo palazzo.
L’unico modo che hanno per vederci è entrarci e
scoprirci. Ma qui non ci sono
altre persone, se non noi due”.
Arles rimase qualche istante in silenzio.
Era confuso e, doveva ammetterlo, l’idea di soddisfare i
desideri di Eleonore
non gli dispiaceva affatto. Però sapeva che era in un certo
modo sbagliato. Del
resto..aveva commesso praticamente tutti i peccati dei 42
giudici..perché non
confermare quello che riguardava il giacere con una donna sposata?
“Amore mio..”
sussurrò ancora lei,
accarezzandogli i capelli e dandogli piccoli baci.
“Mia dolcissima Eleonore”
rispose lui
“..mia sposa..”.
Lei sorrise, mentre lui la baciava e la
stringeva sempre di più. Contro una di quelle pareti
decorate a geroglifici,
Arles la sentì fremere e non dai singhiozzi o dalla paura.
Fremeva di piacere e
la cosa lo faceva impazzire. Fanculo anche Hades! Poteva venire lui a
salvarsela, se davvero l’amava come diceva! E fanculo il
mondo intero e quel
che diceva! Lei era sua! Quella donna era sua, e di
nessun’altro!
“Nessun’altro ti
avrà” le disse, in un
sospiro “Sei solo mia, mia Eleonore”.
“Io voglio te. Voglio solo te”
rispose lei,
ansimando.
Il figlio di Ares la sentiva gemere di
piacere e la stringeva più forte. Le braccia di lei si
allungarono, fra i capelli
neri di lui e poi si strinsero. Si strinsero forte attorno al collo di
Arles.
Lui la fissò, tentando di capire se fosse uno strano
giochetto erotico o altro.
Lei ghignò e poi ringhiò di rabbia. I suoi occhi
avevano cambiato colore e
quelle mani stringevano forte, sempre di più.
“Chi cazzo sei?!”
riuscì a dire lui,
liberandosi e finendo in terra, tossendo per recuperare ossigeno.
“Atena!” chiamò
Aiolos, inginocchiandosi
poi rispettosamente dinnanzi la sua Dea.
“Che succede?” si
allarmò lei, che se ne
stava sulla terrazza della tredicesima a discutere con Ares.
I due Dei si erano fatti raccontare dalla
appena rientrata Ipazia quanto successo e stavano decidendo il da
farsi. La
faccenda dell’oltretomba Egizio non gli piaceva per niente..
“Mia signora, è stata
catturata una donna
che si aggirava per il santuario” spiegò il
Sagittario.
“Una donna?”.
“Sì. Non è una di
noi. Pensiamo ci stesse
spiando. È stata ferita dalle rose di Aphrodite, non
può fuggire”.
“Dove si nascondeva?”.
“Volava di notte..”.
“Volava?!”.
“Sì..lei ha..le ali”.
Ares girò leggermente la testa ma non
commentò.
“Le ali?” chiese conferma Atena
“Sicuri
non sia Nike?”.
“Sì, siamo sicuri. Camus dice
di averla
vista dare ordine a Saga di lasciare il Tempio”.
“Lo ha spinto a cadere in trappola? Chi
è
costei?”.
“Non vuole parlare. Ma non è
in grado di
volare per ora”.
“Portami da lei. Voglio vedere di persona
questa simpaticona che spedisce i miei cavalieri a morire”.
“Come osi toccarmi, mortale?”
parlò
Eleonore, con una voce che non le apparteneva.
“Non sono un mortale. E tocco quanto mi
pare!”.
“Hum..non sei
mortale..già..è vero”.
Lei si pulì la bocca, come se fosse
entrata in contatto con qualcosa di disgustoso.
“Chi sei? E che hai fatto ed
Eleonore?”.
“Eleonore? Ah..immagino sia il nome di
questa
ragazza che mi ospita”.
“Ospita?!”.
Arles si rialzò, sfiorandosi il collo
dove
erano rimasti i segni delle mani della donna.
“Io sono Iside, Greco. E colei che tu
chiami Eleonore è il corpo che ho scelto. Si adatta
perfettamente a me e
presto, alla prossima luna piena, avrò il pieno controllo e
l’essenza di questa
mortale svanirà del tutto dalla mia testa.
“Svanirà?!”.
“Sei stupido o sordo? Svanirà,
sì. Resterà
solo un corpo vuoto, che apparterrà solo a me,
Iside”.
“E non puoi usare il tuo vero corpo,
scusa?”.
“Il mio vero corpo era custodito ad Abu
Simbel, nella sua collocazione originale. Ma, come spero tu sappia,
quel luogo
non esiste più. Le rovine sono state spostate, ma il mio
corpo è rimasto dove
stava”.
“Sotto l’acqua della diga di
Assuan?”.
“Almeno la storia la sai..”.
“E..perché proprio
Eleonore?”.
“Non l’ho scelta io. Non
guardarmi come un
cucciolo bastonato. È estremamente difficile trovare un
corpo che si adatti
perfettamente alle esigenze divine. Questa ragazza è nata
per questo. Ho aspettato
secoli e secoli prima di riuscire nel mio intento”.
“Ma..io..”.
“Tu la ami, lo percepisco. E ti capisco.
Anch’io ho perso il mio amato Osiride e non riesco a
trovarlo. Cerco un corpo
ospite per lui o la sua rinascita, ma fin ora senza successo. Tu
potresti anche
andare bene, non fosse per il fatto che sei già in possesso
di un potere divino
ben diverso da quello del mio consorte. Un potere divino che non
conosco..chi
sei?”.
“Sono il figlio di Ares, Dio Greco della
guerra. Un tempo Sacerdote e cavaliere di Atena”.
“Greco..sì..ma
c’è dell’altro..qual è il
tuo nome?”.
“Vengo chiamato in tanti modi. I
più
gettonati sono Saga o Arles”.
“Intendo il tuo vero nome”.
“Quale vero nome?”.
“Tutti gli Dei ne hanno uno. Tuo padre,
per esempio, se dovesse morire e rinascere in un corpo ospite di nome
Pompolo
avrebbe comunque come vero nome quello di Ares. Comprendi? Non voglio
il nome
del tuo corpo, ma quello della tua essenza divina”.
“Non so di che parli. Io non sono una
rinascita. Sono una divinità nuova, nata da Ares e da una
mortale, in
quest’epoca”.
“Comprendo. Un Dio nuovo. Che cosa
carina..e che cosa governi?”.
“Le illusioni”.
“Bello. Però immagino che ora
per te sia
giunto il tempo di tornare a casa. Non è il tuo posto qui,
Greco..”.
“Iside..” mormorò
Arles, inchinandosi
“..permettetemi di restare qui, fino alla luna
piena”.
“Per quale motivo?”.
“Fino alla luna piena, potrò
ancora
scorgere l’essenza della mia amata. Anche se solo per poco,
permettetemi di
poterle stare accanto negli ultimi giorni della sua esistenza.
Permettetemi di
dirle addio”.
Iside rimase in silenzio.
“Un
Greco..” mormorò “..figlio di un Dio e
Sacerdote di Atena..a mio servizio..per
amore? Sì..potresti risultarmi utile. Strascorsa la luna
piena, fa quel che
credi”.
Arles alzò la testa e vide sul volto di
lei scorrere una piccola lacrima. La Dea si voltò, forse
vergognandosene.
“Però fatti vestire in modo
decente”
aggiunse, congedando il figlio di Ares “Non li sopporto gli
stracci greci”.
“Ha riaperto gli occhi”
esclamò Deathmask,
con un sorriso sadico.
“Dove sono?” domandò
la donna, gemendo poi
per il dolore che percepiva all’ala, colpita dalla rosa di
Pesci.
“Chi sei?” le chiese Atena
“Non sei
Egizia. E nemmeno Greca”.
“Esistono forse solo due
religioni?”
rispose l’alata.
“Non rispondere alla mia domanda con
un’altra domanda! Chi sei?”.
“Lasciatemi andare. Non ho intenzioni
cattive”.
“Cosa ci facevi al mio Tempio? E
perché
hai spinto Saga ad andare in Egitto? A cadere in trappola?”.
“Io non ho spinto Saga a cadere in
trappola! L’ho spinto a seguire la sua strada. Credevi forse
di tenerlo
imprigionato qui? La sua anima non ti appartiene!”.
“La sua anima non sono affari
tuoi!”.
“Atena..” si intromise Ares
“..cerca di
calmarti”.
“Tu non puoi dire una frase del
genere!”
quasi rise la Dea “Questa donna è
un’intrusa e per giunta non è Greca. Non
appartiene al nostro culto ed ha spinto tuo figlio verso la morte. Non
vuoi
sapere perché?”.
“Atena..io..”.
Ares fissò l’alata negli
occhi. Lei
sostenne quello sguardo e scosse leggermente la testa.
“Pft!” sbottò allora
Ares “Non è compito
mio perché mio figlio sia votato al suicidio! Non
è certo colpa di questa
femmina se si è allontanato. Poteva usare il cervello e
restare qui”.
“Tu ora mi dirai quel che
sai..” lo ignorò
Atena, ricominciando a porre domande all’alata
“..e, se non lo farai, ti terrò
qui al Tempio. Prima o poi parlerai!”.
“Io non ho niente da dirti”.
“Chi sei? Chi ti manda?”.
“Non mi manda nessuno e chi io sia non
deve importarti!”.
“Benissimo..Aiolos, sorvegliala. Sa
sicuramente qualcosa che non vuole dirci! Sai quali siano le nostre
prigioni”.
Il Sagittario annuì. Atena si
congedò,
lanciando solo un’ultima occhiata verso Ares.
“Ah, capelli da Greco!”
sospirò una delle serve
egizie, spazzolando vigorosamente i capelli di Arles.
“Cerca di essere delicata”
commentò Thot,
che fissava incuriosito quell’intruso “Non devi
mica torturarlo”.
“Non sono lisci. E tutti questi boccoli
che se ne vanno in giro a caso..” continuò la
serva, storcendo il naso.
“Abbi un po’ di
pazienza..”.
Arles rimaneva in silenzio, fissando
l’anello
che ora non bruciava più e nemmeno brillava.
Sospirò, non sapendo che altro
fare.
“Non siate triste, Greco. Ci sono
migliaia
di buone ragione per sorridere su questa Terra!” gli
parlò Thot.
“E voi chi sareste? Scusi, non ho molta
voglia di conversare..”.
“Io sono Thot..”.
“Il Dio dalla testa di..cosa? Mi perdoni,
ma non riconosco la bestia..”.
“Ibis. È una testa di Ibis ed
io sono il
messaggero di Ra, nonché guida di Osiride. Attendo il suo
ritorno, esattamente
come la regina Iside”.
“Buon per voi..”.
“La regina è stata molto
misericordiosa
con voi. Come Greco, avrebbe potuto dare ordine di uccidervi”.
“Ha fatto di peggio..”.
“La vita è un bene prezioso.
Non dovreste
parlarne come non fosse di alcun valore..”.
“Non ho voglia di parlare..”.
“Conosco la vostra storia. E so
perché la
regina vi ha risparmiato. Lei conosce bene quel che significa soffrire
per la
persona amata. La conoscete la storia di Iside ed Osiride?”.
“L’uomo fatto a pezzi nel fiume
e la donna
che lo ricompone? Sì..vagamente..”.
“Voi siete un Dio. L’essenza di
quella
femmina che amate si dissolverà alla prossima luna piena ma
prima o poi
tornerà. E voi non avete forse
l’eternità per attenderla? Come sta facendo ora
Iside con Osiride?”.
“Non sono sicuro di avere
l’eternità. Sono
figlio di un Dio e di una mortale, e ancora il mio potere non si
è risvegliato
del tutto”.
“In questo posso darti una mano. I miei
poteri magici sono famosi..”.
“No grazie. Mi spaventa l’idea
di avere i
miei poteri nel massimo della loro forza”.
“Per quale motivo?”.
“Non so se sono in grado di
controllarli..”.
“Un potere altalenante è
più complesso da
gestire rispetto ad una forza stabile”.
“Starò qui solo fino alla luna
piena, non
fatevi troppi problemi per me”.
“Maledetti capelli..”
protestò ancora la
serva “..sono così dannatamente lunghi!”.
“Non osare tagliarli!”
sibilò Arles “So
che a voialtri piacciono le parrucche!”.
“Non li taglio. Ma forse li potrei
coprire
con un copricapo..per coprire questi ciuffi a casaccio!”.
“Mettigli il copricapo blu. Tanto non ci
sono faraoni da queste parti a reclamarlo” suggerì
Thot.
“Hai ragione”.
Arles non disse nulla. Doveva sopportare
tutto solo fino alla luna piena. E nel frattempo doveva trovare una
soluzione..
Aiolos intravide nel buio tre figure
avvicinarsi. A guardia di Capo Sunio, il luogo dove un tempo era stato
rinchiuso Kanon, controllava che nessuno si avvicinasse alla
prigioniera.
“Chi va là?”
domandò, non riuscendo bene a
distinguere nel buio chi si stesse avvicinando.
“Liberate subito nostra madre!”
rispose
una voce femminile “Non costringeteci a smuovere le schiere
Celesti!”.
Aiolos preparò il suo arco. Si
fermò,
notando che davanti a sé aveva 3 donne, alate come colei che
se ne stava
imprigionata.
“Chi siete?” insistette il
cavaliere.
“Io sono Vera, la fede. Loro sono le mie sorelle: Nadijeshda, la speranza e Ljubow, l’amore. E siamo qui per liberare nostra madre, senza coinvolgere altre milizie non necessarie. Un atto di pace. La liberate e non accadrà nulla di male”.
“Pensate forse di spaventarmi? Fate un passo indietro. Non libererò colei che dite essere vostra madre”.
“Ne pagherai le conseguenze, misero uomo!”.
“Io sono un cavaliere di Atena, non un misero uomo! Tornatevene da dove siete venute, o vi colpirò con le mie frecce e mirerò al cuore!”.
Poi un rumore improvviso lo fece voltare. E
preparò l’arco, pronto a colpire.
“Pare proprio un esercito.
Immenso..”
commentò Aiolia.
“Chissà chi hanno in mente di
attaccare!”
si unì Milo “Se solo capissimo una sola parola di
egiziano..”.
“Sono capacissimi di parlare anche altre
lingue. Fra divinità comunicano, anche se di religioni
diverse! Quindi qualcuno
che possa parlare con noi ci deve essere!” esclamò
Kanon “Continuiamo ad
esplorare”.
Voltandosi, i tre si accorsero che davanti
a loro, fra la sabbia, erano celati degli scorpioni. Erano di
dimensioni
notevoli, rispetto al normale.
“Sono i tuoi parenti venuti a
trovarti?”
ridacchiò Aiolia, rivolto a Milo, mascherando il timore che
gli provocavano
quelle bestie.
“Ma taci. E pensa ai parenti
tuoi!” gli
rispose lo Scorpione, indicando una figura che era apparsa alle loro
spalle.
“Greci” sbottò la
figura “Greci
dappertutto. Spuntate come funghi”.
“Bastet?” ipotizzò
Kanon, vedendo
sopraggiungere una donna con testa di gatto.
“Avete sconfinato, belli!”
esclamò la Dea
Egizia “Quel che accade qui non sono affari vostri o delle
vostre divinità
impiccione!”.
Ares sorrise. quelle tre femmine avevano
distratto Aiolos al momento giusto! Fra le rocce, sbirciò
all’interno della prigione
di Capo Sunio. La donna alata se ne stava rannicchiata in un angolo,
probabilmente sofferente a causa della ferita provocatole dalle rose di
Aphrodite.
“Avanti! Ti porto fuori!” la
chiamò Ares.
“Ma cosa ci fai qui?! Se ti dovessero
scoprire..” rispose lei “E poi..io non posso
volare. La mia ala destra è
danneggiata”.
“Volo io per te”
ghignò il Dio,
spalancando le ali della sua armatura.
Usò il suo cosmo per aprire un varco
nella
cella, permettendo all’alata di uscire.
“Il prestante cavaliere in
armatura..”
ridacchiò lei, mentre lui la sollevava e si librava in aria.
“Fai silenzio! Aiolos è
distratto ma non
lo sarà a lungo”.
“Va bene..ti ringrazio..”.
“Zitta! Guarda te cosa mi tocca
fare..”.
Il Dio si alzò in volo, tenendo stretta
la
donna, che trattenne il fiato, provando un’improvvisa
stilettata di dolore all’ala.
“Fuga!” sentì
gridare il Sagittario “Qualcuno
sta portando via la prigioniera!”.
Avvolto e celato dal buio, Ares si
sollevò
in cielo, schivando le frecce ed i colpi delle guardie. Quei soldati
semplici
non potevano sperare di colpirlo! Si allontanò in fretta,
seguendo la linea
degli scogli. Doveva solo portarla al sicuro e tornare al Tempio..senza
che
nessuno lo collegasse a quella faccenda!
“Scendi” parlò lei
“Lasciami pure qui, me
la caverò. Qui è sicuro”.
“Ne sei certa?”.
“Sì. Torna al Tempio. Non ci
inseguono più”.
Ares guardò lungo la costa e non vide
pericoli. Doveva essere riuscito a seminare le guardie. Ancora un paio
di colpi
d’ali con la scintillante armatura, cercando un luogo dove
atterrare senza dare
nell’occhio.. Poi ringhiò e sobbalzò di
colpo. Qualcosa aveva trapassato il suo
corpo e si era piantato in una delle ali dell’armatura,
danneggiandola.
“Fottiti, Aiolos!”
ringhiò, riconoscendone
la freccia d’oro.
Scuotendosi, riuscì a liberarsene,
facendola cadere fra gli scogli sottostanti.
“Ares!” lo chiamò,
preoccupata, la donna
alata.
“Non agitarti..” si
sforzò di fare lo
splendido lui.
In realtà non riusciva più a
rimanere in
aria con l’armatura in quello stato. Iniziò a
precipitare, tentando però di
guidare la discesa verso un luogo adatto. Cadde in malo modo,
però si voltò in
modo tale da proteggere la donna.
“Ares!” chiamò
ancora lei.
“Sto bene” mentì,
ancora sforzandosi di
sembrare invincibile “Dobbiamo nascondersi. Verranno a
cercare la freccia..”.
“Per di qua” indicò
la donna, prendendo
per mano il Dio e tirandolo.
Insieme corsero per un breve tratto,
udendo voci di guardie e cavalieri.
“Presto, va via!”
parlò ancora l’alata,
nascondendosi fra gli scogli “Lasciami pure qui. Se ti
dovessero trovare..”.
“Ma che dici? Avanti, andiamo. Conosco un
posto”.
Ares conosceva bene la terra di Grecia,
l’aveva
vista ed attraversata più e più volte,
perciò non ebbe difficoltà a trovare un
nascondiglio lì vicino. Uno dei tanti posti dove andava a
divertirsi con la Dea
Afrodite, lontano da sguardi indiscreti e divini. L’alata
entrò in quel luogo,
una piccola grotta scavata fra gli scogli, dopo aver percorso a piedi
scalzi la
salita che la precedeva. Si voltò e vide Ares arrancare
leggermente ma poi
sorrise, quando la raggiunse.
“Qui saremo al sicuro?” chiese
lei.
“Solo io ed Afrodite conosciamo questo
luogo. Da millenni” sorrise lui “Puoi stare
tranquilla”.
“Sì. Resterò qui
finché il pericolo non
sarà passato. Tu, però, devi tornare al
Santuario! O noteranno la tua assenza”.
“Non posso tornare al
Santuario”.
“Perché?”.
Ares gemette.
“Fottiti, Aiolos..”
riuscì a dire
soltanto, cadendo in avanti, con l’armatura danneggiata che
lo lasciava per
ricomporsi a totem poco più in là.
Sì..ho
studiato storia delle religioni perciò aspettatevi parecchio
casino mitologico/religioso
XD spero di vostro gradimento!