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Autore: SagaFrirry    21/09/2015    2 recensioni
Seguito dell'Olympus Chapter, caricato qualche mese fa e che in principio non doveva avere un seguito. Visti però i numerosi fan (vi voglio bene, davvero) e le richieste..l'Olympus è tornato! Spero sia gradito a chi ha seguito il primo racconto. Inizia il viaggio alla ricerca del senno perduto di Arles!E ovviamente possiamo farci mancare una buona dose di nemici? Certo che no!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gemini Kanon, Gemini Saga, Gold Saints, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XII

 

INCONTRO DI RELIGIONI

 

“Dove mi state portando?” domandò Arles, seguendo Anubis fra stretti corridoi decorati e labirintici.

“A palazzo” rispose il Dio, semplicemente.

“Quale palazzo?”.

“Lo vedrete”.

“Posso togliermi una curiosità? Se Hades non fosse intervenuto..che mi sarebbe capitato?”.

“Con un tale carico di peccati, la vostra anima sarebbe stata sbranata e distrutta”.

“Bello..”.

“Ma non credo che il giudizio di fine vita sia una novità per voi, dico bene?”.

“In che senso?”.

“Siete già morto altre volte. Giusto?”.

“Sì. Vero..”.

“Vedo la vostra anima. Piange..”.

“Me ne sbatto se piange! Io devo tenere alta la testa, nonostante le molte ragioni che avrei per chinarla”.

“Siete un uomo forte..”.

“No, sono un uomo riconoscente. I miei figli hanno rischiato la vita per salvarmi, perciò il minimo che posso fare è andare avanti e combattere”.

“Questo vi rende felice?”.

“Non penso che ti riguardi, Anubis”.

L’Egizio non rispose. Si erano fermato dinnanzi l’ennesima porta.

“Prego..” indicò, facendo segno ad Arles di entrare.

“Solo io?”.

“Io devo tornare al lavoro..sbrigatevi. La regina vi attende”.

Il figlio di Ares spinse la porta e questa si aprì, brillando di luce oro. Si ritrovò in una stanza di quel colore, riccamente decorata a geroglifici e tendaggi, con statue e colonne terminanti con petali di pietra dura. Si guardò attorno, quasi accecato dalla luminosità di quel luogo. L’anello bruciava sempre di più, illuminandosi.

“ Ary!” si sentì dire.

Si girò verso quella voce, riuscendo finalmente a vedere nonostante la luce, e trattenne il fiato.

“Eleonore!” esclamò.

 

Dopo aver sedato l’ennesima rissa fra Milo ed Aiolia, Kanon distolse lo sguardo dai colleghi. Avvolto da una nebbiolina simile ad un miraggio, scorgeva un gruppo di persone oltre le rovine. Era reale o sono uno scherzo che subiva la sua vista?

“Che ti prende?” chiese lo Scorpione, prima di scorgere anche lui la stessa cosa.

“Un esercito?” si allarmò il Leone “Lo vediamo solo noi?”.

“Probabilmente..” ipotizzò Kanon “..è celato da una sorta di barriera, simile a quella che avvolge il Santuario. Per chi possiede un cosmo, è visibile. Ma per gli altri è solo un mucchio di rovine..”.

L’enorme tempio di Abu Simbel, con le imponenti statue, fissava i tre cavalieri. Ma era molto diverso rispetto a come lo vedevano i comuni mortali: le statue erano integre e colorate, come se i millenni non fossero trascorsi. Poco distante, un esercito si stava radunando.

“Che significa?” chiese Aiolia “Dobbiamo informare subito Atena!”.

“Un attimo! Forse è meglio prima verificare certe cose. Facciamo un giro..” lo fermò Milo.

“Cosa c’è da verificare?! Non lo vedi che è un esercito?!”.

“Lo vedo ma..magari..”.

“Magari?”.

“Non so. Non mi viene in mente niente di buono da fare con un esercito”.

“Tentiamo di scoprire qualcosa di più” propose Kanon “Così da fornire ad Atena più informazioni possibili”.

“Hai ragione..ma cerchiamo di non farci notare. Siamo solo in tre contro..millemila!” rispose lo Scorpione.

“Millemila?!”.

 

“Eleonore!” mormorò Arles, vedendola.

Era diversa. Era vestita, pettinata e truccata come un’egiziana. Però era viva! E stava bene! Lei rimase qualche istante immobile, fissandolo, poi corse e lo abbracciò, chiamandolo per nome.

“Sei sveglio. Stai bene!” parlò “Che bello vedere che sei sfuggito dalla tua illusione!”.

“Sì..è stato..anche merito tuo”.

Il figlio di Ares si lasciò abbracciare. Dopotutto le era tanto mancata quella donna, colei che tanto tempo prima era stata la sua sposa.

“Cosa ci fai qui, Eleonore? E..i tuoi capelli..le tue vesti..il tuo viso..”.

“Ti piacciono? È una lunga, lunghissima storia. Ma non so se avrò il tempo di raccontartela”.

“Perché?”.

“Quanto manca alla luna piena?”.

“Non lo so. Però sono partito in una notte senza luna quindi credo che manchino almeno una decina di giorni, forse anche di più. Perché lo chiedi? Che succede?”.

Lei tornò a farsi stringere e lui capì che qualcosa la spaventava.

“Non temere” tentò di rassicurarla, pregando che Hades non lo vedesse mentre abbracciava la consorte “Ora ci sono io qui e ti porterò al sicuro”.

“Non puoi portarmi via da qui..”.

“Hades ti sta aspettando. Devo riportarti da lui”.

“Hades?” esclamò lei, allontanandosi “Lo fai per Hades, non per me?”.

“Eleonore, tu non sei più mia moglie. Ora appartieni ad Hades”.

“Io appartengo solo a me stessa!”.

“Lo so..”.

“E allora perché sei qui?”.

“Perché ho fatto una promessa. E perché ti amo come il primo giorno in cui ti ho vista. Però..la morte ci ha separati. Ed io non posso far altro che tentare di renderti felice entro le mie possibilità. Non sono più tuo marito, non sono più il tuo amato ma..voglio saperti al sicuro”.

“Però mi ami ancora?”.

“Certo..ma tuo figlio nell’oltretomba ha bisogno di te”.

“Mio figlio è adulto ormai. Non ha bisogno di me. Nessuno ha bisogno di me”.

“Hades ti cerca disperatamente. E poi..io ho bisogno di te! Ho bisogno di sentirti al sicuro e felice”.

“E se ti dicessi che da Hades non sono felice?”.

“Tenterei con ogni mezzo di ridarti la felicità”.

“Anche a costo di sfidare Hades?”.

“Io..se tu lo desideri, sì, lo farei”.

“Però..ormai è tardi”.

“In che senso è tardi?! Per cosa è tardi?! Eleonore..”.

“Zitto! Forse abbiamo ancora un po’ di tempo per noi..”.

Lei si avvicinò, poggiandosi nuovamente al petto del suo antico compagno, che la fissò.

“L’hai tenuto..” commentò Eleonore, trovando l’anello appeso alla catenella.

“È tuo. Appartiene a te. E mi ha guidato qui. Puoi riaverlo..”.

“Tienilo tu. Così ti ricorderai sempre di me..”.

“Non potrei comunque mai dimenticarti. Mai. Qualsiasi cosa accada, io ti penserò sempre”.

“Quanto sai essere schifosamente romantico”.

“Già. Quasi nauseabondo..”.

“Nel tutto nauseabondo”.

Lei rialzò leggermente il capo e si alzò sulle punte. In questo modo, sfiorò le labbra di Arles, che però si ritrasse.

“Eleonore..”mormorò “..la morte ci ha separati”.

“Chiederò ad Anubis di rimediare..”.

“Eleonore..”.

“Amore mio..”.

Nuovamente le loro labbra si avvicinarono e questa volta Arles non oppose resistenza. Con un lievissimo scatto del viso, la baciò e la strinse a sé. Non sapeva dov’era, quel che stava accadendo, perché si trovasse in quel luogo e perché lei dicesse di avere poco tempo, ma non gli importava. Voleva solo sentire quelle labbra contro le sue. Lei allungò una mano, per affondarla nei capelli di lui e, così facendo, gli ornamenti egizi che decoravano la capigliatura della sposa di Hades tintinnarono.

“Dei, quanto mi sei mancato” sospirò lei, sempre rimanendo abbracciata ad Arles.

“Anche tu mi sei mancata..ma questa rientra nelle frasi fatte che si dicono, giusto?”.

“Quelle schifosamente romantiche, sì..”.

“Perché piangi, Eleonore?”.

“Non piango..”.

In realtà, lei stava versando calde e piccole lacrime, pur cercando di celarlo.

“Perché piangi, Eleonore?”.

“Te lo spiegherò..ora però stringimi forte, come se non dovessi lasciarmi mai!”.

Il figlio di Ares la strinse forte e la sentì tremare, forse singhiozzando. Ma che succedeva? Perché non voleva dargli spiegazioni?!

“Ary!” esclamò lei, di colpo, con un tono quasi di supplica “Stringimi forte, tienimi stretta, non lasciarmi più!”.

“Eleonore..”.

“Ho bisogno di te! Ho bisogno di te, amore mio”.

“Sono qui, non avere paura..”.

“Io ho tentato! Ho tentato di combattere ma..non ci sono riuscita!”.

“Combattere? Contro chi? Spiegami..”.

“Oh, Ary..baciami. Baciami ancora. Il tuo amore..mi rende forte! Questo contatto con te..mi dona serenità. Ed è bellissimo. Mi sento più..potente!”.

“Un mio bacio ti fa sentire più potente?!”.

“Figlio di Dio. Figlio della guerra. Il tuo tocco mi spinge a combattere!”.

“Lieto di saperlo, ma..”.

“Baciami!”.

Eleonore lo zittì, con un bacio appassionato, mentre con le mani stringeva forte a sé chi aveva di fronte.

“Ho bisogno di questo tuo potere” mormorò lei “Voglio combattere”.

“Se è questo che desideri, e se questo ti aiuta, io..”.

“Fammi tua!”.

“Che..?”.

“Prendimi e fammi tua. Sai bene come si fa! Se un solo bacio mi dona una tale forza, allora se io facessi l’amore con te so che potrei sconfiggere chiunque! Perfino un Dio!”.

“Devi lottare contro un Dio?!”.

“Arles! Smettila di parlare!” con quell’esclamazione, lei guardò negli occhi chi aveva di fronte con la decisione di chi non ammetteva repliche “Smettila di parlare” ripeté più dolcemente.

“Oh, piccola mia..io..non posso! Io non..”.

“Hades non lo verrà mai a sapere! Lo sguardo degli Dei Greci non può penetrare la barriera di questo palazzo. L’unico modo che hanno per vederci è entrarci e scoprirci. Ma qui non ci sono altre persone, se non noi due”.

Arles rimase qualche istante in silenzio. Era confuso e, doveva ammetterlo, l’idea di soddisfare i desideri di Eleonore non gli dispiaceva affatto. Però sapeva che era in un certo modo sbagliato. Del resto..aveva commesso praticamente tutti i peccati dei 42 giudici..perché non confermare quello che riguardava il giacere con una donna sposata?

“Amore mio..” sussurrò ancora lei, accarezzandogli i capelli e dandogli piccoli baci.

“Mia dolcissima Eleonore” rispose lui “..mia sposa..”.

Lei sorrise, mentre lui la baciava e la stringeva sempre di più. Contro una di quelle pareti decorate a geroglifici, Arles la sentì fremere e non dai singhiozzi o dalla paura. Fremeva di piacere e la cosa lo faceva impazzire. Fanculo anche Hades! Poteva venire lui a salvarsela, se davvero l’amava come diceva! E fanculo il mondo intero e quel che diceva! Lei era sua! Quella donna era sua, e di nessun’altro!

“Nessun’altro ti avrà” le disse, in un sospiro “Sei solo mia, mia Eleonore”.

“Io voglio te. Voglio solo te” rispose lei, ansimando.

Il figlio di Ares la sentiva gemere di piacere e la stringeva più forte. Le braccia di lei si allungarono, fra i capelli neri di lui e poi si strinsero. Si strinsero forte attorno al collo di Arles. Lui la fissò, tentando di capire se fosse uno strano giochetto erotico o altro. Lei ghignò e poi ringhiò di rabbia. I suoi occhi avevano cambiato colore e quelle mani stringevano forte, sempre di più.

“Chi cazzo sei?!” riuscì a dire lui, liberandosi e finendo in terra, tossendo per recuperare ossigeno.

 

“Atena!” chiamò Aiolos, inginocchiandosi poi rispettosamente dinnanzi la sua Dea.

“Che succede?” si allarmò lei, che se ne stava sulla terrazza della tredicesima a discutere con Ares.

I due Dei si erano fatti raccontare dalla appena rientrata Ipazia quanto successo e stavano decidendo il da farsi. La faccenda dell’oltretomba Egizio non gli piaceva per niente..

“Mia signora, è stata catturata una donna che si aggirava per il santuario” spiegò il Sagittario.

“Una donna?”.

“Sì. Non è una di noi. Pensiamo ci stesse spiando. È stata ferita dalle rose di Aphrodite, non può fuggire”.

“Dove si nascondeva?”.

“Volava di notte..”.

“Volava?!”.

“Sì..lei ha..le ali”.

Ares girò leggermente la testa ma non commentò.

“Le ali?” chiese conferma Atena “Sicuri non sia Nike?”.

“Sì, siamo sicuri. Camus dice di averla vista dare ordine a Saga di lasciare il Tempio”.

“Lo ha spinto a cadere in trappola? Chi è costei?”.

“Non vuole parlare. Ma non è in grado di volare per ora”.

“Portami da lei. Voglio vedere di persona questa simpaticona che spedisce i miei cavalieri a morire”.

 

“Come osi toccarmi, mortale?” parlò Eleonore, con una voce che non le apparteneva.

“Non sono un mortale. E tocco quanto mi pare!”.

“Hum..non sei mortale..già..è vero”.

Lei si pulì la bocca, come se fosse entrata in contatto con qualcosa di disgustoso.

“Chi sei? E che hai fatto ed Eleonore?”.

“Eleonore? Ah..immagino sia il nome di questa ragazza che mi ospita”.

“Ospita?!”.

Arles si rialzò, sfiorandosi il collo dove erano rimasti i segni delle mani della donna.

“Io sono Iside, Greco. E colei che tu chiami Eleonore è il corpo che ho scelto. Si adatta perfettamente a me e presto, alla prossima luna piena, avrò il pieno controllo e l’essenza di questa mortale svanirà del tutto dalla mia testa.

“Svanirà?!”.

“Sei stupido o sordo? Svanirà, sì. Resterà solo un corpo vuoto, che apparterrà solo a me, Iside”.

“E non puoi usare il tuo vero corpo, scusa?”.

“Il mio vero corpo era custodito ad Abu Simbel, nella sua collocazione originale. Ma, come spero tu sappia, quel luogo non esiste più. Le rovine sono state spostate, ma il mio corpo è rimasto dove stava”.

“Sotto l’acqua della diga di Assuan?”.

“Almeno la storia la sai..”.

“E..perché proprio Eleonore?”.

“Non l’ho scelta io. Non guardarmi come un cucciolo bastonato. È estremamente difficile trovare un corpo che si adatti perfettamente alle esigenze divine. Questa ragazza è nata per questo. Ho aspettato secoli e secoli prima di riuscire nel mio intento”.

“Ma..io..”.

“Tu la ami, lo percepisco. E ti capisco. Anch’io ho perso il mio amato Osiride e non riesco a trovarlo. Cerco un corpo ospite per lui o la sua rinascita, ma fin ora senza successo. Tu potresti anche andare bene, non fosse per il fatto che sei già in possesso di un potere divino ben diverso da quello del mio consorte. Un potere divino che non conosco..chi sei?”.

“Sono il figlio di Ares, Dio Greco della guerra. Un tempo Sacerdote e cavaliere di Atena”.

“Greco..sì..ma c’è dell’altro..qual è il tuo nome?”.

“Vengo chiamato in tanti modi. I più gettonati sono Saga o Arles”.

“Intendo il tuo vero nome”.

“Quale vero nome?”.

“Tutti gli Dei ne hanno uno. Tuo padre, per esempio, se dovesse morire e rinascere in un corpo ospite di nome Pompolo avrebbe comunque come vero nome quello di Ares. Comprendi? Non voglio il nome del tuo corpo, ma quello della tua essenza divina”.

“Non so di che parli. Io non sono una rinascita. Sono una divinità nuova, nata da Ares e da una mortale, in quest’epoca”.

“Comprendo. Un Dio nuovo. Che cosa carina..e che cosa governi?”.

“Le illusioni”.

“Bello. Però immagino che ora per te sia giunto il tempo di tornare a casa. Non è il tuo posto qui, Greco..”.

“Iside..” mormorò Arles, inchinandosi “..permettetemi di restare qui, fino alla luna piena”.

“Per quale motivo?”.

“Fino alla luna piena, potrò ancora scorgere l’essenza della mia amata. Anche se solo per poco, permettetemi di poterle stare accanto negli ultimi giorni della sua esistenza. Permettetemi di dirle addio”.

Iside rimase in silenzio.

 “Un Greco..” mormorò “..figlio di un Dio e Sacerdote di Atena..a mio servizio..per amore? Sì..potresti risultarmi utile. Strascorsa la luna piena, fa quel che credi”.

Arles alzò la testa e vide sul volto di lei scorrere una piccola lacrima. La Dea si voltò, forse vergognandosene.

“Però fatti vestire in modo decente” aggiunse, congedando il figlio di Ares “Non li sopporto gli stracci greci”.

 

“Ha riaperto gli occhi” esclamò Deathmask, con un sorriso sadico.

“Dove sono?” domandò la donna, gemendo poi per il dolore che percepiva all’ala, colpita dalla rosa di Pesci.

“Chi sei?” le chiese Atena “Non sei Egizia. E nemmeno Greca”.

“Esistono forse solo due religioni?” rispose l’alata.

“Non rispondere alla mia domanda con un’altra domanda! Chi sei?”.

“Lasciatemi andare. Non ho intenzioni cattive”.

“Cosa ci facevi al mio Tempio? E perché hai spinto Saga ad andare in Egitto? A cadere in trappola?”.

“Io non ho spinto Saga a cadere in trappola! L’ho spinto a seguire la sua strada. Credevi forse di tenerlo imprigionato qui? La sua anima non ti appartiene!”.

“La sua anima non sono affari tuoi!”.

“Atena..” si intromise Ares “..cerca di calmarti”.

“Tu non puoi dire una frase del genere!” quasi rise la Dea “Questa donna è un’intrusa e per giunta non è Greca. Non appartiene al nostro culto ed ha spinto tuo figlio verso la morte. Non vuoi sapere perché?”.

“Atena..io..”.

Ares fissò l’alata negli occhi. Lei sostenne quello sguardo e scosse leggermente la testa.

“Pft!” sbottò allora Ares “Non è compito mio perché mio figlio sia votato al suicidio! Non è certo colpa di questa femmina se si è allontanato. Poteva usare il cervello e restare qui”.

“Tu ora mi dirai quel che sai..” lo ignorò Atena, ricominciando a porre domande all’alata “..e, se non lo farai, ti terrò qui al Tempio. Prima o poi parlerai!”.

“Io non ho niente da dirti”.

“Chi sei? Chi ti manda?”.

“Non mi manda nessuno e chi io sia non deve importarti!”.

“Benissimo..Aiolos, sorvegliala. Sa sicuramente qualcosa che non vuole dirci! Sai quali siano le nostre prigioni”.

Il Sagittario annuì. Atena si congedò, lanciando solo un’ultima occhiata verso Ares.

 

“Ah, capelli da Greco!” sospirò una delle serve egizie, spazzolando vigorosamente i capelli di Arles.

“Cerca di essere delicata” commentò Thot, che fissava incuriosito quell’intruso “Non devi mica torturarlo”.

“Non sono lisci. E tutti questi boccoli che se ne vanno in giro a caso..” continuò la serva, storcendo il naso.

“Abbi un po’ di pazienza..”.

Arles rimaneva in silenzio, fissando l’anello che ora non bruciava più e nemmeno brillava. Sospirò, non sapendo che altro fare.

“Non siate triste, Greco. Ci sono migliaia di buone ragione per sorridere su questa Terra!” gli parlò Thot.

“E voi chi sareste? Scusi, non ho molta voglia di conversare..”.

“Io sono Thot..”.

“Il Dio dalla testa di..cosa? Mi perdoni, ma non riconosco la bestia..”.

“Ibis. È una testa di Ibis ed io sono il messaggero di Ra, nonché guida di Osiride. Attendo il suo ritorno, esattamente come la regina Iside”.

“Buon per voi..”.

“La regina è stata molto misericordiosa con voi. Come Greco, avrebbe potuto dare ordine di uccidervi”.

“Ha fatto di peggio..”.

“La vita è un bene prezioso. Non dovreste parlarne come non fosse di alcun valore..”.

“Non ho voglia di parlare..”.

“Conosco la vostra storia. E so perché la regina vi ha risparmiato. Lei conosce bene quel che significa soffrire per la persona amata. La conoscete la storia di Iside ed Osiride?”.

“L’uomo fatto a pezzi nel fiume e la donna che lo ricompone? Sì..vagamente..”.

“Voi siete un Dio. L’essenza di quella femmina che amate si dissolverà alla prossima luna piena ma prima o poi tornerà. E voi non avete forse l’eternità per attenderla? Come sta facendo ora Iside con Osiride?”.

“Non sono sicuro di avere l’eternità. Sono figlio di un Dio e di una mortale, e ancora il mio potere non si è risvegliato del tutto”.

“In questo posso darti una mano. I miei poteri magici sono famosi..”.

“No grazie. Mi spaventa l’idea di avere i miei poteri nel massimo della loro forza”.

“Per quale motivo?”.

“Non so se sono in grado di controllarli..”.

“Un potere altalenante è più complesso da gestire rispetto ad una forza stabile”.

“Starò qui solo fino alla luna piena, non fatevi troppi problemi per me”.

“Maledetti capelli..” protestò ancora la serva “..sono così dannatamente lunghi!”.

“Non osare tagliarli!” sibilò Arles “So che a voialtri piacciono le parrucche!”.

“Non li taglio. Ma forse li potrei coprire con un copricapo..per coprire questi ciuffi a casaccio!”.

“Mettigli il copricapo blu. Tanto non ci sono faraoni da queste parti a reclamarlo” suggerì Thot.

“Hai ragione”.

Arles non disse nulla. Doveva sopportare tutto solo fino alla luna piena. E nel frattempo doveva trovare una soluzione..

 

Aiolos intravide nel buio tre figure avvicinarsi. A guardia di Capo Sunio, il luogo dove un tempo era stato rinchiuso Kanon, controllava che nessuno si avvicinasse alla prigioniera.

“Chi va là?” domandò, non riuscendo bene a distinguere nel buio chi si stesse avvicinando.

“Liberate subito nostra madre!” rispose una voce femminile “Non costringeteci a smuovere le schiere Celesti!”.

Aiolos preparò il suo arco. Si fermò, notando che davanti a sé aveva 3 donne, alate come colei che se ne stava imprigionata.

“Chi siete?” insistette il cavaliere.

“Io sono Vera, la fede. Loro sono le mie sorelle: Nadijeshda, la speranza e Ljubow, l’amore. E siamo qui per liberare nostra madre, senza coinvolgere altre milizie non necessarie. Un atto di pace. La liberate e non accadrà nulla di male”.

“Pensate forse di spaventarmi? Fate un passo indietro. Non libererò colei che dite essere vostra madre”.

“Ne pagherai le conseguenze, misero uomo!”.

“Io sono un cavaliere di Atena, non un misero uomo! Tornatevene da dove siete venute, o vi colpirò con le mie frecce e mirerò al cuore!”.

Poi un rumore improvviso lo fece voltare. E preparò l’arco, pronto a colpire.

 

“Pare proprio un esercito. Immenso..” commentò Aiolia.

“Chissà chi hanno in mente di attaccare!” si unì Milo “Se solo capissimo una sola parola di egiziano..”.

“Sono capacissimi di parlare anche altre lingue. Fra divinità comunicano, anche se di religioni diverse! Quindi qualcuno che possa parlare con noi ci deve essere!” esclamò Kanon “Continuiamo ad esplorare”.

Voltandosi, i tre si accorsero che davanti a loro, fra la sabbia, erano celati degli scorpioni. Erano di dimensioni notevoli, rispetto al normale.

“Sono i tuoi parenti venuti a trovarti?” ridacchiò Aiolia, rivolto a Milo, mascherando il timore che gli provocavano quelle bestie.

“Ma taci. E pensa ai parenti tuoi!” gli rispose lo Scorpione, indicando una figura che era apparsa alle loro spalle.

“Greci” sbottò la figura “Greci dappertutto. Spuntate come funghi”.

“Bastet?” ipotizzò Kanon, vedendo sopraggiungere una donna con testa di gatto.

“Avete sconfinato, belli!” esclamò la Dea Egizia “Quel che accade qui non sono affari vostri o delle vostre divinità impiccione!”.

 

Ares sorrise. quelle tre femmine avevano distratto Aiolos al momento giusto! Fra le rocce, sbirciò all’interno della prigione di Capo Sunio. La donna alata se ne stava rannicchiata in un angolo, probabilmente sofferente a causa della ferita provocatole dalle rose di Aphrodite.

“Avanti! Ti porto fuori!” la chiamò Ares.

“Ma cosa ci fai qui?! Se ti dovessero scoprire..” rispose lei “E poi..io non posso volare. La mia ala destra è danneggiata”.

“Volo io per te” ghignò il Dio, spalancando le ali della sua armatura.

Usò il suo cosmo per aprire un varco nella cella, permettendo all’alata di uscire.

“Il prestante cavaliere in armatura..” ridacchiò lei, mentre lui la sollevava e si librava in aria.

“Fai silenzio! Aiolos è distratto ma non lo sarà a lungo”.

“Va bene..ti ringrazio..”.

“Zitta! Guarda te cosa mi tocca fare..”.

Il Dio si alzò in volo, tenendo stretta la donna, che trattenne il fiato, provando un’improvvisa stilettata di dolore all’ala.

“Fuga!” sentì gridare il Sagittario “Qualcuno sta portando via la prigioniera!”.

Avvolto e celato dal buio, Ares si sollevò in cielo, schivando le frecce ed i colpi delle guardie. Quei soldati semplici non potevano sperare di colpirlo! Si allontanò in fretta, seguendo la linea degli scogli. Doveva solo portarla al sicuro e tornare al Tempio..senza che nessuno lo collegasse a quella faccenda!

“Scendi” parlò lei “Lasciami pure qui, me la caverò. Qui è sicuro”.

“Ne sei certa?”.

“Sì. Torna al Tempio. Non ci inseguono più”.

Ares guardò lungo la costa e non vide pericoli. Doveva essere riuscito a seminare le guardie. Ancora un paio di colpi d’ali con la scintillante armatura, cercando un luogo dove atterrare senza dare nell’occhio.. Poi ringhiò e sobbalzò di colpo. Qualcosa aveva trapassato il suo corpo e si era piantato in una delle ali dell’armatura, danneggiandola.

“Fottiti, Aiolos!” ringhiò, riconoscendone la freccia d’oro.

Scuotendosi, riuscì a liberarsene, facendola cadere fra gli scogli sottostanti.

“Ares!” lo chiamò, preoccupata, la donna alata.

“Non agitarti..” si sforzò di fare lo splendido lui.

In realtà non riusciva più a rimanere in aria con l’armatura in quello stato. Iniziò a precipitare, tentando però di guidare la discesa verso un luogo adatto. Cadde in malo modo, però si voltò in modo tale da proteggere la donna.

“Ares!” chiamò ancora lei.

“Sto bene” mentì, ancora sforzandosi di sembrare invincibile “Dobbiamo nascondersi. Verranno a cercare la freccia..”.

“Per di qua” indicò la donna, prendendo per mano il Dio e tirandolo.

Insieme corsero per un breve tratto, udendo voci di guardie e cavalieri.

“Presto, va via!” parlò ancora l’alata, nascondendosi fra gli scogli “Lasciami pure qui. Se ti dovessero trovare..”.

“Ma che dici? Avanti, andiamo. Conosco un posto”.

Ares conosceva bene la terra di Grecia, l’aveva vista ed attraversata più e più volte, perciò non ebbe difficoltà a trovare un nascondiglio lì vicino. Uno dei tanti posti dove andava a divertirsi con la Dea Afrodite, lontano da sguardi indiscreti e divini. L’alata entrò in quel luogo, una piccola grotta scavata fra gli scogli, dopo aver percorso a piedi scalzi la salita che la precedeva. Si voltò e vide Ares arrancare leggermente ma poi sorrise, quando la raggiunse.

“Qui saremo al sicuro?” chiese lei.

“Solo io ed Afrodite conosciamo questo luogo. Da millenni” sorrise lui “Puoi stare tranquilla”.

“Sì. Resterò qui finché il pericolo non sarà passato. Tu, però, devi tornare al Santuario! O noteranno la tua assenza”.

“Non posso tornare al Santuario”.

“Perché?”.

Ares gemette.

“Fottiti, Aiolos..” riuscì a dire soltanto, cadendo in avanti, con l’armatura danneggiata che lo lasciava per ricomporsi a totem poco più in là.

 

Sì..ho studiato storia delle religioni perciò aspettatevi parecchio casino mitologico/religioso XD spero di vostro gradimento!

   
 
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