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Autore: Iridio89    21/09/2015    0 recensioni
Esattamente quindici anni e ventuno giorni fa, è iniziato un nuovo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Durante lo Smistamento, il Cappello Parlante ha sondato le menti di una nuova generazione di studenti, scrutando nel loro cuore le loro fiamme di astuzia, coraggio, creatività e dedizione, ha stabilito quali tra queste fosse la più importante nella vita dei giovani maghi e ha collocato ognuno di loro nella Casa che avrebbe nutrito, raffinato ed elevato quella fiamma. Questo racconto seguirà le vicende di un piccolo gruppo di giovani studenti, ognuno dei quali dovrà fare i conti con le proprie paure, le proprie ambizioni, i propri difetti, i propri ideali. Dovranno applicarsi nei misteri della magia e fare delle scelte importanti tra ciò che è giusto e ciò che è facile, affinchè la propria fiamma arda più luminosa che mai. Perché il buio incombe e aspetta il più capace tra loro per dare una giusta e definitiva risoluzione all'enigma.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Un’altra giornata era giunta al termine.
Tutti gli studenti dal primo al quarto anno stavano tornando ai loro dormitori per passare un po’ di tempo insieme o per finire i compiti prima di prepararsi per andare a dormire.
Nel bagno del primo piano erano rimasti solo due ragazzi: uno era piccolo di statura, con una folta zazzera di capelli castani, intento a sciacquarsi la faccia; l’altro era più alto di almeno una spanna, con capelli biondi lunghi abbastanza da sfiorargli le spalle con le punte.
Qualcuno avrebbe potuto pensare che il piccolo fosse il fratello minore di qualche studente, giunto a Hogwarts per una visita e che il più grande fosse un tredicenne; invece erano entrambi al loro primo anno.
  • Non riesci a imparare neanche una cosa tanto semplice, in questa scuola? – chiese il biondo mentre guardava l’altro bagnarsi il volto con acqua fredda. – Dopo aver ricevuto ben due lezioni di questo tipo anche un Troll riuscirebbe a recepire il messaggio.
  • Tre lezioni, – puntualizzò il piccolo lavandosi con brio. – Dimentichi quella di giovedì scorso.
  • C’era il professor Borg che ha interrotto prima del dovuto. E ci ha tolto 10 punti. Di nuovo.
  • Scott, quello ha orecchie da pipistrello e arriva sempre quando sembra che sia colpa mia.
  • È quasi sempre colpa tua. Provochi.
  • E loro esagerano. Dovrebbero lasciar correre, qualche volta.
  • Dico sul serio Duncan, non è affatto divertente.
Dopo essersi sciacquato, il più piccolo di nome Duncan chiuse il rubinetto e prese un panno.
  • In compenso, stavo per prenderli tutti io. – commentò divertito mentre si asciugava.
  • Cosa?
  • I punti.
  • Non l’ho capita … – tagliò corto l’altro scuotendo la testa.
Duncan sospirò. Essere uno dei pochi consapevoli di scoperte e innovazioni Babbane voleva dire anche sciupare piccole freddure come quella con persone come Scott, che dei Babbani sapevano poco e niente.
Si tolse il panno dalla faccia. Sangue. Ancora.
  • So che c’è un incantesimo per pulirlo del tutto, ma non so come si fa e non vorrei peggiorare le cose. – disse mentre riapriva il rubinetto dell’acqua fredda.
  • Le stai già peggiorando, le cose. Dovresti smetterla di attaccar briga con gli altri … soprattutto per quanto riguarda la questione di Tu-Sai-Chi …
  • Voldemort. – precisò Duncan tamponandosi il naso col panno bagnato.
  • Non pronunciare quel nome! – esclamò Scott irritato. – Non capisci neanche una cosa tanto facile?
Scott capiva queste cose non solo perché era figlio di maghi, ma anche perché era il nipote del professor Sean Williamson, l’Auror che quattro anni prima aveva testimoniato il ritorno di Voldemort ed era entrato in clandestinità durante la caduta del Ministero pur di non giurargli lealtà. Come tanti altri, Scott prendeva molto sul serio i fatti avvenuti due anni prima in quel castello, rabbrividendo ai racconti degli studenti che ne furono testimoni e provando immenso dolore per i caduti.
Dopotutto, la morte definitiva del più pericoloso mago Oscuro di tutti i tempi non era sufficiente a dimenticare le efferatezze e il terrore che aveva provocato; soprattutto perché molti dei suoi seguaci erano ancora vivi e, nonostante la caduta del loro signore, potevano essere ancora in grado di nuocere.
Ma a Duncan, questo sembrava non pesare affatto.
Non che fosse uno di quegli scriteriati che trovavano affascinanti le pericolose Arti Oscure o che sostenevano i Maghi Oscuri; piuttosto il contrario. A modo suo.
Dalla seconda settimana di scuola, il ragazzino era diventato molto fastidioso nei riguardi degli altri studenti, specialmente per i modi con i quali si riferiva a Voldemort, chiamandolo col nome che tutti evitavano, oppure col nome Babbano, oppure “Zio Tom” quando voleva provocare qualche Serpeverde che rispondeva per le rime.
Gli studenti di Grifondoro si infuriavano parecchio con lui perché trovavano nelle sue battute una totale mancanza di rispetto nei confronti dei loro compagni di Casa che avevano combattuto eroicamente assieme al Prescelto, il più valoroso Grifondoro di tutti i secoli che aveva annientato Voldemort.
Comunque, in entrambi i casi, Duncan le prendeva come quel pomeriggio. E non demordeva. Ma mordeva.
  • Ti limitassi almeno a provocare e fuggire, invece sei il primo a buttarti contro di loro. Qualcuno potrebbe dire che questo conferma il caratteraccio dei Parkin. – buttò lì Scott.
Duncan sbuffò mentre controllava per la seconda volta il panno. Poi si risciacquò di nuovo.
  • Conferma la testa vuota di quegli stupidi, casomai. E comunque i Grifondoro sono boriosi e sbruffoni! – sbottò aggrottando le sopracciglia. – Nessuno li ha eletti paladini della scuola. Si credono eroi, ma nessuno di loro era qui quando Tommy la canaglia è venuto a dare battaglia …
  • Lo stai facendo di nuovo. Stai parlando di lui come di una macchietta, come se fosse un cattivo di quegli sciocchi fumetti Babbani. – lo rimproverò Scott.
  • A Tommy sarebbe piaciuto essere credibile come quei cattivi lì.
Scott non replicò, dato che l’altro sembrava nel pieno del suo “umore da Tasso Turbolento”; perciò attese che finisse di asciugarsi, poi insieme si diressero verso il seminterrato, dove c’era la loro Sala Comune.
“Fa così ogni volta che qualcuno parla male dei Parkin o della sua squadra. Meglio che si dia una calmata per smentire questo luogo comune, altrimenti si ritroverà espulso …” pensò mentre camminavano per i corridoi colmi di ritratti che chiacchieravano tra loro.
I due arrivarono al piano seminterrato del castello e proseguirono per il corridoio decorato da quadri che raffiguravano tavole imbandite e coppe colme di frutta, fino a raggiungere una parete ricoperta da enormi botti disposte orizzontalmente.
Scott si guardò indietro e ai fianchi, per sincerarsi che nessun altro eccetto Duncan lo stesse osservando, poi con due dita picchiò ritmicamente la seconda botte dal basso nel mezzo della seconda fila e dopo qualche istante il coperchio sparì, rivelando un cunicolo terroso che procedeva in salita, simile all’entrata di una tana ma largo abbastanza per consentire comodamente il passaggio di un uomo adulto.
  • Non ricordo: che succede a quelli che sbagliano botte o ritmo? – chiese a Duncan, più che altro per tentare un’amichevole conversazione.
Alle sue spalle, il ragazzino sghignazzò.
  • Le botti in alto all’idiota si aprono e lo ricoprono di aceto. Sarebbe più divertente ricoprirlo anche di conserva scaduta.
  • E impiumarlo. – aggiunse Scott ridacchiando.
  • E se si trattasse di un Grifondoro, inondarlo col pus di Bubotubero e finirlo con una bella fiammata di Ardemonio. – concluse l’altro con fare maligno.
A quest’ultima, Scott preferì non replicare: bisognava che le cose cambiassero, per Duncan.
Dopo un po’ raggiunsero un’ampia sala rotonda dal soffitto basso, arredata con arazzi gialli e neri, poltrone dall’aria comoda e un vasto assortimento di piante dall’odore intenso dentro vasi di terracotta e ottone, ornati da piccoli topazi e brillanti.
Davanti a loro, la sala era illuminata da un invitante caminetto in stile rustico, sopra al quale c’era un grande quadro incorniciato da tassi danzanti e che ritraeva una strega dall’aria materna nell’atto di brindare con una piccola coppa a due manici. Seduti sulle poltrone, c’erano diversi studenti intenti a leggere o a contemplare il prato con le Serre da una delle finestre rotonde disposte ai lati del caminetto.
  • Credo proprio che mi butterò sotto le coperte, – disse Duncan con voce annoiata. – Finirò domattina in classe il compito sui Doxy e gli Gnomi, tanto mi manca solo la parte della disinfestazione … magari ci aggiungo il metodo più divertente con i Jarvey … ehm … ‘notte.
Scott notò che Duncan sembrava indeciso se dare o meno la buonanotte anche agli altri studenti della Sala Comune, come accadeva di consueto in modo familiare e mai formale. Ma dopo un istante l’indecisione sparì dal suo volto, rivolse al pavimento a scacchi il suo sguardo e si diresse a grandi falcate verso una delle porte rotonde simili a coperchi di botte che conducevano ai dormitori.
  • Inutile sperare che migliori.
A parlare era stato Kevin Nannyworth, un ragazzo del secondo anno che faceva da Responsabile a entrambi.
  • Io speravo di poter contare sul tuo aiuto oggi, – gli disse Scott lasciando trasparire un tono di scontento. Finora, Kevin non era stato molto responsabile. – Stavano per fargli davvero male.
  • Ho chiamato Mastro Greg. E poi cos’altro potevo fare? Buttarmi tra un Serpeverde del sesto anno e lui? Mi sarei beccato una fattura, o peggio, mi sarei trovato Mattock addosso! – affermò mentre si alzava dalla poltrona. – Morde, Scott. E pesta di brutto. Se inizia lui è difficile che ne prenda troppe.
  • Non si direbbe, giudicandolo a prima vista, – s’intromise una Tassorosso lentigginosa del primo anno. – È un soldo di cacio, perfino più piccolo di parecchie studentesse del primo anno.
  • Credimi Matilde, sa perfettamente dove colpire! – continuò Nannyworth. – Agli inizi ho sperato che una bella lezione gli avrebbe fatto passare la voglia di comportarsi così, ma non vuole calmarsi.
  • Non avrebbero dovuto prenderlo in giro per la sua squadra o per la sua famiglia, – disse Scott. – Se non litiga con quelli delle altre Case, resta per conto suo senza parlare con nessuno della nostra … e non è bello questo. Non è da Tassorosso, no?
Difatti, la sera in cui era giunto al castello, Duncan aveva detto a tutti di essere un Murdock, un ramo discendente dalla famiglia Parkin, famosa per aver creato la squadra di Quidditch dei Wigtown Wanderers, per la quale il ragazzino era un tifoso sfegatato. Forse sperava di ricevere ammirazione o di incontrare altri tifosi della sua squadra del cuore. Ma in entrambi i casi, si era sbagliato.
Alcuni avevano colto l’occasione per ricordargli che le prime vittorie della squadra avvenivano facilmente grazie al capofamiglia dei Parkin che incombeva minacciosamente a bordo campo con bacchetta e attrezzi da macellaio, spingendo gli avversari a giocare per perdere. Da allora, ogni giocatore discendente da quella famiglia durava poco nella squadra a causa di pessima condotta e indole violenta, venendo così squalificato o licenziato dopo poche partite. Infine, da quasi venti anni, i Wanderers non erano in quella che si potrebbe definire “un’ottima posizione della classifica”, talvolta trovandosi addirittura sotto i Cannoni di Chudley.
Dopo questi commenti, Duncan, il più piccolo tra gli studenti del suo anno, divenne scontroso. Iniziò a coprire di insulti chiunque sparlasse della sua famiglia o della sua squadra e a volte, come quel giorno, dava inizio lui stesso alle ostilità, giusto per evitare di perdere la fama da attaccabrighe che gli aveva procurato i nomignoli “Mattock” e “Tasso Turbolento”.
“Non è da Tassorosso, ma sembra che a nessuno importi granché.” pensò Scott soffocando un colpo di tosse.
Tutti e tre rimasero in silenzio per un po’, seduti attorno al tavolo colmo di libri e pergamene, finché Kevin non si unì agli amici del suo anno, lasciando Matilde e Scott da soli a finire i compiti e a rimuginare sulla condotta del loro coetaneo, che rischiava di far perdere altri punti alla Casa di Tassorosso.
  • Non lo si può contrariare senza che dia tutte quelle rispostacce o che passi alle mani, a volte anche senza motivo! – proruppe Matilde dopo aver cercato inutilmente di concentrarsi sui libri. – L’altro ieri, se tu non l’avessi fermato, avrebbe tirato una radice di asfodelo contro quel tale di Grifondoro, Jasper Laird. Lui e la sua cricca sono quelli che l’hanno ridotto peggio, finora.
  • Non stava mirando a Laird, ma alla professoressa. E per un “buon motivo”, – sospirò Scott mentre guardava le piante di menta e verbena su una colonnina di legno vicino al tavolo. – Lei gli ha criticato il modo di tagliare la radice, paragonandola alla mattanza di un Ippogrifo. Se non l’avessi visto sbuffare e prendere la mira, a quest’ora avremmo una trentina di punti in meno.
Vedendo la faccia scandalizzata di Matilde, non riuscì a trattenere una sonora risata.
  • Cercherò di tenerlo d’occhio finché potrò, – concluse tenendosi un fianco. – Dato che per qualche incomprensibile motivo riesco a dissuaderlo dall’esagerare.
  • Hai mai fatto umorismo sulla sua squadra?
  • No, ma sono quello che, per dirla a modo suo, “gli rompe i Bolidi” cercando di farlo calmare e dissuadendolo dalla sua “voglia di darle a quegli idioti lì”. – concluse imitando il Tasso Turbolento.
  • Sei una buona alternativa al nostro solerte Responsabile, – commentò Matilde mentre osservava Kevin che parlava e rideva con i suoi amici. – Perlomeno sei riuscito a evitare di farci perdere punti anche questa settimana.
  • Siamo solo a giovedì, Matilde. – precisò Scott con un sorrisetto sarcastico.
Con un sospiro di rassegnazione, la ragazzina tentò un ultimo approccio sul tema per il giorno dopo, riuscendo a ottenere quanto richiesto dal professore di Difesa contro le Arti Oscure.
  • Domani avremo un’ora di Difesa, assieme ai Serpeverde, – mormorò mentre riponeva il compito nella borsa. – Escludendo le due matricole dello … “zio Tom”, quali altri si è inimicato finora?
Scott si prese un po’ di tempo prima di risponderle, aggrottando le sopracciglia mentre cercava di scrivere qualcosa di più soddisfacente per il professore che, sebbene fosse suo zio, non avrebbe fatto favoritismi.
Realizzando che si sarebbe concentrato meglio dopo aver dato una risposta alla compagna che continuava a fissarlo con insistenza, alzò lo sguardo dalla pergamena.
  • Ha infastidito di brutto solo quello del sesto anno; ma quelli che pungola di più sono i Grifondoro, specialmente Laird, Gladstone e i loro amici. – spiegò prima di ritornare al suo tema. – Non dimenticare che domattina abbiamo due ore di Storia della Magia con loro, prima dell’ora con i Serpeverde.
Ritornò a scrivere, però Matilde sembrava voler continuare la conversazione.
  • Magari domattina sarà meno attaccabrighe, no? Voglio dire, sarà ancora troppo dolorante a causa delle botte prese oggi per fare la testa calda con Grifondoro e Serpeverde in una sola giornata.
Non fu Scott a risponderle, preso com’era dal compito, ma Kevin che aveva deciso di ritornare al tavolo.
  • La settimana scorsa ha stabilito il record di ben tre risse: due con Laird di Grifondoro e una con Hannigan e Lacey di Corvonero, perciò non capisco perché non si decida a dichiarare guerra aperta anche ai Serpeverde. Sono così … striscianti.
  • Oh, andiamo Kevin! – ribatté Matilde con aria seccata. – Mia cugina è al primo anno di Serpeverde ed è buona come il pane; sinceramente credo che la fama Oscura di quella Casa sia esagerata …
   
 
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