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Autore: A Swiftie Life    21/09/2015    2 recensioni
Luke Hemmings era il ragazzo più antipatico e sfacciato che Charlie avesse mai conosciuto. Voleva credere che fossero talmente diversi da non trovare mai una tregua ai loro continui battibecchi. Ma infondo, Charlie sapeva che non erano proprio due mondi paralleli.
"Ogni estate Kate andava da suo padre a Miami per trascorrere del tempo con lui. In pratica, ospitava me, Emily e Mikey in un'enorme villa a tre piani per circa tre mesi."
"«Potrei avere dell'acqua?»
Ringraziando, afferrai il bicchiere per poi portarlo al tavolo. O almeno quella era l'intenzione. Non appena mi voltai una figura alta mi si parò davanti, facendomi fare un balzo all'indietro. Il bicchiere rimase arpionato alla mia mano, ma un po' di liquido finì sulla maglia nera del tipo.
«Cazzo!» pronunciò.
«Oh mio Dio, scusami tanto!» iniziai. «Beh, è solo acqua, quindi non dovrebb-» lasciai la frase in sospeso quando vidi per la prima volta il viso dello sconosciuto. Era... era... stupendo.
L'espressione leggermente confusa del ragazzo scomparve, lasciando spazio ad un ghigno divertito.
«Lo sospettavo; una ragazzina come te non avrebbe potuto di certo bere del whisky»"
Riuscirà Charlie a sopportare Luke e il suo ego per tre lunghissimi mesi?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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16° capitolo

Hanging out in South Beach.



«Mi dispiace davvero tanto, Lau. Non so cosa gli sia preso» borbottai a disagio mentre chiudevo lo sportello dell’auto di Calum. Quel caprone di mio fratello non si era più fatto vivo per un’ora, così avevamo deciso di andare a pranzare senza quei due. Conoscendo Michael, ero abbastanza sicura che sarebbe spuntato verso le otto di sera. O non sarebbe spuntato affatto. Se lo avessi avuto davanti gli avrei mollato una sberla talmente forte da fargli vedere la Madonna. Avevamo portato con noi anche Laura, così da passare più tempo insieme. Inoltre, lei conosceva molto bene la zona. Alzò lo sguardo verso di me e mi sorrise. 
«Oh, non preoccuparti» rispose mentre allacciava la cintura di sicurezza. Senza quei due cinghiali da ottocento chili, in auto si stava da Dio; era un sollievo non essere schiacciata dalla versione brutta della moglie di Shrek. Ora che ci penso, la principessa Fiona aveva anche i capelli rossi, ce n’erano di somiglianze. Probabilmente era anche ciò che stava pensando Kate dal momento che era rilassata e non si stava conficcando le unghie laccate di rosso nella pelle delle cosce. Ma tralasciamo. 
«Ho voglia di una valanga di BigMc e patatine» affermai lasciando andare la mia schiena contro i morbidi sedili azzurri. Le mie amiche mi lanciarono uno sguardo accigliato. 
«Non crederai che siamo venuti fin qui per rinchiuderci in un McDonald?!» fece Kate, più stridula di una iena partoriente. Qual era il problema del McDonald? Emily era scoppiata a ridere mentre Laura aveva una mano davanti alla bocca. 
«Perché?»
«Primo, lo sai che io sono vegetariana…» iniziò la castana, dando il via ad una lunga serie di lamenti vari alla Grey.
«Le patate sono ortaggi, giusto? Allora ingozzati di patatine fritte e non rompere» mi lanciò un’occhiata talmente fulminante che mi venne da abbassare lo sguardo. Ma non lo feci.
«Ti conviene tappare quel cesso, riccioli d’oro. Siamo venuti qui per pranzare in un ristorante che non sia un odioso e decisamente troppo americano fast food» mi rimbeccò lei, mentre tutti gli altri stavano ridacchiando per la nostra piccola scenata. Mbah.
«Calum, ti sto interrogando in veste di commentatore esterno. Cosa proponi?» domandai sporgendomi verso il sedile del guidatore, mentre il moro in questione era alle prese con la frizione che non andava. Riuscii a sentire la sua risata nonostante il rombo del motore che ci fece sussultare.
«Per la mia incolumità mentale e fisica non mi schiero da nessuna parte. Mi dispiace, Lie, ma voi donne siete combattive e mi fate paura» rispose scaturendo una fragorosa e collettiva risata, che durò per almeno un minuto. 
«Okay, okay. Propongo di lasciare la scelta alla new entry. Lau?» la Santissima Biondissima Purissima e Levissima Emily seppe ancora una volta riportare la pace e tutti acconsentimmo nel far decidere la ragazza che in quel momento ci guardava spaesata. 
«Ehm… Direi, il locale che si trova sulla seconda strada di Collins Avenue, qui vicino. Si mangia benissimo» propose lei con un sorriso. 
«Come ci arriviamo?»
«Devi solo procedere dritto per qualche chilometro e poi girare a destra»
Seguendo le indicazioni della bionda, avevamo raggiunto il ristorante in pochissimo tempo e ci eravamo subito accomodati. Era un posto davvero carino. Miami messa a confronto con la Pennsylvania sembrava come un enorme circo. Era la città più colorata, vivace e attiva che io avessi mai visto: ad Erie sembrava tutto così spento e monotono. A volte pensavo di voler rimanere in Florida per sempre; magari avrei potuto frequentarci l’università. La gente qui si divertiva un mondo; ogni sera c’era una festa, un happy hour in spiaggia, le discoteche sempre divertenti e coinvolgenti. La sera era la parte migliore qui: di solito andavamo in giro per le strade, a ballare oppure venivamo trascinati da completi sconosciuti esaltati e fatti sulla spiaggia. La gente era sempre allegra, festosa. Non si annoiavano mai e sapevano come far divertire. 
«Stavo pensando» iniziò Kate, mettendo i gomiti sul tavolo. Era sempre stata la sua peggior abitudine. 
«Magari potresti rimanere da noi per qualche giorno. Così, per stare insieme» considerò con voce a metà tra l’entusiasta e supplichevole. Non afferrai al volo con chi stesse parlando in quel momento perché mi ero giustamente persa in CharlieLand, il luogo dove tutto è perduto. Seriamente, dovevo farmi controllare da qualcuno. Quando alzai gli occhi vidi la mia migliore amica che aveva lo sguardo puntato in pieno stile stalker sulla povera Laura, che aveva appena posato il tovagliolo sulle gambe e la osservava un po’ smarrita. 
«E’ un’idea fantastica!» commentò Emily, battendo le mani. Mi accodai anche io, immaginando che grandissima figata potesse essere stare tutti insieme in estate. Kate aveva quella villa gigantesca ed era ormai scontato il fatto che ci fosse posto. Una volta avevamo organizzato una festa a casa, il giorno dopo avevamo trovato una quindicina di persone sparpagliate per i tre piani dormire tranquillamente. 
«Il posto naturalmente c’è» intervenne infatti la padrona di casa, tutta euforica. 
«Direi che si può fare, dovrei prima chiedere ai rompipall-, ehm, genitori» disse Laura ironica, scaturendo una risata isterica da parte mia. 
«Torno subito» annunciò poi, alzandosi un po’ goffamente dalla sedia e afferrando il suo cellulare. Iniziò a incamminarsi verso l’uscita per parlare al cellulare (molto probabilmente con sua madre), poi però fece dietrofront e si bloccò. 
«Quanti giorni?» 
Kate ci pensò su per alcuni istanti, poi fece come un gesto seccato con la mano. «Fai la vaga» meritò una risposta affermativa dalla nostra amica e sparì dietro la porta in vetro. 
Tornai a rivolgere la mia attenzione al mio cellulare, quando notai un messaggio. Luke. Il mio cuore perse un battito prima di aprire il messaggio per leggerne il contenuto.
“Non c’è veramente niente di meglio che svegliarsi con il mio caro nonnino ai piedi del mio letto mentre sonnecchia tranquillo. Sono in una casa di pazzi.” una volta che ebbi letto scoppiai a ridere come un’isterica, immaginando Luke che per poco non mandava a fanculo suo nonno che a quanto pare era sonnambulo. 
“Su, ammetti che ti manca svegliarti nella camera da letto del Signor Grey, misteriosamente in mutande” non potevo davvero credere di aver inviato un messaggio così osceno e inquietante. Complimenti Charlie, ora se sua madre prendesse casualmente il cellulare penserebbe che tu sia una vera rimbambita e tra l’altro troia. Ma brava, sei una grande.
«Dannazione» soffiai a voce talmente bassa che nemmeno io l’avevo sentito, con la testa fra le mani per evitare di farmela appositamente sbattere contro il tavolo. Non potevo semplicemente rispondere con una normalissima risata? Perché dovevo umiliarmi in questo modo? Strinsi gli occhi quando sentii la suoneria del mio iPhone per indicare l’arrivo di un messaggio. Dio, non volevo nemmeno leggerlo dall’imbarazzo e la vergogna. 
“Cazzo se mi manca vederti mezza nuda” okay, ora si che avevo voglia di urlare. Non sapevo se di gioia o di paura. 
“Luke! Sei osceno!” gli inviai io, imbarazzatissima come se fosse davanti a me in questo momento.
«Charlie! Ma che diavolo…» sfortunatamente per me non ero stata molto, come dire, discreta, nel mandare messaggi a Luke e nascondere il cellulare da Kate, che in quel momento aveva la faccia di una che aveva appena sbirciato la conversazione. Divenni tutta rossa in meno di un secondo e allontanai il cellulare dalla vista delle mie amiche.
«Kate!» strillai io, in preda al panico e oltraggiata per il fatto che avesse spiato i miei messaggi. Emily e Calum, probabilmente avendo intuito tutto, scoppiarono a ridere in maniera fragorosa. Rossissima in viso, posai l’aggeggio sulla tovaglia, a faccia in giù, e mi coprii gli occhi con le mani aspettando che il trio delle cicorie finisse di sbellicarsi dalle risate. Una volta conclusa la baraonda (tra l’altro Calum aveva furtivamente afferrato il mio telefono e letto quei maledettissimi messaggi, facendomi strillare), tutti meritarono un’occhiataccia da parte mia.
«Cavolo Lottie, non sapevo che foste già così intimi. Quell’imbecille di Luke non ci racconta mai niente» fece Calum tra una risata e l’altra. Si può dire che il colore del mio volto aveva assunto una tonalità ancora sconosciuta all’uomo quando alzai la testa per guardarlo negli occhi castani. Madonna che imbarazzo.
«Noi non siamo intimi» dissi, apparentemente indifferente sull’argomento. Fare sempre finta di niente, è questo il modo per sopravvivere. 
«Beh, a giudicare da questo - disse scuotendo il mio cellulare a destra e sinistra - non si direbbe proprio» 
«Sì, sì, come vi pare» nonostante la mia pacatezza, loro tre continuarono a ridere e sghignazzare. Ormai sapevano che io fingevo solamente l’apatia totale, per questo non si premuravano di smettere di prendermi in giro quando li assecondavo. C’era ancora un grande starnazzare quando si sentì la campanella della porta del locale, che indicava il momento in cui qualcuno entrava o usciva. Notammo infatti Laura rientrare, stavolta con i pugni stretti e un passo piuttosto accelerato. Subito dopo di lei, fecero la loro entrata trionfale Michael e Edith che ridevano e scherzavano come meglio potevano. Laura si sedette pesantemente sulla sedia verde e posò il cellulare a faccia in giù sulla tovaglia. 
«Allora?» le chiesi io sotto voce, sporgendomi un po’ verso di lei. Sembrò risvegliarsi da uno stato di trance, quindi scosse la testa.
«Cosa?»
«Che hanno detto i tuoi?» 
«Oh, hanno detto che va bene» rispose senza troppa convinzione nella voce, poi però fu interrotta da quei due che salutarono tutti come se si fossero allontanati solamente per cinque minuti per fumare una sigaretta. Si sedettero quindi al nostro tavolo sorridenti. Michael mi lanciò un’occhiata abbastanza tranquilla, ma lo incenerii seduta stante. Non era mai stato così scortese con una persona, tralasciando la sottoscritta. Cioè, era sempre stato un tipo piuttosto eccentrico, ma non aveva un atteggiamento sfrontato con chi non conosceva. Vidi Kate mollargli un calcio sotto il tavolo, sapeva ciò che pensavo e che aveva fatto la cosa migliore dal momento che era abbastanza lontano da me per potergli dare una sberla. Iniziarono a conversare tra di loro mormorando, la mia migliore amica sembrava parecchio sdegnata mentre mio fratello seccato. Edith invece stava parlottando con Calum, anche se lui non sembrava molto preso dall’argomento. La situazione al nostro tavolo non sembrava delle migliori, in effetti era a dir poco imbarazzante e strana. Fortunatamente arrivò il cameriere per le nostre ordinazioni, che spezzò quell’atmosfera. Non appena ebbe riportato il tutto sul taccuino schizzò via e fu allora che iniziammo a parlare del più e del meno, come se niente di strano fosse successo. Tanto avrei preso a palate Michael più tardi, sempre che non sparisca di nuovo con Edith verso chissà dove.

 

***


Dopo aver pranzato come si deve, Laura ci aveva invitato a casa sua per offrirci qualcosa da bere, anche perché per le strade si moriva di caldo e io mi stavo completamente disidratando. Certo, avrei preferito che quella che stesse crepando fosse una certa nana dai capelli rossi. Bando alle ciance, avevamo scelto di andarci principalmente per Laura, che doveva preparare le sue cose per soggiornare da noi per qualche giorno. Non stavo più nella pelle: si prospettava una settimana di puro divertimento. In più tra non molto Luke sarebbe tornato a Miami, e meglio di così non poteva andare. Non avevamo avuto il problema dei posti in auto, comunque. La villetta della bionda era a qualche isolato dal ristorante, così Calum avrebbe dovuto semplicemente spostare la macchina di fronte all’abitazione. Stavamo ancora passeggiando per le strade affollate della città, c’erano moltissimi mercatini di frutta, di zucchero filato e persino un luna park. Ovviamente avevo fatto promettere a Kate che saremmo ritornati per fare un giro sulle montagne russe. In quel momento la scena era parecchio ordinaria e monotona: c’erano Laura e Kate che stavano parlando animatamente qualche metro più lontane, la mora con i pugni chiusi come al solito e la bionda che spostava continuamente i capelli con la mano, visibilmente nervosa; Michael ed Edith avvinghiati l’uno all’altra mentre giocavano a ‘chi starnazza di più vince un pony’, e io con un sacchetto di fragole in mano e un’espressione completamente apatica e neutra. Vi assicuro che stavo bruciando dentro, e non solo di caldo ma di rabbia. Meglio tenere nascosti questi miei stati d’animo, che avrebbero sicuramente compromesso tutta la giornata. Emily e Calum si erano risparmiati questo simpatico quadretto perché dovevano prendere l’auto per portarla a destinazione, quindi presumo che si trovino nella situazione migliore. Quando girammo l’angolo che si trovava di fronte ad un negozio di alimentari, piombammo in una strada più tranquilla dove correvano poche automobili. Continuando a camminare c’erano molti alberi disposti in fila ordinatamente. Ebbi l’impressione di trovarmi in uno dei tipici quartieri più in della Pennsylvania; come quello in cui viveva Melanie Miller, la ragazza più popolare della scuola solamente perché organizzava delle feste di Natale praticamente spettacolari. Sul serio, le migliori a cui io abbia mai partecipato, considerando che io amavo il Natale fino alla punta dei capelli. Comunque avevamo quasi raggiunto la fine della strada, quando ci trovammo davanti ad una villetta davvero carina. Era dipinta con dei colori tenui che andavano sul beige e sul panna. Esternamente erano dei colori simili a quelli della villa di Kate, tranne per le vetrate laterali. Dopo aver superato il viale che precedeva l’abitazione, raggiungemmo il portico separato dal terreno roccioso del viale attraverso tre scalini. Laura, senza dire niente, aprì la borsa per trovare le chiavi di casa e inserire quella giusta nella toppa per poi aprire la porta. Nel frattempo Calum ed Emily erano arrivati in auto e dopo aver parcheggiato ci avevano raggiunti. Una volta entrati, la prima cosa che notai fu il gigantesco salone, arioso e luminoso. C’erano varie poltrone tutte particolari invece del divano, un piccolo tavolino bianco posto al centro della sala, un televisore davvero grande posato su un mobile in legno scuro e una grande finestra che dava sul retro. Procedendo, c’era la cucina molto simile a quella di Kate, ma un po’ più piccola, con l’isolotto, un grande piano cottura e gli sgabelli alti di un bel color porpora che si abbinava con il resto dell’arredamento. Lì decidemmo di sostare prima di continuare la visita; così ognuno prese posto attorno all’isola mentre la padrona di casa prendeva dei bicchieri di vetro e ci versava della soda. 
«Questo posto è fantastico, Lau» affermai io, continuando a osservare i particolari della cucina. Le mie amiche mi appoggiarono, annuendo con un sorriso.
«Grazie mille, i miei genitori ci tengono molto a questa casa e la mantengono come se fosse una seconda figlia» rispose ridacchiando mentre prendeva un sorso dal suo bicchiere. 
«Ma come mai non ci avevi detto che saresti venuta qui?» chiese Kate, curiosa.
Laura ci pensò su. «Beh, è stata una scelta dell’ultimo minuto. Avevamo intenzione di andare in California, a Los Angeles; poi però mio fratello ha mostrato una fotografia di South Beach ai miei genitori e ha detto di aver trovato questa casa splendida ad un buon prezzo. Così abbiamo colto l’occasione e siamo arrivati qui qualche settimana fa» spiegò la bionda, gesticolando. 
«Tuo fratello? Aaron?» chiese Michael, alzando un sopracciglio con fare curioso. In quel momento sperai che non avesse nessun tipo di precedente con lui dal momento che gli piaceva prendere a sprangate ogni ragazzo che mi si avvicinava o che gli sfiorava la manica della camicia a quadri, salvo forse Luke. Vidi Laura strabuzzare gli occhi, probabilmente sorpresa dal fatto che le abbia rivolto la parola per la prima volta decentemente questa giornata. 
«Ehm… sì…» rispose, anche se somigliava più ad una domanda che ad una risposta. 
«Frequentate lo stesso corso di matematica a scuola, giusto?» domandò Kate a Michael che stava annuendo verso la biondina. 
«Quasi tutti i corsi» 
Non avevo mai conosciuto di persona Aaron, ma qualche volta lo incrociavo nei corridoi del liceo. Era davvero carino, con dei capelli castano chiaro e dei bellissimi occhi azzurri, come quelli di sua sorella. Mi salutava talvolta, soprattutto perché avevo adocchiato anche lui aggirarsi per casa nostra quando Michael organizzava le sue solite festicciole all’insegna dell’alcol. Comunque, l’atmosfera era senza motivo diventata più densa. Sarà per quell’odiosissimo silenzio imbarazzante, o per il fatto che Michael stesse continuamente fissando Laura e lei non sapesse dove posare a sua volta gli occhi. Poi il mio cellulare vibrò per l’arrivo di un messaggio, così lo controllai. 
“Tesoro, sei morta per caso?” 
“Quasi morta. Calum mi ha sfilato il cellulare e ha letto i tuoi messaggi ad alta voce” ero sicura che non l’avrebbe presa bene, anche perché era un tipo riservato su ciò che riguardava lui stesso.
“Quel figlio di…” ecco, era questo che intendevo.
“Hey calmati, come se non lo sapessero che abbiamo dormito insieme una volta”
“Beh, ora lo sanno per certo” scossi la testa sogghignando. A tal punto immaginai Luke che sgranava gli occhi alla vista del messaggio e che imprecava in aramaico. 
“Sei un idiota, Lukey”
“E tu sei bellissima, come la mettiamo?” 
Appena lessi il messaggio di Luke mi si strinse il cuore dalla gioia, avevo quasi le lacrime agli occhi. Era incredibile come una sola persona potesse farmi sentire alla perfezione. Mi sporsi verso Emily molto cautamente, mostrandole il cellulare con forse troppa enfasi. Sì, perché gliel’avevo praticamente spiaccicato sul naso. Emise un gridolino di felicità e mi abbracciò come se le avessi fatto il regalo che desiderava da anni. Comunque, una volta finite queste moine da ragazzina in piena crisi ormonale, tornai a concentrarmi su Michael e Laura che quasi non si erano accorti dell’urletto di Em perché si stavano ancora fissando. Ed ero abbastanza sicura che nessuno avrebbe voluto e dovuto interrompere quel momento - perché era la prima volta che Michael la prendeva sul serio -, a parte una stronza a caso. 
«Ehm…» Edith si schiarì la voce e poi lanciò un’occhiata ai due, che interruppero contemporaneamente il contatto visivo. 
«Okay, io credo che sia arrivata l’ora di andare» 
«Edith, sta’ zitta»

 

***


«Sei sicura di essere in grado di portare tutte quelle borse da sola?»
Laura alzò di scatto la testa verso di me, facendo ondeggiare i lunghi capelli lisci. Era praticamente seduta sul pavimento della stanza, con l’intenzione di sollevare tre borsoni giganteschi contemporaneamente. Ma dico, erano più grandi di quelli che usano i militari. 
«Oh, sì. Devo solo bilanciare il peso a destra e a sinistra con il beauty-case che è proprio ai tuoi piedi. Visto che ci sei, passamelo per favore» strabuzzai gli occhi.
«Ti rendi conto di ciò che dici oppure no?» scoppiai in una fragorosa risata che naturalmente coinvolse anche lei, che si riaccasciò sul pavimento dal quale aveva più volte tentato di alzarsi. 
«Avanti, ti aiuto io» mi offrii spontaneamente afferrando la borsa nera alla destra della bionda. Lanciai un’occhiata veloce agli altri.
«No, non preoccupatevi, non abbiamo bisogno di aiuto. State pure comodi» annunciai ironica. Michael e Calum mi fecero un segno sbrigativo con la mano, troppo concentrati a cimentarsi in un’appassionante partita a ping-pong, mentre Kate, Emily ed Edith stavano osservando con interesse il tavolo da carambola, non sapendo da dove iniziare a giocare. Circa un’ora e mezzo fa, Laura ci aveva mostrato il piano di sotto, dove si trovava la camera da letto di Aaron, che a quanto pare aveva assunto le sembianze di una sala giochi con tanto di x-box one, videogiochi di ogni genere, e persino hockey da tavolo. Ero rimasta stupita alla vista della camera di Aaron, mentre i ragazzi non avevano perso due secondi per fiondarsi sul biliardino, come se fossero in una specie di paradiso terrestre. Non avevano fatto altro che giocherellare come piccoli e carini nerd. 
«SI’!» urlò mio fratello, alzando la minuscola racchetta al cielo ed esultando come se avesse appena vinto alla lotteria. Al che, Calum cominciò a lanciare numerose imprecazioni contro Michael, incolpandolo del fatto che avesse barato. 
«Stai scherzando?!» diceva il moro. «La palla ha fatto ben quattro rimbalzi!»
«E con ciò? Ho vinto io, piccolo afgano dei miei stivali!»
«Brutto rincoglionito, pretendo la rivincita!» i miei timpani in quel momento avevano deciso di abbandonarmi a causa degli ultrasuoni che quei due dementi emettevano da quelle boccucce da cantanti. Lanciai un’occhiata disperata verso Kate, che si premurò subito di tirare al pony uno scappellotto sulla nuca, mentre Emily si limitò a guardare eloquentemente il suo ragazzo. Entrambi smisero di dare di matto immediatamente. 
«Vi ricordo che questa non è casa vostra, e nemmeno una sala giochi, cretinetti. Piuttosto, Michael. Va’ ad aiutare Charlie e Laura» ordinò Kate con una certa autorevolezza nella voce. 
«E chi saresti, mia madre?»
«Hai due secondi» 
Michael sbuffò pesantemente e si accostò a Laura, togliendole di mano la seconda borsa che trascinava con se. Lei gli rifilò un’occhiataccia per il gesto poco carino, ma non disse niente. Probabilmente per educazione. Oppure per non rischiare di farlo piangere con tutte le imprecazioni che aveva elaborato nel corso di questa lunga ed intensa giornata. Al suo posto avrei sicuramente dato di matto, o gli avrei rotto il setto nasale senza pronunciare parola.
«Forza, Cal. Andiamo in macchina» biascicò verso il moro, mettendo la borsa a tracolla su una spalla. Lui lo raggiunse ed insieme raggiunsero il piano di sopra per uscire di casa. Edith, tra l’altro, vedendoli salire le scale partì in quarta e sfrecciò per i gradini come un coyote. Lanciai un’occhiata a Kate, proprio nel momento in cui lei si voltò verso di me con una faccia pressoché disgustata. “Imbecilli” sembrava dire la sua espressione, e non potei essere più d’accordo con lei. Poi guardammo entrambe Laura, che stava ancora borbottando qualcosa di incomprensibile a se stessa. Notando che la stavamo osservando, si zittì immediatamente e ci fece un sorriso accennato. 
«Allora, sei pronta?» 
Sospirò prima di guardare senza troppa attenzione le scale che avevano percorso precedentemente i tre. 
«Certo, andiamo»







 

SIMMER DOWN, SIMMER DOWN!

Lo so. 
Lo so.
Lo so.
Lo so.
LO SO.
Sono una vera rincoglionita. Vi do il permesso di venire a casa mia e uccidermi a suon di sprangate nei denti. Vi do anche il permesso di mandarmi a fanculo in modo esplicito in una recensione. Anzi, fatelo. 
Naturalmente sono così pessima come scrittrice che mi vergogno anche a chiedervi un piccolo commentino. Mi vergogno davvero tanto. Vi ho fatto aspettare per tipo anni, secoli, decenni, millenni e chi più ne ha più ne metta. Dios. Comunque, il capitolo fa schifo, io faccio schifo, la mia vita fa schifo, e voi siete bellissime. Niente, non vi piace, okay. Sono così mortificata che vorrei gettarmi dalla finestra in questo momento, poi però la professoressa di latino non saprebbe più chi torturare. Mi tengo in vita per lei, e per salutare la mia piccola Lau. Che ne dite se io vi lascio una gif di Lucas qui sotto e voi mi perdonate? Shi dai. Va bene, vorrei ringraziare tutte le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e i precedenti, non so cosa farei senza di voi. Sarete felici di sapere che questo secolo che ho passato senza aggiornare, è stato utile per concludere quasi del tutto Just a second of summer, quindi jsdhfgjg preparatevi. Poi dopodomani è il mio compleanno, quindi forgive meeee. Mi dileguo, per la vostra felicità. 
Siete le migliori.
Adieu.

p.s. mi sono fissata con Daylight lolz.

Au.


 



 

 

 

  
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