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Autore: BarrelRider    22/09/2015    10 recensioni
Rosie Cotton ha sempre saputo, fin da bambina, che persona speciale fosse Samvise Gamgee.
Diamante di Lungo Squarcio ha sempre visto Peregrino Tuc, come un ragazzino impertinente e viziato.
Sarà durante la dittatura di Saruman, nell'anno 1421 secondo il calcolo della Contea, che le vite delle due giovani s'intreccerano, in una maniera che non avrebbero mai immaginato.
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Una storia semplice, come semplici sono i suoi protagonisti.
Una storia diversa, o almeno è ciò che speriamo.
Scritta a quattro mani da CrisBo e Leila91
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diamante di Lungo Squarcio, Pipino, Rosie Cotton, Sam
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sassi volanti e Hobbit rampanti.

Le girava la testa e si sentiva incapace di respirare bene.
Alcuni rumori fuori dalla cella le tormentavano il sonno e sentiva, ancora, il sapore delle lacrime salate sulle labbra.
Non aveva cambiato posizione.
Era raggomitolata vicino alla parete e lo stomaco bruciava dalla fame.
Sentiva altri singhiozzi sconquassarle il petto ma cercò di liberarsene, strusciando la fronte sulle ginocchia.
Le bruciavano ma non voleva guardare in che stato fosse ridotta.
Sapeva di essere diventata una foglia accartocciata. Quanto odiava doversi arrendere a questo.
 
Provò ad ascoltare le voci che provenivano da fuori ma non ci riuscì.
Voleva estraniarsi da questo e provare a ricordare qualcosa di piacevole.
Chiuse gli occhi e sentì ancora i canti felici.
Sentì i piedi calpestare i tavoli. E le pinte venire cozzate tra loro.
Vide Rosie portare delle ceste al Vecchio Oste del Drago Verde ed il figlio del Gaffiere osservarla da lontano.
Non aveva mai prestato attenzione a quei particolari, allora. Erano abitudinari e poco mossi dalla sorpresa.
Non era raro osservarsi, sorridersi e parlare con il cuore in mano.
Non per gli Hobbit. Quelle creature così fantastiche e sagge, così leali e piene di sorprese.
Quel vecchio Stregone con i fuochi d'artificio lo diceva sempre; la sua venuta non era neanche più una sorpresa.
Sorrise, sentendo la nostalgia montarle nel petto e si abbandonò ad un piccolo ricordo.
Quello che le aveva lasciato un segno sulla fronte. Quello che, senza rendersene conto, la costringeva a non abbandonare quel piccolo sassolino smussato che era diventato tanto importante.
 
 
********
 
“Hai sempre delle idee grandiose, Merry.”
Pipino stava scrostando un piatto con una spugna, ripiegato su un barile di legno pieno d'acqua e schiuma.
Merry sbuffò, impilando diverse ciotole una sull'altra.
Erano entrambi sporchi di fuliggine, i capelli ricci e chiari erano ancora scombinati sul capo.
“Mi pare di ricordare che quello che ha detto: “Prendiamone un altro” fossi tu, sai?”
“Questa risposta non ha niente a che vedere con una mia velata colpa.”
“Eri consenziente.”
 
Pipino sbuffò e Merry fece altrettanto.
Gandalf li stava osservando di sottecchi, fumando una pipa oblunga e legnosa, soffiando fuori cerchi di fumo.
La festa per il compleanno di Bilbo Baggins stava continuando dopo il piccolo intoppo con il fuoco d'artificio a forma di Drago.
Era stato uno spettacolo emozionante, nonostante i primi attimi di paura. In fondo i famosi fuochi d'artificio dello Stregone Grigio erano belli e mistici, cose di cui gli Hobbit si saziavano per poche volte nel corso della vita.
Era un evento che ammiravano, ma stavano altrettanto ben attenti che le cose non andassero a sfacelo.
“Se posso permettermi, giovani Hobbit, la vostra colpa è mediamente proporzionale al livello di audacia che vi contraddistingue.”
Sia Merry che Pipino si zittirono, guardando lo Stregone, e ritornarono a pulire tutti i piatti.
Fu allora che Diamante, trasportando un piatto piano con una gran torre di torta adagiata sopra, inciampò su qualcosa.
Una piccola pila di piatti lasciata per terra, proprio vicino al barile per i lavaggi.
“Oh no no no-”
Non riuscì a mantenersi in equilibrio.
I piedi le si impiantarono nell'erba e il piatto finì addosso a Pipino, e così anche la torta.
Merry, per poco, non rotolò dalle risate di fronte a quella scena.
“Oh, mi scusi. Accidenti. Io...pensavo, nel senso… Ma che ci fanno dei piatti qui? Oh per tutti i lamponi, lo sapevo che non dovevo indossare questo vestito. È tutta colpa mia. Non – Ah, ma sei tu!
Il tono di Diamante cambiò drasticamente, quando riuscì a scorgere il volto di Pipino sotto quell'ammasso di crema.
Lui non sembrava troppo turbato. Piuttosto, si sarebbe detto divertito.
Era abituato ad incontri del tutto fuori luogo con la giovane Hobbit.
Capitavano consenzientemente e, anche, per puro e smaliziato incidente.
Sembrava una loro condanna, o la loro fortuna, in base a come girava la sorte.
“Buona. Sa di fragole.” Disse solamente lo Hobbit, leccandosi le labbra.
“Veramente è mirtillo.” Lo corresse lei, indietreggiando. Guardò verso Merry – che ancora rideva divertito – e poi verso Gandalf.
Se lo Stregone stesse facendo finta di non aver notato quel piccolo aneddoto lo stava mostrando molto bene.
“Forse quel fuoco d'artificio mi ha confuso le idee.” Si giustificò Pipino.
Non stava tentando di ripulirsi, sembrava sorridere sotto quella scorza dolce.
“Non credo sia colpa del fuoco d'artificio se hai le idee confuse.” Ribattè Diamante, stringendo il piatto. Stava ciondolando coi piedi, con sguardo ironico.
“Oh, Pipino, mi sa che lei ha ragione.” S'intrufolò Merry nel discorso.
Gandalf fece un colpo di tosse che sembrò l'accenno di una piccola risata.
 
“Gandalf, sono esonerato dal lavaggio dei piatti ora che ho ricevuto una torta in faccia?”
“Oh mio caro Peregrino Tuc, devi sapere che sono proprio gli ostacoli, durante il duro lavoro, a forgiare la tua vera forza.”
Pipino non si trovava molto d'accordo ma guardò Diamante con un abbozzo di tristezza.
Lei gli diede una leggera gomitata sulla spalla.
“Suvvia, Peregrino Tuc” lei sorrise in maniera scherzosa, ben conscia di star usando un nomignolo poco comune per loro “forgia la tua forza e scrosta quei poveri piatti. Noto che è un lavoro per cui non hai talento. Tanto oramai la mia torta è perduta.”
“E perché mai Diamante di Lungo Squarcio” lui le riservò lo stesso sorriso “pensi di poter fare meglio di me? Sono molto più bravo di te nelle cose. Anche a ricevere torte in faccia con dignità. E, non capisco, perché la tua sbadataggine non dovrebbe essere punita come la mia?”
“Perchè lei, Pipino, è inciampata per colpa tua.”
Merry indicò, senza alcuna malignità, i piatti a terra che, proprio il cugino aveva sbadatamente lasciato.
Entrambi abbassarono lo sguardo, all'unisono, e poi si guardarono negli occhi.
 
Fu in quel momento che qualche Hobbit urlò qualcosa e Bilbo Baggins venne circondato da una folla che applaudiva e esultava, con i boccali in mano.
La musica era cessata e gli occhi di tutti erano per l'anziano Hobbit.
“Oh, Bilbo sta per fare un discorso.” Cinguettò Diamante, già pronta ad allontanarsi.
Sassolina!” La richiamò Pipino.
Lei si girò giusto per beccarsi in fronte un piccolo sasso, che rimbalzò.
“Oh, per tutti i tuberi, non dovevi girarti sul serio!”
Lui lasciò cadere nell'acqua ciotole, spugne e quant'altro e le corse incontro.
Lei si stava massaggiando la fronte con una smorfia poco carina. Lo guardò male.
“Se mi chiami è ovvio che mi giro.”
“Ma non ti ho chiamata per nome.” Mormorò lo Hobbit e, lei, in quel momento parve un po' stralunata.
Non sapeva bene cosa rispondere, una cosa abbastanza inusuale per lei. Boccheggiò un paio di volte prima di arricciare il naso.
“Ma perché devi sempre lanciare cose, tu?”
“Non lo so. È più forte di me.”
“È colpa di tutta l'erba pipa che fumi.”
 
Lui le tolse la mano dalla fronte e, senza nemmeno accorgersene, gliela strinse mentre s'accertava di non averle fatto male.
Le aveva procurato un minuscolo taglietto appena sopra il sopracciglio sinistro.
“Forse è meglio che ti porti dell'acqua.”
“Acqua?”
“Per tamponare.”
Diamante sgranò gli occhi. Gli strinse la mano inconsapevolmente.
“Cosa? È così grave?”
“Dipende da cosa intendi tu per grave.”
Lei sbuffò e s'abbassò velocemente, recuperando il piccolo sassolino incriminato. Lo rimirò per bene prima di arricciare il naso.
Si erano estraniati dagli altri, il rumore della festa era un sottofondo velato e non s'accorsero di Merry intento ad acciuffare un mestolo al volo, che quasi colpiva il povero Stregone.
 
“E questo lo userò contro di te quando mi farai un torto. Oooh, Pipino, come puoi farmi questo dopo che mi hai ferito, quel fatidico giorno? Io, che sono una così brava Hobbit, devo portare segni di battaglie come Brandobras Tuc. Oh, ahimè, che grama vita. E non ho neanche inventato giochi, per questo.*
 
Pipino sgranò gli occhi un po' inebetito, guardando prima lei e poi il sasso. Stava per mettersi a ridere ma era una risata che nulla aveva a che vedere con le sue solite, spavalde ed ebbre.
“Io saprei portare i segni delle battaglie molto meglio di te.”
Lei sgranò gli occhi, fingendosi offesa. Gonfiò un po' le guance e tentò di spingere il piatto – ormai vuoto – sul petto di Pipino.
“Tu e le battaglie siete due essenze incompatibili, Pipino. Non sei nemmeno così alto.” Sospirò lei, scuotendo il capo, rammaricata. “Ma che cosa avrò mai fatto per meritarmi tale- “
“Tu mi hai fatto cadere una torta in testa, siamo pari.” Ribattè lui, imbronciandosi.
“Non hai testimoni, Sassolino.” Lo rimbeccò lei, tirando fuori la lingua.
“Sì che li ho! Avete visto anche voi, non è vero?”
Si girò verso Gandalf e Merry ma, entrambi, non stavano fissando lui né Diamante.
Erano intenti a osservare qualcosa che, a loro, stava sfuggendo.
 
Bilbo era scomparso e, loro, se ne accorsero solo in quel momento.
Scomparso nel nulla.
Il vociare degli altri Hobbit li fece ridestare di colpo.
Loro smisero di tenersi la mano in quel momento, e la folla cominciò a disperdersi, sgomenta.
 
 
 
********
 
Diamante aprì gli occhi di soprassalto, sentì un rumore sordo sbattere contro la porta della cella.
Era una delle guardie. In mano aveva un piatto.
“Ora di mangiare. Per colpa della tua insolenza riceverai solo un pasto al giorno.”
E fece scivolare il piatto verso di lei con malagrazia.
Arrivò con un tintinnio fastidioso e Diamante osservò il suo contenuto.
Pezzi di carne e della verdura di un colore bruciato.
Di nuovo si strinse forte le gambe e tentò di ritornare ad un ricordo qualsiasi.
Ripensò al sapore delle torte. Dei maiali. Del pesce fritto.
Ripensò al sorriso di Rosie.
E alla sensazione di stringere la mano di quello sconsiderato di un Tuc.
Subito andò a cercare il sassolino ma, si accorse, di avere ancora il sacchetto di Bart tra le mani.
Le venne di nuovo il magone.
Il sasso non era quello di Pipino; lo aveva lanciato nel fiume, circa un mese dopo la sua partenza, per rabbia. Se ne era pentita pochi secondi dopo averlo fatto e aveva passato un intero giorno a cercare di ritrovarlo.
Alla fine ne aveva rimediato uno ma era sicura che, per quanto gli somigliasse, non potesse certamente essere lo stesso.
Ma adesso non aveva importanza. Era qualcosa che l'acqua aveva levigato con la sua corrente. Ora, quella stessa acqua, non aveva più niente di bello da levigare.
 
Senza rendersene conto aveva aperto il sacchettino per la moglie di Bart Serracinta.
Dentro c'era un piccolo papiro arrotolato che avvolgeva un fiore. Un fiore conservato e protetto, ricordo d'un tempo sereno.
E la scrittura un po' sbilenca di Bart aveva forgiato poche parole.
“Anche se il buio mi ha inghiottito, ricordati che tu sarai sempre la mia luce.”
In quel momento il canto di Doderic riprese a intristire quel luogo e lei non riuscì più a pensare a niente.
 
                       *************
 
“Sam! Ho bisogno del tuo aiuto, ti prego. Ora!”
 
Il giovane giardiniere alzò la testa dal vaso di begonie che stava annaffiando, e a Rosie per un momento mancò il respiro.
Il viso di Samvise era abbronzato, così come le sue braccia, più toniche dell’ultima volta che le aveva viste, che spuntavano da sotto le maniche arrotolate della camicia.
Rosie potrebbe anche essersi sbagliata, ma le parve d’intravedere un sottile rossore allargarsi su quelle guance paffute.
 
“È proprio necessario ora, Rosie? Dovrei prima finire questo lavoro per padron Frodo…”
 
“Oh, sono sicura che ti perdonerà”.
La Hobbit sventolò con noncuranza la mano.
“E comunque vedrai che non ci metteremo molto. Avanti andiamo! Non c’è tempo da perdere!”
 
Sam si limitò ad un piccolo sbuffo, chiedendosi cosa fosse preso quel giorno alla sua amica d’infanzia.
Cosa poteva esserci di così tanto urgente?
Rosie sapeva bene quanto fosse importante per lui il giardinaggio, e quella era la prima volta che le capitava, non solo d’interromperlo durante il lavoro, ma addirittura di chiedergli di abbandonarlo.
 
Le sue risponde stavano già correndo via assieme alla giovane, così a Sam non restò che affrettarsi a seguirla.
 
 
 
Tutto divenne chiaro non appena la coppia giunse ai piedi di un giovane Faggio.
 
Un lamento sommesso li raggiunse dalle fronde più alte, e Sam intuì subito la situazione.
 
“Ti prego, amico mio!” lo supplicò la ragazza, giungendo le mani, “Quella povera bestiola dev’essere bloccata là sopra da tutto il giorno. Sarà sicuramente affamata, infreddolita, impaurita…”
 
Ecco, l’ultimo aggettivo per Sam era un motivo perfetto per non andare lassù.
Un gatto selvatico poteva essere leggermente aggressivo già di natura, figurarsi se pure spaventato!
Lo avrebbe riempito di graffi, altroché!
 
Ma un po’ a causa del suo buon cuore, un po’ per colpa degli occhi di Rosie, Sam proprio non se la sentì di rifiutare.
 
La ragazza da parte sua, si pentì di quella richiesta un secondo dopo che lo Hobbit ebbe iniziato la scalata.
Sam amava le piante, sì, ma non certo arrampicarvisi sopra!
 
“Oh no, che ho fatto? Per favore, fai attenzione! Fa che non succeda niente, fa che non succeda niente…”
 
Da lì sotto poteva sentire senza problemi le imprecazioni, a stento trattenute, dell’amico, e ciò non fece altro che acuire il suo senso di colpa.
 
Oh Samvise! Devi volermi proprio bene per fare una cosa del genere”.
E arrossì violentemente al pensiero.
 
Fu con enorme sollievo che lo vide rispuntare poco più tardi.
Il prode cavaliere aveva compiuto la sua missione e, salvato il gatto, stava ritornando a…
 
CRASH!
 
“SAM!”
 
                          ********
 
“Si dev’essere spaventato quando ho urtato per sbaglio contro un ramo. Ho temuto mi sgusciasse via dalle mani, così l’ho stretto più forte ma… evidentemente non deve averlo trovato piacevole!”
 
Il giovane Gamgee era pieno di graffi sul braccio sinistro, oltre ad alcuni piccoli bernoccoli dovuti alla caduta, ma fortunatamente nulla di più serio di quello.
 
Sarebbe potuta andare molto peggio.
 
Rosie non riusciva a darsi pace, mentre puliva con dolcezza e attenzione le ferite dell’amico.
“Mi dispiace”, disse per la ventesima volta, “Non avrei dovuto chiederti di…”
“Oh, non importa, davvero!”, si affrettò a bloccarla lui, “Come dice sempre il mio Gaffiere, quello che è fatto è fatto*”.
“E poi…”, bisbigliò, “Rosie, lo sai che io…”
“Tu…?”, lo incoraggiò la fanciulla, sporgendosi verso di lui, fiduciosa e timorosa.
Il suo cuore batteva impazzito.
 
Ma il piccolo felino che Sam aveva appena salvato, scelse proprio quel momento per cacciare un forte miagolio.
 
I due Hobbit si ritrassero di scatto, come se si fossero scottati.
In seguito si girarono verso il gattino, ed esclamarono all’unisono: “Di lui che ne facciamo?”
 
Una sincera e condivisa risata alleggerì immediatamente la tensione. Le parole non dette di poco prima furono subito dimenticate.
 
“Me ne occuperò io”, promise Rosie con un sorriso dolcissimo, “Grazie di nuovo”.
 
 
                                 ********
“Ti piace ascoltare la tua storia, vero batuffolino? Avresti dovuto sentire le risate di Diamante, quando gliel’ho raccontata la prima volta…”
 
Rosie strinse a sé Rufus, inspirando il suo odore.
Un gesto talmente abitudinario da essere ormai divenuto istintivo.
Specialmente se qualcosa la turbava.
 
Sapeva che era alquanto sciocco come pensiero, ma in quel modo le sembrava di avere ancora Sam accanto a sé.
E lei aveva bisogno di lui, più che mai.
Specialmente ora che aveva perso la sua amica più cara.
 
Suo padre era stato categorico: niente più visite. Era, visto l’evolversi della situazione, obiettivamente troppo pericoloso.
Una parte di lei si trovava d’accordo, ma come avrebbe fatto senza più poter vedere quegli occhi così furbi e sinceri? Quelle visite erano diventate qualcosa di essenziale, di irrinunciabile, come l’aria.
E Diamante?
L’avrebbe creduta una codarda? Una traditrice?
O si sarebbe preoccupata, per di più inutilmente, pensando che le fosse accaduto qualcosa?
 
No. Non poteva lasciare che accadesse.
Avrebbe lottato con le unghie e con i denti per difendere quell’amicizia: era una delle cose più importanti della sua vita!
 
“Le ho promesso che sarei tornata, Rufus. L’ho promesso… ecco forse non dovrei dirtelo, ma l’ho promesso sulla tua coda”.
 
L’espressione del gatto rimase una delle più disinteressate che Rosie avesse mai visto.
 
 
 
Note:
*si riferisce al gioco del golf, che, Tolkien docet, è stato inventato proprio a causa del prozio di Bilbo.
*Shakespeare voglia scusarmi se ho attribuito una delle sue battute più famose al vecchio Ham ^^” (nd Benni).
 



Deposito Barili:
 
Per prima cosa: il fanta-mega-giga meraviglioso banner che ora sventola all’inizio di ogni capitolo è tutta opera di Kanako91 (applausi, prego, che se li merita). Non ti ringrazieremo mai abbastanza, è bellissimo <3, mille baci!
 
Seconda cosa: Benni ci tiene a dire che è FIERA del titolo che si è inventata U.U e come sempre guai a chi ride. LOL. Viva Benni.
*fugge*.
 
Anywayyyyyyy, torniamo a fare le persone cervello-munite: che ne pensate dei famosi flashback *^*?? Piaciuti? Sì, no, forse? Come promesso ecco di nuovo Rufus: sta diventando una star, al pari di Bart, ehehehehe.
Credo sia uno dei capitoli che ci siamo divertite di più a scrivere, perché alleggerisce molto l’atmosfera.
Come sempre fateci sapere in tutta serenità ^^, noi amiamo alla follia i vostri commenti.
Grazie a tutte le recensiste (questo giro specialmente a Didi95 e Feanoriel, benvenuteeeeeee), chi segue, preferisce, legge o passa per sbaglio.
Vi adoriamo tutti *^*.
Alla prossima!
 
Cris e Benni
 
Ps: e auguroni ai nostri Bagginsis preferiti *^*! Viva il 22 Settembre <3.
 
 
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