Le sei di sera del venerdì e Arthur era chiuso in camera a studiare.
O meglio, a fingere di ignorare il fatto che a pochi minuti dal suo appartamento stava per svolgersi l’evento dell’anno al quale lui non era stato invitato.
L’evento organizzato dalla rana bipolare francese con cui si scontrava praticamente dal primo giorno in cui aveva messo piede nel campus.
Quella rana francese che, in fin dei conti, lo conosceva meglio di chiunque altro.
E non l’aveva invitato.
Arthur chiuse il libro con forza.
Aveva un’ultima freccia al proprio arco: se le *velate* minacce dei giorni precedenti (ghignò al pensiero delle mail fasulle) non avevano avuto successo, allora non rimaneva che l’estrema ratio.
Inforcò la bicicletta e si assicurò che il pacco fosse ben fissato sopra la ruota posteriore.
Alla rana piacevano le polveri colorate? Che provasse allora il rosso infuocato del peperoncino in polvere.
Il luogo della festa era un parco poco distante dal centro.
L’inglese parcheggiò il suo mezzo e si arrampicò su di un albero, studiando la situazione: il concerto non era ancora iniziato, e gli invitati iniziavano solo allora ad arrivare, venendo forniti di sacchetti colorati dai due degni compari di Francis.
La rana tuttavia non era lì con loro.
Poco male: Arthur sarebbe rimasto di vedetta, e non appena Francis si fosse fatto vivo avrebbe provveduto personalmente ad aprire il pacco del peperoncino e…
“Stai cercando qualcuno, mon lapin?”
Per poco l’inglese non cadde dall’albero.
“Damn, you filthy… “
“L’anglais, che lingua terribile.” Si lamentò Francis. “Dicevamo, lapin, che cosa ci fai su quell’albero a spiare la mia festa?”
“Non sto spiando proprio nulla, frog!” Arthur arrossì. “Stavo giusto per …”
“…Cercare di rovinare la festa, n’est pas?”
“Fuck, bastard, non pensare di farmi sentire in colpa, tu e le tue dannatissime feste e i tuoi stupidi inviti, e…” L’inglese si morse la lingua.
Francis lo guardò.  “Lo sai, mon amour, avresti potuto chiedermi …”
“...Non mendico inviti di rane pervertite, thanks.”
“:.. Avresti potuto chiedermi perché il tuo invito non era ancora arrivato. Perché il tuo era il primo a cui ho messo mano, in effetti.” Sospirando, Francis si issò sull’albero.
“Non ti azzardare a salire, mangialumache.” Esplose Arthur, in preda a sentimenti contraddittori, indietreggiando sul ramo. “Non credo a una parola di quel che stai dicendo, lo stai inventando ora per evitare la mia vendetta.”
E tanti saluti alla superiorità morale.
“Mon lapin, l’unico motivo per il quale l’invito non ti è arrivato è che volevo consegnartelo di persona.”
“Certo, come no. Non mi pare di averti visto in questi giorni.”
“Malherueusement, mon lapin, ho avuto una serie di contrattempi, riguardanti rane, lassativi, vestiti, chimica, mail minatorie e non…” Francis assottigliò gli occhi, continuando a sorridere. “Non è che tu ne sai qualcosa?”
A quel punto la faccia di Arthur prese fuoco. “Assolutamente niente.”
“Perché sarebbe un vero peccato che quest’invito, l’unico che manca, venisse consegnato a un cadavere, n’est pas?”
Il ramo su cui Arthur cercava rifugio scelse proprio quel momento per cedere alla gravità.
La caduta rovinosa tuttavia fu fermata da una mano che afferrò Arthur per la spalla proprio in extremis. L’inglese si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Francis.
“Avanti, fai quel che devi.” Sospirò, vinto. “Suppongo di meritarmelo.”
Il francese sogghignò.
Ciò che seguì rimase per molto tempo confuso nella mente di Arthur: ricordava le mani di Francis che lo issavano di nuovo sull’albero, spingendoselo contro; il cozzare del suo viso contro il proprio; le labbra incredibilmente morbide di Francis e il modo in cui gli aveva spiegato il modo corretto di eseguire un bacio alla francese; la polvere verde fluo che si era ritrovato sul viso e in testa alla fine di tutte queste operazioni.
“Dannazione, che cos’è?” Esalò Arthur, tornando in possesso delle proprie facoltà.
“E’ solo polvere colorata.” Francis continuava a guardarlo come se fosse un cioccolatino da scartare. “Anallergica, ecologica, si lava via con un po’ d’acqua.”
“Se domani mi rimarranno segni di questa shit, ti ammazzo.”
“Non credo saranno quelli i segni di cui dovrai preoccuparti domani.” Ghignò Francis, indicandogli il collo. “E adesso, mon amour, vuoi venire con me alla festa o ti ci devo trascinare di peso?”
Nel parco sottostante, Gilbert salì sul palco.
“Forza gente, mano alle polveri e diamo inizio al casino!” Ululò al microfono.
“Ci puoi scommettere.” Eliza era già pronta, con una decina di proiettili colorati e la propria padella per lanciarli meglio verso il palco.
“Al mio tre! Uno, due…”
Una nuvola di rossi ciliegia, verdi fluo, gialli canarino, rosa shocking e azzurri cinerini si innalzò verso il cielo, colorando il mondo e i ragazzi esultanti al ritmo della musica.
 

N.d.A. Scusate il ritardo nell'aggiornamento! this is the end: ringrazio chi ha seguito e recensito e segnalato sviste! ^^' Alla prossima!