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Autore: Jordan Hemingway    22/09/2015    1 recensioni
Raccolta BlackElsa: perché le tenebre e il ghiaccio sono fatti per stare insieme.
Elsa è cristallo, affilato e splendente, un cuore puro venato di oscurità, il coraggio dei bambini unito alla determinazione della giovinezza.
All’Uomo Nero ricorda tanto se stesso, quando ancora il suo nome non era Pitch Black, ma Kozmotis Pitchiner, il baluardo contro quei Fearlings che oggi sono ai suoi ordini.
Genere: Angst, Commedia, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per l’event del gruppo FB We are out for prompt, credit del prompt alla promptatrice (#Elsa/Pitch: Modern!AU. Elsa è una studentessa universitaria e sta lavorando alla tesi. Il suo relatore è il professore più temuto della facoltà (a tua scelta), ovvero Pitch. Deve andare da lui a chiedere un consiglio. (Genere a tua scelta!)
 
Respira, espira, bussa alla porta. Respira, espira, bussa alla porta.
Elsa continuava a ripetere il mantra mentre saliva le scale verso l’ufficio del suo relatore, cercando di non pensare a quel che l’aspettava una volta varcata la soglia di quello stanzino scuro ed evitato (a ragione) da tutti gli studenti con un minimo di intelligenza.
“Non è come se fossi ancora in alto mare…” Tentò di consolarsi, aggrappandosi al corrimano per non inciampare sui gradini consumati.
Ricordava benissimo quel ragazzo dell’ultimo anno, Jack, anche lui in tesi con lo stesso docente, al quale il professor Pitchiner aveva gettato l’intera tesi dalla finestra del terzo piano a causa della bibliografia non perfettamente in ordine. E questo a soli tre giorni dalla discussione di laurea.
La ragazza sospirò: perché, tra tutti i docenti della facoltà di Medicina, l’unico ad occuparsi di psichiatria forense doveva essere proprio l’Uomo Nero? (Soprannome coniato innumerevoli anni prima da qualche matricola in vena di scherzi. Si sussurrava che Pitchiner avesse provveduto personalmente alla sua espulsione dal corso di laurea, come ringraziamento).
Eccola lì, la porta dell’ufficio. Ovviamente, nessun altro studente attendeva di essere ricevuto (la mancanza di anticamera in questo caso non era un vantaggio), quindi Elsa deglutì e strinse i pugni.
“Nascondi le tue emozioni.” Si ripeté mentalmente. “Non fargli sentire la tua paura.” Da quando si era iscritta a medicina, il consiglio datole dal padre le era sempre tornato utile durante gli esami. Tuttavia la ragazza aveva iniziato a sospettare che con Pitchiner la cosa non funzionasse come per gli altri. Sembrava quasi che il professore percepisse le sue insicurezze e si divertisse a ritorcergliele contro, giustificando il suo soprannome.
Il problema era che, più che paura, l’emozione dominante durante i loro colloqui era classificabile come “rabbia omicida”.
Perché aveva scelto un bastardo del genere come relatore? Si domandò per l’ennesima volta bussando alla porta.
“E’ aperto. Per cosa mi disturba questa volta, Elsa?” Non aveva nemmeno alzato la testa dal suo giornale: logico, dato che l’unica persona che si azzardava a spingersi fin lassù era lei.
“Ho una domanda sul caso studio in analisi, in relazione alla distinzione tra Durham rule e M’Naghten rule.”
“Ampiamente affrontate nel mio corso lo scorso semestre. Forse non era presente.”
Elsa strinse i denti: aveva frequentato quel corso (slot delle sette del mattino, semestre invernale) senza mancare mai a una lezione, sedendosi sempre in prima fila e rispondendo alle domande continue e assillanti che Pitchiner riteneva di dover somministrare a chiunque mostrasse abbastanza fegato da sedersi davanti alla cattedra.
“Il caso in esame presenta una valutazione basata sulla Durham. Secondo me si sarebbe dovuto utilizzare la M’Naghten.” Lo informò.
Pitchiner posò il giornale e la fissò: alla ragazza sembrò che gli occhi del professore assomigliassero a due eclissi, o meglio, a due buchi neri pronti a inghiottirla.
“Lei sa che sono stato io a fare quella valutazione.”
“Ne sono consapevole.” Se si doveva morire, tanto valeva farlo con onore. “Per questo vorrei chiederle il motivo, professore.”
“Non ho l’abitudine di discutere sul mio lavoro personale con i miei studenti.” Replicò Pitchiner e rimase un lungo momento in silenzio. “Tuttavia, nessuno studente ha mai avuto il coraggio di presentarsi e contestare il mio operato.” Aggiunse, sollevando l’angolo della bocca in quello che a Elsa sembrò davvero un ghigno soddisfatto. “Prenda una sedia.” Le ordinò, accartocciando il giornale e gettandoselo alle spalle. “Spero non avesse impegni per questo pomeriggio.”
Decisamente stava sogghignando. Elsa si affrettò ad agguantare una seggiola e ad aprire il plico dei documenti in analisi, cercando di ignorare l’impulso a saltellare di gioia.
Erano in momenti come questi che ricordava che, dopotutto, a lei l’Uomo Nero era sempre piaciuto.
 
 
NB. La Durham rule e la M’Naghten rule sono due principi della psichiatria forense relativi all’incapacità di intendere e volere di un imputato (informazioni prese da Wikipedia).
 
  
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