Libri > Divergent
Segui la storia  |       
Autore: Sharon9395    22/09/2015    3 recensioni
La vita tra i Candidi non era male: tranquilla, dedita alla verità, all’onestà e alla giustizia.
Kat teneva sì alla giustizia e alla verità. Ma dentro di se sentiva la spinta verso una vita diversa. Una vita spericolata, una vita degna di essere vissuta.
Il test era stato chiaro. O meglio… inconcludente. Quindi doveva scegliere da sola. Magari tra i Candidi o tra gli Abneganti sarebbe stata al sicuro, la avrebbero aiutata. Ma quella, sapeva in cuor suo, non essere la sua strada.
Voleva sentirsi utile, completa e, soprattutto, libera. E tutto questo poteva trovarlo solo in una fazione: gli Intrepidi.
Afferrò con decisione il coltello, si procurò un piccolo taglio nella parte interna della mano e lasciò cadere il suo sangue sui carboni ardenti. Il suono prodotto, fece serpeggiare lungo la sua schiena un brivido freddo. Kat aveva scelto e, ormai, non poteva più tornare indietro.
“La fazione prima del sangue”.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Tris, Un po' tutti, Zeke
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VII
 
Il racconto terminò e il silenzio tornò ad imperare. Fissavano dritto il vuoto e il buio davanti a loro, come se stessero rivivendo quel momento in cui Andrew fu portato via.
<< Sei soddisfatta, ora? >> chiese Eric a denti stretti e voltandosi a guardare il viso di lei: le lacrime, silenti, le stavano solcando le guance e la luna con la sua flebile luce continuava ad illuminarle il viso; non si aspettava quella reazione.
Kat sentiva il peso di un macigno nello stomaco: il senso di colpa; avrebbe dovuto costringerlo a parlare anni prima.
Si asciugò le lacrime e prese la mano di Eric tra le sue stringendogliela come se volesse aggrapparsi a qualcosa per non cadere. Anche questo gesto lo stupì.
Provò a far tornare lucida la sua mente offuscata e con voce sommessa disse << Scusa >>.
Non riuscì a dire nient’altro, solo le lacrime continuavano a scendere copiosamente nonostante tentasse di bloccarle con tutta la poca forza che le era rimasta.
Sapere che Eric era stato minacciato, sapere che era stato costretto cambiava le cose. Ma comunque aveva commesso un atto orribile: uccidere un innocente che per di più era suo amico. Ora capiva quella freddezza e quella rabbia costanti ed inesauribili. Erano la sua corazza, e lei come un’ottusa aveva scelto di credere a ciò che era più facile.
Il Capofazione ricambiò la stretta continuando a fissare davanti a se.
 
Kat, però, cominciò a pensare… il padre e la sorella di Eric non erano più vivi, ricordava che arrivò la notizia proprio in quei giorni che erano morti a causa di un incidente domestico… capì solo in quel momento che Jeanine gli aveva fatto ancora più male di quanto avesse mi creduto… Ma perché? Perché proprio lui? No, quella non era tutta la storia.
 
<< Ma la tua famiglia… >> cominciò a dire.
<< Si, li ha fatti saltare in aria. Nonostante mi avesse promesso che li avrebbe risparmiati. Se lo avesse fatto, però, non avrebbe avuto la sua… - esitò per un momento - vendetta. Non rimase nulla di loro. Nemmeno i cadaveri da piangere e seppellire dignitosamente >> .
Quelle parole suonavano amare, rabbiose…colleriche.
Kat non lasciò la presa. Si fissarono: gli occhi grigi e freddi di lui incontrarono quelli marroni e infuocati di lei.
Uno sguardo silenzioso, ma più efficace di mille parole che fu interrotto dalla ragazza << Perché tu?>>
Eric rimase spiazzato. Aveva sperato che non gli facesse altre domande. Ma voleva la verità e a quanto pareva la voleva per intero.
 
<< Mia madre e Jeanine erano… beh… erano sorelle. E’ una lunga storia >> rispose.
<< Ho tutto il tempo per ascoltarla >> sentenziò senza pensarci su.
<< Non qui. Non così. Domani sera vieni da me e ti dirò il perché. Ma prima devi dirmi tu perché vuoi sapere tutto di questa storia >> disse guardandola di nuovo negli occhi.
Kat abbassò lo sguardo e timidamente rispose << Perché noi eravamo amici >>.
S’incamminarono ed Eric disse quasi come se stesse dando un vero e proprio ordine
<< Non devi dirlo a nessuno. Neanche a Clarke. Inventa qualsiasi scusa, ma di questa cosa non devi parlarne con nessuno. Me lo prometti? >>
<< Perché non vuoi che la gente conosca la parte migliore di te? >> chiese con irriverenza.
<< Tu fallo e basta >> disse risolutamente.
Lei, semplicemente, annuì: Eric aveva tutto il diritto di voler apparire quello che non era veramente.
Continuarono a camminare fin quando non raggiunsero il Pozzo e Kat chiese << Io vado a casa… non posso tornare lì così. Mi farebbero un sacco di domande e non mi va di ascoltarli lamentarsi perché mi sono allontanata e ho fatto per l’ennesima volta a pugni con te. Quindi, puoi dire a Clarke che sono a casa? >>
<< Va bene. Vuoi una mano con la tua faccia? - disse notando che aveva un livido violaceo proprio sull’occhio sinistro e che il labbro inferiore era ormai gonfio – Sembra malconcia, sai? >>
<< No, sono capace di farlo da sola >> rispose.
<< Okay. Allora, io vado. Ciao >> la salutò e s’incamminò prima che lei potesse ricambiare il saluto.
Kat prese la via di casa. La strada era buia e luci andavano ad intermittenza. Aveva un sacco di pensieri nella testa, ma quello che più la preoccupava era il motivo per cui Jeanine volesse vendicarsi della famiglia di Eric con la quale, dopo tutto, era perfino imparentata.
Arrivò davanti la porta di casa, estrasse le chiavi dalla tasca del giubbotto di pelle e le inserì nella serratura aprendola.
Gettò le chiavi sul tavolino insieme al giubbotto e andò a sciacquarsi la faccia in bagno. Poi, si cambiò, afferrò il libro sul comodino e mettendosi nel letto e indossando gli occhiali cominciò ad immergersi nella lettura.
Clarke arrivò una mezz’ora dopo con l’aria arrabbiata ed esasperata.
<< Kat! >> urlò.
La ragazza sobbalzò e rispose << Sono in camera! Che c’è? >>. Clarke entrò come una furia buttando il suo cappotto sul letto con violenza.
<< Perché Eric è venuto a dirmi che tu eri a casa? >> chiese con veemenza.
Kat chiuse il libro e con calma chiese << Che cosa ti ha detto precisamente? >>
<< Che lui doveva parlarti per domani, che poi sei tornata a casa perché avete dovuto affrontare degli Esclusi che ti avevano ridotta ad uno straccio! >> disse.
“Per una volta fa una cosa intelligente” pensò con sollievo.
<< E’ vero. Mi doveva parlare di domani e degli Esclusi ci hanno attaccati e allora siccome ero piena di lividi e l’occhio mi faceva male sono tornata a casa e gli ho chiesto di informarti. Tutto qui>> spiegò noncurante.
L’amica sembrò abboccare alle parole di Kat e non chiese più nulla. Anche lei si cambiò e si misero entrambe a dormire.
 
 
 
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 
 
5 settembre, esami finali.
 
Il Capofazione Max si presentò di buon ora nella palestra dove erano riuniti tutti i futuri membri della Squadra Speciale per essere valutati.
L’esame consisteva in tre prove: simulazione di battaglia; test mentale; infine, la propria specialità.
Vennero scortati nel palazzo degli Eruditi. Dovevano attendere il loro turno in una stanzetta. Eric vide Kat che faceva su e giù, le si avvicinò e le disse << Paura, Steevens? >>.
<< Affatto >> rispose con sfacciataggine. Avrebbe voluto ringraziarlo per la sera prima, ma dopo quell’affermazione idiota le era passata la voglia.
Lui entrò nella sala seguito da Zeke. E all’amico seguirono, poi, tutti gli altri.
Dopo tanta attesa arrivò anche il suo turno: aveva il cuore in gola.
La stanza era divisa in due da un vetro: da un lato lei, dall’altro i suoi esaminatori. Eric la osservava preoccupato.
Per un attimo si sentì spaesata, poi lo scenario intorno a lei cambiò.
Si trovava tra le macerie, simili a quelle dove si era tenuto l’addestramento. C’erano fumi che le impedivano di vedere bene e si sentiva la puzza delle fognature. Iniziò a muoversi alla cieca, con sé aveva solo un coltello.
Sentì il rumore di passi che avanzavano verso di lei. Si trovò davanti un uomo armato. Questo le si scaraventò addosso e la buttò a terra. Era tutto finto, ma sembrava così reale. Ricordò che doveva affrontare quelle paure da Intrepida, doveva stare molto attenta alle sue azioni.
Si rialzò, impugnò il coltello e lo lanciò con forza verso la fronte dell’uomo. Lo prese in pieno. Questi si accasciò e lei estrasse l’arma dal corpo senza vita.
Avanzò cautamente di qualche metro più in là e si trovò di fronte gli ologrammi di Clarke, Quattro e Zeke, anche loro armati. Kat vide comparire ai suoi piedi un arco con tanto di frecce. Lo afferrò e dopo aver esitato per qualche istante si decise iniziando a tirare contro gli ologrammi che procedevano furiosamente verso di lei. Riuscì a colpirli tutti e tre. Un strano senso di vuoto si stava impossessando di sé, ma pensò che se non lo avesse fatto loro avrebbero ucciso lei e che dopo tutto era solo una…finzione.
Lo scenario cambiò di nuovo: era nei boschi, oltre la recinzione, immaginava. Uomini muniti di balestre erano appostati sugli alberi e aspettavano che lei passasse.
Impugnò l’arco, mirò e iniziò a tirare contro quelli che cadevano dagli alberi con peso morto dopo essere stati colpiti dalle frecce. Altri uomini iniziarono ad attaccarla alle spalle, ma lei prontamente si voltò e ne colpì uno con il coltello che aveva ancora in tasca e poi gli altri con l’arco.
Dopo averli abbattuti tutti, lo scenario svanì e tutto tornò normale.
Eric la portò in un’altra stanza. Questa volta più piccola. Era il momento del test mentale.
<< Siediti lì >> le disse.
<< Io volevo, beh, si, volevo ringraziarti >> disse tutto d’un fiato.
<< Per cosa? >> chiese mentre preparava la siringa.
<< Per aver detto a Clarke la storia dell’attacco degli Esclusi e tutto il resto >> rispose.
La guardò un attimo, poi, distogliendo lo sguardo e tornando sulla siringa disse << Okay >>.
Per quel test erano da soli. Non c’erano altri spettatori. Ma notò una telecamera appesa sulla parte superiore di una delle pareti. Guardò intorno a sé e ne vide altre quattro. erano sorvegliati. Sicuramente gli altri stavano assistendo allo spettacolo.
Le iniettò il siero nel collo e lei chiuse gli occhi.
Era su un elicottero che stava precipitando velocemente nel vuoto.  Kat era immobile e terrorizzata. La paura l’aveva bloccata. Non riusciva neanche a pensare.
Cercò di tranquillizzarsi e di ritornare lucida. Doveva esserci un modo per sopravvivere, qualunque cosa. Si guardò intorno e notò su un sedile un paracadute malconcio. “E’ l’unico modo” pensò.
Lo afferrò e lo indossò. Era sul ciglio dell’apertura dell’elicottero. Guardò in basso un paio di volte e poi, con il cuore a mille, si lanciò nel vuoto.
Atterrò in un pozzo buio e angusto. In un angolo vide delle cose strisciare e avanzare verso di lei: serpenti. Doveva trovare un modo per uscire di lì. Quegli esseri si avvicinavano sempre di più. Sibilavano. Non vedeva neanche bene non solo per il buio, ma anche perché era senza occhiali, senza lentine. Da miope non poteva fare granché. Strinse gli occhi: il pozzo era fatto da mattoni; poteva arrampicarsi. Era brava nelle arrampicate. Ma i serpenti la stavano seguendo anche sulle pareti. Aumentò il ritmo. Uno di questi la stava per mordere, ma lei con il coltello gli mozzò la testa. Così fece anche con gli altri che le si scaraventavano contro.
Uscì dal pozzo e si trovava davanti al Centro. C’erano tutti i suoi amici: la stavano fissando salire su un patibolo. C’era una ghigliottina. Eric la stava conducendo lì.
Tutti gridavano con veemenza << A morte! A morte! >>.
Lei deglutì. Con uno strattone si liberò dalla presa del ragazzo e gli diede un calcio nello stomaco facendolo sputare sangue. Iniziò a correre. Si diresse verso la sua vecchia casa tra i Candidi.
Ma questa stava bruciando e si sentivano le urla di un bambino dentro: suo fratello. Colta dalla paura, buttò con un calcio secco la porta a terra. Entrò: era tutto in fiamme. Si stava distruggendo tutto. Le urla la condussero nella cameretta del fratellino. Era rannicchiato in un angolino e davanti a lui c’erano delle travi infuocate e il lampadario che stava rischiando di cadere. Allora, si fece coraggio: scavalcò le travi cercando di non bruciarsi e raggiunse il bambino; lo prese fra le braccia. L’aria stava diventando irrespirabile. Correva il più velocemente possibile schivando le fiamme che occupavano ormai tutta la casa. Fece salire il fratello su una delle finestre e uscirono sani e salvi.
Si svegliò di colpo. Era affannata e la fronte tutta bagnata dal sudore.  Eric si avvicinò e le tamponò la fronte con un panno. << E’ finita >> la rassicurò.
<< Hai… hai visto tutto, vero? >> chiese Kat preoccupata.
<< Si… sto qui per questo >> rispose.
<< Okay… >> disse abbassando lo sguardo a terra.
<< Capisco che nelle tue allucinazioni ci sia io che provo ad ucciderti. Insomma, ti ho spedita parecchie volte in infermeria. E’ comprensibile >> e si mise a ridere. Lei, invece, lo guardò torvo.
 
Era arrivato il momento del modulo finale. Quello durante il quale dovevano dimostrare di saper fare qualcosa in particolare. Kat, ovviamente, scelse il tiro con l’arco.
Tornarono nella sala precedente, dove li aspettavano anche gli altri esaminatori. Tra loro c’era anche il Capofazione Max.
La ragazza prese il suo arco e cominciò a tirare contro i bersagli. Non ne mancò uno. Poi, per complicare le cose, lo scenario si riattivò. Questa volta, si trovava nel bel mezzo di una vera e propria battaglia. Era con i suoi compagni di Squadra. Un soldato stava per sparare contro un civile e Kat preparò la freccia, la fece scoccare e finì dritta nel petto di questi. Qualcuno la prese alla sprovvista da dietro puntandole una pistola alle tempie. Lei diede un morso sul braccio che la stringeva e si liberò dalla presa. Poi prese una delle sue frecce e gliela conficcò nella gola.
Lo scenario svanì. Fu accompagnata fuori dalla sala dove c’erano anche gli altri ragazzi che aspettavano i risultati.
<< Com’è andata? >> le chiese Quattro.
<< Boh… >> rispose.
Aspettarono per circa un’ora. Erano tutti stanchi e stremati. Poi uno alla volta furono chiamati nella sala dove gli sarebbe stato comunicato se erano entrati nella Squadra o meno.
 
Kat entrò per ultima. Davanti a lei c’erano quattro Capofazione degli Intrepidi (tra cui Eric e Max), due Eruditi sconosciuti e poi c’era quella donna: Jeanine. La osservava divertita. Kat provò la solita  strana sensazione nello stomaco e la vena sulla fronte cominciò a pulsare come ogni volta in cui la rabbia e la tensione si impadronivano di lei.
L’Erudita disse << Sono molto colpita. Tu e il tuo compagno Quattro avete avuto il punteggio più alto. Non avete incontrato nessuna difficoltà. Perché? >>.
<< Forse perché il nostro Capofazione ci ha addestrati bene? >> rispose con tono sarcastico e inviperito, la verità però, era ben diversa. Kat e Quattro non erano normali, e nessuno doveva saperlo.
Le mostrarono i suoi punteggi:
 
I modulo: 98/100
II modulo: 100/ 100
III modulo: 98/ 100
 
Era esterrefatta. Non se lo aspettava.
<< Con questo punteggio, ovviamente, sei ammessa >>. Si congratularono con lei, poi Jeanine disse << Avevi ragione, Max. Non abbiamo sbagliato a sceglierla >>.
Le permisero di uscire e lei insieme a Quattro e Zeke si avviarono verso il quartier generale. Erano affamati e sicuramente Clarke li stava aspettando proprio in mensa: anche lei doveva aver finito il turno pomeridiano in quel momento.
Stava calando la sera, erano le 19:30. Il cielo era di un tiepido azzurro che si stava trasformando pian piano in blu.
Camminavano lentamente senza parlare, non ne avevano le forze.
Kat sentì qualcuno da dietro gridare il suo nome: una voce che non poteva confondere con quella di nessun altro. Eric.
Si arrestò e si girò, mentre lui la stava raggiungendo.
<< Ti ricordi di…? >> chiese.
<< Si, mi ricordo >> lo interruppe. Preferiva che Quattro e Zeke non ne sapessero più di tanto.
Si salutarono e poi ognuno prese la propria via.
Arrivarono vicino al treno, quando Quattro cominciò a chiederle  con tono sospettoso << Allora, cosa devi ricordarti? >>
<< Che… che se non obbedisco agli ordini, la prossima volta gli Esclusi avranno un nuovo membro>> mentì.
<< Perché? Cosa hai fatto? >> continuò mentre la fissava interrogativo e curioso insieme a Zeke.
Kat ci pensò un po’ su e poi disse << Beh, perché non volevo che Eric mi sottoponesse alla seconda prova >>. Questa sembrava essere una scusa abbastanza plausibile secondo lei, ma non per i suoi amici che, però, decisero di non insistere poiché sapevano che avrebbe continuato a dire balle.
Il viaggio nel treno sembrò durare un’eternità a causa della stanchezza e Kat pensò che quella giornata per lei non sarebbe ancora terminata.
In mensa, dopo aver fatto la fila, trovarono Clarke come previsto al loro solito tavolo che li aspettava con il piatto ancora pieno. Era si un’Intrepida, ma la maleducazione continuava a non tollerarla.
<< Com’è andata? >> chiese.
<< Bene – rispose Zeke – siamo passati tutti >>.
Si concentrarono sul loro piatto e mangiarono tutto voracemente: la fame era troppa. Dopo cena uscirono dalla mensa e si fermarono un po’ al Pozzo quando Kat si accorse che stava per fare tardi.
<< Io vado… vado… vado in bagno. Non aspettatemi >> disse velocemente correndo via senza dare la possibilità ai suoi amici di replicare o chiedere spiegazioni.
Si diresse verso casa di Eric e pensando a cosa dovesse aspettarsi. Sicuramente qualcosa di assolutamente impossibile da prevedere. Dopo tutto non sapeva molto sulla sua famiglia. Sapeva che erano eruditi e che la madre, Emma, era morta in circostanze sconosciute qualche giorno dopo la sua entrata tra gli Intrepidi.
Arrivò davanti alla porta e bussò timidamente. C’era una luce che proveniva dalla finestra della cucina, probabilmente stava mangiando.
Poco dopo, Eric aprì e la fece accomodare.
<< Cos’è ti fa caldo? >> chiese Kat notando la canotta nera che aveva indosso.
<< Problemi? >> ribatté insolentemente il Capofazione.
Si sedette sul divano nel salotto come se fosse casa sua senza nemmeno chiedere il permesso, non voleva che pensasse che la intimoriva. Perché in effetti non le incuteva alcun timore.
Lui, invece, si accomodò sulla sedia davanti a lei e disse << Volevi sapere il perché, no? >>
<< Esattamente. Voglio sapere tutto >> rispose con risolutezza.
Eric la guardò con i suoi occhi azzurri e penetranti e le chiese << Toglimi una curiosità: dopo aver saputo tutto, cosa te ne farai della verità? >>
Kat resse lo sguardo con impertinenza << Questo interessa solo me >>.
Lui annuì e bevendo un sorso dalla bottiglia di birra, fece segno se ne volesse anche lei. Accettò e bevve più di qualche sorso << Inizia pure >> lo invitò.
Eric si fece serio e il suo volto si incupì << Come ti ho detto, loro erano sorelle e io ho scoperto questa cosa solo dopo che lei aveva ucciso mio padre e mia sorella perché venne a farmi le sue condoglianze di persona dopo quello che era stato mascherato come un incidente. Io le chiesi perché ce l’avesse così tanto con la mia famiglia e mi raccontò la sua storia. Quella di una sorella che si sentiva eclissata dalla luce della sorellina minore: mia madre >>.
 
<< Lei ha tutto. Ha una famiglia, ha un ottimo posto da ricercatrice e ora vorrebbe togliermi anche il ruolo di Capofazione? Perché crede che questi attacchi agli Abneganti e ai Divergenti siano inutili sprechi di forza. Ma non capisce, la natura umana è pericolosa. Avrei dovuto rivelare il suo segreto molto prima. E’ sempre stata la preferita da tutti, mentre io… beh, io no. Io ero l’arrogante, lei la gentile; io la cattiva, lei la buona >> disse come se stesse sputando velenorivolta  ai suoi fedelissimi.
<< Ma non può farvi niente. Siete voi che comandate ora, qui >> rispose tremando un omuncolo piccolo e tarchiato.
Jeanine si voltò a guardare attraverso la vetrata che dava sul resto della città e poi continuò << E invece, mio sciocco amico, non è così. Lei è un pericolo per il mio potere e per l’intero sistema. Lei è una Divergente che sta cercando di prendere sempre più consensi per spodestarmi. Devo impedirglielo e c’è un solo modo: ucciderla. Poi… beh… poi, penserò a distruggere la sua famiglia felice >>.
Un sorriso malefico si palesò sulle sue labbra. Odiava la sorella che tempo prima le aveva impedito di vivere felicemente con il suo amato perché questi era diventato un Escluso non essendo riuscito a passare il test finale d’ammissione tra gli Eruditi. La aveva convinta che era sbagliato vivere con una persona che ormai era emarginata dall’intera società e che avrebbe potuto avere di meglio.
Ma il meglio non arrivò mai per lei. Continuava la sua esistenza offuscata da Emma che veniva lodata per le sue doti da tutti. Ma quelli erano solo dei poveri idioti, lei era molto meglio di quella ragazzina e pensava che in lei ci fosse qualcosa di strano, così cominciò ad indagare, fin quando non scoprì, estorcendo con l’inganno la verità dalla sorella, che Emma era una Divergente. Non aveva mi usato quell’informazione, non prima che arrivasse il momento giusto: e quel momento, quello durante il quale sua sorella cercava di screditarla, era esattamente ciò che aspettava da sempre.
<< Emanerò un mandato di arresto per lei. Verrà processata dai Candidi che le somministreranno il siero della verità e lei si condannerà a morte da sola. Poi toccherà ai suoi cari >> disse con soddisfazione, sentiva che il suo piano avrebbe avuto successo. << Da oggi, la caccia ai Divergenti è ufficialmente aperta >>.
<< Ma come facciamo con il ragazzino? Lui, ormai è tra gli intrepidi >> disse l’omino tarchiato.
<< Per lui ho in riserbo un destino diverso. Lo sfrutterò dandogli più di quanto merita, e poi, quando non mi sarà più utile, farà la fine della madre >>.
 
 
Kat questa volta non provava né paura né rabbia, ma compassione. Quel ragazzo aveva vissuto per tutto quel tempo con quegli orrori.
Non lo biasimava per aver scelto la sua famiglia piuttosto che l’amico. Probabilmente lei avrebbe agito ugualmente.
<< Lei, poi, ha attuato il suo piano. Mia madre è morta per avvelenamento e lo fecero passare come un normale attacco cardiaco. Poi, trasformò me nel suo burattino e mi tolse tutti coloro che amavo di più >>
<< Lo ha fatto fare a te >> lo interruppe, mentre la rabbia s’impossessava del ragazzo. Così, Kat si alzò di scatto e gli si avvicinò chinandosi e afferrandogli il volto disse << Non è colpa tua. Tu hai fatto quello che chiunque altro avrebbe fatto >>.
Sperava che queste parole potessero aiutarlo. Ma i rimorsi e la rabbia che portava dentro di sé ormai erano radicati. Jeanine aveva davvero raggiunto il suo scopo: aveva distrutto sua sorella, aveva ucciso la sua famiglia e aveva reso suo figlio un mostro.
<< Io sono un assassino, Kat >> disse guardandola negli occhi con un briciolo di terrore.
<< E chi non lo è tra noi? >> disse. Dopo qualche istante si rese conto che aveva parlato a sproposito, non sapeva tenere la lingua a freno.
<< Voglio dire, tu non sei un assassino. Hai fatto il possibile e l’impossibile. Jeanine è troppo potente. Ma tu puoi mandare in aria il suo piano tornando ad essere l’Eric che io ho conosciuto tempo fa >>.
Eric si alzò e lei fece lo stesso. Lo seguì nella cucina dove prese altre due birre. Le stappò e ne offrì una a Kat che accettò volentieri.
Quando ebbero finito lui disse << Ora, vai. Domani ti devi alzare, c’è la Cerimonia della Scelta e arriveranno i marmocchi >>.
<< Si, e poi Clarke si starà chiedendo quanto tempo ci metto in bagno >> rispose pentendosi subito delle parole appena proferite.
<< Hai detto di andare in bagno? Sul serio? >> chiese tra lo stupore e il divertimento. Riusciva ancora a distrarlo, nonostante i loro rapporti non fossero più come quelli di una volta.
<< Eh beh, si. Non sapevo cosa dire. Quindi, si, devo andare. Ciao, a domani >> rispose balbettando senza prendere fiato e avvicinandosi alla porta. Eric la accompagnò e poi ricambiò il saluto.
 
Tornò a casa, era esausta e sapeva che non avrebbe retto un interrogatorio perciò sperava che Clarke dormisse già.
Ma così non era.
<< Dove sei stata? Di certo non in bagno >> disse arrabbiata.
<< Beh, ora ci vado, però >> rispose correndo verso il bagno.
Quando uscì, l’amica era pronta a farle ancora altre domande, così Kat si arrese e disse che era stata da Eric che voleva parlarle di quello che avrebbe dovuto fare il giorno dopo.
<< E non poteva dirtelo prima? Insomma è l’una di notte! >> urlò.
<< Ne parliamo domani, okay? Ora sono stanca >> dicendo ciò Kat si accasciò sul suo letto e dopo pochi minuti senza nemmeno aver indossato il pigiamo si mise a dormire pesantemente.
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata dopo una lunga pausa. Qui ho cercato di spiegare le motivazioni di Jeanine. A primo impatto avevo pensato che forse la cosa di Eric e Jeanine imparentati poteva sembrare un tipico espediente alla “Beautiful”, ma spero, sinceramente, di non averlo reso tale.
Come avete potuto leggere, appunto, Jeanine soffre d’invidia nei confronti della sorella. Per questo mi sono ispirata a Zelina di OUAT, se c’è qualcuno che lo segue sa esattamente di cosa parlo. E’ stata quasi come un’illuminazione mentre guardavo la terza stagione xD
Spero vi sia piaciuto e ringrazio chiunque leggerà o recensirà.
Ciao, un bacio e al prossimo aggiornamento ;) 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Divergent / Vai alla pagina dell'autore: Sharon9395