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Autore: teresartist    23/09/2015    1 recensioni
I principi e i servi non sono mai stati amici, ma Kurt e Blaine sono diversi.
Due bambini nati in un castello con due destini segnati e collegati in qualche modo.
Due amici inseparabili uniti per la vita da un amore destinato ad essere indissolubile.
"Kurt si lasciò sopraffare dagli occhi color miele di Blaine e Blaine a sua volta accettò di affondare negli occhi azzurri di Kurt"
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I can't promise no fairytale but you'll be the king in any castle I build



Passò qualche giorno, qualche settimana dal giorno del matrimonio, Kurt era spesso costretto a restare al castello ma appena poteva, spesso non tutti i giorni, andava da Blaine lasciando la sua sposa nelle sue stanze da sola. Kurt ed Elisabeth avevano cominciato a instaurare un bel rapporto, nulla di speciale assolutamente ma Kurt la trovava molto gentile e comprensiva nei suoi confronti, non si arrabbiava mai quando lui le diceva che sarebbe uscito anche quella sera, Elisabeth a sua volta vedeva in Kurt un’anima buona e pura, per quanto lui non stesse quasi mai con lei anche quando non c’era si assicurava sempre che tutto il castello ascoltasse i suoi bisogni, forse Kurt poteva fidarsi di lei.
Kurt era sempre nervoso, rispondeva a tutti in modo stizzito, la lontananza anche se non prolungata di Blaine lo faceva sentire debole, indifeso e solo così si chiudeva nella sua corazza e non lasciava che nessuno potesse aiutarlo, non ci sarebbero riusciti comunque.
Blaine era agitato, non si calmava mai, anche quando dormiva nei dormitori del castello con la sua famiglia era sempre all’erta, dormiva accanto alla porta sperando che Kurt l’avrebbe raggiunto, non osava entrare lui nelle stanze del castello, non da solo, senza Kurt.
Quando i due si incontravano durante il giorno era spesso di sfuggita, giusto per uno sguardo o se davvero nessuno poteva vederli un rapido bacio sulle labbra secche; la notte era diversa, con il tempo, dopo qualche mese, cominciarono a vedersi un po’ meno spesso, Kurt stava molto al castello perché il padre trovava strano che lasciasse sola la sua sposa era costretto a stare con lei nelle loro stanze e così i due cominciarono a raccontarsi storie e quando Blaine andava da Kurt a volte gli piaceva solo portarlo lontano da quel mondo che non apparteneva a nessuno dei due, si sedevano nel buio uno tra le braccia dell’altro, senza dire nulla, si stringevano e sentivano la loro pelle e i loro profumi scontrarsi, mescolarsi come parti combacianti di un tutto; non smisero di fare l’amore e di ripetersi che si amavano perché non ne avrebbero mai avuto abbastanza, l’uno dell’altro.


I mesi passarono, quei momenti che passavano insieme sembravano sempre troppo brevi rispetto alle ore passate distanti, aggrappati solo ai ricordi; arrivò la primavera, i fiori sbocciarono di nuovo, le notti si fecero più miti e così i due ne passarono ancora di più insieme, parlando, stringendosi, facendo l’amore, ancora, ancora e ancora, non sapevano fare a meno l’uno dell’altro e faceva male, terribilmente male, tanto che a volte la giovane principessa sentiva Kurt piangere nel sonno, forse sognava, forse era sveglio.
In quel giorno di primavera inoltrata cadeva una festa nel paese, Kurt vi si recò con tutta la famiglia reale, per la prima volta si fece vedere in pubblico con la sua sposa, era stato allestito una specie di palco dove stavano quattro troni, due per il re e la regina e due per il principe e la principessa, dominavano la piazza.
Blaine partecipò alla festa, era parte della città anche lui, era in un angolo della piazza con la sua famiglia, i bimbi correvano e lui li guardava sorridendo, cercando Kurt tra la folla.
C’era un oratore a quella festa di paese, un uomo di chiesa, passò ore a parlare di Dio e poi decise di parlare degli uomini, in particolare di quegli uomini che Dio disprezzava, coloro che dovevano morire, bruciati all’inferno perché impuri, non meritevoli della grazia; Kurt ascoltava con attenzione quei discorsi, se si fosse distratto tutti lo avrebbero notato, Blaine era troppo lontano per sentire di cosa l’uomo parlasse, lo vedeva solo agitare le persone dall’alto di una torre. La lunga predica cominciò a incolpare le streghe, donne credute malvagie e manipolatrici, gente che la vita non la meritava; poi fu la volta dei disonesti, dei ladri; infine l’argomento passò a quegli uomini, posseduti dal diavolo, che amavano altri uomini e che così facendo profanavano il sacro nome dell’amore, la sua sacralità; Kurt sentì un brivido, pensò a tutte le volte che aveva detto a Blaine di amarlo, che lo aveva amato con gli occhi, con la voce e con il corpo, a quanto quello gli piacesse, lo facesse sentire vivo, completo; “Tali uomini, in cui Satana si cela, cercheranno di avvicinarvi e portarvi con loro, nei loro anfratti segreti e lì vi uccideranno se non esaudirete ogni loro orrendo desiderio – diceva l’uomo mentre tutto il popolo lo ascoltava – meritano di bruciare vivi nelle piazze, non c’è nulla di puro in loro” Kurt voleva andarsene, non sopportava tutto quello “A morte!” gridò l’oratore incitando la folla “A morte!” ripeteva il popolo urlante “A morte! A morte figli di Satana!”
Kurt non poté più resistere, si alzò e corse via, si fece spazio tra le guardie che lo guardavano spaesate, sentiva la rabbia salirgli ogni attimo di più, in poco tempo fu di nuovo al castello, era vuoto.
Blaine sentendo tutte quelle persone urlare alzò la testa, guardò verso i troni e vide che quello di Kurt era vuoto, non capì, sentiva solo urlare “A morte!”

Ben presto la festa finì e tutti rientrano alle loro dimore, la famiglia reale tornò al castello e si riunì per la cena. Kurt non cenò, si sedette a tavola con gli altri ma non toccò cibo, non disse una parola, fissava il muro decorato con quadri e foglie d’oro e pensava a quanto tutto quello fosse inutile, superficiale, posò il suo sguardo sulla tavola carica di vivande, anche tutto quel cibo e quei piatti dorati erano inutili, e tutti gli abiti che indossava e che tutti gli altri nella sala indossavano. Gli uomini erano così belli quando erano semplici, quando si portavano appresso solo se stessi, un sorriso o una smorfia, una voce e un pensiero. Non apparteneva a tutta quella massa di cose inutili, non si sentiva a casa lì.

Nel frattempo Blaine, la sua famiglia e tutto il resto della servitù erano tornati al castello, era stata una giornata stancante e tutti volevano dormire ma Blaine sentiva nell’aria che quella notte sarebbe stata diversa, forse Kurt sarebbe andato a trovarlo, forse sarebbero andati in qualche luogo dove non erano mai stati o avrebbero fatto qualcosa che non avevano mai fatto.
Sua madre gli chiese di mettere a letto i piccoli della famiglia perché lei aveva davvero bisogno di dormire, lui le rispose con un bacio sulla fronte “Certo” e prese per mano tutti i suoi cugini e li mise a letto, canticchiando una dolce ninnananna che diceva “Piccolo Principe oh piccolo mio vieni da me e dormi stanotte…con me” Blaine aveva probabilmente cambiato le parole ma il ritmo era sempre quello di quella vecchia ninnananna che sua madre cantava quando lui e il principe erano bambini.

Era ormai quasi notte fonda, Kurt e la principessa erano andati nelle loro stanze ma lui era agitato, non stava fermo un attimo, pensava e rifletteva con mille cose che gli correvano nella testa, quel nervosismo gli arrivo alle braccia, alle mani e cominciò a stringerle l’una nell’altra, non ce la fece più, non poteva più fare silenzio, quella stanza, quel castello era troppo stretto, quel mondo non gli lasciava spazio, lui era una rondine e aveva bisogno delle sue ali per volare e le sue ali non erano lì, le sue ali erano quel giovane con i capelli neri come la pece e il sapore del miele, con quelle sue mani dure e il cuore tenero, le parole più dolci e lo sguardo più profondo.
“Elisabeth” disse all’improvviso il principe voltandosi di scatto, la principessa lo guardò e non disse  nulla, vide che era agitato, che aveva gli occhi gonfi e arrossati e la bocca piena di parole “Elisabeth ascolta – continuò sedendosi sul letto – io devo dire questa cosa a qualcuno, se non lo faccio sento che potrei morire – fece un respiro profondo – io devo andarmene Elisabeth e ho intenzione di farlo, adesso, stanotte, non ce la faccio più a vivere così e anche tu ti meriti di meglio, non c’è nulla di più bello che essere con la persona che si ama, stare con lei e addormentarsi al suo fianco sentendo il suo profumo e baciando le sue labbra. Io non posso amarti e mi dispiace – Kurt sentì di non poter più trattener le lacrime – mi dispiace tanto non darti ciò che ti meriti perché tu sei fantastica e sei bella e sei intelligente e sei tutto ciò che un uomo potrebbe mai desiderare dalla sua vita – le strinse la mano con forza – ma io non sono un uomo come gli altri, io non sono un uomo che ama come gli altri, non sono in grado di apprezzare la tua bellezza e il tuo corpo ma c’è qualcuno che li apprezzerà più di quanto tu possa immaginare e te lo meriti”
Kurt aveva il viso bagnato dalle lacrime e stringeva la mano di Elisabeth più forte di prima, lasciò che la sua testa cadesse pesante sulla spalla della principessa che lo guardava attonita “L’amore è così bello quando lo puoi vivere e fa così male quando è nascosto” sussurrò Kurt e sembrava che lo stesse dicendo a se stesso.
Passò qualche minuto poi Kurt alzò la testa, si alzò in piedi sempre stringendo la mano di Elisabeth e abbassando lo sguardo disse “Io sono innamorato di un uomo Elisabeth e devo andare via, non posso permettere a me stesso di rimanere rinchiuso per sempre”
Le baciò la mano e non le diede tempo di rispondere “Addio” disse uscendo dalla stanza, non sarebbe mai tornato, mai più.

Blaine dormiva nel dormitorio del castello, sempre a un passo dalla porta d’ingresso, sognava chissà quali sogni avvolto dal silenzio della notte.
Kurt raggiunse il dormitorio senza preoccuparsi del fatto che qualcuno potesse vederlo, non gli importava nulla in quel momento.
Quando giunse alla porta la aprì poco e già vide i riccioli di Blaine sul pavimento, dormiva sulla schiena, con un grande sorriso sulle labbra, era bellissimo, come sempre, Kurt si sentì quasi in colpa nell’interrompere quel suo sonno così pacifico ma non poté farne a meno, gli posò una mano leggera sulla spalla sussurrando “Blaine” più volte, il ragazzo dopo poco si svegliò.
Vedendo Kurt lì Blaine fu parecchio sorpreso ma allo stesso tempo i suoi occhi lo guardavano pieni di felicità.
“Ehi” sussurrò il ragazzo dai capelli ricci “Che ci fai qui?” gli chiese
Kurt sentì un nodo alla gola “Blaine, io devo scappare, voglio scappare con te non ce la faccio più a sopportare tutto questo e – fece un respiro profondo – ti amo da morire e già lo sai ma davvero Blaine voglio passare la mia vita con te, voglio essere libero e felice, non voglio passare la mia esistenza in un castello sposato a una donna che non significa nulla per me” dicendo ciò si inginocchiò e strinse la mano di Blaine “Vieni con me ti prego”
Blaine lo guardò fisso negli occhi senza sapere cosa dire, tutto quello che Kurt prospettava sembrava meraviglioso, un sogno ma perché? Infondo era una decisione così brutale e frettolosa, non capiva. Si alzò e lo accompagnò fuori dal dormitorio.

“Kurt – cominciò – cosa vuol dire che vuoi scappare? Che significa?”
Kurt fece un respiro profondo e abbassò lo sguardo verso il ventre di Blaine, gli strinse i fianchi con le mani e lo avvicinò al suo corpo in fibrillazione “Sento che se sarò costretto a vivere questa vita da schiavo del mio tempo non vivrò per molto – riprese a guardarlo in viso – voglio essere libero, completamente libero, come le rondini che volano nel cielo in primavera, posso essere libero se scappo da solo, ma non sarò completo se non sei con me”
Blaine ascoltò ogni parola che Kurt gli disse cercando una ragione per dissuaderlo da quella cosa folle che stava per fare, dove sarebbe andato? come avrebbe vissuto? Ma poi si rese conto che aveva terribilmente ragione, vivere così era come essere intrappolati in se stessi e se fossero scappati, se avessero seguito solo i loro cuori sarebbero stati in grado di volare.
Lo fissò ancora una volta mentre la luce della luna gli si rifletteva negli occhi, affondò ancora in quegli occhi e si strinse a lui per non annegare, lo baciò in silenzio nel buio della notte “Devo fare una cosa prima”. Blaine corse via dentro al dormitorio dove la sua famiglia al completo dormiva ancora, si avvicinò a quello straccio di pavimento freddo dove dormiva sua madre che teneva sul petto un frugoletto di qualche mese, aveva i capelli neri e scompigliati e gli occhi color miele, esattamente come lui, si chinò sulla fronte della madre e le lasciò un bacio all’altezza dell’attaccatura dei suoi capelli neri come la pece “Addio” sussurrò carezzandole la mano.


E i due fuggirono, nella notte, su un cavallo nero senza sella che Blaine portava abilmente aggrappato alla sua criniera con Kurt che gli stringeva i fianchi e gli baciava la schiena, cavalcarono per giorni, andarono lontano, in un luogo sconosciuto sulle sponde di un lago trovarono una radura in mezzo a un bosco e costruirono un riparo, Kurt imparò a sporcarsi le mani con la terra e a soffrire la fame e Blaine imparò l’arte della pazienza e del consolare.
Spesso trovava Kurt sulla riva del lago che piangeva dicendo che era stato uno stupido, che gli aveva rovinato la vita per uno stupido capriccio, allora Blaine si sedeva accanto a lui e lo stringeva, costruiva una barchetta con i rami e la lasciava andare nelle acque del lago e parlava a Kurt di quanto fosse bella la libertà, di quanto si sentisse come una di quelle barchette, mossa dalle acque, sbatacchiata dalle tempeste ma libera, libera di andare e scoprire giorno per giorno le acque di quel lago che sarebbe diventato mare, gli diceva che lui, Kurt era come quell’acqua, quel mare, così profondo, così vario, così nuovo e misterioso, così vasto e libero e Kurt smetteva di piangere e sorrideva e gli diceva quanto lo amasse e quanto fosse felice di averlo.
Il tempo passò lento, i due scoprirono una cittadina vicino al lago, vendettero il cavallo e comprarono una piccola dimora nel bosco, non smisero mai di amarsi con la stessa passione di quel primo bacio in quella notte scura sotto la pioggia, non smisero di giocare come bambini, certo ci furono momenti duri e momenti in cui tutto sembrava distruggersi in un attimo ma furono sempre in grado di ricostruirsi pezzo per pezzo e non si stancarono mai l’uno dell’altro.
Ma il tempo colpisce tutti, e dopo tanti anni i due cominciarono a invecchiare, Kurt fu il primo ad ammalarsi e dal giorno in cui Blaine lo trovò seduto sul pavimento in lacrime senza conoscerne il motivo non lo lasciò solo un attimo, neppure quando Kurt non poté più alzarsi dal letto, lo baciò tutte le mattine per augurargli buon giorno e tutte le sere perché dormisse bene, come aveva fatto tutta la vita, una mattina Kurt capì che la vita non era più il posto per lui e dopo che Blaine lo ebbe baciato per l’infinitesima, meravigliosa volta gli sussurrò con un filo di voce tremolante che era tutto ciò che gli restava “Amore mio, io penso di aver quasi finito su questa terra, ma voglio che i miei ultimi momenti qui siano meravigliosi”
Sentendo quella frase Blaine si sentì a pezzi, Kurt lo stava lasciando davvero, era arrivato il momento di dirgli addio, come avrebbe fatto? Lo guardò, per una delle ultime volte nella loro vita e si perse ancora nei suoi occhi alti come il cielo e profondi come il mare “Cosa vuoi fare?” gli chiese mentre un nodo gli stringeva la gola
“Fammi vedere il lago, per favore” rispose Kurt, Blaine si trovò spiazzato, erano mesi che Kurt non si muoveva da casa e sì, il lago non era lontano, solo una trentina di metri ma Kurt non camminava più da tempo.
“Tesoro – il nodo alla gola non era scomparso – non mi sembra il caso di uscire, sarebbe meglio che tu stessi tranquillo qui forse” Blaine non voleva deluderlo ma voleva averlo con sé per il più a lungo possibile
Kurt cercò il respiro nel fondo del suo cuore stanco “Hai ragione, raccontamelo”

Blaine si sedette accanto a Kurt sul letto e gli prese la mano, come fanno le madri che raccontano le storie ai bambini prima che chiudano giochi e si lascino quel giorno dietro per sempre.
“C’è un lago, tra le montagne sconosciute di una terra sconosciuta, è grande, talmente grande che io non l’ho mai visto tutto anche se nei giorni più nitidi si intravede un isola nel centro, l’acqua del lago è profonda e blu come i tuoi occhi e quando il sole vi si rispecchia sembra fatta di cristalli, è fredda come le tue mani nei giorni d’inverno e morbida come la tua pelle. Sulla sponda del lago vivono due uomini, un re e il suo amore, il re un giorno era un principe che aveva voglia di libertà, così lui e il suo amore sono scappati da quel castello di catene e sono arrivati qui, l’amore del re ha cercato loro una dimora vendendo un cavallo e da quel giorno i due hanno vissuto in un castello libero e modesto.
Il lago è anche pieno di barchette di legno, piccole quanto il palmo di una mano, le hanno costruite i due uomini nei giorni in cui si sentivano tristi e avevano voglia di libertà”
Blaine sospirò e sentì che il suo volto si stava bagnando di lacrime, era così tanto che non piangeva per Kurt.
Ma lui, il suo re, era sempre lì e lo ammirava con un sorriso stampato sulle labbra stanche “Non piangere Blaine” Kurt si sforzò di raggiungere il suo volto con un dito e gli asciugò una lacrima “Sei ancora un poeta”
Blaine lo guardò, anche i suoi occhi erano stanchi “Tu sei sempre il mio re Kurt” si abbassò fino a far sfiorare le loro fronti e gli lasciò un piccolo bacio sulle labbra secche.
Blaine non lasciò la mano di Kurt neanche un attimo quel giorno, non mangiò e non bevve, era ormai sera quando Blaine si accorse che la mano di Kurt aveva perso forza, gli strinse il polso e non batteva più, dopo tanti anni si sentì solo, abbandonato, dopo tutti quegli anni era rimasto senza Kurt e senza Kurt non era mai stato.
Gli strinse la mano ancora più forte e capì che davvero, non c’era più nulla da fare e scoppiò in un pianto sommesso e gli sussurrò mille parole, mille frasi, gli sembrò che ci fossero ancora mille cose da dire prima di andare.
Quando smise di piangere era tardi ormai, lasciò la sua mano ormai gelata e si abbassò verso la fronte e la baciò con dolcezza.
“Buonanotte, re”








Buonasera, potete insultarmi e dirmi che sono una persona orrenda e cattiva e sono certa di esserlo, per cominciare mi dispiace da morire di avervi fatto aspettare così tanto ma ho avuto un terribile blocco creativo con l’inizio della scuola e a quanto pare sono tornata con delle idee direi piuttosto chiare in senso cattivo.
Non ce la faccio, scusate, ho scritto due long complete (questa e una su wattpad in inglese) e entrambe finiscono male, scusa te davvero, sono fatta così, spero che la storia vi sia piaciuta e che non mi odierete <3
La frase che ho preso è della canzone Our Song di Ron Pope (ho cambiato la parola “queen” con “king”) perché la adoro e perché mi sembrava adatta.
Se volete cose felici da leggere ci sono le mie OS passate e future che sono molto meno depresse lo giuro (evviva il self-promoting)

Ultima cosa ma non meno importante: Alessia, Husband mio, ti voglio un bene dell’anima e lo sai e mi dispiace di lasciarti sempre con questo cuore spezzato ma lo sai che sono fatta così, you’re the only one <3

Vi voglio bene, a presto spero
T. <3
  
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