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Autore: aki_penn    12/02/2009    3 recensioni
Lei è una stronza di facili costumi, lui è biondo ed enigmatico, entrambi sono bellissimi,ma non hanno alcuna intenzione di innamorarsi, bensì di far innamorare gli altri...magari traendoci qualche beneficio... Stupid Cupid...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Salve a tutti, ecco il secondo capitolo di Stupid Cupid.

Allora prima di cominciare volevo specificare che questa storia parla espressamente di colpi di fulmine,e non di storie d’amore vere e proprie, anche per questo,infatti è intitolata stupid Cupid.

A parte questo mi sembra giusto ringraziare Cupidina 4ever e maryt2803 che hanno messo la storia tra i preferiti, _Luna_ per la sua e-mail e infine l’immancabile The Corpse Bride che ha commentato (grazie mille, non posso davvero credere di avere sempre il tuo sostegno! È davvero importante…!  Malvagia Loride lo è, Alex più che altro se ne frega ed è un po’ fuori, spero che questo capitolo ti possa piacere!)

Un’altra cosa, per quanto riguarda le occhiaie di Alex e il suo colorito pallido, non si tratta di un Edward venuto male, è solo uno che dorme poco!!

Infine comunicazione di servizio: la prossima storia ad essere aggiornata secondo logica dovrebbe essere I miei  venti metri quadrati a cui nell’ultimo periodo ho dato poca attenzione, ma ho una mezza idea per una nuova storia un po’ fuori dai miei soliti canoni, quindi credo proprio che non riuscirò a resistere alla tentazione e posterò anche questa nuova fic. Dovrebbe essere sistemata nella categoria Angeli e Demoni, e dovrebbe intitolarsi Sotto il sole; se qualcuno bazzica in quel campo mi farebbe piacere se ci passasse. Grazie ancora a tutti ed eccovi il nuovo capitolo!!!

Aki_Penn

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stupid Cupid

 

Capitolo due

Coppia due

Ispirazioni inaspettate

[ovvero]

Quando poi ti accorgi che la fava sei tu

 

 

 

 

 

 

 

Quando avevo visto Ivan in lontananza mi ero detto, siamo a cavallo. E invece no, se fossimo rimasti come eravamo all’inizio sarebbe stato molto meglio. Sara mi assillava da una parte dicendo di essere innamorata di me e che eravamo destinati a stare insieme e che dovevamo amarci e che se ci avessi provato almeno un po’ saremmo stati una coppia meravigliosa, dall’altra c’era un Ivan distrutto dal dolore per Loride, e decisamente propenso alla lamentela. Ebbene quando ebbi l’idea fulminante che quei due avrebbero potuto piacersi e quindi smetterla di rompermi le scatole non avevo esitato un secondo ad affrettare i tempi presentandoli. Due piccioni con una fava, mi ero detto. E due piccioni con una fava furono, l’unica cosa fu che non mi ero accorto del fatto che la fava fossi io.

E così mi ero ritrovato tristemente al tavolo di un bar squallido, cercando di bere un caffè squallido, con una coppia tutt’altro che poco appariscente, impegnata in manovre erotiche imbarazzanti.

Sbuffai rimescolando la mia schifida bevanda. Mi toccava partecipare a quell’imbarazzante triangolo ormai da una settimana, e quei due non accennavano ad aver voglia di vivere una relazione un pochino più distaccata.

Li guardai sbuffando, mentre il riflesso su una vetrata catturò la mia attenzione. Ero decisamente pallido con delle occhiaie da fare concorrenza al più ferrato tra i vampiri. Come se mi avesse letto nel pensiero Ivan si staccò dal bacio soffocante che lo legava a Sara per dirmi “Ehi Alex, è una mia impressione o ti stai strapazzando un po’ troppo ultimamente? Hai delle occhiaie che fanno paura”. Feci un sorriso stanco mentre pensavo di essere fortunato ad essere uno che non se la prende, anche lui era fortunato, se fossi stato un permaloso gli avrei assestato un giustissimo pugno alla mascella.

“Troppe donne, troppe feste!” esclamò Sara gioviale al di sotto della sua sgargiante cresta. Abbracciata ad Ivan si sentiva la padrona del mondo.

Inutile dirlo, quella coppia mi irritava parecchio, sembrava che fossero gli unici due innamorati al mondo. E invece no, ce ne erano tanti…di innamorati.

Si, si…donne” risposi sarcastico prima di affondare di nuovo il naso dentro alla tazzina del mio caffè imbevibile. Perfino la caffeina putrida era meglio di quel supplizio. Ma chi me lo aveva fatto fare di farli conoscere?

“Oh, sì, Alex ha sempre un sacco di donne intorno, ma sembra che non gli piaccia nessuna!” continuò imperterrito Ivan con un tono da Re del mondo “A volte penso che in realtà sia passato all’altra sponda!”continuò allegro, concludendo con una risata.

“Se, se” faccio io senza dargli peso. Va bene, gli avevo trovato una ragazza, e adesso stava con la suddetta ragazza, ma il fatto di essere innamorato non gli permetteva di essere così sgarlingino con me!

“Allora, avete finito di discutere voi due?” chiese Sara lanciando un’occhiata carica d’amore al suo ragazzo “Ho promesso a Marzia che saremmo andati a casa sua…” spiegò con aria pratica. Sbuffai e mi voltai a guardare gli avventori del locale, mi sembravano tutti piuttosto indaffarati e tesi, oppure troppo superficiali.

Mi dissi che non c’erano più i colpi di fulmine di una volta. Tornai a guardare la coppietta davanti a me che aveva ripreso a mangiarsi vicendevolmente la faccia. Sbuffai adocchiando una cameriera, aveva gli occhi allegri ed era vestita in modo bizzarro, se non fosse stato per i capelli neri – che ricadevano compostamente sulle spalle- avrebbe potuto competere con Sara. Credo che si possano capire molte cose dalla luce che emanano gli occhi di una persona.

Se è innamorato, se è contento, se è annoiato, credo si possa capire qualsiasi cosa.

La cameriera non era innamorata, era solo felice, per cose futili, forse una vincita alla lotteria, forse un viaggio in un paese caraibico in arrivo.

Ma per il resto lo squallido caffè era popolato da individui dagli occhi spenti e grigi, fu un sollievo dovermi alzare per uscire, diretto a casa dell’amica di Sara. Marzia, aveva detto.

Solo quando sentii il trillo dello scacciapensieri riuscii a respirare di nuovo senza l’oppressione di quel grigiore. Camminavo con le mani in tasca seguendo la coppietta sbaciucchiante.

Guardando il cielo mi ero depresso di nuovo, era ricoperto di una grigia coltre di nubi grigie, come gli occhi grigi degli avventori del bar. E tutta quella malinconia nell’aria non avrebbe migliorato il mio umore. Forse il rapimento di Sara avrebbe invece giovato. Diedi un’altra occhiata ai due aggranfiati tanto da non capire dove finiva l’uno e cominciava l’altra. No, non sarebbe servito nemmeno l’improvvisa sparizione di quella ragazza, perché Ivan avrebbe subito riempito la sua mancanza venendo a piangere sulla mia spalla.

“Alex, perché sei sempre così cupo. Su, un po’ di vita! Oggi c’è una così bell’arietta fresca, e poi ti presenterò la mia amica, magari ti piace!” cinguettò lei allegramente. Feci un sorrisetto beffardo. No che non mi sarebbe piaciuta. Non mi piaceva quasi mai nessuna. Le ragazze erano affascinanti per quello che portavano negli occhi, ma non mi interessavano. Non mi erano mai interessate. “Marzia è molto carina” continuò a cercare di vendermela, mentre per guardarmi in faccia camminava al contrario. Feci un sorriso sghembo e beffardo. “Non ne dubito Sara” convenni. Lei sembrò appagata dalla mia risposta e si rivoltò a guardare con occhi rapiti il suo ragazzo.

La famigerata Marzia abitava in un enorme condominio grigio. Sembrava che quel giorno quel maledetto colore facesse da padrone. Mi stavo davvero stufando, mi concentrai sull’intonaco scrostato in un punto nascosto. Anche l’atrio non era un granché, non seppi dire se quel giorno avevo beccato una zona malsana della città, o era la luce spenta che rendeva tutto squallido.

Il pianerottolo al quinto piano dove l’ascensore ci aveva lasciato era buio, e in un angolo spadroneggiava una pianta grassa morta. Avrei preferito prendere le scale, non amo molto gli ascensori ma quei due sfaticati non mi avevano permesso di usare le scale, causa: troppa fatica.

Sara suonò alla porta un paio di volte prima che qualcuno ci venisse ad aprire. Dopo un po’ sentimmo qualcuno che lambiccava tra i catenacci della serratura, l’uscio si aprì gracchiando come nei film dell’orrore. E da una fessura spuntò una testolina mora dotata di due enormi occhi spauriti. Fece un debole sorriso a Sara prima di spalancare la porta per farci entrare.

“Senti Marzy, non è che avresti qualche biscotto? Ho uno strano languorino!” esclamò la ragazza crestuta come se fosse a casa sua. Marzia annuì mesta “Certo, sono in cucina” rispose con gli occhi bassi.

“Ce li hai quelli ricoperti di cioccolato?” la sentimmo urlare da dentro alla dispensa.

“No, mia madre non ha avuto il tempo di fare la spesa…” spiegò come se si aspettasse di essere sgridata. “Che scatole…” sbuffò Sara chiudendo le ante del mobile.

Guardai ancora Marzia, sembrava una di quelle bamboline con la testa grossa, e gli occhi languidi.

Sara aveva ragione, mi piaceva quella ragazza, ma non nel senso che lei intendeva. Quegli occhi neri, erano la cosa più espressiva che avessi mai visto. Le sorrisi e lei rispose arrossendo e abbassando lo sguardo, mentre tutti e quattro ci abbandonavamo silenziosi sul divano di pelle bianca. Tutti silenziosi a parte Sara, che non aveva perso tempo per ricominciare a parlare a vanvera. Mi domandai se non ci fosse un modo per spegnerla, e cercai una spina che uscisse da qualche parte del corpo per staccarla e farla stare finalmente zitta, ma non trovai nulla di interessante.

“Di là c’è Loride” disse poi Marzia timidamente. Vidi Ivan irrigidirsi. Mi fece scappare un sorriso, non ti farà nulla rivedere Loride, pensai.

Sara scattò in piedi come se un cane le avesse morsicato il sedere e si diresse come in trance verso la camera da letto di Marzia dove evidentemente c’era Loride.  Tranquillamente ci avviammo anche noi.

La camera da letto di Marzia non era enorme, e nella penombra riuscii a vedere l’ordine quasi spartano che faceva da padrone nella stanza. Allora non avevo ancora del tutto deciso se l’ordine mi compiacesse o meno. Arricciai il naso nel vedere la famigerata Loride seduta stravaccata su una sedia con le rotelline, come quelle che si trovano in ufficio, completamente rapita dallo schermo del pc.

Mi ricordavo di aver conosciuto Loride. Le avevo anche dato un bacio, perché era la prassi. Ma con Sara ero riuscito a scavar via l’incombenza perché una volta, quando ancora ci provava con me mi era saltata addosso a tradimento e mi aveva dato un bacio a stampo.

“che fai?” chiese Sara tutta pimpante appoggiandosi alla sedia girevole dove stava stravaccata Loride.

“Nulla, sto guardando video divertenti su youtube, gente che si rende ridicola”.

 Sara rise di conseguenza, ma senza aver davvero capito cosa aveva detto l’amica. Ivan storse il naso, probabilmente chiedendosi che cosa ci trovava in quella stronza, prima di conoscere, la piccola, ottusa ed incostante Sara.

Marzia abbassò di nuovo la testa guardandosi le pantofole poi si schiarì la voce per dire “Qualcuno vuole del gelato al pistacchio?”

“Io no, lo sai che mi fa schifo quella roba” rispose subito Loride senza degnarla di uno sguardo.

Sara invece si fiondò in cucina seguita a ruota dagli altri due, decisamente meno entusiasti. Diversamente dalle aspettative la bella Loride aveva rovinato l’ambiente sereno, ma non sembrava interessata alla cosa. Anzi sembrava che nemmeno se ne fosse accorta.

Rimasi per un po’ a guardarla protetto dal buio, mentre la sua attenzione andava interamente al monitor.

“Che fai veramente?” domandai calmo e serio.

Lei sobbalzò, non mi aveva sentito arrivare, o semplicemente ignorava che fossi stato lì anche prima. Si ricompose subito, e fece un sorrisetto “Chatto… sto convincendo un idiota che una modella bellissima lo trova attraente…” ridacchiò lei.

“E chi sarebbe questa modella scusami?” chiesi tranquillamente.

Loride si aprì in una plateale risata. “non esiste, ovvio!” esclamò presa da un moto di ilarità.

Completamente assorta. “Ti diverti?” dissi dopo un po’ sedendomi sulla scrivania. “Sì, è divertente… questo tipo è davvero stupido. In chat si trova un sacco di gente che sembra essere lì apposta per farsi prendere in giro” spiegò con un ghigno. Rimasi serio. Probabilmente al tipo non avrebbe fatto particolarmente piacere sapere che lo stavano prendendo in giro. Rimasi un po’ in silenzio mentre lei continuava a battere risposte, domande e complimenti all’uomo dall’altra parte.

“Che gli hai detto? Spiegami” chiesi serio, probabilmente lei non fece caso al mio tono e alla mia espressione, perché cominciò allegramente a raccontarmi per filo e per segno della sua conversazione con l’uomo.

“Gli ho detto che faccio la modella. Che ho diciotto anni, e che sono single…poi vediamo… mi ha fatto vedere una sua foto, e gli ho detto che è carino…” a quel punto un’ incredibile risata scrosciò dalla sua bocca, mentre teneva gli occhi fissi sul monitor.

“che è successo?” esclamai come se avessi sentito l’esplosione di una bomba. Lei continuò a sghignazzare come una pazza e puntare l’indice inquisitorio contro il monitor. “Ma guarda che tatuaggio orrendo!” strillò soffocata da un altro attacco di risa. Mi sporsi per guardare e vidi un ragazzo mezzo nudo con un tatuaggio sulla spalla a forma di puma. Storsi il naso. “In effetti è davvero patetico…” concordai mentre lei continuava a tenersi la pancia, allora aggiunsi “Ma non mi sembra il caso di fare tutto questo baccano solo perché ha un tatuaggio brutto” ci guardammo nel buio, illuminati dalla luce fioca del monitor.

“Ci siamo già visti?” mi chiese con un sorrisetto. Sì, c’eravamo già visti, ma alzai le spalle e preso da un dubbio riguardai il ragazzo nella foto.

Non era magrissimo, aveva i capelli scuri e scompigliati, l’orrendo ed enorme tatuaggio troneggiava sulla spalla, e all’incirca doveva avere poco più di vent’anni.

Ma non era quello che mi interessava, cercai i guardare gli occhi, ma erano stati presi un po’ controluce e sembravano vuoti e spenti. Sbuffai, odiavo le foto, non veniva mai fuori niente, non esprimevano nulla, non emergeva nulla di quello che c’era in realtà. Ma cercai di accontentarmi. “Ti ha mandato un’altra foto dove si vedono gli occhi?” chiesi pratico, mentre lei mi guardava perplessa. “Sì” biascicò incerta. Cliccò in qua e in là col mouse e sullo schermo si aprì un’altra fotografia con un primo piano, non diedi peso all’aspetto, non mi interessava. E gli guardai le pupille avvicinandomi con la faccia tanto, da toccare quasi col naso lo schermo. Occhi negli occhi col tizio della foto. Lei fece un’altra risatina di scherno “Cosa sei? Un oculista?”. Non le diedi grande attenzione e in fretta scesi dalla scrivania su cui mi ero appollaiato, senza distogliere gli occhi dal ragazzo.

“Digli di venire qui” ordinai perentorio.  Lei fece un’espressione strana, decisamente pensava che fossi impazzito. “E digli di chiedere di Marzia” aggiunsi. Lei alzò un sopracciglio e fece un sorrisetto sarcastico.

“E di portare una torta di mele, Marzia le adora.” conclusi. 

Lei spalancò gli occhi nella penombra, non sembrava più divertita “Ma cosa stai dicendo? Non la conosci neanche!” disse piegando la testa da una parte.

Misi la bocca a cuore “E tu, sì?” la stuzzicai. Lei aprì la bocca per replicare, ma non disse niente.

“Fallo, che ti costa?”. Lei si rivoltò verso la scrivania con la sedia girevole e disse “Tu sei fuori dai coppi” prima di digitare qualche frase veloce sulla tastiera. Io ridacchiai compiaciuto.

L’uomo in questione, un certo Marcello, non ci mise molto a suonare alla porta della casa di Marzia chiedendo di lei, con una bellissima torta di mele appena sfornata.

Marzia lo guardò prima un po’ stupita, ma poi sorrise. Si sorrisero. E anche io sorrisi. Più che per l’azione ben riuscita, per la faccia affascinata di Loride.

Solo più tardi mi resi conto che quella non era ammirazione, ma molto peggio.

Non avevo ancora idea di, in che guaio mi fossi cacciato. E così mi godei quel momento di gloria su una stronza per tutto il giorno. Ignaro di quale sarebbero stati gli effetti nefasti.

   
 
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