Salve a tutti,
ecco il secondo capitolo di Stupid Cupid.
Allora prima
di cominciare volevo specificare che questa storia parla espressamente di colpi
di fulmine,e non di storie d’amore vere e
proprie, anche per questo,infatti è intitolata stupid Cupid.
A parte questo
mi sembra giusto ringraziare Cupidina 4ever e
maryt2803 che hanno messo la storia tra i preferiti, _Luna_ per la sua e-mail e
infine l’immancabile The Corpse Bride che ha
commentato (grazie mille, non posso davvero credere di avere sempre il tuo
sostegno! È davvero importante…! Malvagia Loride
lo è, Alex più che altro se ne frega ed è un po’
fuori, spero che questo capitolo ti possa piacere!)
Un’altra
cosa, per quanto riguarda le occhiaie di Alex e il suo colorito pallido, non si
tratta di un Edward venuto male, è solo uno che dorme poco!!
Infine
comunicazione di servizio: la prossima storia ad essere aggiornata secondo
logica dovrebbe essere I miei venti metri
quadrati a cui nell’ultimo periodo ho dato poca attenzione, ma ho una
mezza idea per una nuova storia un po’ fuori dai miei soliti canoni,
quindi credo proprio che non riuscirò a resistere alla tentazione e
posterò anche questa nuova fic. Dovrebbe
essere sistemata nella categoria Angeli e Demoni, e dovrebbe intitolarsi Sotto il sole; se qualcuno bazzica in
quel campo mi farebbe piacere se ci passasse. Grazie ancora a tutti ed eccovi
il nuovo capitolo!!!
Aki_Penn
Stupid
Cupid
Capitolo due
Coppia due
Ispirazioni inaspettate
[ovvero]
Quando poi ti accorgi che la
fava sei tu
Quando avevo visto Ivan in lontananza mi ero detto,
siamo a cavallo. E invece no, se fossimo rimasti come eravamo all’inizio
sarebbe stato molto meglio. Sara mi assillava da una parte dicendo di essere
innamorata di me e che eravamo destinati a stare insieme e che dovevamo amarci
e che se ci avessi provato almeno un po’ saremmo stati una coppia
meravigliosa, dall’altra c’era un Ivan distrutto dal dolore per Loride, e decisamente propenso alla lamentela. Ebbene
quando ebbi l’idea fulminante che quei due avrebbero
potuto piacersi e quindi smetterla di rompermi le scatole non avevo
esitato un secondo ad affrettare i tempi presentandoli. Due piccioni con una
fava, mi ero detto. E due piccioni con una fava furono, l’unica cosa fu
che non mi ero accorto del fatto che la fava fossi io.
E così mi ero ritrovato tristemente al tavolo
di un bar squallido, cercando di bere un caffè squallido, con una coppia
tutt’altro che poco appariscente, impegnata in manovre erotiche
imbarazzanti.
Sbuffai rimescolando la mia schifida
bevanda. Mi toccava partecipare a quell’imbarazzante triangolo ormai da
una settimana, e quei due non accennavano ad aver voglia di vivere una
relazione un pochino più distaccata.
Li guardai sbuffando, mentre il riflesso su una
vetrata catturò la mia attenzione. Ero decisamente pallido con delle
occhiaie da fare concorrenza al più ferrato tra i vampiri. Come se mi avesse letto nel pensiero Ivan si staccò dal
bacio soffocante che lo legava a Sara per dirmi “Ehi Alex, è una
mia impressione o ti stai strapazzando un po’ troppo ultimamente? Hai delle occhiaie che fanno paura”. Feci un sorriso
stanco mentre pensavo di essere fortunato ad essere uno che non se la prende,
anche lui era fortunato, se fossi stato un permaloso gli avrei assestato un
giustissimo pugno alla mascella.
“Troppe donne, troppe feste!”
esclamò Sara gioviale al di sotto della sua sgargiante cresta.
Abbracciata ad Ivan si sentiva la padrona del mondo.
Inutile dirlo, quella coppia mi irritava parecchio,
sembrava che fossero gli unici due innamorati al mondo. E invece no, ce ne
erano tanti…di innamorati.
“Si,
si…donne” risposi sarcastico prima di affondare di nuovo il naso
dentro alla tazzina del mio caffè imbevibile. Perfino la caffeina
putrida era meglio di quel supplizio. Ma chi me lo aveva fatto fare di farli
conoscere?
“Oh, sì, Alex ha sempre un sacco di
donne intorno, ma sembra che non gli piaccia nessuna!” continuò
imperterrito Ivan con un tono da Re del mondo “A volte penso che in
realtà sia passato all’altra sponda!”continuò allegro,
concludendo con una risata.
“Se, se” faccio io senza dargli peso. Va
bene, gli avevo trovato una ragazza, e adesso stava con la suddetta ragazza, ma
il fatto di essere innamorato non gli permetteva di essere così sgarlingino con me!
“Allora, avete finito di discutere voi
due?” chiese Sara lanciando un’occhiata carica d’amore al suo
ragazzo “Ho promesso a Marzia che saremmo andati a casa sua…”
spiegò con aria pratica. Sbuffai e mi voltai a guardare gli avventori del
locale, mi sembravano tutti piuttosto indaffarati e tesi, oppure troppo
superficiali.
Mi dissi che non c’erano più i colpi di
fulmine di una volta. Tornai a guardare la coppietta davanti a me che aveva
ripreso a mangiarsi vicendevolmente la faccia. Sbuffai adocchiando una
cameriera, aveva gli occhi allegri ed era vestita in modo bizzarro, se non
fosse stato per i capelli neri – che ricadevano compostamente sulle
spalle- avrebbe potuto competere con Sara. Credo che si possano capire molte
cose dalla luce che emanano gli occhi di una persona.
Se è innamorato, se è contento, se
è annoiato, credo si possa capire qualsiasi cosa.
La cameriera non era innamorata, era solo felice,
per cose futili, forse una vincita alla lotteria, forse un viaggio in un paese
caraibico in arrivo.
Ma per il resto lo squallido caffè era
popolato da individui dagli occhi spenti e grigi, fu un sollievo dovermi alzare
per uscire, diretto a casa dell’amica di Sara. Marzia, aveva detto.
Solo quando sentii il trillo dello scacciapensieri
riuscii a respirare di nuovo senza l’oppressione di quel grigiore.
Camminavo con le mani in tasca seguendo la coppietta sbaciucchiante.
Guardando il cielo mi ero depresso di nuovo, era
ricoperto di una grigia coltre di nubi grigie, come gli occhi grigi degli
avventori del bar. E tutta quella malinconia nell’aria non avrebbe
migliorato il mio umore. Forse il rapimento di Sara avrebbe invece giovato.
Diedi un’altra occhiata ai due aggranfiati tanto da non capire dove
finiva l’uno e cominciava l’altra. No, non sarebbe servito nemmeno
l’improvvisa sparizione di quella ragazza, perché Ivan avrebbe
subito riempito la sua mancanza venendo a piangere sulla mia spalla.
“Alex, perché
sei sempre così cupo. Su, un po’ di vita! Oggi
c’è una così bell’arietta fresca, e poi ti
presenterò la mia amica, magari ti piace!” cinguettò lei
allegramente. Feci un sorrisetto beffardo. No che non mi sarebbe
piaciuta. Non mi piaceva quasi mai nessuna. Le ragazze erano affascinanti per
quello che portavano negli occhi, ma non mi interessavano. Non mi erano mai
interessate. “Marzia è molto carina” continuò a
cercare di vendermela, mentre per guardarmi in faccia camminava al contrario.
Feci un sorriso sghembo e beffardo. “Non ne dubito Sara” convenni.
Lei sembrò appagata dalla mia risposta e si rivoltò a guardare
con occhi rapiti il suo ragazzo.
La famigerata Marzia abitava in un enorme condominio
grigio. Sembrava che quel giorno quel maledetto colore facesse da padrone. Mi
stavo davvero stufando, mi concentrai sull’intonaco scrostato in un punto
nascosto. Anche l’atrio non era un granché, non seppi dire se quel
giorno avevo beccato una zona malsana della città, o era la luce spenta
che rendeva tutto squallido.
Il pianerottolo al quinto piano dove
l’ascensore ci aveva lasciato era buio, e in un angolo spadroneggiava una
pianta grassa morta. Avrei preferito prendere le scale, non amo molto gli
ascensori ma quei due sfaticati non mi avevano permesso di usare le scale,
causa: troppa fatica.
Sara suonò alla porta un paio di volte prima
che qualcuno ci venisse ad aprire. Dopo un po’ sentimmo qualcuno che
lambiccava tra i catenacci della serratura, l’uscio si aprì
gracchiando come nei film dell’orrore. E da una fessura spuntò una
testolina mora dotata di due enormi occhi spauriti. Fece un debole sorriso a
Sara prima di spalancare la porta per farci entrare.
“Senti Marzy, non
è che avresti qualche biscotto? Ho uno strano languorino!”
esclamò la ragazza crestuta come se fosse a
casa sua. Marzia annuì mesta “Certo, sono in cucina” rispose
con gli occhi bassi.
“Ce li hai quelli ricoperti di cioccolato?”
la sentimmo urlare da dentro alla dispensa.
“No, mia madre non ha avuto il tempo di fare
la spesa…” spiegò come se si aspettasse di essere sgridata.
“Che scatole…” sbuffò Sara chiudendo le ante del
mobile.
Guardai ancora Marzia, sembrava una di quelle
bamboline con la testa grossa, e gli occhi languidi.
Sara aveva ragione, mi piaceva quella ragazza, ma
non nel senso che lei intendeva. Quegli occhi neri,
erano la cosa più espressiva che avessi mai visto. Le sorrisi e lei
rispose arrossendo e abbassando lo sguardo, mentre tutti e quattro ci
abbandonavamo silenziosi sul divano di pelle bianca. Tutti silenziosi a parte
Sara, che non aveva perso tempo per ricominciare a parlare a vanvera. Mi
domandai se non ci fosse un modo per spegnerla, e cercai una spina che uscisse
da qualche parte del corpo per staccarla e farla stare finalmente zitta, ma non
trovai nulla di interessante.
“Di là c’è Loride” disse poi Marzia timidamente. Vidi Ivan
irrigidirsi. Mi fece scappare un sorriso, non
ti farà nulla rivedere Loride, pensai.
Sara scattò in piedi come se un cane le
avesse morsicato il sedere e si diresse come in trance verso la camera da letto
di Marzia dove evidentemente c’era Loride. Tranquillamente ci avviammo anche noi.
La camera da letto di Marzia non era enorme, e nella
penombra riuscii a vedere l’ordine quasi spartano che faceva da padrone
nella stanza. Allora non avevo ancora del tutto deciso se l’ordine mi
compiacesse o meno. Arricciai il naso nel vedere la
famigerata Loride seduta stravaccata su una sedia con
le rotelline, come quelle che si trovano in ufficio, completamente rapita dallo
schermo del pc.
Mi ricordavo di aver conosciuto Loride.
Le avevo anche dato un bacio, perché era la prassi. Ma con Sara ero
riuscito a scavar via l’incombenza perché una volta, quando ancora
ci provava con me mi era saltata addosso a tradimento e mi aveva dato un bacio
a stampo.
“che fai?” chiese Sara tutta pimpante
appoggiandosi alla sedia girevole dove stava stravaccata Loride.
“Nulla, sto guardando video divertenti su youtube, gente che si rende ridicola”.
Sara
rise di conseguenza, ma senza aver davvero capito cosa aveva detto l’amica. Ivan storse il naso,
probabilmente chiedendosi che cosa ci trovava in quella stronza, prima di
conoscere, la piccola, ottusa ed incostante Sara.
Marzia abbassò di nuovo la testa guardandosi
le pantofole poi si schiarì la voce per dire “Qualcuno vuole del
gelato al pistacchio?”
“Io no, lo sai che mi fa schifo quella
roba” rispose subito Loride senza degnarla di
uno sguardo.
Sara invece si fiondò in cucina seguita a
ruota dagli altri due, decisamente meno entusiasti. Diversamente dalle
aspettative la bella Loride aveva rovinato
l’ambiente sereno, ma non sembrava interessata alla cosa. Anzi sembrava
che nemmeno se ne fosse accorta.
Rimasi per un po’ a guardarla protetto dal
buio, mentre la sua attenzione andava interamente al monitor.
“Che fai veramente?” domandai calmo e
serio.
Lei sobbalzò, non mi aveva sentito arrivare,
o semplicemente ignorava che fossi stato lì anche prima. Si ricompose
subito, e fece un sorrisetto “Chatto… sto convincendo un idiota che
una modella bellissima lo trova attraente…” ridacchiò lei.
“E chi sarebbe questa modella scusami?” chiesi
tranquillamente.
Loride si aprì in una
plateale risata. “non esiste, ovvio!” esclamò presa da un
moto di ilarità.
Completamente assorta. “Ti diverti?”
dissi dopo un po’ sedendomi sulla scrivania. “Sì,
è divertente… questo tipo è davvero stupido. In chat si trova un sacco di gente che sembra essere lì
apposta per farsi prendere in giro” spiegò con un ghigno.
Rimasi serio. Probabilmente al tipo non avrebbe fatto particolarmente piacere
sapere che lo stavano prendendo in giro. Rimasi un po’ in silenzio mentre
lei continuava a battere risposte, domande e complimenti all’uomo
dall’altra parte.
“Che gli hai detto? Spiegami”
chiesi serio, probabilmente lei non fece caso al mio tono e alla mia
espressione, perché cominciò allegramente a raccontarmi per filo
e per segno della sua conversazione con l’uomo.
“Gli ho detto che
faccio la modella.
Che ho diciotto anni, e che sono single…poi vediamo… mi ha fatto
vedere una sua foto, e gli ho detto che è carino…” a quel
punto un’ incredibile risata scrosciò
dalla sua bocca, mentre teneva gli occhi fissi sul monitor.
“che è successo?” esclamai come
se avessi sentito l’esplosione di una bomba. Lei continuò a
sghignazzare come una pazza e puntare l’indice inquisitorio contro il
monitor. “Ma guarda che tatuaggio orrendo!” strillò
soffocata da un altro attacco di risa. Mi sporsi per guardare e vidi un ragazzo
mezzo nudo con un tatuaggio sulla spalla a forma di puma. Storsi il naso.
“In effetti è davvero
patetico…” concordai mentre lei continuava a tenersi la pancia,
allora aggiunsi “Ma non mi sembra il caso di fare tutto questo baccano
solo perché ha un tatuaggio brutto” ci guardammo nel buio,
illuminati dalla luce fioca del monitor.
“Ci siamo già visti?” mi chiese
con un sorrisetto. Sì, c’eravamo già visti, ma alzai le
spalle e preso da un dubbio riguardai il ragazzo nella foto.
Non era magrissimo, aveva i capelli scuri e
scompigliati, l’orrendo ed enorme tatuaggio troneggiava sulla spalla, e
all’incirca doveva avere poco più di vent’anni.
Ma non era quello che mi interessava, cercai i
guardare gli occhi, ma erano stati presi un po’ controluce e sembravano
vuoti e spenti. Sbuffai, odiavo le foto, non veniva mai fuori niente, non
esprimevano nulla, non emergeva nulla di quello che c’era in
realtà. Ma cercai di accontentarmi. “Ti ha mandato un’altra
foto dove si vedono gli occhi?” chiesi pratico, mentre lei mi guardava
perplessa. “Sì” biascicò incerta. Cliccò in
qua e in là col mouse e sullo schermo si aprì un’altra
fotografia con un primo piano, non diedi peso all’aspetto, non mi
interessava. E gli guardai le pupille avvicinandomi con la faccia tanto, da toccare
quasi col naso lo schermo. Occhi negli occhi col tizio della foto. Lei fece
un’altra risatina di scherno “Cosa sei? Un oculista?”. Non le diedi grande attenzione e in
fretta scesi dalla scrivania su cui mi ero appollaiato, senza distogliere gli
occhi dal ragazzo.
“Digli di venire qui”
ordinai perentorio. Lei fece
un’espressione strana, decisamente pensava che fossi impazzito. “E
digli di chiedere di Marzia” aggiunsi. Lei alzò un sopracciglio e
fece un sorrisetto sarcastico.
“E di portare una torta di mele, Marzia le
adora.” conclusi.
Lei spalancò gli
occhi nella penombra, non sembrava più divertita “Ma cosa stai
dicendo?
Non la conosci neanche!” disse piegando la testa da una
parte.
Misi la bocca a cuore “E tu, sì?”
la stuzzicai. Lei aprì la bocca per replicare, ma non disse niente.
“Fallo, che ti costa?”. Lei si
rivoltò verso la scrivania con la sedia girevole e disse “Tu sei
fuori dai coppi” prima di digitare qualche frase veloce sulla tastiera. Io
ridacchiai compiaciuto.
L’uomo in questione, un certo Marcello, non ci
mise molto a suonare alla porta della casa di Marzia chiedendo di lei, con una
bellissima torta di mele appena sfornata.
Marzia lo guardò prima un po’ stupita,
ma poi sorrise. Si sorrisero. E anche io sorrisi. Più che per
l’azione ben riuscita, per la faccia affascinata di Loride.
Solo più tardi mi resi conto che quella non
era ammirazione, ma molto peggio.
Non avevo ancora idea di, in che guaio mi fossi
cacciato. E così mi godei quel momento di gloria su una stronza per
tutto il giorno. Ignaro di quale sarebbero stati gli effetti nefasti.