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Autore: Humble_Narcissist    24/09/2015    2 recensioni
Dal testo:
“ Reo non riusciva a spiegarsi perché, proprio in quel momento, dopo una vita intera trascorsa a nasconderli, i suoi pensieri gli fossero sfuggiti dalle labbra senza controllo. Forse, semplicemente, non ce la faceva più a tenerseli dentro ed aveva agito d'istinto, alla ricerca di qualcuno con cui condividerne il peso. “
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“ Se Seijuro intendeva davvero sviscerare qualcosa - che si trattasse di un problema di matematica, di uno schema tattico avversario o dell'intima verità di una persona, non faceva molta differenza - c'era da star sicuri che sarebbe arrivato, implacabile, fino all'osso, a dispetto di ogni ragionevole pudore e senza alcuno scrupolo. “
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“ Reo, inane al pari di una foglia frustata dal vento, rimase appeso al filo che lo collegava a Seijuro, lasciandosi studiare ed esplorare come molte altre volte era già accaduto; eppure, l'abitudine nulla toglieva al senso di oppressione, allo sgomento che sempre, inevitabilmente, lo teneva inchiodato lì, ai piedi dell'imperatore, succube della sua asfittica influenza. “
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Rakuzan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sottopelle

 

 

 

decimo strato:

 

 

 

 

Legami allo specchio.

 

 

 

Quando scorse finalmente le spalle magre di sua madre alla fine di uno dei tanti settori del pronto soccorso, Reo si sentì di nuovo venir meno, ma per fortuna, Seijuro era sempre accanto a lui, pronto a rimetterlo in piedi.

<< Mamma! >>

Sakura aveva il viso piuttosto disteso, ma si rabbuiò all'istante quando vide suo figlio correrle incontro, stravolto e mortalmente pallido.

<< Reo, che ci fai qui? >>

<< Ma come che ci faccio qui?! Sei impazzita?! Papà... dov'è papà?! >>

Sakura si portò le mani alle labbra e scosse la testa più volte, in un patetico tentativo di negazione. Era stata imperdonabilmente superficiale; la rabbia nei confronti del marito le aveva fatto perdere di vista le cose più elementari e così Reo, ignaro di tutto, si era ritrovato a doverne pagare il prezzo.

<< Tesoro, sta' calmo, va tutto bene! Prima ti ho chiamato solo per avvisarti che non ci avresti trovato a casa. Credevo mi avessi sentito quando ti ho spiegato che papà si è lussato una spalla, anche se, effettivamente, ad un certo punto non hai più risposto. >>

<< Certo che non ho più risposto! La comunicazione faceva schifo, capivo mezza parola ogni tre!>>

<< Dopo ho provato anche a richiamarti, ma si attaccava la segreteria. >>

<< Lo so, il telefono è morto. >>

<< Magari sabato prossimo ne compriamo un altro, eh? Ormai questo ha fatto il suo tempo. >>

<< S-sì, non posso più tenerlo. Quindi... quindi mi assicuri che non è il cuore? >>

<< Non è il cuore. >>

Reo sospirò di sollievo, ma dalla sua gola emerse solo un gemito smorzato. Era esausto, per cui si gettò fra le braccia della madre, senza alcuna vergogna; affondò il viso nel suo petto, come faceva da bambino, e diede finalmente pieno sfogo ad un agognato pianto liberatorio.

<< Ho av... avuto una pa...-ra tremen... >>

<< Immagino, mi dispiace veramente tanto! Ho dato per scontato che ci fossimo capiti e ti ho fatto preoccupare! Sono una madre pessima. >>

<< Non di-... non dire così. Ma poi, cosa... >>

<< É successo? É successo che tuo padre, prima o poi, mi manderà al manicomio criminale! “Moglie uccide il marito a padellate e poi si dà alla macchia”, riesco già a visualizzare il titolo su Giallo e Quarto Grado*! Erano giorni che predicava di voler salire sul tetto a sturare quelle maledette grondaie. Io gliel'avrò detto almeno mille volte che non è più un ragazzino e che certe cose non può farle da solo, ma lui, ovviamente, non mi ha ascoltato, ha preferito far di testa sua e questi sono i risultati! Per poco non si spezzava l'osso del collo, quello stupido testone! >>

<< Ma ora sta bene? >>

<< Sì, anche troppo per i miei gusti! Il medico ha appena iniziato a fasciargli la spalla nella saletta qui accanto. Se vuoi andare salutarlo e farlo sentire ancora più in colpa per la sua idiozia, ti accompagno subito. >>

<< Un attimo solo, devo prima ringraziare una persona. >>

<< Già, è vero! Ora che ci penso, come hai fatto ad arrivare dal liceo così velocemente? Sei con qualcuno? >>

<< Mi ha accompagnato un amico. >>

<< Quale amico? Vorrei scusarmi con lui per l'inconveniente. >>

Reo si stropicciò gli occhi e diresse lo sguardo nel punto in cui ricordava di aver percepito per l'ultima volta il calore di Seijuro ancora accanto a sè, ma vi scoprì solo un misero spazio vuoto. Improvvisamente, anche lui si sentì vuoto e solo come non mai, anche se sul suo polso stavano già comparendo i segni che, incontrovertibilmente, qualche ora più tardi, gli avrebbero confermato di non esserlo mai stato, neppure per un secondo, durante quella folle corsa all'ospedale.

<< Mamma, aspettami, vado a cercarlo. >>

 

 

 

 

Seijuro si lasciava scivolare piano, a piccoli scatti, contro il freddo muro del bagno; più il busto precipitava pesantemente verso il pavimento, più le ginocchia si accostavano ad esso, come a volerlo sorreggere, ma senza successo. Un suono sgradevole, quasi lamentoso, accompagnava il fruscìo abrasivo della stoffa sintetica, compressa tra la schiena e le piastrelle smaltate.

 

Cosa ci faccio qui?

 

La domanda sorgeva spontanea, perché Akashi Seijuro, nella vita di tutti i giorni, non scantonava nel primo bagno libero senza motivo, non aveva i crampi allo stomaco per l'ansia, non rischiava di collassare e, soprattutto, non si raggomitolava vergognosamente su se stesso. Eppure, in quel momento, era innegabile che si trovasse bloccato a terra, con il petto costretto, i brividi ed un fortissimo mal di testa a confondergli ulteriormente le idee.

La testa, già... Come aveva fatto a non arrivarci subito? Doveva per forza essere quell'infima vigliacca la responsabile del suo comportamento assurdo. Gli dava sempre un mucchio di problemi, ogni volta per un motivo diverso. Dirottava spesso i pensieri su vecchie conoscenze, ormai prive di valore, e quando trovava campo libero, le difese anche di un minimo malferme, l'attenzione lievemente calata sotto la soglia di sicurezza, si metteva bellamente a giocare con i ricordi, rigirandoli come nodi da sciogliere senza pietà.

 

Una figura piuttosto sottile e fragile sedeva composta davanti al suo specchio ovale preferito, incassato tra oro ed ottone, finemente impreziosito con fiori, volute, girali e farfalle, opera dei più famosi maestri artigiani della capitale. Accanto ad esso, tre pettini di dimensioni diverse, disposti a raggiera su un drappo di seta borgogna.

La luce calda del pomeriggio filtrava attraverso il balcone semiaperto, macchiando a tinte forti il massiccio pavimento di mogano che percorreva l'intera camera da letto ed il corridoio; sulle vesti leggere e sulle tende, fresche di bucato, appena prelevate dal giardino rigoglioso dell'Akashi Mansion, un profumo intenso di sapone e primavera.

 

<< Mammina? >>

Quando il suono più bello del mondo le carezzò le orecchie, leggero come una piuma soffiata dal vento, Shiori si volse adagio verso la porta, accogliendo con un enorme sorriso lo sgambettare impacciato di suo figlio.

<< Mammina, che stai facendo? >>

<< Ciao cucciolo, stavo per spazzolarmi i capelli. >>

Seijuro sgranò gli occhi ed arrossì, perché la mamma era tanto bella, la più bella del mondo. Da grande l'avrebbe sposata, senza dubbio.

<< Posso aiutarti io? >>

Shiori fu quasi sul punto di dirgli di no; un genitore saggio e consapevole, nelle sue stesse condizioni, l'avrebbe fatto sicuramente. Poi, però, si chiese se avesse davvero ancora un senso allontanare l'amore più profondo ed importante della sua vita con la scusa di proteggerlo.

<< Certo, vieni qui. >>

Seijuro si fece coraggio e, con sguardo risoluto, quasi stesse per compiere una missione di vitale importanza, si posizionò alle spalle di Shiori. Lei gli porse il pettine più grande, rigirandoselo più volte fra le dita.

<< Mammina, i tuoi capelli sono morbidissimi! >>

<< Davvero? >>

Non poteva essere vero.

<< Sì, certo, i più morbidissimi di tutti! >>

<< Non si dice “i più morbidissimi”. Solo “più morbidi” o “morbidissimi”. >>

Seijuro s'innervosì e lasciò cadere il pettine. Aveva sbagliato, davanti alla mamma!

<< Scusami! >>

Shiori, ridendo di gusto, lo circondò con un braccio e gli pizzicò delicatamente la nuca. Almeno lei doveva essere accomodante, spensierata ed allegra, per infondere un po' di serenità nel cuore del suo cuore. Fin quando le sarebbe stato concesso...

<< Nessun problema, tutti commettiamo degli errori e tu, amore mio, per fortuna, non fai eccezione. >>

<< Mmh.. é una cosa brutta? >>

<< Non è né brutta né bella, fa parte delle costanti della vita. Un'altra costante che non dovrai mai dimenticare è che la mamma ti adora proprio così come sei, meravigliosamente imperfetto. >>

Seijuro, lievemente confuso da concetti che non poteva ancora comprendere appieno, ma comunque rincuorato, sedette sulle ginocchia della madre e si lasciò coccolare dalle sue carezze lievi, che premiavano e riempivano d'immenso affetto, senza nulla chiedere in cambio.

<< Allora, vuoi finire il lavoro che hai cominciato? >>

<< Sì, subito! >>

Fu proprio durante l'ultimo colpo di pettine che una generosa ciocca di capelli morti, a dispetto di ogni prematuro ottimismo, rimase paurosamente incastrata fra i denti d'argento, come monito futuro per tutte le altre.

<< Mamma, scusa, scusa! Ti ho fatto tanto male? >>

<< No, tesoro, davvero, è tutto a posto. >>

<< Ma i tuoi... >>

<< Shh... è tutto a posto. >>

 

 

<< Bugiarda. >>

Ripensare a certe cose non era da lui, ma per quanto si sforzasse di tenere la mente occupata da altro, veniva irrimediabilmente condizionato dal luogo in cui si trovava. Seijuro, infatti, detestava gli ospedali, i loro colori smorti, la puzza di alcool ed umori corporei, il senso d'oppressione negli androni, i degenti dallo sguardo smarrito, i disperati ed anche i felici, specialmente i felici; il personale a volte stolido, a volte inutilmente stucchevole, i sorrisi di cortesia, le belle parole buttate al vento perché, si sa, non contano mai davvero, le lacrime anch'esse vane, i sorrisi sempre più rari con lo scorrere del tempo o il sopraggiungere dell'infausta sentenza... Per farla breve, tutto il tripudio di umanità trasudato dalla compassione gli appariva quanto mai falso e rivoltante. Ed avrebbe continuato ben volentieri a tenersene alla larga, se il caso non gli avesse messo tra i piedi Reo Mibuchi, con la sua emergenza familiare, con suo padre cardiopatico. Suo padre...

 

Genitori: non puoi sceglierteli prima di nascere e non puoi neanche scegliere chi di loro farti morire davanti agli occhi.

 

<< Akashi, sei qui? >>

 

Dannazione, devo alzarmi!

 

<< Non ti ho più visto e allora... >>

 

Alzati! Alzati! Alzati!

 

<< Ak- .. ehi! Che ci fai a terra?! Non ti senti bene? >>

 

Troppo tardi.

 

<< Tutto a posto, ho avuto solo un piccolo capogiro. >>

<< Aspetta, lascia che ti... >>

<< Non serve! >>

La mano di Seijuro respinse quella tesa di Reo con un colpo secco e diretto. Reo si ritrasse, ferito profondamente nell'orgoglio, ma cercò di mascherare la delusione come meglio potè.

<< Mi spiace, ma sembra proprio che ti abbia fatto venire sin qui per una sciocchezza. >>

<< Davvero? >>

<< Sì, papà si è solo lussato una spalla. Mamma al telefono ha pure cercato di dirmelo, ma la linea disturbata non mi ha fatto capire nulla e sono subito andato in panico, pensando al peggior scenario possibile. >>

Seijuro cambiò subito espressione, il suo viso tornò roseo come sempre e la fronte si rilassò, spogliandosi di tutte le rughe. Reo registrò diligentemente quei particolari, proponendosi di rifletterci con attenzione in un secondo momento, quando sarebbe stato solo a casa, senza distrazioni.

<< É del tutto comprensibile che tu abbia reagito in quel modo. L'importante è che tuo padre stia bene. Certo, fatta eccezione per la spalla. >>

<< Si riprenderà in fretta, è un osso duro. >>

<< Già, immagino. >>

Seijuro decise di provare a tirarsi su, ma siccome non riusciva ancora a percepire la punta dei suoi piedi, il rischio di ritrovarsi nuovamente a terra non era proprio pari a zero; dopo qualche secondo di raccoglimento, valutò che, per assumere una posa più o meno dignitosa, probabilmente avrebbe dovuto puntellarsi con i gomiti sul muro, a mo' di staffa. Quando, finalmente, riuscì a guadagnare qualche livello dal pavimento, fu lieto di non traballare come uno stambecco appena nato. E questo gli fece tornare in mente una scena piuttosto comica che sembrava vecchia di una vita intera*. Doveva proprio smetterla di pensare.

<< Sei sicuro di non volere una mano? Prima tu mi hai aiutato, posso restituirti il favore senza problemi. Lo sai che sono piuttosto forte, anche se la mia sconvolgente eleganza naturale rende difficile crederlo. >>

<< E pensare che, poco fa, ero io ad essere criticato per scarsa modestia! Comunque è vero, l'eleganza è una qualità che decisamente non ti manca. >>

Reo quasi ingoiò la propria lingua. Non credeva che Seijuro gli avrebbe mai detto una cosa del genere, perché somigliava troppo ad un complimento... Lo era, vero?

<< Grazie... credo. >>

Seijuro annuì ed afferrò con due dita il colletto della felpa di Reo, dal lato del livido.

<< Dovresti nasconderlo con più cura, se non vuoi che i tuoi genitori ti facciano domande. >>

<< Chissà, magari è meglio metterlo in mostra. >>

<< Sul serio? Sei arrivato a questo punto? Allora comincio ad avere un quadro piuttosto chiaro della tua situazione. >>

Reo sorrise arrendevolmente, conscio del fatto che il suo formidabile capitano avesse a disposizione tutti i tasselli necessari a ricostruire il puzzle senza che lui gli desse ulteriori imbeccate.

<< Cioè? >>

<< Sospettavo che in famiglia avessi qualche difficoltà a parlare delle tue preferenze, del resto, l'ostilità in questi casi è piuttosto comune, tuttavia non riuscivo a capire perché ti fossi addirittura rimediato una fidanzata fasulla. Adesso che ho scoperto le problematiche del signor Mibuchi, riesco ad immaginare cosa ti sia passato per la testa. >>

<< Ho solo cercato di dargli una speranza. A lui, ed anche alla mamma. Cominciavano a stressare un po' troppo con la faccenda “relazioni ed appuntamenti inesistenti”. >>

<< Ottima strategia. >>

<< Fai sul serio? >> Reo strabuzzò gli occhi, incredulo. Come poteva dirgli “ottima strategia” dopo averlo sbugiardato a quel modo? << ...Ma se appena l'altro giorno mi hai fatto presente, senza mezzi termini, che mi sto solo incasinando di più la vita! >>

<< Sì, e lo confermo, ti sei cacciato in una bella matassa di bugie, ma visto che non hai libertà d'azione, valutando rischi ed eventuali benefici, credo che fingere sia la scelta più sensata. Non puoi spiegare a tuo padre come stiano realmente le cose, ma contemporaneamente non puoi dargli a bere che un ragazzo sano di diciassette anni non abbia ancora il minimo interesse nelle donne. Un rapporto di rappresentaza risolve il problema alla radice e pone fine alle domande. >>

<< Grazie tante! Potevi pensarci prima di farmi sentire un insensibile ed un bugiardo patologico! >>

Seijuro indossò un sorriso affilato; i suoi occhi si fecero improvvisamente molto vividi, ma conservarono l'inquietante vena di ferocia che li aveva sempre contraddistinti.

<< Davvero ti importa così tanto ciò che penso di te? >>

Reo, colto alla sprovvista, decise di appellarsi all'ultimo scampolo di coraggio rimastogli, ma già sapeva di non potervi fare eccessivo affidamento.

<< Certo che m'importa. >>

<< E perché? >>

<< Lo sai. >>

<< Voglio sentirmelo dire da te. >>

<< Cos'è questa adesso, vanità? >>

<< No... >> Seijuro gli si avvicinò con incedere prevaricatorio, chiudendo tutte le sue vie d'uscita, e Reo si ritrovò presto a sbattere col fondoschiena contro uno dei lavandini. << ...Ti sto solo dimostrando che si può avvincere completamente qualcuno anche senza lascargli stupidi marchi sul corpo. Li trovo un po' volgari, a dire il vero. La tua finta fidanzata ha velleità antiquate. >>

Reo cominciò a sudare freddo. Avrebbe voluto invertire le posizioni e schiantarsi senza pietà sul suo presunto “aguzzino” o, in alternativa, lasciarsi circuire come una scolaretta indifesa. Si sentiva combattuto tra entrambi gli estremi ed era un impulso molto strano, potente, forse il più intenso che gli fosse mai capitato di sperimentare. Persino col sesso, non c'era paragone.

<< Peccato che... >> bisbigliò, la voce sottile, ma salda e priva di sbavature. << ...questo “marchio” non me l'abbia lasciato la mia finta fidanzata, ma il mio vero amante. >>

Seijuro sembrò stupirsi sul serio, anche se solo per una frazione di secondo.

<< Amante? Quante sorprese riservi, Reo... >>

<< Visto? Suppongo che nessuno sia soltanto ciò che appare. >>

<< Oh, di questo puoi esserne certo. >>

E senza un'altra parola, l'imperatore invase lo spazio personale di Reo ben oltre il limite consentito dalla comune decenza. Non era molto difficile intuire che la situazione fosse leggermente sfuggita di mano ad entrambi, ma avevano troppi sguardi da scambiarsi per preoccuparsene davvero.

<< Sei-chan... >>

<< Si? >>

<< Non lo so. >>

<< Non lo sai? >>

<< I-in verità, comincio a sentirmi un po' a disag... >>

Ma la frase gli morì fra i denti, soffocata da una mano che andava a premersi proprio sul segno galeotto, alla base del suo collo.

<< Non si può sopportare. É un pugno nell'occhio, rozzo e privo di senso. Macchiare una tela così bianca dovrebbe valere per reato. >>

 

Non sta bene far certe cose con il tuo tutor, Reo-chan... tu sei puro, come la prima neve dell'inverno... “

 

<< Stupidaggini. Questa tela non è più bianca da un pezzo. >>

<< Può darsi, ma ci sono modi più raffinati di imbrattarla. >>

<< Ah sì? E me li mostreresti? >>

Seijuro infierì sull'ematoma con la punta delle dita, percorrendone i contorni violacei senza preoccuparsi di far male. Poi, scivolò delicatamente sotto la felpa, fermandosi a metà strada tra la maglietta e la canottiera.

 

 

<< Reo! Reo, sei lì dentro? >>

 

No, proprio adesso!

 

<< S-sì mamma, sono in bagno. Ho trovato il mio... amico. >>

<< Bene, allora sbrigati ad uscire, non farmi strillare come un'aquila! Papà ha quasi finito. >>

 

Seijuro si allontanò come se niente fosse, sfoderando la sua classica espressione compita ed educata. Reo gli tenne dietro con il respiro affannoso e le palpitazioni. Le gambe gli tremavano pericolosamente e sperava con tutto l'animo che sua madre non lo notasse, altrimenti sarebbe stato piuttosto difficile spiegarle il perché.

 

<< Buonasera signora Mibuchi, il mio nome è Akashi Seijuro, sono il capitano della squadra in cui gioca anche Reo. Mi rincresce davvero che suo marito abbia avuto un incidente, ma sono ugualmente lieto che non gli sia accaduto nulla di grave. >>

Sakura prese a fissare il giovane rampollo con tanto d'occhi. Da quando in qua suo figlio usciva con gente così altolocata? Gli Akashi erano una famiglia potentissima, conosciuta praticamente in tutta la provincia di Tokyo e Kyoto... Forse Reo stava davvero imparando come stare al mondo. Ottimo, ne era orgogliosa.

<< Salve Akashi... sama? É un piacere fare la sua conoscenza! >> cinguettò, entusiasta e quasi civettuola nel suo sbattere le palpebre con eccessiva insistenza.

Ci risiamo! Adesso anche mamma fa la leccapiedi come i ragazzi a scuola.

<< Mamma, non usare questo tono così affettato, è inutile, per non dire imbarazzante! >> la rimproverò Reo, cercando di arginare il suo eccesso di zelo.

<< Oh, non pensavo di essere stata inopportuna, mi scus... voglio dire, scusami Akashi-kun. >>

<< Akashi-kun va più che bene. Akashi-sama non ha nulla a che vedere con me. >> disse Seijuro, senza alcuna intonazione particolare, ma pensando in automatico a suo padre. Sakura si soffermò ad osservarlo per qualche istante, prima di proseguire con i ringraziamenti formali. Aveva un bel portamento, una carnagione deliziosamente chiara e dei lineamenti decisi. Eppure, in quel quadro armonioso c'era qualcosa di stonato, un'increspatura che la donna non riusciva a mettere a fuoco...

<< Ti ringrazio davvero molto per esserti preso cura di Reo. Purtroppo, è stata tutta colpa mia, non ho pensato di verificare che mi avesse sentita al telefono e, così, gli ho fatto prendere un bello spavento, coinvolgendo anche te. In ogni caso, la tua presenza si è rivelata una fortunatissima coincidenza, perché, se si fosse trattato di una faccenda seria, mio figlio avrebbe avuto accanto una persona fidata e questo è estremamente importante. >>

<< Sì, la mamma ha ragione, grazie infinite. Non credo di avertelo ancora detto come si deve. >>

Il sorriso di Reo era così genuino e colmo di tenerezza che Seijuro faticò a non lasciarsene trasportare. Quegli occhi limpidi sapevano di vento e di mare, ma trasmettevano pace, la stessa pace di un'isola scomparsa dalle cartine. Occasionalmente, si popolavano anche di guizzi di vita ed estrema passione, come quando fissavano il canestro per rincorrere la perfetta parabola, o indugiavano attoniti sulla scena di un film particolarmente struggente, o si posavano leggeri, senza disturbare, sul profilo fiero dell'imperatore, pensando di non essere scoperti.

 

<< Beh, Akashi-kun, visto che è già piuttosto tardi, che ne dici di fermarti a cena da noi? Ne saremmo davvero onorati. >> chiese Sakura speranzosa ed, al tempo stesso, preoccupata per le riserve che aveva in dispensa. Poteva davvero imbastire un menù degno del suo ospite? O avrebbe fatto la figura della pezzente?

<< Tardi? Mi scusi, ma... che ore sono? >>

<< Le otto passate, perché? >>

<< Dovevo essere a casa più di un'ora fa. Sono spiacente di non potermi trattenere signora, ma avevo già preso appuntamento con mio padre. >>

 

Preso appuntamento? Quindi i nobili, anche per vedersi in famiglia, fanno convocazioni ufficiali? “ si chiese Sakura, profondamente affascinata da quel mondo patinato di cui riusciva ad avere un assaggio solo sulle riviste di gossip e finanza.

<< Tranquillo, ci rifaremo la prossima volta. Piuttosto, hai bisogno di un passaggio a casa? >>

Dì di sì, per favore, voglio vedere da vicino la famosa villa di Kyoto!

<< No, la ringrazio, il mio autista mi aspetta nel parcheggio. >>

Ovviamente, l'autista...

<< Va bene, allora Reo, accompagna Akashi-kun alla macchina e aspettaci nel cortile anteriore, la nostra è parcheggiata lì. Vado a recuperare tuo padre che sicuramente si sarà imbucato a chiacchierare con gli infermieri. >>

 

Reo tentò di accogliere l'invito della madre con la massima tranquillità, ma gli era rimasta addosso una certa tensione e, onestamente, non sapeva se sarebbe riuscito a rimanere ancora solo con Seijuro senza far danni. Perché, poi, si era venuta a creare quella situazione tanto ambigua? Cos'era realmente successo in una manciata di minuti? Aveva capito bene o aveva frainteso tutto? Possibile che, anche Seijuro...

 

<< Da questa parte. >>

<< S-sì, arrivo. >>

 

 

 

 

L'ascensore che conduceva al piano interrato aveva un volume molto ampio per permettere l'ingresso delle forniture, ma sembrava minuscolo agli occhi dei due ragazzi, incapaci di posizionarsi ad una distanza reciproca che potesse mascherare bene i loro pensieri. Reo si sentiva alquanto frastornato; faticava a liberarsi definitivamente della speranza, ma, al contempo, un meccanismo di autodifesa gli impediva di attribuire significati positivi a ciò che aveva visto e sentito.

Seijuro, invece, non era incline a porsi molte domande circa i propri desideri. Generalmente, se non poteva in alcun modo evitarlo, ne prendeva atto e li accettava così come si presentavano, per non essere costretto a fronteggiarli troppo da vicino. Alle medie, ad esempio, aveva scoperto che trascorrere il tempo con il suo ex capitano, Nijimura Shūzō, gli piaceva davvero molto, forse un po' troppo, e si era, a poco a poco, convinto di nutrire nei suoi riguardi un interesse più profondo rispetto alla semplice amicizia. Sempre in quello stesso periodo, però, erano successe molte cose, Shūzō se n'era andato ed anche Seijuro, in un certo senso. Tutte le sensazioni difficilmente classificabili avevano smesso di comparire a tradimento e la nuova realtà, costruita ad hoc per eradicare qualsiasi turbativa non necessaria, si era sostituita alla precedente senza fare prigionieri e senza conservare particolari lasciti di quella prima esperienza adolescenziale, caduta presto nel dimenticatoio.

L'imperatore, comunque, aveva un ego incompatibile con i silenzi di convenienza e non poteva tollerare di farsi schermo con lo stridio metallico delle pulegge fino alla fine della discesa. Mosse qualche passo verso Reo senza spostarsi di un millimetro, semplicemente aprendo dal nulla una conversazione che gli consentisse di non apparire in difficoltà, perché effettivamente, non lo era.

<< Prima, mi hai chiamato di nuovo Sei-chan. >>

Reo fece spallucce, più per confermarsi sicuro e stabile che per fingersi rilassato.

<< Già, è vero. Questa cosa ti infastidisce? >>

<< Non mi ha mai dato fastidio, altrimenti te l'avrei detto subito. >>

<< D'accordo, però è strano. >>

<< Cosa è strano? >>

<< Che non ti dia fastidio. In fondo, si tratta pur sempre di un nomignolo. >>

<< Pensi di mancarmi di rispetto, chiamandomi in quel modo? >>

Ovviamente no, anzi, Reo si sentiva fin troppo premuroso e pieno di buone intenzioni quando sceglieva deliberatamente di abbandonare ogni sciocca formalità. Era come vezzeggiare a distanza.

<< Tutt'altro. >>

<< Bene, quindi è inutile discuterne. >>

Inutile discuterne, certo. Seijuro passava sempre sopra tutto e tutti con grande agilità. Forse non si era neppure reso conto degli ingranaggi frenetici che aveva messo in moto dentro il compagno, semplicemente con qualche parola di troppo ed una mano peregrina. Reo, comunque, avrebbe fatto di tutto per tenerglieli nascosti, giacché si era convinto di essere la parte più debole, emotivamente parlando, e non porre domande sull'incontro ravvicinato di quella sera gli avrebbe consentito di preservare un briciolo d'orgoglio, anche se in un modo ostinantemente infantile.

<< Adesso che tornerai a casa, riuscirai a vederti con tuo padre? >>

Seijuro alzò lo sguardo sulla volta dell'ascensore e, poi, si perse ad osservare distrattemante sul display i numeri dei piani che scalavano, a poco a poco, verso il -1.

<< Non so... quasi sicuramente si è già rimesso in viaggio. Oggi doveva passare a Kyoto solo per effettuare un'operazione in banca, quindi era già previsto che non si trattenesse molto a casa mia. >>

<< Casa tua? >> chiese Reo, stupito da quella singolare scelta di parole.

<< Sì, mia. La residenza di Kyoto è già intestata a me. In più, vivo da solo per la maggior parte del tempo. >>

<< Che fortuna! Io non penso riuscirò mai a possedere realmente un tetto sopra la testa, occupo una casa in affitto da quando sono nato e, probabilmente, continuerò a farlo anche dopo aver lasciato i miei. Comunque, stare per conto tuo già a quest'età dev'essere fantastico! >>

<< Sì, ma considera che la villa di Kyoto costituisce anche il centro amministrativo della filiale locale, quindi, oltre alle bollette da pagare, devo star dietro a contabilità, bilanci e rapporto-produttività, occuparmi delle spese impreviste e seguire la servitù passo passo, per evitare sprechi inutili di tempo e denaro. Diciamo che vivere da solo è un ottimo banco di prova. >>

<< Accidenti! >>

Reo era riuscito a stento a seguire tutta quella sfilza di impegni che sembravano davvero seccanti e farraginosi; a lui già tornava complicato ritirare all'ufficio postale la pensione della nonna, quando la schiena impediva a quella santa donna di alzarsi dal letto ed andarci da sola. << ...Fai davvero tutte queste cose senza alcun aiuto? >>

<< Certo, è indispensabile che me ne occupi, in quanto futuro responsabile dell'Akashi Group. Se non fossi in grado di gestire simili sciocchezze, sarei indegno del mio titolo. >>

Sciocchezze?!

<< Ma seriamente, tutto questo impegno non ti pesa neanche un po'? >>

<< Assolutamente no. >>

<< Wow, sei proprio un uomo tutto d'un pezzo, Sei-chan! Non barcolli mai. >>

<< In effetti... >> Seijuro era quasi tentato di aggiungere variabili a quell'affermazione, ma la consapevolezza di chi fosse lo rimise presto in riga. << ...sì, è vero. >>

<< Rapido e risoluto*, giusto? Immagino che, con un figlio del genere, anche i tuoi genitori siano fierissimi. >>

<< Mia madre non può più dirmelo e mio padre, se anche fosse entusiasta di me, non lo dimostrerebbe mai. In ogni caso, non cerco l'approvazione di nessuno, al di fuori di me stesso. >>

<< Ma come, tua...? >>

<< Siamo arrivati, parcheggio interrato al blocco D. Da qui proseguo da solo, arrivederci e a domani. >>

<< Va bene, a dom... >>

 

Le porte dell'ascensore si chiusero con un debole scatto metallico, inghiottendo Reo - che doveva risalire di un piano per raggiungere il cortile esterno all'ospedale - e tutti i suoi dubbi.

 

Mia madre non può più dirmelo... Significa forse che...? Sei-chan!

 

 

 

 

Luci spente, tende tirate, silenzio pesante. La casa sembrava meravigliosamente vuota, incolore e tetra come in tutte le sere normali. Per un attimo, Seijuro pensò di averla scampata.

 

<< Hai più di un'ora di ritardo. >>

 

Sussultò nell'ombra, ma riuscì a trattenere il fiato e a non emettere suoni compromettenti. Forse avrebbe dovuto aspettarselo ed entrare più cautamente. Nessun problema comunque; niente che non potesse essere risolto sfruttando un linguaggio lezioso ed argomenti neutrali, già testati in innumerevoli ed inconsistenti occasioni di confronto.

<< Padre... Ero convinto che foste già andato via*. >>

Masaomi cominciò a spingersi verso la porta con un'andatura insopportabilmente lenta. I suoi passi, sporcati da un lieve trascinare, lascito di una brutta caduta da cavallo, risuonavano fra pareti coperte da costosi broccati e scaloni di infiti gradini, fra balconate lugubri ed archi catalani, fra stanze stipate di roba inutile ed armature stupidamente occidentali, per poi farsi largo, alla fine della loro corsa, anche fra le meningi di Seijuro, come pallettoni sparati a bruciapelo da un fucile a canne mozze.

<< Avevamo un appuntamento per le 19 o sbaglio? >>

<< Sì, è vero, ma Hattori avrebbe dovuto avvisarvi del... >>

<< Che cosa ti ho insegnato? >>

<< Mi è successo un impr... >>

<< Rispondi alla domanda, Seijuro! >>

A quel richiamo, l'imperatore si contrasse, rapidamente, in tutto il suo essere, stritolato da una voce d'impareggiabile inflessibilità. Masaomi riusciva sempre ad insinuare una vena di timore nel suo subconscio, sebbene tra loro non si fossero mai verficati rilevanti scontri fisici o verbali - a dirla tutta, Masaomi non aveva sfiorato Seijuro neppure il giorno in cui era venuto al mondo -. La paura, comunque, si radica facilmente anche senza particolari pretesti, trovando spesso terreno fertile in qualche forma d'ignoranza. E siccome Seijuro ignorava pressappoco tutto dell'uomo che, per avverso fato e senza possibilità di recesso, gli era rimasto come unico genitore, non c'era affatto da stupirsi che gradisse la sua compagnia quanto quella di un pugnale conficcato a fondo nel torace.

<< Mi avete insegnato che gli impegni vanno sempre rispettati e che la puntualità non è un optional. >>

<< E poi? >>

<< Che quando sbaglio non devo nascondermi dietro stupide scuse. Non importa il motivo, una mancanza è sempre una mancanza. >>

<< Esatto. Pensavi davvero che farmi telefonare dall'autista fosse la scelta migliore? Non sei ancora così importante da poter scansare i tuoi doveri servendoti di gregari qualunque. Mi aspettavo che dopo anni di educazione e disciplina questi concetti ti fossero entrati fin nelle ossa, invece mi vedo costretto ad appurare che sai solo recitarli a cantilena. >>

Seijuro digrignò i denti e serrò i pugni nelle tasche dei pantaloni. Avrebbe voluto dire così tante cose che la gola gli si strinse, soffocata dall'eccesso di parole ingorgate fra la mente e la laringe. Purtroppo, non poteva far altro che chinare il capo e gettare le armi, perché sapeva che non gli sarebbe convenuto ingaggiare battaglia con un nemico tanto più forte e pieno di risorse.

<< Avete ragione, sono stato irrispettoso. >>

Masaomi ricacciò un commento ferale. Sapeva che suo figlio non era davvero pentito e che, con molta probabilità, lo stava assecondando solo per porre termine a quella conversazione il più rapidamente possibile. In fondo, non poteva dargli tutti i torti. Alcune persone, dopo un lutto comune, si avvicinano e rinsaldano il loro legame, altre, invece, si allontanano definitivamente. Il secondo caso li rispecchiava a pieno: col passar del tempo erano diventati, in sordina e senza particolari drammi, due perfetti sconosciuti, occasionalmente costretti a fingere confidenza ed intimità per il pubblico e le apparenze. Parlare di inezie non avrebbe apportato alcun miglioramento, né, tanto meno, ribadire a voce alta l'ovvia fallacia del loro arido menage familiare.

<< Lascia perdere, ormai non ha più senso continuare questa discussione. Piuttosto, come procedono gli studi? >>

<< Al solito, nessun problema da segnalare. >>

<< E lo sport? La tua nuova squadra è promettente come la vecchia? >>

<< Promettente come la vecchia... >> Seijuro ebbe un attimo di esitazione. Se avesse dovuto attribuire di getto un aggettivo alla Teiko, l'avrebbe senz'altro definita “straordinaria”, molto più che semplicemente promettente. Ma, nel suo stato attuale, la nostalgia non era un sentimento che poteva liberamente far breccia e sconvolgerlo, quindi gli sembrò del tutto lecito liquidare con un semplice mezzo sospiro ogni pensiero di troppo. << ...Il liceo Rakuzan, anche prima del mio arrivo, disponeva di una delle squadre più forti di tutto il Giappone. Ora che ne sono diventato il capitano, punto a rendere le statistiche favorevoli al cento per cento. >>

<< Bene, ovviamente mi aspetto che tu ci riesca. A quando i prossimi tornei? >>

<< Tra meno di un mese si disputeranno gli Inter High. >>

<< Porta a casa un altro trofeo e non deludermi. Ora parliamo d'affari, mi è rimasto poco tempo. >>

 

Padre e figlio si spostarono silenziosamente, come in processione, in uno dei tanti salotti al primo piano. Nel farlo, finalmente accesero delle luci.

Masaomi ragguagliò Seijuro sugli ultimi progressi dell'azienda, informandolo di voler presto aprire una nuova filiale a Kagoshima.

<< Finito il liceo, potresti diventarne direttore generale e, parallelamente, iscriverti all'università. >>

<< Direttore generale? Ma con l'università sarebbe... >>

<< Riuscirai benissimo a lavorare e studiare contemporaneamente, dopotutto, gli Akashi lo hanno sempre fatto per prepararsi al meglio al mondo del lavoro e tu lo stai già sperimentando da qualche anno. >>

<< Sì, ho capito. >>

<< Ora devo ripartire per Tokyo, domattina è in programma una riunione alla sede centrale. >>

<< E quando dormirete? >>

<< In auto, come sempre. >>

 

 

 

 

 

 

<< Reo, che fai ancora in piedi a quest'ora? >>

Gori reggeva con la mano libera dalla fasciatura un bicchiere di latte freddo ed osservava, senza capire, ma con discreta curiosità, i movimenti frenetici di suo figlio in cucina. Era quasi mezzanotte e quello se ne stava lì ad impiastricciare ciotole e ruoti, come fosse la cosa pià normale del mondo...

<< Tranquillo papà, sto preparando una cosa per domani, ma ho praticamente finito. >>

<< Credevo che l'economia domestica la insegnassero solo alle ragazze. >>

<< Oh, ancora questa storia! >> Reo si volse con finta ferocia verso Gori, sguainando un mestolo sporco di impasto al cioccolato. << ...Alcuni degli chef più famosi e pagati al mondo sono maschi! Se ogni tanto anche tu ti sforzassi di dare una mano alla mamma, capiresti quanto possa essere bello cucinare! >>

<< Mh, non fa per me, ma se tu ti diverti tanto... >>

<< Sì, anche se stavolta non è solo per piacere personale. Voglio preparare un presente di ringraziamento. >>

Gori corrugò la fronte, sorpreso ma non abbastanza da interrompere bruscamente quella conversazione. Non ancora, per lo meno.

<< Mi vuoi dire che stai impastando una torta per quel tuo amico figlio di papà che ti ha portato in ospedale?! >>

<< Prima di tutto, sono dei muffin al cioccolato e cannella, niente torta. E poi, non mi sembra giusto che chiami Sei-... Akashi figlio di papà in modo tanto dispregiativo. Mi ha aiutato a venire da te, dopotutto, e solo perché tu non ne combini una giusta! >>

<< Già, hai ragione, oggi ho fatto proprio un bel guaio e ti ho anche spaventato. >> ammise mestamente Gori, col mento appesantito da un sincero senso di colpa. Reo, vedendolo in quello stato, non poté che intenerirsi e sorridergli di sghembo.

<< Fa niente, io e mamma ci manteniamo giovani grazie a te. Piuttosto, come va la spalla? >>

<< Ha vissuto momenti migliori, ma gli antidolorifici sono ancora in circolo. >>

<< Mio padre diventerà dipendente da morfina... >>

<< Sempre meglio che fare il pasticcere per l'aristocrazia... >> rispose l'uomo, pronto di spirito, abbozzando un inchino che annientò, di colpo, ogni residua serietà. << ...E comunque, ai miei tempi, se preparavi un dolce per un compagno di scuola, quello ti prendeva a calci nei gioielli di famiglia. Si fraintendeva con poco, sai? Oggi, invece, siete tutti all'avanguardia, spregiudicati... >>

<< I muffin sono solo muffin e non credo si possano considerare spregiudicati vessilli della lotta alle tradizioni. >>

<< Come parli bene tu! Allora i soldi che spendo per farti studiare servono a qualcosa! >>

<< Non ti illudere, m'impegno solo per andare presto via di casa! >>

<< Adesso dici così, ma fidati, quando dovrai mantenerti da solo, rimpiangerai tutte le comodità della vita da figlio di famiglia! Il piatto caldo ogni giorno, senza dovertelo sudare, le chiacchiere con mamma e papà, la stanza magicamente pulita e sistemata, i libri incolonnati, niente rogne di alcun genere... >>

 

Proprio così, probabilmente quello fortunato sono io. Non credo che Sei-chan debba pulirsi la stanza da solo, ma tutte le altre responsabilità sulle sue spalle saranno ben più sfibranti. E poi... La faccenda della mamma...

 

Reo non riusciva a capacitarsi di aver ignorato per mesi un elemento così importante della vita di Seijuro. Era pur vero che lui non parlava mai di sé, ma questo non costituiva una giustificazione accettabile.

 

<< Papà, se non hai intenzione di aiutarmi, tornatene a letto! Devo finire qui, altrimenti domani avrò l'aspetto di un cadavere. >>

<< Ho capito, ho capito, mi tolgo dai piedi, ma non fare troppo tardi e, mi raccomando, lascia qualcosa anche per me e tua madre. >>

<< I dolci ti fanno male! >>

<< Dai, non essere così meschino, lo vedi che sono ferito? Mi merito un po' di zucchero. >>

<< E va bene, ma ti conservo solo un muffin! >>

<< Me lo farò bastare. >>

 

Reo cercò di concentrarsi subito sul suo lavoro, ma un magone di vecchia conoscenza gli impedì di rimmettersi all'opera con l'entusiasmo sperato. Aveva ancora qualche secondo di tempo per cogliere una buona occasione e, forse, sarebbe stato saggio, data l'imprevedibilità del vivere, non lasciarsela sfuggire.

 

<< Papà, senti... >>

<< Sì? >>

<< Oggi ho proprio temuto che tu... insomma... è stato devastante. Giuro che se ti perdessi sul serio, non saprei cosa fare. Mi manca l'aria solo a pensarci, solo a realizzare che non è per niente scontato scambiarci il buongiorno ogni mattina e la buonanotte ogni sera. Quindi, papà, d'ora in poi mi riprometto di dirti più spesso quanto... quanto ti voglio bene. >>

Gori - che aveva quasi messo piede sul primo scalino, col suo bicchiere ancora mezzo pieno - per poco non rischiò di gettarsi tutto il latte sul pigiama. Era sorpreso e non riusciva a gestire opportunamente l'affettività, a volte molto schietta, di suo figlio, ma sapeva di poter dire solo una cosa che avesse un minimo di valore e che descrivesse, anche se in minima parte, i suoi reali sentimenti.

<< Anche io te ne voglio, Reo. Ma non costringermi a ripetertelo, ché sai come sono fatto! >>

<< Haha... certo, tranquillo! Non è che per me sia tanto divertente poi, te lo assicuro! Comunque... Buonanotte. >>

<< Buonanotte e... a domani. Fidati, te lo promette papà, ci saremo tutti. >>

 

 

 

 



 

 

NOTE:

 

  1. Giallo e Quarto Grado = programmi televisivi di cronaca nera italiani. Sicuramente in Giappone ce ne saranno di analoghi, ma non mi andava di cercarli e, soprattutto, mi sembrava piuttosto comico utilizzare questi due titoli. Certo, la mia ironia spesso fa schifo, quindi potrei benissimo aver toppato anche qui.

  2. E questo gli fece tornare in mente una scena piuttosto comica che sembrava vecchia di una vita intera “ = su su, a che scena mi riferisco? Vediamo chi indovina ^.^

  3. Rapido e risoluto ” = quick and decisive, è il motto di Akashi, rivelato nei trivia.

  4. Ero convinto che foste già andato via “ = Akashi si rivolge al padre utilizzando “ il voi ”, un registro più tipicamente formale. In italiano, questa scelta mi sembrava rendesse meglio l'idea della distanza tra padre e figlio.

     

Salve a tutti!

Questo capitolo è particolarmente lungo, mi rendo conto, ma non potevo tagliare nulla e quindi ho preferito lasciarlo così, piuttosto che spezzettarlo. I prossimi aggiornamenti potrebbero essere più incostanti causa studio, ma conto di mantenermi entro limiti temporali umani.

Ringrazio ufficialmente Wendy97, _Leopardo delle nevi_ e Sakanade che hanno recensito ogni capitolo fino ad oggi, siete davvero gentilissime. Spero di poter leggere presto anche altri commenti, perché fanno sempre piacere, ammettiamolo XD, ma se così non dovesse essere, l'importante è continuare a produrre qualcosa di interessante. Le visualizzazioni son tante ed incoraggianti, quindi mi ritengo già abbastanza motivata ^^

Grazie a tutti i lettori silenziosi.

 

Un abbraccio e alla prossima!

 
   
 
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