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Autore: Nerhs    25/09/2015    1 recensioni
"E' stato solo un angelo che ha sfiorato le mie labbra"
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«Io non volevo deluderti Cal. Cosa posso darti? Sarebbe tutta un'immensa bugia»
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Day 4
 
                                                                                      Musica: Ludovico Einaudi – Ancora
 
Mi svegliai sul soffice materasso del mio vecchio letto, con gli occhi appiccicosi. Mi sollevai di scatto, coprendomi il viso dai raggi di sole che filtravano dalla finestra. Dalla mia trasformazione non sapevo dove andare la notte, o quando volevo sentirmi al sicuro, così tornavo a casa. La mia casa. Dove ogni tanto le voci dei miei genitori mi facevano stare tranquilla. Come a dirmi che nulla era cambiato e che loro c’erano ancora. Purtroppo non era così.
Quando mi avvicinai alla porta, lo sguardo mi cadde sulla cassapanca che tenevo di fianco all’uscita, e sopra di essa era poggiato un vestito bianco candido e un foglietto. Presi il pezzo di carta sul quale era solo scritto “Ashton xx” e null’altro. Sorrisi e strappando un pezzo di nastro adesivo con i denti, attaccai il foglietto addosso al muro. Poi presi in mano il vestito e notai che era molto simile a quello che già indossavo, solo era di un bianco sempre più candido. Mi chiesi se lo aveva mandato per la festa, ma io non avevo accennato a nulla di simile. O forse si era impietosito per gli squarci sulla schiena causati dalle ali. Se fosse stato così, avrei avuto la necessità di cambiare vestito ogni due giorni.
Mi spogliai del vecchio vestito e indossai quello nuovo, che sapeva di fresco.
Arrivai in salotto e i miei genitori erano già usciti per andare a lavoro. Sbuffai ed uscii, mi avrebbe aspettato una lunga giornata.
 
Per non rovinare il nuovo vestito, decisi che quel giorno avrei solo camminato.
Riuscii a rintracciare la casa di Calum e alle 18.30 mi ritrovai di fronte al suo portone. Non sapevo a che ora sarebbe uscito, così rimasi lì fuori fin quando, cinque ore dopo, i suoi amici Michael e quello che scoprii chiamarsi Luke, passarono a prenderlo. Mi alzai velocemente dallo scalino su cui ero seduta e mi nascosi dietro un cespuglio. Calum uscì dal portone, mostrandosi in tutta la sua straordinaria bellezza. Indossava un semplice paio di jeans neri strappati sul ginocchio e una t-shirt grigia con le maniche tirate su. Fortunatamente non mi vide ed entrò in macchina, salutando i suoi amici frettolosamente. Mentre la vettura ancora non partiva, il ragazzo tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans un pacchetto di sigarette e ne accese una.
Mi chiesi come avrei potuto fare per seguire la macchina senza che loro se ne accorgessero. Non potevo andare a piedi o correre, li avrei persi. Non potevo chieder loro un passaggio, Calum se ne sarebbe accorto. Sbuffando, decisi di rovinare il vestito, e quando loro furono a qualche metro da me, richiamai le ali e li seguii.
La casa in questione non era molto grande, ma strabordava di gente. Mi dissi fortunata, lui non se ne sarebbe accorto. Lo persi velocemente di vista, vedendolo scomparire in mezzo alla folla che, sudaticcia, ballava a tempo con la musica rock.
Terribilmente annoiata, iniziai a girovagare per la casa, non sapendo cosa fare. Salii al piano superiore, cercando il mio Assegnato e una volta giunta sul balcone che si estendeva sul ciglio della strada, lo sorpresi a fumare di nuovo.
 
Oh, Calum, morirai di cancro ai polmoni. Pensai. Forse un po’ troppo forte.
 
Come se qualcuno lo avesse richiamato a gran voce, Calum si voltò e mi vide poggiata sullo stipite, intenta a fissarlo. Lo vidi sorpreso e forse anche infastidito, poiché un crampo si fece strada nel mio stomaco. Mi girai, intenta ad andarmene, ma non feci più di dieci passi, perché uno scossone mi costrinse a girarmi. Mi trovai sbattuta in una camera da letto e mi spaventai. Quando mi accorsi che Calum era lì insieme a me, in parte mi tranquillizzai, in parte tremavo dalla punta dei capelli al mignolo del piede.
Feci qualche passo indietro mentre portavo le mani in avanti, come ad intimargli di non farmi del male.
 
«Ora tu mi spieghi chi sei e perché continui a seguirmi» mormorò
«Posso spiegarti» mi aveva scoperta. Ora cosa facevo? Dicevo la verità?
«Oh, sono tutto orecchi» disse senza un minimo di divertimento
«Tu non mi crederai se ti dirò la verità. Sarà difficile, ma devi saperlo. Prometti di credermi, qualsiasi cosa io dirò?» mi avvicinai, sebbene fossi impaurita. Lui annuì confuso e io presi un bel respiro
«Io sono il tuo angelo custode, Calum. Il mio nome è Pich»
 
Lui scoppiò a ridere sguaiatamente mentre nella sua testa pensava “Questa è una pazza!”. Rideva, e nel frattempo si allontanava di me, prendeva distanza e tremava incredulo. Il dolore allo stomaco si rafforzò mentre lui provava un misto tra paura e confusione e solitudine.
Mi piegai su me stessa, il dolore era quasi insopportabile. Mi costrinsi a guardarlo negli occhi e gli presi la mano, che lui, scostò via.
 
«Calum, calmati! Non riesco a respirare se continui così» biascicai
 
Il suo respiro si regolarizzò e la paura, così come la confusione e la solitudine scemarono via pian piano e io tornai a star bene. Mi misi seduta sul letto rifatto, picchiettando accanto a me, per invitarlo a fare lo stesso, ma lui scosse la testa e rimase lì dov’era. Mi accorsi di avere io il coltello dalla parte del manico e così presi coraggio.
 
«Devo spiegarti un po’ di cose. Molte non le capisco neanche io, se devo dirti la verità. So che è bizzarro, ma è così. Io sono un angelo e ti devo custodire. So per certo che c’è qualcuno da cui devi essere protetto e io lo farò. Devi fidarti di me, non voglio farti del male, e non sono pazza, per tua informazione- lo guardai storto e lui arrossì»
«Come faccio a fidarmi di te, me lo spieghi? Arrivi qui e mi dici di essere un angelo, gli angeli non esistono!» urlò
 
Mi alzai dal letto e sbuffando, richiamai le mie ali. Sarebbero state una prova necessaria a fargli credere che non stavo mentendo. Con un soffio spuntarono dietro di me e le osservai, estasiata. Mi girai verso di Calum che mi guardava a bocca aperta. Non se lo aspettava, continuava solo a pensare a quanto fossi fuori di testa. Mosse un passo verso di me e si sporse per toccare le ali, accarezzandole e sentendo la loro delicatezza. Si parò di fronte a me e mi guardò negli occhi.
 
«Gli altri non ti vedono» affermò
«Solo tu puoi farlo» risposi
«Devi spiegarmi» continuò
«Non vedo l’ora» sorrisi
 
  
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