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Autore: NeNe97    25/09/2015    1 recensioni
Shane Water è una ragazza solitaria e con un carattere difficile.
La sua infanzia l'ha segnata nel profondo, costringendola ogni giorno a lottare contro i fantasmi del passato.
Ha una famiglia, quasi, perfetta: una madre e tre fratelli gemelli che farebbero di tutto per lei.
Quando la sua vita sembra ormai essere fatto solo di ricordi dolorosi, Shane dovrà trasferirsi da Los Angeles a Milano. Ed è lì che qualcosa cambierà. Una ragazza sconvolgerà lentamente la sua esistenza, facendole dubitare di aver mai saputo cos'è il vero Amore, prima di averla incontrata.
Riuscirà finalmente a essere felice, a lasciarsi tutto alle spalle?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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-Ragazzi la pronuncia in inglese è importante! Se sbagliate anche solo una sillaba non vi capisce nessuno.- la prof Castillo era ormai esasperata. Sembrava quasi che in questa classe nessuno avesse mai sentito parlare in inglese. Avevano una pronuncia a dir poco penosa. -Josh is going tu go bai bas next dei. - Questa era tipo la decima volta che Sonia, una ragazza del tutto anonima, ripeteva sempre la stessa frase.
Improvvisamente la prof si illuminò come se avesse avuto un'idea.

-Shane, leggi tu per favore- mi disse. Sorrisi soddisfatta, finalmente aveva capito che potevo essere d'insegnamento a questo branco di ragazzini.

-Josh is going to go by bus next day- dissi semplicemente. 

-Perfetto, adesso fate tutto il contrario di quello che ha fatto lei- disse. Ci rimasi malissimo. La classe scoppiò in una leggera risatina, si sentiva soprattutto Julian da dietro con la sua voce  roca e bassa.

-Noi qui studiamo l'inglese dell'Inghilterra, non l'americano-spiegò poi. Alzai le sopracciglia.

-Almeno a me non sembra che abbiano infilato un palo su per il culo quando parlo- risposi sorridendo beffarda. Adesso la classe scoppiò in una fragorosa risata, tranne la prof che mi guardava male. Durante la prima settimana avevo capito quanto fosse divertente farla innervosire. 

-Shane, modera il linguaggio.- mi rimproverò per poi continuare a leggere.

Nonostante lei mi riprendeva sempre più spesso io la stuzzicavo, stavamo instaurando un bel rapporto. Per quanto possa essere fattibile visto che era comunque una mia professoressa. Seguiva molto sia me che i miei fratelli nelle altre materie, visto che era stata incaricata di aiutarci. Infatti, dopo la fine dell'orario scolastico, dovevo rimanere per più di un'ora per recuperare il programma di italiano. E a quanto pare ero io quella che era rimasta più indietro di tutti, visto che nessuno dei miei fratelli sarebbe venuto. Rose sicuramente aveva studiato per conto suo tutto il programma, Julian con la sua aria da bravo ragazzo aveva conquistato la prof di italiano e Cameron  aveva copiato le verifiche da Rose.
Quindi adesso mi toccava rimanere con la Castillo a scuola a fare italiano. Che gioia.
Prima di iniziare andai nel giardino della scuola a fumare una sigaretta. Fumavo molto, forse anche troppo per una ragazza di diciassette anni. A differenza dei miei fratelli, che anche loro fumavano, a me un pacchetto di sigarette durava si e no un giorno. Era un vizio che avevo preso un anno fa circa, da quando la mia vita mi si è rivoltata contro.

-Ti fa male fumare- la prof Castillo spuntò alle mie spalle spaventandomi.

-Lo so- dissi per poi buttare fuori il fumo. Mi guardò con un sopracciglio alzato.

-E allora perché lo fai?- mi chiese. Buttai il mozzicone per terra spengendolo con la punta delle Vans.

-Per non morire di nervosismo- 

Lei annuì impercettibilmente con la testa. -Che ne dici di iniziare. Prima cominciamo prima sarai libera- disse accennando un sorriso.  Feci si con la testa ed entrammo a scuola.
Ci mettemmo in aula insegnanti che era completamente deserta. Lei si prese un caffè dicendo che se no rischiava di addormentarsi.

-Hai mai sentito parlare di Dante?- mi chiese appena tirai fuori i libri di testo. Non mi era mai piaciuta la letteratura, preferivo mille volte la matematica.

-Mi pare che sia quello che ha scritto la Divina Commedia- risposi incerta. Era una prof molto esigente lei. Pretendeva molto da tutti, ma in particolare da me. Chissà perché.

-Bene. Allora possiamo iniziare da qui-

Per quello che mi sembrò un'eternità andai avanti a leggere dei capitoli in un italiano che capii veramente poco. Mi domandavo come avessero fatto i miei fratelli a fare ste cose. Era veramente incomprensibile, non azzeccavo una parola che sia una. Sentivo il mio cervello andare in fumo.

-Possiamo fare una pausa?- chiese dopo un po' facendo la mia migliore faccia da cucciolo. Ma tutto quello che ottenni fu un'espressione impassibile. 

-Abbiamo ancora tante cose da fare. Se solo ti concentrassi un po di più. Andiamo avanti forza- mi rispose con la sua solita severità. Sconfitta mi accasciai sul banco.

-Ho bisogno di una sigaretta...- pigolai. Mi mancava la mia dose di nicotina all'ora. Lei mi guardò sorpresa.

-Ma hai fumato si e no mezz'ora fa!- esclamò. Mi strinsi nelle spalle accennando un sorriso.

-Fumo tanto- dissi solamente. Non avevo alcuna intenzione di rimettermi ancora sui libri adesso.

-Va bene, come vuoi. Basta che poi finiamo questi due capitoli- mi disse seria. Io annuii contenta. Con mia grande sorpresa venne anche lei fuori con me. Ci mettendo sedute su una panchina.

-Come mai sei sempre così nervosa?- mi chiese dopo un po'. Guardai un uccellino posarsi su un sasso. Avrei voluto non risponderle, ma avevo come il sospetto che non mi avrebbe lasciata stare se no.

-Ho troppo tempo per pensare- sentivo il suo sguardo fisso su di me, ma non la guardai. Calò il silenzio.

-Vi siete trasferiti qui in Italia per lavoro di tuo padre?- mi domandò. Avrei voluto riderle in faccia, ma non mi sembrava il caso. Buttai il mozzicone lontano da me e mi accesi un'altra sigaretta. Questi discorsi mi agitavano non poco.

-Per lavoro di mia madre. Mio padre non c'è più- La vidi sgranare gli occhi dalla sorpresa, come ogni persona che lo veniva a sapere.

- Oddio, scusa. Mi dispiace tanto! Non pensavo fosse morto- esclamò. Cosa?! Aveva capito che era morto? Bhe forse per me era come morto, ma in realtà no...
-No, prof, non è morto. Mia madre ci ha avuti quando lei aveva 16 anni e lui 18 per uno sbaglio. Inizialmente lui aveva fatto di tutto per cercare di convincere mia madre ad abortire, ma lei non lo fece. Per i primi anni vivevamo tutti insieme, ma loro due non andavano molto d'accordo. Anzi, litigavano sempre, certe volte alzava anche le mai con mia madre. Poi, fortunatamente, quando avevo più o meno 8 anni se ne andò di casa urlando contro me e i miei fratelli che eravamo il più grande errore che avesse mai fatto, che fosse stato per lui neanche saremmo nati. Quindi, no non è morto, ma lo vorrei tanto- spiegai.

Mi guardai attentamente la punta delle scarpe. Certe volte mi facevo pena da sola, diciamo che non ho avuto una vita propriamente felice. Odiavo nostro padre per tutto il male che aveva fatto a nostra mamma e come trattava i miei fratelli. Sarebbe stato mille volte meglio se fosse scappato prima che nascemmo, avrebbe risparmiato molte sofferenze.
Anche se da un lato ho sempre desiderato avere un papà, anche se non sapevo cosa significava. Certo, la mamma aveva cercato in tutti i modi di compensare alla mancanza di un genitore, ma non era la stessa cosa. Non sopportavo le persone che quando litigavano con un genitore poi si lamentavano dicendo di avere la mamma o il papà peggiori del mondo. Dicevano che avrebbero voluto essere orfani o cose del genere. Erano solo dei superficiali del cazzo. Io avrei pagato oro pur di avere un papà che rompeva i coglioni, come dicono loro.

-Mi dispiace, Shane. Deve essere stato difficile- commentò la prof risvegliandomi dai miei pensieri. Calciai un sasso con la scarpa, buttando il secondo mozzicone.

-Abbastanza- mormorai grattandomi la testa. Lei mi accarezzò un braccio, con aria un po impacciata. Un brivido mi corse giù per la schiena. Le feci un sorriso anche se un po' tirato.
Adesso che ci pensavo non mi era mai risultato così facile parlare di me con un'altra persona.
Forse era perché lei non mi trattava come se fossi una disadattata o faceva finta capirmi.



Alla prossima:)
  
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