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Autore: Maty66    25/09/2015    3 recensioni
Può un'amicizia sopravvivere a tutto il dolore che a volte la vita ci riserva? Al senso di colpa che ti attanaglia per aver lasciato il tuo migliore amico solo nel momento del bisogno? O al dolore di vedere la propria vita travolta da menomazioni fisiche che forse mineranno la tua indipendenza per sempre?
E cosa si nasconde nel luogo in cui Ben si è rifugiato per sfuggire a tutto? Possono le persone che incontrerà sul suo cammino aiutarlo a riprendere in mano la tua vita?
Sequel di "Il paradiso può attendere". E' consigliabile anche se non necessario, leggere la storia precedente.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA CLINICA DELI ORRORI DI MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 14
SEPOLTI
  
 
Semir si tenne allo sportello dell’auto per non essere scaraventato a terra dallo spostamento d’aria.
Per molti secondi il cervello non riuscì a connettere le immagini alla realtà.
La maggior parte dell’edificio era saltato in aria e l’aria si era riempita di fumo mentre i detriti continuavano a cadere qua e là, fra le urla disperate della gente.
“STATE LONTANI” gridavano i vigili del fuoco cercando di fare barriera.
Semir stava ancora  fissando lo spettacolo ammutolito quando sentì la mano di Dieter sulla spalla.
Voltandosi il piccolo turco vide gli occhi disperati dell’uomo e la sua muta domanda.
“E’ uscito Dieter, Ben non è là dentro, non può esser…” si costrinse a dire, mentre la voce si rompeva per l’emozione.
 
Rintracciare chiunque nell’inferno che si era creato era praticamente una cosa impossibile.
Semir, Jenny e Dieter continuavano ad aggirarsi fra la gente, i feriti, la polizia ed i vigili del fuoco, chiamando Ben a gran voce, ma del tutto inutilmente.
Più i minuti passavano più  Semir sentiva la morsa gelida del terrore scendere su di lui.
“E’ rimasto qualcuno dentro?” urlò al vigile che gli passava accanto.
“Non sappiamo… una delle infermiere dice che manca il dottor Stein ed uno dei pazienti” urlò in risposta il vigile, senza neppure fermarsi.
“Uno dei pazienti…”
La frase piombò su Semir come un macigno.
“Non può essere…” pensò fra sé  precipitandosi verso l’edificio.
 
Semir aveva chiamato il numero di Chiara almeno dieci volte, ma la linea era irraggiungibile.
Colto da una frenesia insopportabile si avviò a passo di carica verso l’edificio, ancora in parte in fiamme.
“Dove sta andando???Non può avvicinarsi è pericoloso”
Un vigile del fuoco bloccò Semir con una mossa degna di un giocatore di rugby.
“Non riesco a trovare il mio collega… era uno dei pazienti… non riesco…”
“Capisco, ma ora lei non può avvicinarsi, è troppo pericoloso,  può crollare tutto da un momento all’altro” gli rispose il giovane vigile, mentre lo teneva fermo con mossa ferrea.
“Ha capito quello che le ho detto? Non lo trovo, credo sia rimasto lì dentro!!!”
Semir continuava a dimenarsi cercando di liberarsi.
“Senta, mi dispiace… ma se qualcuno è rimasto  là dentro ci sono poche speranze di trovarlo vivo”
La frase ebbe l’effetto di lasciare Semir come paralizzato.
Il vigile del fuoco lo lasciò andare, guardandolo con compassione.
“Comunque faremo del nostro meglio… lei resti qui non abbiamo bisogno che altri si mettano in pericolo” concluse il vigile.
“No… non può finire tutto così” pensò Semir mentre una lacrima gli scendeva sul viso.
 
Ben ritornò alla coscienza lentamente, come quando ci si riprende da una sbornia.
Mentre i sensi tornavano a funzionare il dolore fisico aumentava sempre più.
Sentiva un peso enorme sul torace, ma quando aprì gli occhi non  vide assolutamente nulla.
Per un terribile attimo pensò di essere diventato cieco, ma quando gli occhi si abituarono all’oscurità capì.
Erano bloccati sotto le macerie dell’edificio.
Cercando di non pensare ad altro, a tentoni cercò di capire cosa lo bloccava e sentì la trave di cemento su di lui.
Era bloccato… una trave gli aveva salvato la vita, almeno per ora, ma gli bloccava qualsiasi movimento.
“Chiara…” chiamò pregando che qualcuno rispondesse.
“Chiara…” chiamò a voce più alta, con il cuore che iniziava a frantumarsi.
“Sì… sono qui” sentì alla fine.
“Co… come stai…” chiese Ben mentre un attacco di tosse lo squassava.
“Insomma… ho il braccio bloccato sotto qualcosa…” rispose con voce debolissima la ragazza.
Doveva essere a qualche metro da lui, ma nell’oscurità Ben non riusciva a distinguere nulla.
“Ci troveranno” provò a consolarla Ben, mentre ricordi orribili si facevano strada nella sua mente.
 
“Lei è Semir?” chiese Ester venendo il poliziotto che si aggirava frenetico fra la gente chiedendo di Ben Jager.
“Sì… sì… sa qualcosa, lo ha visto??” rispose  avvicinandosi.
Ester ebbe in momento di esitazione non erano buone notizie quelle che gli doveva dare.
“L’ultima volta che l’ho visto un assistente del professor Stein lo stava portando nel seminterrato per fare delle analisi… così mi ha detto. Quando è scattato l’allarme ho cercato il signor Jager.. due volte in tutti i piani e ho anche  informato il professore che mancava. Ma lui ha detto che l’assistente probabilmente lo aveva già portato fuori… mi ha imposto di uscire…”
Semir sbiancò.
Lo avevano portato nel seminterrato.
“Ha visto Chiara Beck?” chiese  con voce strozzata.
“Ieri sera sul tardi, era venuta a riprendere il suo cellulare, così mi ha detto…”
Semir cadde seduto sul prato, con un enorme desiderio di mettersi a piangere.
Da lontano vedeva Kim Kruger, arrivata da poco con Hartmut, che cercava di convincere  il capo dei vigili del fuoco a far passare il tecnico e la sua attrezzatura per l’individuazione delle fonti di calore.
“Commissario, capisco che forse uno dei suoi uomini è ancora sotto le macerie, ma non posso farla passare. E’ pericoloso e non posso assumermi la responsabilità” abbaiò  il vigile, un uomo muscoloso e dall’aria decisa.
Ma Kim Kruger non era tipo da farsi intimidire.
“ Comandante, ma noi abbiamo attrezzature migliori ed io ed il mio tecnico siamo disposti ad assumerci tutti i rischi”
In quel momento pur scoraggiato come era Semir apprezzò Kim.
 Il distretto… erano davvero una specie di grande famiglia.
“OK… ma se vi dico di allontanarvi lo fate  senza discutere” acconsentì alla fine il Comandante dei vigili.
 
Ben doveva essersi addormentato per la stanchezza, il freddo e la sete.
Quando si svegliò non era più sotto le macerie della Felsen, ma di nuovo nella bara dove l’aveva rinchiuso Wolf  Mahler.
Aveva impiegato anni di pazienza e terapie per dimenticare quell’incubo e ora, dopo tutte le sofferenze patite in quegli anni, il destino lo aveva rimesso in quella situazione.
Sarebbero morti lì.
Lentamente, con l’aria che si consumava e al buio.
L’ironia della sorte era che ora sentiva le gambe muoversi… ancora a scatti e senza poter controllarle bene, ma erano l’unica parte del suo corpo che  riusciva a  muovere.
Buio… buio e silenzio, rotto solo dal flebile respiro di Chiara accanto a lui.
Sarebbero morti lì, per asfissia.
Il respiro iniziò a farsi frenetico.
Il cuore batteva impazzito.
Stava andando in iperventilazione.
“Ben…”
“BEN” sentì la voce di Chiara accanto a lui.
“Ben…calmati… respira con me… uno, due…”
Ben cercò di fare come le diceva la ragazza.
“Dentro, fuori…” continuò Chiara.
Poco a poco il respiro di Ben si calmò e l’uomo riacquistò lucidità.
“Stai bene?” chiese Chiara.
“E’ solo che…” rispose Ben cercando di spiegare il suo attacco di panico.
“Sì lo so… ho sentito quando raccontavi la storia a Leon” fece Chiara a bassa voce.
Ben rimase in silenzio, con ancora il cuore che gli batteva forte nel petto.
“Semir ti ha trovato allora e ci troverà ora. Ne sono sicura” continuò Chiara con voce calma.
L’aria era pesante.
“Dobbiamo resistere… pensa a qualcosa di bello” mormorò Chiara.
Ben cercò di concentrarsi e pensare a cose piacevoli.
Pensò a sua madre, a quando era piccolo e lo faceva girare vorticosamente tenendolo per le braccia, mentre i colori del giardino di casa danzavano davanti ai suoi occhi.
Pensò a Semir e alle risate che  si facevano quando facevano scherzi orribili ai colleghi o imitavano la Kruger.
Pensò ancora a Semir e all’affetto che provava per lui, molto più fratello che collega.
Pensò ad Aida ed a Lily, alle favole raccontate e alle ninna nanna cantante con loro che si addormentavano fra le sue braccia.
Ad Andrea e all’affetto che gli mostrava ogni volta che cucinava solo le cose che gli piacevano.
Pensò a sua sorella e anche a suo padre.
E alla fine pensò a Chiara e alle sensazioni provate mentre faceva l’amore con lei.
L’aria era troppo pesante, non riusciva a respirare.
Tutto stava diventando nero e scuro.
 
Le ore passavano ed anche le apparecchiature di Hartmut non erano utili.
L’umore di Semir era passato da preoccupato, a frenetico ed ora disperato.
Non sapeva cosa fare, dove cercare in quell’enorme mucchio di macerie che c'era davanti a lui e che probabilmente  si era portato via la vita del suo migliore amico.
Senza che si fossero realmente chiariti fra loro, senza tante cose che dovevano essere ancora dette e fatte.
Dieter e Jenny stavano aiutando i vigili a sgomberare a mano le macerie, cercando anche loro di tenersi occupati e non pensare.
Il cellulare nella sua tasca vibrò.
“Andrea…” riuscì a rispondere con un filo di voce.
“No, ancora niente… sì lo so….”
Semir non riusciva a parlare con la moglie che voleva rincuorarlo.
Nulla poteva rincuorarlo, se non ritrovare Ben vivo.
“Ti chiamo appena ho novità” concluse veloce la telefonata.
L’ispettore si avvicinò ai colleghi e prese anche lui a portare via le grosse pietre che c’erano dappertutto: qualsiasi cosa era meglio che stare fermo immobile ad aspettare.
“Abbiamo trovato un cadavere” urlò qualcuno.
E il cuore di Semir si spezzò.
 
Angolino musicale : ormai proviamo un ‘perfido gusto’ a finire i capitoli così...Queen  ‘These Are The Days Of Our Lives’  (questi sono i giorni della nostra vita)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=oB4K0scMysc

A volte ho la sensazione di essere tornato come ai vecchi tempi, molto tempo fa Quando eravamo ragazzi, quando eravamo giovani Tutto sembrava così perfetto, sai? I giorni erano senza fine, eravamo pazzi, eravamo giovani Il sole splendeva sempre, vivevamo solo per divertirci A volte sembra che dopo, proprio non so, Il resto della mia vita sia stato solo uno spettacolo Quelli erano i giorni della nostra vita Le brutte cose erano così poche...Quei giorni sono tutti finiti ora, ma una cosa è certa Quando ci penso e ti rivedo ti voglio bene  ancora Non si possono mettere indietro le lancette dell'orologio, non si può invertine il corso Non è un peccato? Mi piacerebbe tornare indietro Quando la vita era solo un gioco A volte sembra che dopo, proprio non so, sia meglio sedersi e lasciarsi portare dalla corrente Perché questi sono i giorni della nostra vita Sono scivolati velocemente, via col tempo Questi giorni sono tutti finiti ora, ma alcune cose restano Quando ci penso e trovo che niente è cambiato Quelli erano i giorni della nostra vita, sì Le brutte cose erano così poche...Quei giorni sono tutti finiti ora, ma una cosa è ancora certa Quando ci penso e ti rivedo, ti voglio bene ancora
 
 
 
  
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