Ringraziamenti:
Thilion: Ti ringrazio. Avevo voglia di continuarlo fin da quando ho finito di scrivere il prequel. Ma sai, a volte mi manca il tempo e vorrei averne molto di più per potermi dedicare a questo tipo di hobby. Soprattutto vorrei dedicare molto più tempo ai racconti di questo capolavoro. Spero di non averti delusa con questo nuovo capitolo e di aver acceso un po' la tua curiosità.
Ringrazio anche a chi ha solo letto e non commentato. Mi piacerebbe che
esprimeste i vostri pareri e se magari ho sbagliato qualcosa di farmelo notare
così da rimediare.
Annotazioni: Ogni capitolo è studiato in ogni particolare, per poter
rimanere fedele sempre alla storia, anche se quasi nulla, che il Maestro Tolkien
ha voluto ricordare dopo la fine e la morte di Aragorn. Spero davvero vi
piaccia.
Se sbaglio in qualche traduzione, non esitate a farmelo notare. Ripeto, lo
correggerò subito.
Infine dico che ci saranno dei personaggi inventati da me medesima, che saranno
solo di contorno alla storia principale, mantenendo comunque sempre la mentalità
di quel tempo. Infatti inserirò da questo capitolo, Nuovo personaggio. Non
aspettatevi strani figuri o presunte fidanzate. Cercherò di trovare anche
qualche informazione più dettagliata dell'Harad che mi servirà in seguito. Se
magari volete aiutarmi, potete anche scrivermi. Grazie mille.
Ora vi lascio al racconto.
Il Segreto di Celebrian
by Lotiel
Primo Capitolo: Lend (Viaggio)
24 Ottobre 129 della Quarta Era
Le foglie avevano cominciato da tempo la loro
discesa. L’autunno era ormai inoltrato e le piante cominciavano ad assumere i
tipici colori della stagione. Gli alberi rimanevano spogli o coperti da manti di
foglie brune. Così si presentava anche Eryn Lasgalen, l’antico Bosco Atro.
Dopo l’attacco avuto dagli alleati di Sauron poco dopo la sua caduta, ci fu un
incontro tra i due re elfici rimasti nella Terra di Mezzo. Celeborn e Thranduil
eliminarono gli ultimi rappresentanti dell’alleanza dell’Oscuro Signore,
decidendo infine di cambiare il nome del bosco, anche per rappresentare la
caduta dell’Ombra.
Elrohir riposava sotto uno dei tanti alberi che la foresta offriva. Aveva chiuso
gli occhi mentre stringeva un solo filo d’erba nella mano destra. Giocherellava
con questo, i pensieri che scorrevano lenti nella sua mente. Sul viso c’era
serenità, almeno per quel momento di riposo che si era concesso.
Solo alcuni raggi solari penetravano all’interno della trama fitta di foglie, ma
era comunque un bel posto dove rimanere a riflettere, donava una particolare
atmosfera al tutto. Un’atmosfera che venne turbata ben presto, poiché Elladan si
stava avvicinando. Naturalmente Elrohir, completamente assorto, non si era
nemmeno accorto che il fratello stava allungando una mano verso di lui.
Elrohir fece un profondo sospiro, riconoscendo dal tocco chi potesse essere a
turbare quel ritaglio di giornata che aveva utilizzato per riprendere un po’ di
pace.
-Dobbiamo andare.
Elrohir annuì e si sollevò dalla posizione seduta che aveva preso. Sapeva bene
cosa doveva fare adesso. Guardò Elladan fissò negli occhi, ricercando l’uguale
ostinazione che era nei suoi, sentimento che li avrebbe aiutati a sopravvivere a
quell’ennesima prova.
Si recarono verso la dimora che un tempo fu anche di Legolas e dove ora dimorava
solo Thranduil ed alcuni elfi che attendevano la partenza del loro sovrano per
potersi avviare verso i Porti Grigi.
Attraversarono il percorso a ritroso. Non dissero una parola fin quando non
raggiunsero la sala dove il re elfico li stava attendendo.
Quel reame, come tutti ormai dopo la scomparsa degli anelli elfici, aveva perso
tutta la sua innaturale bellezza, ma conservava ancora l’affascinante
architettura del popolo che lo abitava.
Elrohir ed Elladan chinarono il capo verso colui che stava innanzi a loro. La
figura del re era di grande impatto, soprattutto dei viaggiatori che si
avventuravano per quelle terre. Aveva un viso né giovane e né vecchio,
conservava l’austerità degli secoli passati a governare il fu Bosco Atro.
Capelli biondi e lunghi, occhi che esprimevano saggezza come pochi nella Terra
di Mezzo ormai avevano. Portava una semplice corona che cingeva la fronte e
andava a perdersi nei capelli. Semplici vesti adornavano il corpo del re, per
quanto potessero essere semplici le vesti regali.
Alzarono il capo. Thranduil era alto, come tutti gli elfi che abitavano un tempo
la Terra di Mezzo.
-Avete dunque deciso di partire nuovamente?
Thranduil ruppe il silenzio. Manteneva una compostezza da elfo qual’era. Mani
accomodate davanti al ventre in un abbraccio.
-Sì, la vostra ospitalità è stata, come sempre, cortese, ma dobbiamo continuare.
Sapete il motivo per cui non possiamo rimanere fermi.
Thranduil annuì solamente alle parole dei due mezzelfi, trasse un profondo
respiro. La mano destra si alzò in un movimento lento ed elegante ed infine
rivolse il palmo verso di loro.
- Che i Valar vi proteggano e veglino sui vostri passi.
Disse infine il re, non espresse più nulla e attese infine che i due fratelli
uscissero dalla stanza. Non poteva non dirsi preoccupato, da quando Elrond era
partito aveva notizie dei suoi figli così raramente. Le ere passate non gli
permisero di esprimere ciò che davvero aveva nel cuore. Dopotutto anche sul
figlio era partito per le Terre Immortali, ma non conosceva ciò che davvero
ancora lo tratteneva lì. Forse perché aveva ormai governato per così tanto tempo
che si era affezionato al bosco, cui molte volte aveva rischiato anche la vita a
costo di proteggerlo.
Infine, quando Elrohir ed Elladan uscirono e la porta richiusa, Thranduil poté
rilassarsi sopra lo scranno intarsiato. Guardando fisso davanti a lui, sapeva
che ciò che si proponevano i due fratelli non era facile. Dopotutto gli orchi
erano stati completamente distrutti.
I due fratelli proseguirono lungo il corridoio senza dire una parola. Sapevano
quanto difficile poteva essere, ma dopotutto dovevano tentare.
Gli animali erano tornati a popolare il bosco. Si sentivano gli uccelli cantare,
ogni minimo rumore provocato da piccoli animaletti all’interno dei cespugli.
Riuscivano a percepire tutto questo mentre cercavano di dire addio a quel luogo,
diretti verso sud. Verso le terre di Mordor.
28/29 Ottobre 129 della Quarta Era
Avevano quasi oltrepassato il bosco, solo qualche giorno
era passato da quando avevano lasciato la casa di Thranduil, dopotutto era il
destino a guidarli in quell’impresa che molto probabilmente, nelle migliori
delle ipotesi, avrebbero fallito.
Raggiunsero Amon Lanc sul calare della sera. Si sarebbero fermati e avrebbero
passato lì la notte. Capitale per alcuni anni del regno di Lórien, dove governò
Celeborn, ora ridotta ad una semplice roccaforte abbandonata, poiché ormai
nessuno del popolo elfico abitava lì. Somigliava molto alla foresta e dimora di
Galadriel, ma Celeborn era ormai da tempo andato via, raggiungendo la moglie
nelle Terre Immortali. Il paesaggio aveva perso tutta la bellezza di un tempo,
anche perché i Tre Anelli avevano perso la loro potenza proprio nel momento in
cui l’Unico fu distrutto. Era Nenya che manteneva le piante verdi e rigogliose,
ormai abbandonate a se stesse.
Elladan ed Elrohir osservarono la fu Dol Guldur, ormai a pochi chilometri da
loro. Si vedeva la torre che svettava verso il cielo, ormai abbandonata. Si
vedevano le erosioni del tempo che avevano permesso che alcuni pezzi di questa
cadessero e creare alcuni buchi nell’intera struttura.
Raggiunsero le pendici sul calare della sera. Il luogo abbandonato, strano
vedere anche degli elfi come loro nei paraggi. Ormai la terra era stata lasciata
agli uomini che non si preoccupavano di curare le foreste. Si curavano i
confini, si curavano delle alleanze e di null’altro. Forse era meglio così,
tutto era collegati agli elfi in quelle terre e adesso doveva rimanere tutto
agli uomini, deboli e facilmente ingannabili.
I due gemelli non seguirono la strada per salire lungo i costoni di roccia che
portavano alla fortezza, ma preferirono evitare, rimanendo così ai piedi del
monte dov’era costruita. Non accesero fuochi, si limitarono soltanto a mangiare
qualcosa e a conversare su ciò che l’aspettava.
Poche ore di riposo, queste gli bastarono per poter ricominciare a proseguire.
Non avevano altri che i loro archi e le daghe elfiche assicurate sulla schiena e
poche provviste per raggiungere Gondor, il grande regno degli uomini, il regno
che ora era governato dal figlio di Estel, loro nipote.
Avevano bisogno di informazioni, qualcosa che l’avrebbe aiutati a trovare il
luogo che stavano cercando.
-Elladan.
Elrohir richiamò l’attenzione del fratello, facendolo fermare poco prima di
fuoriuscire dalle ultime file di alberi di Eryn Lasgalen. Aveva sentito un
rumore ed Elladan l’aveva intuito, poiché, anche se cercava di essere
circospetto, questo rumore era fin troppo palese per loro. Si acquattarono
dietro il cespuglio che stavano attraversando. Gli occhi grigi dei due vagavano
alla ricerca della figura, le mani che stringevano l’impugnatura dell’arco.
Improvvisamente il rumore cessò, sicuramente chiunque poteva essere, si era
fermato e non riuscivano a capire bene se era stato solo un animale a provocarlo
oppure qualcos’altro, ma bastò per farli mettere all’erta e di evitare di uscire
allo scoperto. Stava sorgendo l’alba e le luci erano ancora troppo tenui per un
semplice essere umano, ma abbastanza per un elfo cui la vista raggiungeva le
rive dell’Anduin e ne sentiva, in lontananza, il gorgogliare lento.
Elladan posò il dito indice sulle labbra, intimando al fratello al silenzio. In
poco tempo si portarono silenziosamente verso il rumore che ora era sparito.
Respiri calmi i loro, altro respiro che si confondeva con i due. Elrohir riuscì
a percepirlo, anche a molti metri di distanza avrebbe sentito un respiro così
forte. Presero entrambi una freccia dalla faretra e la incoccarono, ma non
tesero la corda ancora.
Elrohir, che era a soli pochi metri di distanza dal fratello, fece cenno ad
Elladan di fermarsi e prepararsi ad attaccare. Ancora pochi secondi e avrebbero
scoperto a chi apparteneva il respiro che avevano sentito.
L’elfo avanzò verso il cespuglio. I passi silenziosi e la freccia pronta a
colpire. Occhi grigi che osservavano di fronte a sé, fermezza ciò che si leggeva
dentro i suoi occhi. Elrohir, da acquattato che era, si alzò all’improvviso e
puntò verso la cosa che avevano individuato pochi minuti prima.
Sgranò gli occhi quando, davanti a sé, si trovò un uomo spaventato e
rannicchiato su se stesso che chiedeva pietà, coprendosi volto e testa con le
proprie mani. Elrohir indicò ad Elladan di avvicinarsi e di abbassare l’arma, ma
non riporla.
-Min Adan1?
Chiese Elladan nella sua lingua. Non voleva farsi capire da colui che gli stava
innanzi. Non si fidava naturalmente, anche se sembrava indifeso e inoffensivo.
Elrohir si limitò solo ad annuire ed infine tornare a guardare l’uomo
rannicchiato. Chino il capo su un lato, i capelli neri scivolarono lungo la
spalla destra, l’impugnatura sempre salda e forte.
-Chi siete?
Lingua corrente, lingua degli uomini.
-N… n… non fatemi del male.
Continuava a coprirsi, la voce roca e bassa, come se non ne avesse nemmeno per
poter parlare ancora. Tremava e questo lo si vedeva.
-Man cerim2?
Chiese nuovamente Elladan verso il fratello. Osservava con attenzione l’uomo; se
solo lo avesse osservato negli occhi avrebbe capito che non c’era nulla di cui
temere e che egli era in buona fede.
L’uomo dal canto suo non capiva cosa il mezzelfo diceva, anche perché quella
lingua sicuramente non l’aveva mai imparata. Sembrò anche un po’ sorpreso di
sentire quella lingua che ormai da tempo, da quando gli elfi avevano abbandonato
la Terra di Mezzo, non era più stata parlata. Anche perché gli uomini non la
conoscevano.
Sgranò gli occhi quando li guardò, sollevando il capo. Non credeva davvero di
aver incontrato sulla propria strada due elfi. Due esseri ormai mitologici. Una
volta l’aveva intravisti di sfuggita, ma gli era sembrata più una visione che un
vero e proprio incontro.
Elrohir lo osservò, continuava a farlo ormai da tempo. Improvvisamente sul viso
comparve un sorriso placido, quelli che si usano per mera cortesia e gli tese la
mano.
- Avo tammo3!
Elrohir fece segno con il capo ad Elladan che ripose prontamente l’arco.
Guardava il fratello mentre si avvicinò all’uomo, confermando ciò che l’altro
mezzelfo aveva annuito, non c’era pericolo nell’uomo, solo profonda paura,
terrore di ciò che i suoi occhi avevano visto.
Elladan porse una mano verso l’uomo. Respiro calmo. Notò che aveva dei segni
sulle braccia proprio nel momento in cui l’uomo sollevò la mano e la stoffa
della camicia ricadde verso il gomito. Tagli e segni evidenti di tortura.
-Taith erin flâd4!
Elladan l’aiutò ad alzarsi e lasciò subito la presa. Si rivolse verso il
fratello adesso. L’uomo ancora li guardava stranito, come se fossero solo
un’allucinazione. Non credeva ancora di trovarsi davvero davanti a loro. Quando
gli rivolgevano la parola, gli sembrava come se fossero avvolti da un’aura
particolare e la voce risultava rassicurante.
-Chi sei e chi ti ha fatto questo?
Disse Elrohir nella lingua degli uomini. L’uomo l’osservò, ripensando a ciò che
gli era capitato. Solo alcuni ricordi che lo fecero rabbrividire nuovamente.
- Sono Gàel, Ambasciatore di Gondor. Coloro che mi hanno fatto questo non sono
più qui.
- Parla, chi è stato?!
- Gli uomini di Harad.
I due mezzelfi rimasero per alcuni istanti turbati. L’unica volta che avevano
visto quegli uomini era stato durante la guerra dell’anello, ma nient’altro.
Sapevano che avevano ripreso le vie commerciali con Gondor.
-Haradrim5.
Forse l’alleanza era stata sciolta; forse alcuni di loro non sopportavano la
sottomissione ai Regni Uniti. Il problema era uno soltanto, bisognava avvertire
qualcuno.
Glossario:
1 “Un Uomo?”
2 “Cosa succede?”
3 “Non colpire!”
4 “Segni sulla pelle”
5 “Popolo di Harad”