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Autore: theuncommonreader    26/09/2015    2 recensioni
|Nuova introduzione | Zeus/Persefone; Ade/Persefone|
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Prima della regina degli Inferi, prima di Persefone, c'è Kore, la giovane incarnazione della primavera. Per un Immortale le stagioni scorrono in un ciclo senza fine, ma l'esistenza della figlia di Demetra ha preso a girare impazzita: la vita ritirata che ha condotto in Trinacria non l'ha preparata ad affrontare se stessa e la sua stirpe, e ora un segreto più grande di lei le grava sulla coscienza: un segreto che, privata della sua confidente, deve tenere per sé; che sua madre è disposta a tutto per scoprire; che suo padre non desidera altro che celare.
A tutti è richiesto un sacrificio - ad alcuni più di altri. Ma la bilancia del Fato non tiene conto di Odio e Amore, solo di Necessità, e quando servirà uno sposo, poco importa che si tratti di chi le ha portato via la sua Leuce e che il suo sia un regno remoto e inaccessibile: il Caso non esiste e Kore è fiduciosa di avere una meta. Scoprirà, però, che quando ci si crede arrivati, spesso bisogna ancora partire.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Demetra, Persefone, Zeus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
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II.

le due volte

in cui lo 

odiò






 

Kore non riesce a confessarlo.

Non a sua madre, che tanto ha fatto per tenerla al sicuro dai maschi e dalle loro voglie; non ad Artemide, non ad Atena, che hanno ripudiato Afrodite e le sue arti, e considerano ogni manifestazione dell’amore un insulto alla loro castità tanto gelosamente custodita.

E' facile ripetersi, sdraiata nel kliné, una mano sul ventre la cui rotondità si fa sempre più ardua da nascondere sotto la veste, che deve dar prova di coraggio, di spirito di iniziativa. Facile, quando le pelli coprono le conseguenze di quanto sul momento, ora perduto e così sbagliato, è parso inevitabile come il cadere della pioggia, il roboare dei fulmini.

Eppure, quando l'occasione è quella giusta, e le ancelle tacciono, e Demetra la stringe al petto generoso coprendola di amorose carezze, le frasi che le escono dalla gola, solo abbozzi strozzati, sono sempre quelle sbagliate.

Quando Artemide si presenta col suo seguito di vergini, invitandola a tornare a correre nell’ebrezza della caccia, o Atena la invita a visitare il palazzo che i suoi supplici hanno eretto per lei di recente nella città col suo stesso nome [1], Kore non ha da offrire che dinieghi e scuse affrettate.

Ad ogni giro sulla volta celeste del carro di Helios, il fardello nel ventre si fa più grande e pesante e quello nel cuore la schiaccia come un macigno. Siede, una mano sulla curva appena accennata, fissando le onde del mare che lambiscono la soffice spiaggia sabbiosa.

L’unica a cui potrebbe affidare il peso di quel segreto dalle ore contate non c’è, inghiottita da chi raramente sputa fuori, delle vittime, persino la buccia. Erebo è un mistero, per Kore come per la maggior parte degli Olimpi, ma v’è poco da dubitare che Leucippe[1], la sua cara Leuce, vi rimarrà: l’oceano di terra si è chiuso sopra di lei come le fauci di una bestia affamata.

La desolazione nella voce di sua madre, quando le ha raccontato del rapimento, riecheggia in Kore come l’eco in un antro vuoto.

Non ha mai incontrato quel fratello di Demetra, quello zio che ha scelto di farsi seppellire tra le ricchezze nel ventre della terra, e ben pochi pensieri gli ha dedicato nel corso della sua esistenza; ora che ha condotto Leuce ben oltre la portata della sua mano, però, l’indifferenza ha preso a trasformarsi in un odio quieto, sopito, ma pronto a morderla.


La pancia è grossa come certi frutti dolci dalla scorza dura, verde cupo, quando la notizia giunge volando sulla scia dei sandali di Hermes. È sola, in quei giorni, lontana da sorelle e compagne. Tanto sola che persino la voce le è diventata superflua; ogni pensiero sembra vivere e morire con la creatura nel ventre, così grande, così scomoda nello spazio angusto.

Celata agli occhi del mondo, è facile chiudere anche le orecchie; ma quando Ecate porta l’annuncio funesto avvolto nella sporta coi doni di sua madre, lo sgomento coglie Kore come la colgono le doglie.

Leuce è un pioppo bianco sulle rive di un fiume infernale; Leuce non è più.

E mentre, accucciata, si contorce per aprirsi e diventare la porta sulla vita per il figlio che porta in grembo, a denti stretti, le dita seppellite nella pelle tenera dell’avambraccio di Ecate, Kore lascia che le spire dell’odio l’avvolgano senza rimpianti, e senza rimpianti tra le lacrime e il sudore invoca l’Invisibile, maledicendo il suo nome.



NOTE:

[1]:  Ho immaginato un palazzo di Atena che sorga nel sito dell'odierno Partenone (a sua volta eretto dopo la distruzione del tempio di Atena Poliàs nel 480 a.C).

[2]: Altro nome di Leuce.

                                                

   
 
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