Prompt: 20. Bacio
Titolo: Ricordi
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa, Olaf
Genere: Fluff, Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 948 parole – 2 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Gente! Ci siete ancora? Spero tanto di sì
^^’ Inutile ripetere quanto io sia un’incostante cronica, ma be’…
ritorno sempre, eh! u.u
Tutto bene dalle mie parti e spero anche dalle vostre :) Questa
volta ho sfornato un capitoletto post-Frozen e incentrato su Elsa,
di una semplicità unica che spero non vi annoierà!
Alla prossima ♥
Snowflakes
Momenti della nostra
vita
09. Ricordi
Il primo ricordo che Elsa aveva di Anna riguardava una culla in
legno
intarsiato, dipinto del giallo del croco e del verde delle sue foglie,
del
rosa dei nastri dei fiocchi appesi e del bianco immacolato delle
lenzuola che avvolgevano il fagottino all’interno.
Graziosa era stato il secondo aggettivo a cui aveva pensato
dopo aver
esclamato ingenuamente: «È così
piccola!», suscitando così le risate divertite
della mamma.
Poi, l’aveva presa in braccio con l’aiuto di Gerda,
terrorizzata dal male che avrebbe potuto arrecarle nello
stringerla
troppo forte o troppo poco. Il tremito delle braccia e il battito
ansioso del cuore si chetarono, quando la sorellina aprì
gli
occhioni azzurri e si dimenò appena per sistemarsi
più comodamente. Anna emise dei versetti deliziati e Elsa
ne
rimase così incantata che si abbassò a posarle un
bacio sulla piccola testolina dai radi ciuffi rossicci.
Il sapore della sua pelle di neonata, così liscia e
morbida,
calda, riempì le sue narici e la sua bocca.
Un altro bel momento che le ispirava il pensiero di Anna aveva il
profumo dei fiori appena raccolti e il luccichio della prima magia
compiuta davanti i suoi occhi. Quel giorno di fresca primavera
stavano
giocando nella camera da letto, poiché mamma e
papà erano impegnati e per questo impossibilitati a
portarle
fuori a divertirsi.
Anna era graziosa nel vestitino color verde pastello e i capelli
acconciati in due codine che le conferivano un’aria buffa e
adorabile, ma aveva messo su un broncio che Elsa stava tentando di
spazzare via come il vento faceva talvolta con i nuvoloni
grigi.
Doveva trovare al più presto un altro gioco per farle
passare la noia.
«Elsa!!» esclamò la sorellina
insoddisfatta, gonfiando le guance.
Elsa rise divertita e allora pensò di mostrarle una magia:
atteggiò le mani come in una preghiera e si
concentrò, aggrottando la fronte. Dopo pochi attimi, le
aprì piano piano in modo da farle ammirare i luccicanti
fiocchetti di neve che vorticavano nello spazio tra di esse che si
allargava sempre di più, sempre di più, fino a
quando il caos non si calmò e ogni fiocco trovò
il proprio posto in uno più grande.
Anna ammutolì dinanzi quello spettacolo, con gli occhi
sgranati dalla sorpresa e dall’entusiasmo e la bocca
socchiusa in una piccola o di ammirazione. Poi saltò sul
fiocco di neve, ma Elsa non riuscì ad assorbire
l’impatto del suo slancio e cadde a terra in una fragorosa
risata.
«Bello! Bello!» gridò Anna, agitandosi
sopra di lei in tanti piccoli saltelli.
Elsa la strinse a sé – era così calda
– e le lasciò un bacio tra i capelli profumati
all’olio di mandorle dell’ultimo bagnetto che aveva
fatto proprio quella mattina.
Poi… Poi passarono le stagioni: la primavera divenne estate e sfiorì nell’autunno,
dormendo per tutto l’inverno come gli orsi che abitavano le
montagne – non ne aveva mai visto un esemplare, ma si
raccontavano tante leggende. Trascorsero anche gli anni tra le
risate,
la gioia e i loro giochi speciali: Anna cresceva e così
anche Elsa, sempre più responsabile, sempre più
attenta…
Tuttavia, accadde l’irreparabile e, così,
l’ultimo bacio che regalò alla sua sorellina fu
gelido come la magia che le piaceva tanto e che le era quasi
costata la
vita, fu profumato – Anna aveva sempre un buonissimo odore
– e fu bagnato dalle lacrime di una colpa che
l’avrebbe logorata per ben tredici, lunghi, anni.
Un brivido percorse la schiena di Elsa al ricordo, mentre il
dolore
piano piano si faceva strada nel suo cuore, trafiggendola come la
puntura di una spina.
Olaf scelse proprio quel momento per irrompere nello studio in cui
si
rinchiudeva per firmare permessi, redigere proclami e mandare
avanti
l’economia del regno.
«È tornata!» esclamò il
pupazzo di neve, saltellando per raggiungerla alla scrivania.
Il suo sorrisone le regalò un respiro di pace e
sollievo.
«È tornata!» ripeté lui con
più energia, accorgendosi della tristezza che velava i suoi
occhi.
«Come fai a saperlo?» Elsa abbozzò un
sorriso tirato.
Olaf ammutolì d’un tratto e la fissò
spaesato.
«È tornata…» rispose in un
sussurro.
E non capì come, ma qualcosa scattò dentro di lei
– o forse volle soltanto credergli: Anna era partita per
accompagnare Kristoff sulle Montagne del Nord a tagliare ghiaccio,
così per tutto il tempo fu la malinconia, alternata
all’allegria di Olaf, a tenerle compagnia.
Si alzò senza aver finito di smaltire le pratiche del
giorno
– pensò che, tanto, domani avrebbe recuperato e
comunque era già distratta da un po’ – e
corse fuori, seguita dal pupazzo di neve.
Attraversò i lunghi corridoi, scese le scale scivolando dal
corrimano – proprio come le aveva insegnato Anna –
e si precipitò fuori nel cortile giusto in tempo per vedere
l’amata sorellina scendere dalla slitta, aiutata da
Kristoff.
Non appena la scorse, Anna si precipitò verso di lei con un
sorriso così enorme da scoprirle i denti e raggiungere
quasi
le orecchie, e con gli occhi illuminati dalla felicità di
rivederla dopo quasi un mese di lontananza – ed Elsa
pensò a quanto fosse graziosa nella sua goffaggine, un
po’ impacciata dal lungo mantello, nel suo affetto sincero
che mai era scemato nel tempo e nel suo gettarsi tra le braccia
aperte
come la prima volta che le aveva mostrato la magia.
Si strinsero con forza, trasmettendosi tanto senza emettere alcun
suono, e Elsa le baciò la guancia arrossata dal freddo.
Fu un contatto gelido per colpa dell’inverno ormai inoltrato
e al tempo stesso caldo, fu profumato di Anna e di renna, di
muschio e
di terra e fu l’ultima, ma non unica, pennellata di quel
quadro di ricordi che lei stressa stava per macchiare di nero,
quando
avrebbe dovuto rimanere così brillante di colori –
di vita – da accecarla ogni volta che si fermava ad
osservarlo.