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Autore: Lost In Donbass    27/09/2015    2 recensioni
Tom è un agente dell'Anticrimine, squattrinato, con poca fortuna nelle relazioni, trasognato e tropo romantico. Bill è un mercenario, tossico, ficcanaso, malizioso e dannatamente sexy.
In una Berlino troppo calda, in mezzo a serial Killer psicotici, poliziotti indolenti, trafficanti poco raccomandabili e coinquilini fuori di testa, sarà mai amore tra i due ragazzi? O finiranno anche loro vittime del giro di sangue che ha avvolto Berlino nella sua morsa?
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
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CAPITOLO DIECI: TU LO SALVERAI

-Ehi Tommuccio, già vai?
La voce di Bill lo fece voltare di scatto, quasi sobbalzando. Si sentiva la testa completamente andata, come se fosse leggerissima, ma allo stesso tempo pesante come il piombo. Qualcosa di dolciastro nella bocca, nelle narici, come se fosse stato a contatto con della droga, cosa che probabilmente era successa.
-Sì, Bill, devo … tornare in centrale.- si torturò il labbro inferiore, i piedi che gli prudevano dalla voglia di correre fuori, nel caldo osceno di Berlino, mentre il suo cuore prudeva disperato dalla voglia di stare con il suo angelo autostoppista. La sua mente era orribilmente divisa a metà.
-Ma no, è maleducazione.- Bill smise di riordinare gli occhi di vetro dei santoni mongoli e andò ad abbracciarlo, sorridendo maliziosamente. – Resta …
-Davvero, non posso.- sussurrò Tom, abbracciandolo goffamente a sua volta, e accarezzandogli delicatamente i capelli corvini, così morbidi e fluenti.
-Allora vieni almeno a dormire da me, stanotte.- ribatté il ragazzo.
-Eh? A dormire? Sì, certo!
Tom si rese conto di averci messo troppo trasporto, ma fu inaspettatamente contento. Primo, perché avrebbe indagato direttamente “sul campo”. Secondo, ma non meno importante, si prospettava una dolce e piccante serata con il suo mezzo fidanzato. Bastava che l’eccitazione non lo ubriacasse.
-Tanto hai visto dove abito, no? Vieni dal tuo Billuccio per le sette e mezza. Ci sarà da divertirsi, cucciolo.
A Tom bastò sentire “dal tuo Billuccio”, per eccitarsi già subito lì. Aveva un modo così languido, così sporco ma allo stesso tempo innocente che avrebbe fatto impazzire chiunque, dal più retto al più perverso degli uomini. Era una forza della Natura, era veramente un angelo caduto dal Paradiso. Un messo di Satana risalito dall’Inferno per trascinarlo nella perdizione.
-Va bene, piccolo. Verrò per quell’ora.
Si baciarono, e questa volta Tom fu decisamente più contento, perché non fu uno sfiorarsi di labbra. Oh no, fu ben di più, sempre nei limiti di una dolcezza imposta dai loro cuori e dalle loro teste, di un romanticismo sconosciuto eppure palpabile. Come fossero i protagonisti ignari di una qualche commedia divina.
Si staccarono solo quando apparve una cliente sulla porta che lanciò loro un’occhiata di rimprovero, e Tom sentì immediatamente le guance andargli a fuoco. Un po’ si vergognava, ok. Anzi, un po’ tanto. Bill semplicemente ridacchiò, lo spinse fuori dal negozio e gli schiacciò l’occhio, chiudendogli la porta alle spalle.
Il rasta si ritrovò dalla frescura del negozio in un forno crematorio, talmente umido che si sarebbe volentieri disciolto come il cemento sotto le sue scarpe sfondate.
Nemmeno il tempo di prendere fiato nella calura, che arrivò puntuale la chiamata di Georg, con voce sconvolta.
-Tom, amico, sbrigati, vai nel primo magazzino della Franz Joseph. C’è stato un altro fottuto omicidio. Noi stiamo arrivando.
-Cosa?! Un altro?!
-Sì. Muoviti, piuttosto. Non so che diavolo tu abbia trovato, dovunque tu sia andato, comunque sbrigati.
Tom mise giù boccheggiando. Ancora. Maledetto Hansi Spiegelmann, sempre che fosse lui, lo aveva fregato sul tempo. Lo stava mettendo alle strette, come se stessero giocando uno con l’altro. E lui era in testa.
Prese il maggiolino e partì sgommando verso la benedetta Franz Joseph. Che gli avesse letto nel pensiero, quel figlio di buona donna? Forse, per il bene del caso e della gente della città avrebbe fatto bene a mettere al corrente Georg e Gustav circa Bill e July. Non gli sembrava giusto escluderli da quella parte fondamentale del giallo; dovevano sapere. Dovevano essere al suo stesso piano d’indagine. Mentre guidava troppo velocemente per le strade sempre trafficate, pensò bene di portarseli a casa nel pomeriggio e mettere loro e i coinquilini a conoscenza di tutta la parte “proibita”. Erano troppo nei casini per avere dei segreti uno con l’altro. E poi erano i suoi migliori amici, cazzo, li avrebbe voluti come testimoni al suo matrimonio con Bill, non poteva … non doveva distrarsi, per esempio. Anche se Bill con un lungo vestito bianco di pizzo e crinoline poteva sembrare particolarmente allettante. Magari anche con un mazzo di rose nere e un lungo velo di seta.
Arrivò sgommando davanti al primo, orrendo, magazzino di metallo, dove c’era già la Scientifica e alcune volanti, tra cui vide sbarcare da Berta i G&G, di cui Gus già con in mano un pacchetto di caramelle gommose. Ne voleva una. Forse era pazzo.
Scambiò un gesto di saluto, e tutti e tre si presentarono di fronte alla quarta vittima. Era una ragazza (di nome Hanna Siepen, 30 anni appena compiuti, cassiera. Un’altra povera innocente vittima della furia di quel pazzo mostruoso), anche lei addormentata con la solita dose di morfina medica, il solito sparo in pieno petto, segni di trascinamento sul terreno, la solita croce sul petto e i segni del kris sulle braccia e sul collo. Ma in più, e Tom lo vide con chiarezza, intorno al corpo della poverina, che pareva già morta da qualche ora, segni sul terreno.
Il ragazzo si chinò per terra e Georg commentò, accucciandoglisi accanto:
-Quanto ci dai che questi sono i segni del trascinamento di Hanna?
-Sicuro. E questi, quanto è vero che odio il pollo alla prugne, sono tracce confuse di passi. Qui la terra è fangosa, rimangono un po’ le tracce, per fortuna.
-Beh, un maledetto errore finalmente è riuscito a compierlo!
Georg si alzò soddisfatto, aiutando alcuni membri della Scientifica a studiare le impronte sicuramente ricavate da stivali da uomo, mentre Tom si concentrava ad osservarle. Eppure gli sembrava troppo strano, paradossale, assurdo quasi che un assassino così preciso, così metodico, così … perfetto, potesse compiere un errore grossolano come quello delle impronte. Cioè, meglio per loro, e poi ci stava anche che uno un piccolo errore potesse farlo, ma non lui. Era troppo per la Polizia, era troppo per tutti. Era il serial killer delle croci, mica uno qualunque.
Le guardò con attenzione, quando Georg riferì
-Sono circa un 45 di taglia. E sembrano lasciate da stivali tipo da equitazione.
Tom annuì distrattamente, continuando a guardarle quasi spaesato, toccandole con reverenza. C’era qualcosa che non quadrava, e lui la vedeva con il “terzo occhio”, senza però poterla mettere veramente a fuoco. Stonavano, quelle impronte di piedi, non erano … e finalmente capì tutto quello che vedeva con il terzo occhio. Beh, era pur sempre il Segugio di Berlino, non l’aveva mica preso per niente quella nomina fruttuosa.
-Ho capito!- urlò, balzando in piedi e facendo tacere tutti immediatamente.
-Che cosa?- chiese Gustav, mollando addirittura le caramelle alla menta, le sue preferite in assoluto.
-Guardate qui.- Tom fece avvicinare i suoi amici, e cominciò ad illustrare – Quando cammini, posi il peso prima sul tallone e poi sulla punta. Eppure qui, è chiaro il peso messo nel tallone ma quasi inesistente quello sulla punta. Che ne deducete?
Tutti si guardarono alzando le spalle incuriositi.
-Che ha il piede molto più piccolo del 45. Non sono le sue scarpe. Le ha messe apposta per sviarci, per farci vedere che lui è molto più in gamba. Non è così idiota da lasciare un indizio simile, è tutto voluto. E quindi ha il piede piccolo, sicuramente non un 45, e non credo nemmeno un 44.
-Minchia, Tom, sei un genio.- soffiò Gustav.
-E ora, ho visto un’altra cosa.- continuò imperterrito il rasta, nel silenzio attento della scena del delitto – Vedete qui?
Si alzò e indicò il movimento chiaro, anche se ora un po’ corrotto, dei passi del serial killer, mischiato con i segni del trascinamento della vittima.
-Cosa notate?- non attese risposta, come al solito – Che le impronte del lato sinistro, quindi queste, sono molto più pesanti rispetto a quelle del lato destro, che vedrete anche che sono molto meno impresse nel fango e sicuramente più corrotte.
-Vuoi dire che … - iniziò Georg, con gli occhi brillanti.
-Sì, agente.- Tom incrociò le braccia al petto – Il nostro assassino zoppica. E anche tanto, a giudicare dalla profondità delle impronte. E qui ce ne rendiamo ancora più conto per il fatto delle scarpe più grosse. Immagino che sia una zoppia piuttosto grave, e aumentata dall’instabilità delle scarpe.
Nel silenzio si levò un breve applauso, molto poco professionale, ma molto meritato dal nuovo scasso Holmes tedesco.
-Ma aspetta un attimo, T.- lo richiamò Gustav, prendendolo per la manica della felpa sformata che sapeva ancora così tanto del profumo dolce di Bill – Il referto di Spiegelmann diceva chiaro e tondo che aveva la gamba destra completamente bruciata. Quindi ragionevolmente zoppica non poco. E allora …
Tom si voltò verso il biondo con occhi penetranti, carico dell’adrenalina da detective che lo assaliva ogni volta che giungeva a qualche soluzione.
-Allora sì, Gus. Abbiamo l’assassino. E vi devo dire un casino di cose.
***
-Thomas Kaulitz, sei un coglione!
L’urlo in perfetta sincronia che si levò qualche ora dopo nel piccolo appartamento del quinto piano del n°3 della Brandenburg Strasse riverberò tra le pareti, saltellò sul frigo, virò sulla tv, e si infranse addosso al rasta, travolgendolo in pieno e facendolo barcollare quanta era la potenza.
Tre ragazzi e due ragazze lo guardavano in cagnesco, dall’alto del divano, gli occhi cattivi che si piantavano addosso al ragazzo seduto sul pavimento come aghi su un puntaspilli.
-Ma che c’hai in quella testa?!- grugnì Gustav, attaccando voracemente il piatto di lasagne che Claudia gli aveva tenuto in caldo, sbrodolandosi di sugo.
-Ti rendi conto delle dimensioni di quello che ci hai appena detto?!- urlò Georg, alzandosi dal divano di scatto – Hai compromesso l’indagine!
-Io non ho compromesso un bel niente.- si difese Tom, ma venne subito interrotto da Raghnild che strillò:
-Ti sei bevuto il cervello?! Sei andato a letto con un tizio paradossale, che con altissime probabilità è implicato nel mistero, con strane amicizie che nascondono segreti inconfessabili, e pensi che non sia niente?!
-Sei un irresponsabile di prima categoria!- le diede man forte Claudia – Avresti potuto morire, idiota che non sei altro. Sembri un bambino!
-Ma Bill … - tentò ancora Tom, facendosi piccino piccino in un angolo.
-Per quanto possa essere un figo che c’è n’è uno, ciò non ti autorizza a scamparti la sgridata!- continuò imperterrita Claudia – E’ una persona pericolosa!
-Avrebbe potuto ucciderti!- drammatizzò Raghnild, tirandogli una forchetta, come faceva ogni volta che si arrabbiava.
-Appunto!- abbaiò Georg – Perché non ci hai avvertito subito?
-Perché sei un dannato romantico eroe pronto ad immolarti per blabla, che diavolo ne so!- inveì Gustav, sputazzando un pezzo di lasagna, e recuperandolo subito dopo.
-Basta, ragazzi, basta. Stiamo calmi.- intervenne Kalle, accendendosi una sigaretta con estrema calma e zittendo quella banda di persone preoccupate.
Tom lo guardò speranzoso, magari lui sarebbe stato meno nevrotico degli altri. Magari lo avrebbe capito. Kalle si sedette mollemente in poltrona, soffiando il fumo dalla sigaretta e scostandosi qualche ciuffo blu dalla fronte.
-Premettendo che Tom è stato veramente un coglione, anche se questo già si sapeva, anche noi non dobbiamo gravargli troppo addosso. Serviamo svegli e attivi, quindi diamoci tutti una calmata, e tu, Tom, alzati dal buco e vieni qui.
Tutti obbedirono, e rivolsero la loro attenzione al ragazzo svedese.
-Hai detto che il muso giallo …
-Non chiamarlo muso giallo, razza di razzista fascista!- lo rimbeccarono subito in coro le ragazze. Gustav stava per ribattere in favore della destra e di Kalle, ma poi il pensiero che per punizione Claudia non gli facesse più le lasagne lo fece tacere.
-E quanto rompete, non c’è, quindi non si offende. La stirpe di Mao ha detto che chiama la tua principessa …
-Si chiama Bill.- corresse meccanicamente Tom.
-E’ uguale, non interrompere. Che lo chiama “Disonore con la pistola”. Quindi, dobbiamo concentrarci accuratamente su questa strana denominazione.
-Beh.- intervenne Georg – Ragionevolmente, dopo che ci hai spiegato tutta la vicenda, mi viene da pensare che lo chiami “disonore” per il fatto che aveva questo legame dei triangoli. Abbiamo il 50% di probabilità sia che fosse lo schiavo, sia che fosse il padrone, ma ragionando, evidentemente se è disonorato era lo schiavo.
-Georg ha ragione.- annuì Raghnild – Se poi July ha fatto tutto quel discorso contorto sull’onore perduto, sulla gente che si nutre dell’onore degli altri eccetera, vuol dire che quasi per forza Bill aveva un “padrone”. Anche se non riesco a capire il tipo di rapporto che avrebbe potuto esserci.
-Magari una cosa come “50 sfumature”.- commentò Claudia, con aria sognante – Che bella storia d’amore …
-E’ vero!- strillò Raghnild, appoggiandosi alla fidanzata con aria ancora più sognante.
-Qualche appunto sulle perversioni del tizio l’ho preso, può sempre venire utile.- annuì Kalle, con aria saputa.
-Uh, sì, è un libro fantastico!- asserì Georg, entusiasta.
-Basta!- urlò Tom – Vogliamo parlare del caso o di quella rumenta di libro?!
-Giusto. Bene, quindi, caro Tom, abbiamo appurato che la tua principessa ha un oscuro passato di perversioni sessuali a suo danno.- continuò Kalle.
-Ma mica sappiamo se era legato a delle perversioni.- disse Gustav.
-Vero, ma tanto queste cose vanno sempre a finire così. Ora dobbiamo capire che c’entra in tutto questo “la pistola”.
-Bill sa sparare. Me l’aveva detto, la prima volta che siamo usciti.- ricordò Tom, pensando con un sospiro al suo angioletto. Cosa mi nascondi, Bill?
-Non basta.- disse Claudia – Deve esserci qualcosa di più profondo, sotto.
-Fratello, non è che il tuo bambolotto è invischiato nel traffico della prostituzione coreana? Magari tu non lo sai, ma di notte va a battere.
-Kalle!!!- urlarono tutti, fulminandolo. Tom gli tirò una sberla. Bill era puro come l’acqua di fonte. O quasi.
-Era una battuta, calmini, era una battuta … manco si può ridere in sta casa … Dicevo, comunque, hai mai fatto ricerche su di lui?
-Ehm, no.- ammise Tom, grattandosi nervosamente una guancia.
-E porcaccia, Tom, meno male che sei il più valente agente dell’Anticrimine!- Georg scosse la testa – Già che tanto siamo tutti qui insieme, tanto vale darci da fare e cercare qualcosa su di lui su Internet.
I sei amici si guardarono, e abbracciarono l’idea di Georg. Si affollarono tutti sul divano, mettendo la piccola Raghnild in mezzo con uno dei suoi fidi “bambini”, tutti lì lì per esplodere dalla curiosità per quel caso assurdo e paranormale. Tom sentì il cuore fargli una capriola nel petto: si stava tutto dispiegando ma ancora più complicando … terribile. E in effetti, cosa aveva Bill che lo aveva indotto a non fare ricerche su di lui come faceva su tutti, anche sulla vecchia vicina di casa? Perché Bill era diverso?
-Spara il cognome, T., e vediamo di scoprire qualcosa su questo affascinante personaggio che ha fatto perdere la testa all’agente più irreprensibile di Berlino.- disse la hacker, pronta a digitare.
Tom aprì la bocca per parlare quando … si rese conto che non lo sapeva. Bill gli aveva solo detto di chiamarsi Bill, basta. Non aveva mai citato cognomi, o altri spunti da cui tirare fuori qualcosa. Era anonimato completo, e ora quasi a Tom venne paura che anche Bill fosse un nome falso. Troppe maschere a Berlino. Troppa pantomima per i suoi gusti. Troppa illusione per quel caldo.
-Io non … non lo so.
-Non sai come si chiama di cognome?- sbottò Gustav.
-No, non me l’ha mai detto e io non ho mai pensato di chiederglielo.
-E beliscimu, Tom, capirei se fosse stata una cosa da una botta e via, ma visto che sembri proprio cotto … dai i numeri?!- esclamò Georg, guardandolo severamente.
Tom arrossì e affondò il viso nella felpa enorme, sperando di scomparire.
-Ma è un casino adesso trovare qualcosa.- grugnirono Kalle e Claudia.
-Nah, tranquilli, vedremo comunque di cavar fuori le notizie.- li rassicurò Raghnild, scostandosi una ciocca corvina dalla fronte. – Intanto, sappiamo che si chiama Bill, sappiamo che vive nella Amburg, che lavora nel negozio “Chincaglierie e Ammennicoli Vari”, e che è tedesco senza ombra di dubbio. Via!
Tutti trattennero il fiato mentre la ragazza pestava sui tasti, concentratissima, con una smorfia teneramente impegnata sul visino pallido.
-Quanti anni ha Bill?
-Ventitré. Come me.
Ancora qualche minuto di silenzio assoluto, mentre gli altri si guardavano speranzosi ed emozionati al tempo stesso, tutti tesi come corde di violino.
-T., credo di aver trovato qualcosa. Mi basta solo sapere questo: che tu abbia notato, Bill ha un tic alla mano?
Tom chiuse gli occhi, e ripensò a tutti i momenti in cui era stato con lui. Lo rivide a fondo, lo studiò, la sua perfezione maledetta, fino a tornare alle sue mani pallide, affusolate, bellissime, con quelle unghie smaltate perfette, quelle dita splendide e … il mignolo. Della mano sinistra. Che impercettibilmente andava continuamente su e giù, come se stesse battendo il ritmo di qualche canzone sconosciuta. Non ci aveva quasi fatto caso, talmente era minimale il tic.
-Sì, Ragh. Al mignolo sinistro. Come se stesse battendo il tasto di un pianoforte.
Gli altri quattro drizzarono le antenne e si strinsero tutti sulla hacker, curiosi, appassionati della vicenda, e la ragazza cominciò a leggere ciò che aveva trovato su internet.
-Allora, con quei pochi dati che mi hai fornito, sono giunta a questo articolo di cronaca nera di otto anni fa. Dice che di fronte a uno dei palazzi della Amburg, quindi dove vive il tuo ragazzo. – Tom evitò di ribattere che non era il suo ragazzo, anche perché non ne era più così sicuro – C’era stato una specie di “attacco” di un gruppo di teppistelli neonazisti.
Tutti si voltarono verso Gustav, che alzò le mani in segno di difesa
-Ehi voi cosa avete da guardare?! Io sono semplicemente di destra, estrema, ok, ma mica sono un nazista! È come se dicessi a voi, maledetti adepti della sinistra, siete tutti come Stalin o come Mao! Che storia è questa?!
L’attenzione ritornò sull’articolo risolutivo.
-Beh, dice che questi bravi figlioli avevano dato fuoco ai cassonetti, e questo ok, avevano borseggiato due anziane signore e ... che avevano picchiato a sangue e violentato quasi fino alla morte un ragazzino di quindici anni che li aveva “offesi”. Ma poi era intervenuto un ragazzo poco più grande, che aveva salvato il ragazzino da morte certa per le botte. Era stata poi chiamata la Polizia, ovviamente, che aveva arrestato i fautori dell’aggressione. Però qui dice che il ragazzo, quello che ha tirato fuori dai guai il piccolo, appena è arrivata la Polizia è scappato.
-E perché? Non era mica in torto, aveva salvato una persona!- intervenne Claudia.
-Quello sì, ma ci credo che è scappato. Quando la Polizia è arrivata e ha trovato la masnada di teppisti, che ha subito arrestato, si è resa conto che i tizi erano tutti feriti. Da un coltellaccio. E da quei bracciali borchiati, come quelli che hai tu, Kalle.
-Quelli che se li sai usare, possono anche ammazzare uno.- soffiò il ragazzo, accendendosi un’altra sigaretta.
-Allora il tipo se l’è data a gambe perché avrebbe potuto essere accusato di eccesso di difesa e di uso improprio di arma da taglio.- dissero Georg e Tom.
-Esatto. Un violento, evidentemente, uno che non si è fatto il minimo scrupolo ad accoltellare i violentatori del ragazzino.- aggiunse Gustav.
-Tutta la testimonianza è stata data da una vecchietta del palazzo dirimpetto che ha visto tutto e che ha chiamato la Polizia. Quindi, la vecchietta è stata a vedere tutta la scena e ha potuto riferire a grandi linee la fisionomia del ragazzo accoltellatore.
-Ma dove la trovi tutta sta roba?!- esclamò sconvolto Georg.
-Dati segreti della Polizia. Non arrestatemi, agenti!- ridacchiò Raghnild, facendo scuotere le testa ai tre agenti dell’Anticrimine.
-Quindi? Com’era il nostro Robin Hood?- insisté Claudia.
-La vecchietta aveva detto che dall’alto sembrava una stanga, alto ma eccessivamente magro. Molto agile. E, soprattutto, indovinate come aveva i capelli?
-Biondo platino e piuttosto lunghi.- rispose senza fiato Tom.
-Bingo, ragazzi. E la vittima si chiamava Bill. Bill Schadenwalt. E aveva i capelli corvini, un faccino da bambola e un corpo da far invidia a una modella. In più, e qui è sempre un dato detto dalla vecchia, che conosceva di vista Bill, ma poi accantonato. E cioè che aveva un tic al mignolo, come se stesse battendo lo stesso tasto del pianoforte.
-Quindi la tua principessa ha avuto un passato non propriamente roseo.- commentò Kalle.
Tom si sentì girare la testa, e ringraziò il Cielo di essere seduto. Quindi il suo angelo aveva vissuto tutte quelle cose orrende; e certamente era implicato negli omicidi, esattamente come quel dannato tizio biondo. Si sentì stringere il cuore al pensiero, ma qualcosa dentro di sé gli disse chiaro e tondo la cosa che più gli servì in quel momento, per superare tutto “Bill ha bisogno di te, Tom. Bill ha bisogno che qualcuno lo salvi una volta per tutte da se stesso e dal suo passato, e quella persona non può altri che essere tu. Forza, Tom. Tu lo salverai”.
 
-Tesoro, vieni qui.
Si alzò da letto, stiracchiandosi, e si diresse quasi di corsa nell’altra stanza, dove lui stava seduto compostamente su una poltrona bucherellata, l’elastico dei boxer ripiegato quel minimo da far vedere un tatuaggio piuttosto piccolo vicino all’inguine, sul fianco, come fossero due triangoli. Ghignava, come al solito, fumando con grazia una sigaretta, i capelli sciolti sulle spalle, le gambe troppo magre accavallate. Era una cosa così erotica, così inquietante, così enigmatica, che gli venne voglia di fargli una fotografia e tenersela sempre sul comodino. Ma la sua macchina fotografica lui non la poteva toccare.
-Cosa c’è?- miagolò, cominciando a levarsi da dosso la vestaglia trasparente, e avvicinandosi ancheggiando come era abituato a fare.
Lui non disse nulla, semplicemente  lo fece sedere al suo posto sulla poltrona e gli si inginocchiò in mezzo alle gambe. Cominciò ad eccitarsi già così, leccandosi il labbro inferiore. Lui gli sistemò la biancheria quel tanto che bastava per lasciargli scoperto l’inguine e prese dal tavolino una stilo da tatuaggi. Ma che diavolo …
-Che fai?- la voce gli tremolò impercettibilmente, quando si rese conto che non l’aveva trascinato lì per del sesso, ma per qualcosa di più spaventoso. Ma cosa? Si passò nervosamente una mano tra i capelli corvini accuratamente sparati in aria.
-Un tatuaggio, tesoro. Stai fermo.
Sentì la stilo penetrargli nella carne e soffocò un urlo. Faceva malissimo. Era una sensazione orrenda, ma elettrizzante. Come tutto quello che faceva con lui, d’altronde: orrendo, ma elettrizzante.
-Ti sto incidendo due triangoli, tesoro. Dicono che siano il simbolo del padrone e del suo schiavetto … come io e te, giusto?
Annuì, mordendosi il labbro per non strillare. A lui non piacevano le urla.
-Ci apparteniamo a vicenda, quando avremo entrambi questo segno sulla pelle. È indelebile, come il nostro amore, no?
Annuì di nuovo, ma questa volta gli brillavano gli occhi. Oh, sì. Lo amava davvero. Anche se non era sicuro che lui lo amasse nel vero senso della parola.
 
 
  
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