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Autore: Odinforce    28/09/2015    1 recensioni
La maledizione che lo aveva afflitto per anni era ormai svanita. Era trascorso più di un anno, ma Ranma sorrideva ancora compiaciuto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda senza subire alcuna trasformazione. Si sentiva felice come non mai, alla pari di un uomo che aveva sconfitto una malattia mortale, libero di assaporare tutte le piccole cose straordinarie che la vita ha da offrire.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio miglior nemico
   
Roma, oggi.
Quella mattina pioveva forte. Il cielo era talmente offuscato da nuvole scure che non sembravano neanche le dieci, ma notte fonda; una pioggia grossa e fragorosa si infrangeva contro la Città Eterna, rendendola più cupa che mai. Ranma, in quella mattinata buia e tetra, sostava seduto sul pavimento della sua camera/palestra con aria sfinita.
Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, dopo quanto era accaduto il giorno prima: la verità su Rose, colei che aveva riscaldato il suo cuore dopo un lungo periodo di gelo, lo aveva sconvolto più di quanto riuscisse ad ammettere. Scoprire che anche lei aveva una capacità speciale significava per il ragazzo rivangare un orribile passato: giorni trascorsi all’insegna del pericolo e di sciagure varie, a causa della maledizione delle Sorgenti o di altri individui fuori dal comune. E anche se Rose non aveva nulla a che fare con quel mondo, Ranma non poteva fare a meno di puntarle il dito contro.
Si era allontanato il più possibile da tutto e da tutti, giurando di non tornare mai più indietro. Si era rifatto una vita diversa, e anche se la nuova casa non era migliore della sua patria, aveva fatto del suo meglio per adeguarsi. Era certo di aver voltato finalmente pagina...
E ora si era innamorato di uno scherzo della natura.
Ma come poteva stare con lei, dopo quello che aveva passato? Dopo essere stato costretto per più di due anni a trasformarsi in una ragazza quasi identica a lei? Un altro pensiero sorse inevitabilmente, arrivando a rodergli le viscere: il fatto di essersi interessato a Rose proprio perché gli ricordava la sua stessa controparte... l’idea orribile di amare se stesso...
Un rumore esterno attirò la sua attenzione, facendolo sobbalzare. Il telefono di casa stava squillando: Ranma fu grato a questo piccolo imprevisto, dato che ormai si stava friggendo il cervello a furia di pensarci. Riprendendo fiato, si alzò dal pavimento e andò a rispondere.
« Pronto » disse meccanicamente.
« Il signor Ranma Saotome? » chiese una voce ignota dall’altra parte.
« Sì, sono io. »
« Buongiorno, sono il dottor Carmeli, viceprimario al reparto di pronto soccorso del Policlinico Umberto I. Perdoni il disturbo, ma ho bisogno di farle alcune domande. »
« Ehm... certo, dica pure. »
« Lei conosce per caso un certo Ryoga Hibiki? »
Ranma ammutolì per la sorpresa.
« Ryoga... Hibiki? » ripeté lentamente.
« Esatto » disse il dottor Carmeli. « Un ragazzo giapponese di circa vent’anni, è ricoverato qui da ieri. Ha fatto il suo nome diverse volte, signor Saotome. Lo conosce, dunque? »
Il ragazzo esitò per qualche istante, prima di rispondere. La tentazione di negare di conoscerlo era molto forte, ma alla fine la respinse.
« Io... sì, lo conosco. »
 
Poco dopo, Ranma era uscito dal suo appartamento per recarsi all’ospedale, su richiesta di quel dottore che lo aveva convocato. Un imprevisto che aveva dell’incredibile, ma in qualche modo riusciva a definirlo provvidenziale: aveva bisogno di distrarsi dal tormento provocatogli da Rose, ed era stato accontentato.
Durante il viaggio in metro che lo avrebbe condotto a destinazione, il ragazzo ripensò dunque a Ryoga e a tutto ciò che lo riguardava. Negli anni della maledizione, quel tipo era stato molte cose per lui: un rivale, un rompiscatole, una palla al piede... ma anche un amico. Vittima anche lui delle Sorgenti Maledette, Ryoga diventava un maialino nero con l’acqua fredda; era dotato di grande forza e talento nelle arti marziali, ma non aveva il minimo senso dell’orientamento... cosa che lo spingeva puntualmente a perdersi nei luoghi più improbabili.
Ryoga aveva sfidato Ranma innumerevoli volte, e per varie ragioni: per regolare conti in sospeso, per provare nuove tecniche, ma anche per amore. Ryoga era stato infatti innamorato di Akane, ma non aveva mai trovato il modo per dichiararsi. Da questa situazione erano sorte un sacco di situazioni spiacevoli, fatte di duelli, incontri e disavventure... una routine per tipi come Ryoga e Ranma, da cui quest’ultimo aveva deciso di fuggire.
Ranma sperava di non rivedere mai più nessuno di loro. Temeva che l’incantesimo creato da Nul si spezzasse di colpo, e la sua vita normale tornasse a diventare l’incubo che era stato durante il periodo della maledizione. Per questo non impazziva dalla gioia al pensiero di rivedere Ryoga; non riusciva a immaginare cosa sarebbe potuto accadere una volta entrato nella stanza in cui era ricoverato... eppure doveva farlo. Doveva sapere. Continuava a credere che ci fossero all’opera forze superiori, che volevano la sua partecipazione in un piano che non riusciva a vedere... non sarebbe stata certo la prima volta, a dire il vero.
Un piano cominciato con Rose...
« Policlinico. Uscita lato destro » annunciò la voce registrata della metro, riportando Ranma alla realtà. Il ragazzo scese dal treno e s’incamminò verso l’ospedale; una volta arrivato a destinazione, chiese subito alla reception del dottor Carmeli, dal quale fu raggiunto dopo pochi minuti. Il dottore era un uomo di mezz’età, senza capelli e con l’aria gentile; salutò Ranma con un inchino e un saluto in perfetto giapponese, lasciando il ragazzo senza parole. Strada facendo, gli raccontò di aver vissuto per molti anni in Giappone, spiegando così il motivo per cui si stava occupando personalmente di Ryoga.
« Lo hanno trovato alcuni operai della stradale vicino alla boscaglia, privo di sensi » spiegò il dottore. « A prima vista sembrava ridotto male, ma quando lo hanno portato qui le nostre analisi non hanno evidenziato alcuna ferita grave. Niente fratture né traumi, solo molte ferite e contusioni che guariranno in breve tempo, oltre a una lieve disidratazione. È come se avesse camminato per giorni fino allo sfinimento... ma anche così ha dimostrato una notevole resistenza. Il fisico di quel ragazzo appare sorprendentemente allenato. »
« Già » fece Ranma in tono piatto, per nulla sorpreso da ciò che diceva il dottore. Quelle versione dei fatti corrispondeva perfettamente alle solite conseguenze subite da Ryoga quando affrontava un lungo viaggio: gli era capitato spesso, infatti, di sparire per giorni dalla città e di riapparire inaspettatamente in uno stato pietoso, a causa della sua abitudine di perdersi tra boschi e montagne.
Ryoga era rimasto sempre lo stesso, dopotutto.
« Quando ha ripreso i sensi » proseguì Carmeli, « hanno cercato di fargli qualche domanda, ma non conosce una parola d’italiano; così sono intervenuto io. Mi ha detto, oltre al suo nome, di essere una specie di giramondo... un’abitudine assai diffusa tra i giovani d’oggi; poi ha fatto con insistenza il suo nome » aggiunse, rivolgendosi a Ranma. « Ha chiesto – per non dire pregato – di sapere se in città vivesse un certo Ranma Saotome. Ho controllato sull’elenco telefonico per accontentarlo, e lei era l’unico a risultare con questo nome. Se dice di conoscerlo, allora direi di aver trovato la persona giusta. »
Ranma si limitò ad annuire. Non aveva altre parole da tirar fuori per l’occasione, tanto era stupito dall’accaduto. Cercava inoltre di non porsi domande inutili, perché le risposte sarebbero arrivate presto: lui e il dottor Carmeli erano appena arrivati nel reparto in cui Ryoga era ricoverato. Il ragazzo attese fuori dalla stanza mentre il medico entrava per controllare la situazione.
« Tutto a posto » confermò Carmeli, uscendo. « Il paziente è sveglio e disposto a vederla... per non dire impaziente. Si accomodi pure, io devo tornare al lavoro. »
« Ok... grazie, dottore » fece Ranma.
Provò un notevole moto d’insicurezza mentre restava sulla soglia. Continuava a chiedersi se fosse il caso di lasciar perdere e tornare a casa, fregandosene della persona che lo attendeva in quella stanza d’ospedale. Possibile che Ryoga Hibiki fosse davvero lì, a Roma? Coincidenza? Oppure c’era dietro qualcosa di più? Continuò a ripeterselo per una manciata di secondi, scosse la testa e abbassò infine la maniglia, forte di un pensiero ben più potente.
Non fuggirò... non fuggirò mai più.
Ranma entrò così nella stanza, concentrandosi quasi subito sull’unico paziente ospitato al suo interno: Ryoga era seduto sul letto accanto alla finestra, da cui si poteva vedere il temporale ancora in atto. Non era cambiato di una virgola dal loro ultimo incontro, a parte l’aspetto: indossava un camice d’ospedale ed era stato medicato in vari punti; la bandana giallo-nera che era solito portare sulla fronte era stata sostituita da una fascia di garza. Non appena riconobbe Ranma lo guardò con un sorriso, così insolito nei suoi confronti da fare quasi paura.   
« Ranma » mormorò Ryoga a voce bassa. « Finalmente, accidenti... finalmente ti ho trovato! »
Ranma riuscì a trattenere il fiume di domande che voleva porgergli, e nel frattempo si sedette accanto a letto, in silenzio.
« Ciao, Ryoga » disse infine. « Ecco, io... stai bene? Come ti senti? »
« Ah, non preoccuparti » rispose in tono leggero. « Ho solo qualche graffio, nulla di grave. Ho la pelle dura, lo sai bene. »
« Già... lo so. »
« E tu come stai? Accidenti, allora è vero... hai detto addio al codino! » commentò, lanciando un’occhiata ai capelli di Ranma. « Bah, stavi meglio prima. »
« Sì, be’, volevo dare un taglio netto al passato » disse Ranma, irritandosi per un attimo.
« Già, è per questo che sei qui, no? » fece Ryoga. « Così lontano da casa... dalla tua famiglia e dagli amici. Sai, quando mi hanno raccontato ciò che avevi fatto non riuscivo a crederci... insomma, sapevo che nei giorni prima che sparissi ti girava male, ma non avrei immaginato che fossi giunto al limite. »
Ryoga tacque e si guardò intorno, come per controllare che non ci fosse nessuno. Si chinò verso Ranma e chiese, a voce un po’ più bassa: « È vero che hai spezzato la maledizione? »
Ranma annuì.
« È stato grazie a uno strano tipo » rispose. « Non ricordo molto, nemmeno il suo nome... ricordo solo che tutt’ad un tratto non mi trasformavo più in ragazza. A quel punto mi sono sentito libero come non mai: per la prima volta ero davvero padrone di me stesso... libero di fare ciò che volevo della mia vita. Così ho preso e me ne sono andato, pronto a ricominciare daccapo. »
Ryoga restò ad ascoltare, di nuovo serio, e alla fine si limitò ad annuire.
« Capisco » disse. « Anzi, ti capisco. Probabilmente avrei fatto anche io la stessa cosa, se fossi stato al tuo posto. Dopotutto, io sono ancora quello che diventa un maialino con una secchiata d’acqua fredda. »
« Allora sei qui per questo? Mi stavi cercando per scoprire come ho spezzato la maledizione? »
« No » rispose Ryoga, sincero. « Ormai ci ho fatto l’abitudine. A dir la verità ti stavo cercando per portarti un messaggio... un messaggio importante. Ho iniziato a viaggiare per il mondo un anno fa, nel tentativo di trovarti. Non era certo la prima volta che lo facevo, se ben ricordi. »
Ranma sgranò gli occhi, incredulo.
« Sul serio? Hai viaggiato per un anno in cerca di me? Sappiamo entrambi che non riesci nemmeno a trovare l’uscita da un parco giochi... come speravi di trovare me in giro per il mondo? »
Ryoga scoppiò a ridere, sorprendendo l’amico ancora di più.
« Hehe... a volte è necessario perdersi per trovare qualcosa » spiegò. « Così ho viaggiato alla cieca, senza alcuna meta da raggiungere; ho percorso mari e monti, fatto il tuo nome in ogni centro abitato che raggiungevo, nella speranza di trovare tracce del tuo passaggio. Tutto questo per un anno intero, finché non sono arrivato qui... stanco morto dopo essermi perso per l’ennesima volta; finché quel dottore non mi ha detto che un Ranma Saotome vive da queste parti. »
Ranma rimase in silenzio, colpito dalla determinazione dimostrata da Ryoga. Aveva percorso un sacco di strada, fino a ridursi in quelle condizioni... solo per trovarlo. Ma perché?
« Sai, sono cambiate molte cose a casa, da quando sei partito » riprese Ryoga, interrompendo il suo tacito desiderio di sapere. « Non ero presente durante quei cambiamenti, ma la mia dolce Akari ha provveduto ad informarmi, durante i nostri contatti. I tuoi genitori sono tornati insieme... Shanpu e sua nonna sono partite chissà dove... Nabiki e Kasumi si sono fidanzate, mi pare. E il vecchio Happosai è morto: era malato di cancro, ma pare che avesse messo la testa a posto negli ultimi tempi... ho sentito dire persino che ha salvato la vita a un po’ di gente. »
Lo stupore di Ranma crebbe a dismisura, soprattutto all’ultima parte. Poi, tuttavia, si accorse che mancava qualcuno alla lista di persone menzionate da Ryoga.
« E... Akane? » domandò.
Ryoga si lasciò sfuggire un sospiro.
« Akane... è partita anche lei, un anno fa. È andata a studiare alle Hawaii, su consiglio del preside Kuno. Non l’ho più vista da allora, ma ogni tanto mi scrive per e-mail... sembra che stia bene. »
Ranma si limitò ad annuire, soddisfatto e nostalgico allo stesso tempo. Ormai era accaduto ciò che temeva fin da quando aveva messo piede in ospedale: stava ripensando a tutto il suo vecchio mondo a causa di Ryoga. Il mondo che si era lasciato faticosamente alle spalle, a cui non desiderava tornare... ma che in fondo aveva ancora a cuore: lo confortava infatti il pensiero che i suoi genitori si fossero ritrovati, e che la famiglia Tendo avesse ripreso a vivere una vita normale.
E Akane... doveva essere felice anche per lei.
« E tu che mi dici, invece? » chiese Ryoga, riportandolo al presente. « Come procede la tua nuova vita? »
« Uhm... non male » fece Ranma, piuttosto vago. « Diciamo che me la cavo. »
Ryoga restò in silenzio per un po’, scrutandolo negli occhi come se volesse leggergli dentro.
« Heh... come pensavo » disse infine con un ghigno. « Quello è lo sguardo di un innamorato, vecchio mio... ormai lo conosco bene! Devo ammetterlo, non mi aspettavo proprio di vederti così, dopo tutti i casini con le ragazze che hai dovuto sopportare. E chi è la fortunata che ora è nel tuo cuore? »
Ranma si ritrovò ad arrossire, carico di vergogna.
« Se te lo dico non ci credi. »
« Vuoi scherzare? Mi trasformo in maialino con l’acqua fredda, e ho visto tante assurdità da riempirci un’enciclopedia... mi ritieni davvero incapace di credere alla tua storia? Avanti, Ranma, dubito seriamente che il casino in cui ti trovi ora superi tutto ciò che abbiamo passato. »
« Cosa ti fa credere che mi trovo in un casino? »
« Nei tuoi occhi vedo anche quello » ammise Ryoga, alzando le spalle. « Ho un talento per queste cose... magari riesco pure ad aiutarti, se mi racconti che succede. »
Ranma sospirò. Un tempo, il ragazzo ferito che aveva di fronte era stato molte cose per lui: un rivale, un rompiscatole, una palla al piede... ma anche un amico. Qualcuno su cui poteva contare nei momenti più inaspettati. Forse la storia si stava ripetendo, pensò... ecco perché, pochi secondi dopo, si sistemò sulla sedia, prese fiato e iniziò a raccontare. Il ragazzo parlò a lungo delle ultime settimane, della comparsa di Rose nella sua vita e di tutto quello che avevano fatto insieme; parlò della sua capacità di imitare tecniche e comportamenti altrui, rendendola di fatto una replica di Ranma al femminile. Parlò per circa mezz’ora, e quando non ebbe più nulla da dire si abbandonò allo schienale della sua sedia. Nel frattempo, fuori aveva smesso di piovere, anche se il cielo era ancora ricoperto di spesse nuvole grigie.
Ryoga lo scrutò a lungo, anche dopo che aveva finito di parlare. Naturalmente era intento ad assimilare la realtà dei fatti che, doveva ammetterlo, superava le sue aspettative. Alla fine, tuttavia, tornò a sorridere.
« Uhm, hai sempre avuto un talento nell’attirare donne molto particolari nella tua vita » commentò. « Questa Rose, poi, vince il primo premio... eppure tieni molto a lei, proprio come nel caso di Akane. Tutto ciò che posso fare è consigliarti di tenertela stretta, e di non voltarle mai le spalle. »
« Non voglio farlo, infatti » ammise Ranma. « Eppure non mi sento in grado di gestire una situazione del genere. Forse non lo sono mai stato, a dir la verità... insomma, quante volte mi sono trovato nei guai ai vecchi tempi e non sapevo come uscirne? Quante volte sono stato vittima impotente di qualche pazzoide desideroso di sfidarmi, di spiriti dell’oltretomba e di altri malefici? E ogni volta doveva intervenire qualcuno per aiutarmi... qualcuno come te, Ryoga... per rimettere a posto le cose e tornare a casa. »
Tacque per un attimo, passandosi una mano tra i capelli con aria afflitta.
« Dopo tutto quello che ho passato... la storia con Rose mi sembra solo un’altra disavventura da aggiungere alla collezione. Non posso risolverla da solo. Cavolo, c’è voluto l’aiuto di uno sconosciuto con il cappuccio per liberarmi dalla maledizione... forse dovrei... argh! »
Mentre parlava, Ryoga era scattato in avanti e lo aveva afferrato bruscamente per la maglietta, costringendolo a guardarlo. Ora il ragazzo ferito aveva uno sguardo serio, prossimo all’infuriato.
« Dì un po’, che diavolo ti è preso? » esclamò Ryoga con rabbia. « Da quando ti sei rammollito fino a questo punto? Hai rinunciato a tutto ciò che avevi – compreso il tuo codino – quando te ne sei andato... cos’è, hai messo da parte persino la tua determinazione? Dov’è finito il Ranma Saotome che conoscevo? Dov’è finito il ragazzo che camminava spensierato tra i muretti? Che sopportava la sua maledizione con dignità e non si faceva mettere sotto da quel vecchio pervertito? Che si impegnava al massimo per imparare nuove tecniche in grado di stendere i nemici? Dov’è finito, allora? »
Ranma non riuscì a rispondere, tanto era sorpreso per la reazione di Ryoga. Quest’ultimo ignorò il suo silenzio, e continuò a scuoterlo.
« Non puoi aver dimenticato tutto questo! » aggiunse. « Non puoi aver dimenticato come sconfiggesti quel cretino di Mousse con i tuoi trucchi, né quando hai imparato l’Uragano del Dragone per riacquistare la tua forza! E non puoi aver dimenticato il giorno in cui mi mettesti al tappeto, nonostante la potenza del mio Colpo del Leone.
« Io non ho dimenticato quel Ranma Saotome. Era il mio rivale, il mio più grande avversario... ma soprattutto, era mio amico. E sono arcisicuro che quel mio amico vincerà questa nuova sfida, se ricorderà ciò che era un tempo. »
E nel giro di un istante, tutto cambiò.
Mio Dio, pensò Ranma, mentre il suo stupore raggiungeva una nuova vetta. Ha ragione!
Ryoga aveva ragione. Un tempo non sarebbe stato così preoccupato per un problema del genere... così impaurito nel cercare di risolverlo. Allora, si disse, era giunto il momento di recuperare la vecchia grinta e darsi da fare... come il Ranma di una volta.
Alzò lentamente una mano e afferrò quella di Ryoga, levandosela di dosso, e nel frattempo tornò a sorridere.
« Hai ragione, amico » dichiarò. « Hai assolutamente ragione. »
Ryoga ammiccò soddisfatto.
« Dunque ora ricordi chi sei? »
« Oh, sì. Sono quello che è caduto in una sorgente maledetta, camminava spensierato sui muretti e faceva il culo a strisce a tutti quelli che osavano sfidarlo... te compreso! »
Ryoga scoppiò a ridere.
« Bene! » disse, sempre più soddisfatto. « Allora credo di essere riuscito nel mio intento. La mia missione è compiuta. »
« Cosa? » fece Ranma, incerto. « Che vuoi dire? »
« Ero venuto a cercarti per questo » spiegò Ryoga. « Non ho attraversato mari e monti per riportarti a casa, Ranma... ma per accertarmi che tu non fossi cambiato in modo troppo negativo. Akane, i tuoi genitori, i Tendo... ovunque tu fossi sparito, non volevano che li dimenticassi; così sono partito per esaudire questo desiderio.
« Dovevo portarti questo messaggio, ovunque tu fossi finito: non dimenticarti di noi. »
Ranma rimase senza parole ancora una volta.
« Dici sul serio? » disse poco dopo. « Hai fatto tutta questa strada per questo? Per farmi ricordare ciò che mi sono lasciato alle spalle? Ma... perché? »
« Perché sono tuo amico » mormorò. « Nonostante tutto, lo sono sempre stato. E se per aiutarti mi vedo costretto a girare per il mondo... è un prezzo che sono disposto a pagare. »
Ranma sospirò. Ormai conosceva Ryoga fin troppo bene... aveva un modo personale di ragionare, e per far ragionare gli altri. Non era il massimo dei modi, ma doveva ammettere la sua efficacia; perciò non aggiunse altro a riguardo.
« Allora? » chiese Ryoga. « Cosa intendi fare adesso con la tua Rose? »
« Sistemerò le cose » rispose Ranma. « E intendo farlo subito. In effetti, credo di averci riflettuto fin troppo a lungo. »
« Ottimo. Buona fortuna, allora. »
Ranma si alzò dalla sedia, pronto ad andare.
« E tu, invece? Che cosa farai adesso? » chiese.
« Oh, credo proprio che tornerò a casa » rispose Ryoga. « È passato molto tempo, ormai... Akari mi sta aspettando. Stiamo ancora insieme, sai? »
« Bene, ma... come pensi di tornare in Giappone? Considerando il tuo pessimo senso dell’orientamento, sai... »
« Non preoccuparti. Non appena sarò guarito completamente chiamerò Akari perché venga a prendermi. Eravamo rimasti d’accordo così, quando mi sono messo in viaggio per trovarti. Tra pochi giorni sarò di nuovo a casa, vedrai... senza nuovi casini né variazioni di rotta. »
Ranma annuì, e si voltò per andarsene.
« Ehi, Ranma! »
Il ragazzo si voltò. Ryoga continuava a sorridergli, mostrando nel frattempo un pollice levato verso l’alto.
« Non dimenticare mai chi sei » disse, « né chi sei stato. E non dimenticarti di noi. »
Ranma gli restituì il sorriso e il pollice alzato.
« Grazie di tutto... amico. »
E uscì dalla stanza, soddisfatto e nostalgico allo stesso tempo.
Con le sue parole, Ryoga aveva fatto la magia. Ranma aveva riacquistato la forza e la determinazione necessarie per fare ciò che doveva. Era bastato ripensare a tutto il suo vecchio mondo, grazie all’irruzione del suo eterno rivale: il mondo che si era lasciato faticosamente alle spalle, ma che non doveva dimenticare. Dopotutto, quando si è confusi e incerti sulla strada futura da percorrere, a volte può bastare guardarsi indietro e osservare la strada già percorsa.
Ranma aveva rinunciato a tutto per intraprendere una nuova strada, ma non poteva cancellare quella che si era lasciato alle spalle come se nulla fosse. Ora più che mai aveva bisogno di ricordare il passato... per avere la forza per raccontarlo a Rose.
Lei doveva conoscere il vero Ranma Saotome.
   
 
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