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Autore: Anita_Anita    28/09/2015    1 recensioni
Dopo la morte della nonna materna, la vita di Clare non è più la stessa.
Adolescente inquieta e introversa, si blinda in un guscio di lacrime e silenzi, sbalzi d'umore repentini e una negatività distruttiva che minaccia di trascinarla lentamente e disperatamente nell'oblio.
Ma Clare non sa di non essere sola. C'è qualcuno, una presenza invisibile ma sempre vicina, che non ha smesso di vegliare su di lei e che desidera restituirle la felicità perduta.
Proprio sua nonna infatti, affiancata dalla complicità dell'arcangelo Gabriele, tenterà in tutti i modi di sfidare le leggi del Paradiso per intervenire nella fragile esistenza della nipote e rimettere le cose a posto. E quando comprenderà che l'unico miracolo che potrebbe salvarla è l'Amore, si farà in quattro per trovarle il Principe Azzurro dei suoi sogni più romantici.
Ma sarà poi così giusto manovrare le redini del destino della ragazza?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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05. Attimi





Mia sorella è rimasta sdraiata al mio fianco fino a che non mi sono tranquillizzata e il respiro non si è fatto di nuovo regolare. Mamma ci ha portato della Coca insieme a delle deliziose focaccine alle noci che abbiamo divorato come se digiunassimo da giorni.

— Va meglio? — domanda mia sorella masticando un boccone.

— Sì. — Devo avere le guance accalorate per via del sangue che è tornato a irrorarmi le vene. Mi sento avvampare. — Grazie per quello che hai fatto poco fa. Non deve essere facile per te. — Mi correggo subito. — Per voi.

I suoi occhi si rabbuiano, ma solo un po’. — Non mi è mai piaciuto vederti soffrire, sorellina, nemmeno quando pensavo che lo facessi di proposito. Che fosse un modo di aggirare gli ostacoli, insomma. Voglio che tu stia bene, che torni a vivere come quando l’unica preoccupazione era il mal di pancia per le troppe risate o i mostri nell’armadio.

Mi sorprende il fatto che abbia dubitato di me come papà, ma non gliene faccio una colpa. Ha parlato al passato, perciò è stato un pensiero che l’ha solo sfiorata.

— Sì, era bello — ammetto fissando le bollicine che gorgogliano in superficie, nel mio bicchiere. — Ma siamo cresciute adesso, non trovi?

— Nah…. C’è sempre tempo per quelle cose. — Mi dà una spallata leggera e mi strizza un occhio. — A proposito, — dice poi — com’è stato rivedere Sarah?

Faccio spallucce. — Come mi aspettavo.

Assume la posa da comare pettegola che ha appena fiutato una notizia succulenta da spifferare ai quattro venti. — Non tenermi sulle spine e vuota il sacco — asserisce trepidante.

Le racconto ogni dettaglio del pomeriggio trascorso a casa dei Lee. Di come fosse tutto perfetto e impeccabilmente lucidato, di come persino il tè contenesse tracce d’oro zecchino, di come l'immodestia di Sarah non si fosse placata neppure di un milligrammo o di come il suo egocentrismo avesse raggiunto livelli esorbitanti. Quindi di come fosse stata una perdita di tempo. Ometto soltanto il dolce spiffero di pensiero rivolto a William. Per il momento voglio che resti segreto, anche perché non hai poi così importanza.

Mia sorella si fa una risata. — Però, proprio un bel tentativo da parte sua. Le concederai altre occasioni?

— Piuttosto mi impicco — affermo risoluta. Mi rendo conto del peso che possono avere le mie parole in un momento delicato come questo solo un istante dopo. — In senso metaforico, ovvio.

Il sorriso sul viso di mia sorella si fa più malinconico, ma conserva sempre tutta la sua gentilezza. — So che non faresti mai una cosa del genere. — Appoggia una mano sul mio petto. — Proprio qui, in fondo al tuo cuore, tu vuoi vincere questa battaglia. Lo sento. — Mi salgono le lacrime agli occhi, le ricaccio indietro. — Potrai sempre contare su di me, sorellina — aggiunge poi. — Io non ti lascio.

 

A pranzo, c’è il gelo più assoluto. Nessuno osa pronunciare una parola e l’unico rumore è il raschiare delle forchettate nei piatti.

Poi mamma scioglie la tensione e mi avvisa che nel pomeriggio andremo a trovare una sua amica. Sebbene non abbia molta voglia di spostarmi, intuisco che non mi sarà concesso potere decisionale e che mi toccherà assecondarla, che lo voglia o no.

Anche una volta in macchina continua a pedinarci il silenzio. Mamma è persa nei suoi pensieri, una ruga profonda le arriccia la fronte e le labbra sono strette in una linea sottile.

Prendo coraggio e chiedo: — Chi è questa amica?

— Una vecchia conoscenza — risponde lei vaga. — Farete quattro chiacchiere. Una cosa tranquilla, non preoccuparti.

Non sono sicura se sia un bene o meno che mia madre mi porti a casa di una sconosciuta per fare quattro chiacchiere, ma decido di soprassedere e siccome capisco che non mi dirà nient’altro accendo il lettore e faccio partire una versione molto romantica di Over the Rainbow.

Pian piano, escludo ogni altro suono dal mio campo uditivo e mi distraggo guardando le macchie d’alberi, le distese erbose dei terreni coltivati e l'azzurro turchino del cielo. Li osservo sfrecciare al mio fianco, fondendosi in una moltitudine di colori come pennellate confuse sulla tela di un pittore. Poi mi diverto a indovinare le forme delle nuvole. Individuo un drago, una farfalla, un cuore e il volto di una persona che mi ricorda tanto…

— Ehi, mamma, c’è nonna lassù.

Alza velocemente gli occhi. Il fatto che abbia nominato la nonna, la risveglia dal torpore. — Dove?

— Lì, la vedi? — Muovo un dito per beccare la posizione esatta della mia nuvola.

D’improvviso le sue rughe si distendono e le viene un sorriso manco fosse una bambina davanti al suo negozio di giocattoli preferito.

— Sì, la vedo. Dio, è proprio lei — sussurra incredula.

La nuvola in questione ha un contorno smerlettato e si allunga per delineare un paio di zigomi ossuti, guance incavate, un naso adunco, due buchi vaporosi per gli occhi e labbra dischiuse, protese quasi a dare un bacio. È il ritratto spiccicato di nonna Anne.

— Mi manca molto — mormora mia madre, e non so se lo stia dicendo a me o a se stessa.

Torna a puntare gli occhi sulla strada e io voglio fare qualcosa per trattenere questa scheggia di armonia che resta ad aleggiare tra noi, sospesa.

— Credi che stia bene, adesso, ovunque sia? — dico allora.

Non risponde subito e per un istante penso che non lo farà. Ma poi la sento pronunciare a bassa voce: — Credo di sì — per poi rintanarsi di nuovo nel suo bunker di pensieri.

   
 
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