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Autore: Ulissae    13/02/2009    13 recensioni
[Oneshot su Marcus e sua moglie Dydime, la sorella di Aro. Come iniziò la morte di un innamorato]
Da quel giorno tutto è cambiato.
Marcus non ama.
Marcus non odia.
Marcus non vuole vendicarsi.
Marcus non prova rancore.
Marcus non potrà mai più essere felice.

[SECONDA CLASSIFICATA AL SAN VALENTINO CONTEST STORY INDETTO DA KYKO90]
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sapori Italiani'
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Marcus non ama


[Guida alla lettura: Questa storia ha come obbiettivo il rivedere la parte meno romantica di San Valentino. Perchè credo che la festa sia particolarmente inutile.
La storia è molto particolare, è nata dopo aver letto una dichiarazione della Mayer su Marcus. Ho tentato di ricostruire le origini dei Volturi, quindi alcune date sono precise, scelte apposta (la prima per esempio è il giorno di morte di San Valentino).

Ho fatto uso del mitico IL(dizionario di latino) per alcune consulenze storiche, altro piccolo particolare: alcuni luoghi sono chiamati con il nome latino (Dacia, Romania). Credo sia tutto, buona lettura, e un buon San Valentino]
Dedicata a chi, come me, crede che l'amore esiste tutti i giorni, e non solo il 14 di Febbraio.


Marcus non sopporta San Valentino.
Marcus non sopporta il modo in cui quell’energumeno di Felix porge il solito mazzo di rose ad Heidi.
Marcus non sopporta che il freddo Demetri, segugio infallibile, conceda alla piccola e fragile umana Gianna parole dolci e rassicuranti sul loro futuro insieme.
Marcus non sopporta che l’astuta e calcolatrice mente di Aro si trasformi e diventi romantica, facendo sentire Sulpicia come la più amata delle regine.
Marcus non sopporta il fatto che Caius, con la sua violenza brutale, quasi animale, muti in una dolcezza umana e calda che abbraccia l’anima della moglie Athenora.
In definitiva, Marcus non sopporta qualunque cosa ricordi che anche a Volterra esiste l’amore.
Ma perché?
Come mai prova così tanto astio per una festa del genere?
Marcus si concede di odiare una sola volta all’anno, l’odio è un sentimento forte, perciò lo usa con moderazione. Lui odia quando gli altri amano.
Chiariamo una cosa: lui non odia la festività, dopo tutto perché dovrebbe farlo? Quando è nato non esisteva neanche il cristianesimo, figuriamoci la santificazione!
No, Marcus odia il 14 febbraio.
Per un semplice motivo: Marcus ha smesso di voler vivere quel giorno.
Curiosi di sapere di più?
Accomodatevi! Accomodatevi! Vi sto per raccontare una storia d’amore, triste, malinconica, ma pure sempre dettata dal cuore.
Per farlo, però, dobbiamo tornare indietro nel tempo, anni orsono, quando Volterra non era che una piccola colonia romana, in cui l’orgoglio etrusco era ancora vivo, e Marcus sapeva ancora cosa voleva dire amare…

Quel giorno faceva freddo, molto freddo, per le strade della piccola cittadina gli uomini si stringevano nei loro mantelli ruvidi.
Ma questo racconto si svolge in un altro luogo, tra le mura di una casa, proprio al centro di questo paesello, un una dimora sfarzosa ed elegante della famiglia dell’ex console Caius Iulius Cordus.
Pochi, o nessuno, sanno che in quelle stanza lussuose, tinte di porpora viveva ancora il ricco avvocato. Lo faceva da almeno duecento anni, e tutt’oggi lo fa ancora.
Esisteva una camera, la più nascosta dell’edificio, dove si svolgevano gli incontri importanti.
Alto ed imponente, con i capelli bianchi come la sua pelle, si erigeva al centro del raffinato mosaico sulla caccia l’uomo che possedeva il tutto, la mente della più potente e violenta dittatura che il mondo conosca.
-Marcus cosa vuoi dirmi?- chiese inchiodando con i suoi occhi vermiglio il compagno.
-Ho visto il legame che lo univa alle sue truppe, stupefacente! E’ un organizzatore nato, un magnifico esperto di trattative- si interruppe un attimo per poi riprendere –Esattamente quello che ci serve- il tono era pacato e tranquillo, gli occhi chiusi in posizione beata con le mani congiunte.
-COSA?! Siamo in due! Per il mio progetto basta ed avanza!- esclamò l’altro furioso cominciando a camminare avanti ed indietro agitato.
-No- rispose il moro con tono deciso –la tua impulsività ti è costata la vita. Se veramente tieni al futuro di quest’idea, l’evolverci sopra agli altri vampiri, lui è l’uomo. Parlaci, capirai- si alzò con lentezza studiata, sapeva che Caius aveva semplicemente bisogno di una spintarella, il suo carattere polemico era un ostacolo facilmente sormontabile, avrebbe accettato. Non aveva scelta.
-E’ un neonato- si lamentò l’avvocato con una smorfia infastidita.
-Oh, lo dici tu…è una mente geniale, estremamente lucida- disse sornione aprendo la porta di legno scuro.
-Sarà un pericolo!- lo ammonì con preoccupazione.
-Solo se non capirai fino a dove si può spingere-
Detto questo uscì lasciandosi dietro l’interdetto amico.
Percorse veloce il corridoio, facendo cenno ai vari vampiri subordinati, che chinavano la testa, di alzarsi: l’ultima spedizione punitiva in Dacia era stata un successo, gli adepti si erano moltiplicati. Sorrise soddisfatto ed entrò nella sala d’aspetto.
Un giovane dall’aspetto malato, con profonde occhiaie, tipiche della sua razza, ma che in lui sembravano maggiormente accentuate, dai lunghi capelli lisci e corvini, era seduto, più per abitudine che per bisogno vero e proprio.
Marcus non notò la bellezza che contraddistingueva il ragazzo, ormai era abituato alla perfezione.
Aro.
Nessuno in quel momento avrebbe mai potuto pensare fino a che punto la cupidigia di potere di quel novellino si sarebbe spinta, e in che modo avrebbe scardinato le maglie di quell’organizzazione.
-Ti vuole vedere- annunciò con un sorriso.
L’ospite lo guardò con sgomento, terrorizzato dall’imminente colloquio, ancora titubante si alzò e percorse quei pochi metri che lo separavano dal suo destino.
Stanco per la discussione avuta con il compagno, il vampiro si voltò per andare nella sua stanza, ma in quel momento vide ciò che avrebbe segnato per sempre la sua vita.
Didyme.
Una piccola ragazza seduta compostamente su una panca di legno, i capelli corvini e i tratti erano simili al ragazzo di prima, ma qualcosa nel suo sguardo profondo, nei suoi movimenti fluidi, dicevano che no, loro due non erano uguali.
La pelle olivastra era adornata da bracciali d’oro, nei capelli ricci piccole perle incastonate con maestria.
La fissò per dei momenti interminabili.
Quando però lei lo guardò a sua volta, questi spostò lo sguardo e imbarazzato scappò via dalla stanza.
14 Febbraio 273.
La prima volta che Marcus vide sua moglie.

Miei cari lettori, anche se pochi, sarete curiosi di sapere come continuerà la storia.
Con calma, con calma…
Dobbiamo fare un bel passo avanti, circa qualche secolo.
Tanto direte voi. Non troppo, per chi ha l’immortalità dalla sua parte.

Passarono gli anni, i giorni si rincorsero.
Come il vampiro si aspettava Caius aveva accettato Aro nel suo progetto, ma non si era accorto che l’aggettivo “suo” non era più tanto esatto.
Il giovane, così insicuro all’apparenza, si era rivelato un astuto e furbo condottiero, il suo potere era tra i più utili, si ritrovò presto a considerare come cosa sua l’idea grandiosa di dominio.
Ma l’ottuso e troppo orgoglioso ideatore non volle dar retta alla ragione ignorando completamente il fatto che qualcuno l’avesse superato.
La smania di potere, e di risorse, aveva portato Aro a trasformare anche Didyme, sua sorella.
Credeva, follemente, che per qualche ragione di nascita anche lei avrebbe avuto uno straordinario potere.
Lo aveva, certo, il più raro e inusuale di questo mondo.
Rendere felici tutti.
Il suo sorriso era contagioso, in sua presenza impossibile non essere allegri e gioiosi.
Un vero toccasana per quei luoghi ameni, che con l’aumentare del potere e degli anni, si erano trasformati in un epicentro della paura. Al quale ogni vampiro con del senno guardava con terrore.
Nessuno sapeva di preciso perché Didyme facesse questo effetto.
Magari la sua straordinaria bellezza, quasi superiore a quella di qualsiasi altra vampira, la rendeva unica agli occhi dei numerosi pretendenti.
Ma no! Ma no!
Era il suo carattere solare a renderla così bella.
Come se un raggio di sole fosse filtrato in quei corridoi bui ed ora risplendesse luce per illuminare.
Aro ero orgoglioso di sua sorella, sapeva bene che la gente felice era più facilmente amministrabile, in poche parole: sottomettere qualcuno che sorride è assai più semplice che combattere.
Marcus questo lo sapeva.
Sapeva anche però di amare la piccola Didyme, dal primo momento in cui l’aveva vista. L’attimo nel quale il rosso dei suoi occhi si era scontrato con il nero profondo dei suoi.
Aveva paura.
Paura che l’amore si impossessasse nuovamente di lui.
Ma ci si innamora, così un po’ per caso, un po’ per noia. E quando l’innamoramento arriva non esiste altro sentimento che tenga.
Piano, piano, la casa si era allargata, espansa pure sotto terra, ma il centro dell’ambiente era sempre la stanza che dava sulla piazza, dove si svolgeva il mercato.
-Magnifica giornata miei cari, non credete?- la voce suadente del vampiro si espanse facendo voltare tutti.
-Noiosa direi- Caius rispose brusco, spostando violentemente le pesanti tende impedendo così al sole invernale di entrare.
Marcus non parlò. Aveva troppi pensieri per la testa, e il più giovane dei tre lo notò, non gli sfuggiva nulla.
-Caro fratello cosa ti turba l’animo?- domandò sorridendo ed avvicinandosi all’interrogato posò una mano sopra la sua spalla, questi tentò inutilmente di spostarsi.
-Interessante…- mormorò assorto, filtrando i pensieri. Poi si scostò velocemente e sempre con un sorriso diplomatico riprese-Credo che la mia amata sorella non opporrà alcun chè-
Si voltò e con passo elegante sparì nei meandri della dimora, lasciando tutti confusi e sbigottiti.
Tranne uno. Lui. L’innamorato.
Che si alzò con una forza inaspettata, dettata da non si sa chi, e si diresse verso il giardino interno dell’edificio.
Sapeva che l’avrebbe trovata sicuramente là, nascosta sotto il porticato, come sempre, intenta a giocare con il vecchio gatto panciuto e rosso.
Non sembrava una di loro, ogni suo gesto rispecchiava umanità e dolcezza, anche in quel momento con i capelli che le ricadevano di lato, e il sorriso tranquillo che sprizzava gioia.
Parlava in latino con il micio che la guardava annoiato, per fortuna c’era Marcus a rendere omaggio con i suoi sguardi a quella bellezza.
-Ciao Marcus- lo salutò con spigliatezza inaspettata in quei luoghi, non alzò lo sguardo dal suo intrattenimento.
-Salve Didyme- rispose lui con garbo, sedendosi sul bordo della fontanella di marmo continuandola a fissare rapito.
-Oh Marcus lo sai che non mi devi dare del lei!- rise leggera alzando gli occhi verso di lui –Chiamami Dydi, andrà benissimo-
L’altro rimase in silenzio poi parlò preoccupato.
-Da quanto non ti nutri?- domandò con ansia mal celata, gli occhi di lei erano troppo scuri, al limite della sopportazione.
Si incupì, volse lo sguardo altrove, verso il cielo azzurro, privo di nuvole.
-Un mese, circa. Ho deciso di non uccidere- rispose decisa –Dio ha creato gli uomini come suoi figli, io non sarà un’assassina- decretò concludendo la frase unendo le mani in segno di devozione.
-Dio! Dio! Diavolo di un Dio! Tu e quella stupida religione! Non capisci che così ti spingerai oltre il limite!? Diamine, non vi riconosco più! Cristianesimo?! Bhà!- era esasperato.
Quella bontà che non capiva, quella sottomissione che non afferrava, lo rendeva impotente.
-Non capisci, non puoi capire!- mormorò a testa bassa –Se solo mi dessi l’opportunità di spiegartelo…- sussurrò in un soffio impercettibile.
Lei lo voleva vicino, capiva nel profondo del cuore che quell’uomo, apparentemente rude e freddo,in verità nascondeva i più nobili sentimenti. Lo sapeva. Ne era sicura.
Si alzò scocciato da quella conversazione. No. Non sarebbe dovuto cadere in quella trappola. Non l’avrebbe dovuta amare.
Un ultimo sguardo. Bastò.
14 Febbraio 578.
Marcus baciò Dydime per la prima volta.

Storia romantica! Già, già miei cari!
Ma come tutti sanno l’amore dura poco, è una cometa nel cielo della vita, che sfreccia veloce, lasciando dietro di sé una scia che si consuma poco a poco, erodendo con la malinconia il cuore dell’innamorato.
Oh! I miei pensieri! Vi sto allontanando dalla storia! E voi siete curiosi… non è vero?
Bene, bene, riprendiamo...

Quel bacio decretò l’inizio del più romantico degli amori. Ed anche il più felice.
Il delicato potere di Didyme rese la coppia felice come non mai, i suoi occhi dorati erano certo un contrasto con quelli rossi scarlatti del marito, la poveretta non era riuscita a convincerlo del tutto della criminalità dei suoi atti.
Tra i corridoi di Volterra circolavano voci sulla pazzia della vampira, una folle! Una che rinnegava la sua natura.
Ma le voci spariscono dopo poco, soprattutto con un fratello permaloso come Aro, e un marito premuroso come Marcus.
Nessuno osò più parlare alle spalle della giovane.
Chi avrebbe mai pensato che quasi un millennio dopo numerosi vampiri avrebbero aderito alla sua filosofia di carità e misericordia.
Lei però, nel suo piccolo, senza forzare nessuno, con il sorriso sulle labbra aveva introdotto nel cuore del compagno un tarlo.
Un piccolo e insignificante tarlo, all’apparenza, ma che in verità cominciò a rodere la coscienza, rodere e rodere, senza sosta.
Gli poneva domande scomode, che lui tentava di scacciare in malo modo, purtroppo per lui queste ritornavano, e lo tormentavano.
Agiva bene?
Era giusto quello che faceva?
Troppa la violenza nelle sua azioni?
Folle il proposito del progetto che stava mandando avanti?
Domande! Domande!
Senza sosta lo punzecchiavano senza stancarsi mai.
Quella mattina erano seduti nel letto della loro stanza, discutendo animatamente su un tema che lo assillava: il lasciare Aro e Caius, e partire. Abbandonare tutto. Riniziare con lei una nuova vita, da soli, senza l’ombra dei suoi compagni, i suoi fratelli di patto.
-Amore dobbiamo andarcene- sibilò con voce fioca e preoccupata.
-Didyme come pensi di fare?! Non credi sia pericoloso?- rispose assorto stringendole una mano piccina.
-Dobbiamo avere il coraggio di decidere. Lo sai meglio di me che il futuro che mio fratello desidera è una follia! La peggiore delle violenze! Io… io non voglio più farne parte- tremava.
Questa era l’ennesima volta che affrontavano quell’argomento, ed ogni volta la cosa peggiorava.
La strinse a sé, protettivo, accarezzandole dolcemente il capo, i capelli corvini e ricci, che ricadevano morbidi sulle sue spalle.
Non riusciva più a vederla in quel modo. No. Sarebbero scappati. Quello stesso giorno.
Non importava nulla se lui era Marcus, uno dei fondatori di quel macabro sogno di potere.
Sussurrandole parole dolci e rassicuranti la tranquillizzò, assicurandole che sarebbero scappati.
In un altro luogo, qualcuno non era della stessa opinione.
Aro camminava agitato su e giù per la stanza scura, maledicendo quegli stupidi umani che urlavano i nomi dei loro amati fuori nella piazza.
Il suo castello di carte, abilmente costruito stava per essere distrutto da un soffio. In particolare dlal soffio di sua sorella.
Quando la trasformò non avrebbe mai pensato che lei sarebbe stata la sua spina nel fianco, il pugnale che lo avrebbe colpito.
I suoi stupidi ideali stavano allontanando Marcus da loro.
E questo non andava bene.
La sua mente acuta sapeva bene che senza il sottile potere del suo compagno tutto ciò che aveva organizzato per il futuro sarebbe andato all’aria. Lui necessitava di Marcus, e nessuno, ma proprio nessuno poteva privare Aro di un suo desiderio.
Neanche sua sorella.
-Cosa pensi?- tagliente e schietto Caius spuntò fuori dall’ombra della camera come uno spettro.
-Che va eliminata- rispose risoluto fermandosi un attimo.
-E’ tua sorella- osservò attento il primo. Non si preoccupava realmente molto di questa cosa, anche lui sapeva bene che Didyme andava uccisa, e il fatto che questa avesse una parentela con il suo socio non era un problema insormontabile.
-E’ per il bene del mondo-
-Sapevo che lo avresti detto- sogghignò soddisfatto.
La scelta di secoli prima era risultata ottima. Ora la loro famiglia si erigeva alta sopra tutti i vampiri, e tutto questo grazie anche all’astuzia di Aro.
Uscì silenzioso e malignamente felice.
L’omicidio fu commissionato per il giorno stesso. Nessuno avrebbe dovuto sapere. Tanto meno Marcus.
Per le strade del piccolo comune donnine vestite di colori sgargianti camminavano vendendo fiori di campo, che ogni buon amante comprava alla sua donna.
Era appunto tradizione, da qualche decennio a quella parte, che in quel giorno dell’anno gli innamorati si dedicassero a loro stessi con più cura e passione che mai.
Stupidi umani, pensò Caius con disprezzo mentre passava davanti alle piccole finestrelle del corridoio che scomparivano mano a mano che si scendeva.
Nella cella sotterranea, la più buia e sudicia di tutte, erano seduti due ragazzini, di massimo dodici anni ciascuno, rannicchiati tra di loro, che fissavano le feritoie della porta di ferro con i loro occhi rossi accesi.
L’ennesimo capriccio di Aro, quei due mocciosetti.
Presi dalle terre del nord, con i loro tratti delicati ed angelici, sembravano due animali impauriti.
Come al solito, l’ottusa mente del vampiro non sarebbe mai arrivata alla conclusione che loro erano il fulcro del futuro potere.
Ma sarebbero serviti degli anni, e noi non abbiamo tutto questo tempo, non ora.
Voleva dare un’occhiata veloce e curiosa, perciò una volta fatto risalì, e si bloccò un attimo ad osservare la melensa scena che gli si presentò.
Marcus teneva la mano di Didyme, mentre lei ridendo cercava di portarlo fuori, ci sarebbe riuscita, nessuno sapeva resistere al suo sorriso contagioso, tanto meno lui.
-Dai! Accompagnami! Dobbiamo andare solo oltre la collina! Ti prego! Ci sono pure le nuvole!-
La mente gelida e perfida dello spettatore esultò a quelle parole.
Tutto sembrava volgersi a suo favore. A loro favore.
Bastava dare una mano al destino.
Corse da Aro e riferì quello che aveva visto, a sua volta questi sorrise soddisfatto.
-Fortuito caso mio caro non credi?- decretò osservando il suo interlocutore che grugnì in segno di assenso.
Voleva mettere fine a tutto al più presto, e questo atteggiamento melenso lo urtava.
La morte non va mai presa sorridendo, mai. Neanche se è quella del tuo peggior nemico. Non è uno spettacolo a cui partecipi, no. La morte è il più grande peccato che qualcuno possa compiere, e non sopportava il fatto che Aro sorridesse a quel modo quando agiva con l’intenzione di uccidere.
Perciò quando questi schioccò le dita e chiamò un servitore per ordinargli di convocare Marcus da loro, non poté nascondere una smorfia infastidita.
La notizia arrivò velocemente e allo stesso modo il richiamato salì dai suoi compagni, lasciando uscire da sola la moglie.
Cosa le sarebbe potuto accadere d’altro canto?
Povero! Povero sciagurato!
Se solo avesse dato retta al suo istinto! Rimanere con lei.
Lo accolsero nel modo più normale e lo invitarono a sedersi.
Dovevano assolutamente organizzare una spedizione in Siberia, i figli della luna stavano avanzando verso il Caucaso, pronti ad oltrepassare il limite stabilito.
Poveri animali! Senza intelletto! Senza coscienza!
Il silenzio dominava nella sala.
Un grido.
Il suo grido.
Marcus si alzò di colpo e corse fuori, doveva assolutamente raggiungerla.
Le nuvole coprivano il sole, la gente si accalcava davanti alla chiesa.
La messa era finita, ora era il momento di dichiarare l’amore.
San Valentino.
Il giorno degli innamorati.
-Beatrice ama Emilio!-
Rumore, rumore, nient’altro che rumore!
Correva, tra la folla che esultava.
Non riusciva più a sentirla.
Cadevano dal cielo petali di fiori.
-Francesco ama Paola!-
Percorse la piazza con sgomento, il suo grido era sempre più debole.
Gente che amava e si abbracciava, i baci tra le coppie più salde.
E lui solo, intento a cercarla.
Nomi su nomi, uomini su uomini, donne su donne.
Voltò l’angolo e lo vide.
Un ragazzetto con i capelli rossi, una guardia dei suoi fratelli, teneva tra le mani un suo braccio e con un gesto rapido lo buttò veloce nel fuoco che scoppiettava.
Era soddisfatto, lui. Aveva portato a termine il compito assegnato, con rapidità e precisione. Nel tumulto della confusione nessuno aveva fatto caso alla ragazza rapita e velocemente smembrata di nascosto a tutti.
Gli occhi di Marcus fiammeggiarono e un impeto animale percorse il suo corpo con violenza disumana si avventò sull’esecutore e lo uccise.
Non lo bruciò nella stessa pira di Didyme.
Non lo avrebbe mai fatto.
Quest’atto fu l’ultimo sprizzo di vita che l’animo di Marcus conobbe.
Da quel momento il nulla.
Buio.
Desolazione.
Una morte più profonda della morte stessa.
Pochi metri prima, dall’alto di una torre due uomini osservavano il cielo tingersi di rosa, il crepuscolo.
In lontananza volavano tre avvoltoi solitari.
-Credo di aver trovato il nome, Caius?- Aro sapeva bene quello che era successo.
Sapeva che Didyme era morta per sempre, sua sorella era stata uccisa. Da lui. Eppure l’ispirazione per quel nome era così irresistibile! Come non proporlo!?
-Volturi * andrà benissimo-decretò con uno slancio di autocompiacimento.
14 Febbraio 1034.
Marcus muore.

Triste fine! Triste fine!
Oh! Miei cari! Come vi capisco!
Ma non credete forse che sia stato necessario?
Bugiardo!
No! Vi prego non datemi del bugiardo! Troppe volte mi sono accusato io stesso!
La mia povera sorella! Non credete che non mi dispiaccia, ma è stato necessario.
Tutto per il grande nome dei Volturi!
Discuteremo dopo, ora vorrei finire di narrarvi questa storia, manca poco.

Rimase fermo ad osservare il fuoco spengersi, la polvere scomparire sospinta dal vento, l’acqua pulire il violetto, la neve coprirlo di bianco.
Ritornò solo quando un addolorato Aro lo andò a prendere.
Tutti piansero la morte della cara Didyme, primo fra tutti il fratello.
Una commedia assai perfetta e recitata bene.
Tutto era stato organizzato.
I due avevano paura che Marcus li lasciasse, perciò usarono la piccola Chealsea, e il suo magnifico potere!
Lo legarono a loro per sempre.
Ma non si può obbligare un uomo ad essere felice, ad amare, ad odiare.
C’è chi dice che la troppa felicità porti alla distruzione interiore. Come se il cuore si fosse sforzato per troppi anni cercando di conterete troppa gioia, e che, una volta vuoto, si senta inutile.
Capirete quindi perché Marcus odi San Valentino.
Da quel giorno tutto è cambiato.
Marcus non ama.
Marcus non odia.
Marcus non vuole vendicarsi.
Marcus non prova rancore.
Marcus non potrà mai più essere felice.


* Vultur, vulturis: Avvoltio, uomo rapace (latino)

Giudizi:
SECONDO POSTO: PRINCESS OF VEGETA6
STILE: 20/20
Il tuo stile di scrittura mi piace e la lettura é molto scorrevole.
Mi é piaciuto il modo in cui hai descritto i personaggi e hai centrato perfettamente la falsa gentilezza di Aro, di cui bisogna sempre diffidare. Ancora brava, complimenti!

GRAMMATICA: 9,5/10
Mi dispiace, l'unica pecca che ho trovato é stato qualche errore di punteggiatura che non aiutava a capire la frase ma non ho notato errori di grammatica. Brava!

ORIGINALITÁ: 10/10
La storia é molto originale e apprezzo che non sia la solita banalità del “vissero felici e contenti”, quando a volte non é affatto così. Mi piace come hai curato i particolari e anche i dialoghi sono fatti molto bene. Mi dispiace per la punteggiatura, altrimenti con questa bellissima fic avresti avuto il massimo punteggio :-(


TOTALE: 39,5/40

Grazie a Kyko90



   
 
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