Viola: Kankurou
Rosso: Gaara
SUNA NO DOUHOU
Vedevo mio fratello come
un’arma…
Mio fratello mi vedeva come un’arma…
Odiavo mio fratello…
Mio fratello mio odiava…
Ogni volta che, per sbaglio,
posavo lo sguardo su di lui sentivo crescere dentro il mio robusto corpo un
senso ineguagliabile di disgusto…
Dalle iridi di mio fratello usciva solo disgusto, anche se io
non riuscii mai a incontrare veramente il suo sguardo ostile lo sentivo lo
stesso come un velo di ferro sulle spalle…
Sapevo che lui lo sapeva…
Sapevo che sapeva che io sapevo…
Ma nonostante tutto ciò non
mossi un dito per cercare di capirlo, perché lo odiavo profondamente perché
riceveva le attenzioni di tutti nonostante avesse ucciso la mamma…
Avrei voluto supplicarlo di andare a giocare insieme, come
due veri fratelli, ma sapevo che lui mi odiava perché ricevevo tutte le
attenzioni nonostante avessi ucciso la mamma…
Mi piaceva vedere solo quel
lurido bambino, vederlo soffrire da solo in una stupida e dondolante altalena
solitaria, mi piaceva guardare i suoi occhi rabbuiati e pieni di solitaria
solitudine immersa in quel mare blu che erano i suoi occhi inespressivi. Con in
braccio quel dannato pupazzo che gli regalai io tre anni fa, quando ero troppo
piccolo per odiare.
Stringevo con me quell’unico segno d’affetto ricevuto da mio
fratello, lo stringevo nella speranza che si accorgesse di quanto mi sentivo
solo…
Mi accorsi della sua
disperazione…
Si accorse della mia disperazione…
Ma ciò nonostante non feci
nulla…
Ma non mi aiutò, non si comportò come un fratello, si
comportò come uno spettatore annoiato. E con lui tutti.
Continuai ad ignorare le sue
grida d’aiuto, lasciandolo solo con se stesso e giocando liberamente con i miei
amici, perché io a differenza sua non ero visto come un mostro…
Vedevo mio fratello giocare coi suoi amici, e pensavo
distrattamente che lui al contrario di me non era considerato un mostro…
Quando in camera mia lavoravo
alle mie marionette e sorprendevo quel piccolo corpo dietro la porta che mi
osservava speranzoso… distoglievo lo sguardo.
Quando si accorgeva di me che come uno stupido lo osservava
dietro la porta… distoglieva lo sguardo.
Arrivò quel giorno in cui mio
padre mi disse che aveva intenzione di uccidere mio fratello perché incapace di
controllare il suo potere. Io lo guardai, lo fissai a lungo, lo scrutai dal
profondo del cuore e poi come il ritornello di una canzone infinita voltai lo
sguardo e me ne andai senza proferire una parola, in fondo io odiavo quel
marmocchio.
Anche papà aveva iniziato a guardarmi in modo gelido, tutti
mi guardavano in modo gelido. Avevo forse fatto qualcosa di male? Se ce
l’avevano con me per la morte della mamma perché pensarci proprio ora a provare
rancore? Non lo capivo. Sinceramente. Ma andava bene così finchè
non scoprii che della gente aveva interesse ad uccidermi, allora provai
l’istinto che ogni umano prova.. quello della sopravvivenza. Chissà se almeno
quello è uguale in uomini e mostri come me. Fatto sta che solo lo zio sembrava
non accorgersi che io ero una reliqua pericolosa.
Anzi nel suo piccolo ha anche cercato di aiutarmi. Ripensandoci lo ringrazio
ancora, ha fatto tutto ciò che io mi aspettavo da mio fratello e che non mi è
mai stato dato.
Dal momento in cui ricevetti
quella notizia vidi partire un gruppo di chuunin
esperti al calar del sole, pensai che fosse esagerato mandarne dieci contro un
marmocchio di nemmeno sei anni. Un marmocchio che tralaltro
odiavo. E allora perché ero appoggiato allo stipite della porta e guardavo
quella gente andarsene ad ammazzare mio fratello e provavo un gran peso proprio
alla parte sinistra del torace, quello che la gente chiama cuore? Allora perché
avevo una gran voglia di fermarli, perché la sola visione di mio fratello
sfracellato dagli shuriken mi faceva male? Ma, come
al solito, voltai lo sguardo e distrutto tornai in camera.
Tornai. In quell’edificio che chiamavano casa. Che per me era
solo un posto dove celare la mia rabbia nella mia stanza. Era troppo. Venti
uomini in due giorni avevano cercato di farmi fuori. Allora nella mia stanza di
fronte alla foto di mia madre decisi che se dovevano uccidermi loro, lo avrei
fatto da me. Presi allora un coltello e me lo conficcai nella mano, ma quello
che vidi non fu sangue, bensì sabbia. Lurida e orrenda sabbia bagnata. Mi venne
voglia d’urlare.
Erano passati due giorni e tutti
gli uomini mandati da mio padre erano stati trovati fatti in mille pezzi. Non conoscevo
il potere di mio fratello allora, non sapevo che uccidere per lui fosse così
facile, ma dopo aver visto coi miei occhi in che razza di mostro poteva
trasformarsi, se un tempo c’era stato
dell’affetto represso per lui.. scomparve nel nulla.
Anche mio zio cercò di uccidermi, così facilmente, così
dolorosamente. Mi difesi, e quando scoprii che era lui tutto intorno a me
sembrò trasformarsi in un puzzle troppo piccolo per essere solo minimamente
tentato di risolvere, si sbriciolò tutto e tutte le mie mere illusioni si
catapultarono nel cesso. Scoprii che mia madre mi aveva maledetto e che ero un
mostro, un solo ed inutile mostro. Lo zio stesso non faceva altro che odiarmi
di nascosto. Così tutto diventò improvvisamente chiaro, se dovevo essere solo allora
lo avrei fatto per bene, senza cercare più la mano di nessuno…
Nell’immenso spazio bianco e
informe che erano le nostre vite, io allontanai quella che era la mia mano da
mio fratello…
Nell’immenso spazio bianco e informe che erano le nostre vite
mio fratello allontanò da me la sua mano, ma la mia non era più protesa ormai…
Lo notai immediatamente. Quello
strano segno sulla fronte. C’era scritto “amore” e di nuovo si fece strada
dentro di me quel dannato senso di inquietudine che non riuscivo a scacciar
via. Vedevo dentro i suoi occhi una luce diversa, non più quella di un bambino
desideroso d’affetto, bensì quelli di un mostro che aspetta solo di uccidere.
In quell’istante chiusi gli occhi e pensai che mio padre aveva creato una
bestia e noi tutti avevamo rovinato una vita. Mi sentivo frustrato. Andai in
stanza. Ci restai fino all’indomani.
Mi impressi nella fronte quel marchio indelebile graffiato
sulla pelle col mio stesso sangue, per sbattere in faccia a tutti l’amore che
avevo sempre cercato e che nessuno mi aveva mai offerto. Neanche colui che
credevo mio fratello. Neanche l’eroe che credevo lui fosse. Tutte illusioni.
Andai in stanza. Ci restai fino all’indomani. Tanto a chi importava…?
Crebbi con la sola convinzione
di scacciare la pietà che provavo per mio fratello, per sostituirla con l’odio
il disprezzo e il disgusto che ero in grado di dargli così facilmente. Arrivò
ad avere dodici anni, e a poco a poco aveva sempre di più indurito la sua
corazza. Ormai era facile ignorare la sua presenza, era facile ignorare il mio
cuore che urlava, era facile ripugnarlo.
Crebbi con la sola convinzione di uccidere tutti. Solo
uccidere mi sapeva dare sollievo da tutta la disperazione che albergava nel mio
cuore ancora giovane. Mio fratello era ormai scomparso, al suo posto c’era un
ragazzo con la faccia tatuata che continuava a guardarmi con timore e
disprezzo.
Temevo mio fratello.
Mio fratello mi temeva.
Il suo sguardo era ormai quello di un mostro, nulla da fare. Ma da imbecille quale ero continuai a fare il gradasso e a impegnarmi ad odiarlo fino in fondo, come se a lui non bastassero gia tutti gli sguardi pieni di terrore che gli gettavano frequentemente. Volevo rincarare la dose, anche se dentro il mio cuore continuava a chiamarlo piano. Un solenne pianto. Silenzioso.
La vita aveva assunto tratti disumani. Ogni persona davanti a
me era inutile, anche quel tale Sasuke che aveva il
mio stesso sguardo, volevo solo assaggiare il sangue di una preda fresca. Nulla
di più. Nulla di meno. Non rappresentava
che la polvere. Alla fine non ebbi il suo sangue, ebbi il suo amico. Per
me fu come se qualcuno avesse portato una torcia in quelle ormai infinite
tenebre. Come se qualcuno mi avesse risvegliato da quell’eterno sonno. Come se
qualcuno mi avesse strattonato da quella immensa paralisi del mio cuore. Capii.
Capii cosa diavolo era l’amore. Capii cosa dovevo fare. E di sicuro non era
uccidere. Lo ringraziai dal profondo del cuore anche se non glielo dissi mai.
Ma so che lui lo sa.
Mio fratello mi chiese scusa…
Chiesi scusa a mio fratello…
In superficie diedi a vedere
debole stupore, poi mormorai che non ce n’era bisogno. In realtà non ce n’era
davvero bisogno, perché se c’era uno che doveva scusarsi quello ero io
dannazione!
Mi scusai con lui perché nel mio egoismo lo avevo trattato
male.
Passò del tempo, e pian piano mi
resi conto di quanto mio fratello fosse cambiato. La luce assassina nei suoi
occhi era scomparsa e il suo temperamente scontroso
era diventato mite. Lo osservavo ancora come un tempo, con l’unica sostanziale
differenza che le urla del mio cuore presero il sopravvento e sbocciarono fuori
come germogli da un bocciolo. Sentii l’improvvisa voglia di cingere mio
fratello di affetto, tutto quello che gli avevo negato per tutto quel tempo.
Cambiai. Radicalmente. Cambiai e fui felice di farlo. Mio
padre era morto e tolto lui ancora tutti mi guardavano come un coltello dalla
parte della lama. Però. Qualcosa nel comportamento di mio fratello era mutato.
Lo sentivo impercettibilmente, ma lo captavo dal profondo del cuore. Speravo
che non fosse un’altra mera illusione.
Mio fratello.
Mi o fratello.
Un pomeriggio dopo aver finito
di aggiustare Karasu dall’ultima missione, sostai
immobile davanti alla porta di mio fratello, in attesa. Non sentii nulla e
pensai che fosse fuori. Mi sentii totalmente scoraggiato. Era la prima volta
che parlavo civilmente con lui. O almeno volevo farlo.
Lo sentivo. Da dietro la porta. Con l’insicurezza di un
bambino davanti alla porta del padre severo. Mi incuriosiva ancora come la
gente si sentisse in imbarazzo quando era di fronte a me, o almeno lui. Negli
altri leggevo ancora timore. Ma non era affatto anormale visto che fino a poco
tempo fa ero un mostro.
Volevo aprire le porte del cuore
a mio fratello con tutto me stesso.
Volevo poter voler bene a mio fratello con tutto me stesso.
Non sapevo quanti infiniti
minuti fossero passati dall’istante in cui mi ero fermato davanti a quella
soglia vuota. Se avesse aperto improvvisamente la porta io avrei fatto la
perfetta figura dell’imbecille. Ma non importava. Ero deciso ad abbassare
quella maniglia, quando… dalla fessura uscì un’impercettibile strisciolina di
sabbia. Mi cinse il polso e mi invitò a continuare, io mi ritrassi debolmente e
allora la sabbia non insistè ma si fermo immobile sul
mio polso. Proseguii e abbassai la maniglia, con una faccia da ebete salutai
mio fratello che di fronte a me mi fissava.
Dovevo intervenire. Quella situazione andava troppo per le
lunghe. Inviai una strisciolina di sabbia al di fuori e lo invitai a
proseguire. Incontrai una resistenza e subito mi bloccai ripensando a come
avevo ferito quella povera bambina, chissà quanti anni orsoro.
Pochi secondi dopo però mio fratello entrò e con un sorriso un po’ stupido mi
salutò. Ricambiai.
Riuscii a voler bene a mio
fratello. Incondizionatamente.
Mio fratello mi voleva bene. Incondizionatamente. E anch’io..
nel mio piccolo.
Quel pomeriggi uscimmo tra le
sabbie di quel deserto che era stata la nostra casa. Camminavamo lentamente e
nessuno aveva il coraggio di proferire parola, o almeno io. Poi lui si fermò e
io per poco non mi ci catapultai addosso. Lo guardai sbigottito e aspettai di
sapere cosa gli esa successo, si girò e…
…gli dissi quello che intendevo fare. Dividermi da loro e
puntare a diventare Kazekage. Mi aspettavo il suo
sguardo sbigottito e mi voltai dall’altra parte.
Rimasi sbigottito. Il totale
cambiamento di mio fratello era inspiegabile. Rimasi talmente interdetto che
spalancai la bocca per un minuto intero prima di spiccicare parola. Nel mentre
lui si era voltato. Io presi tutto il coraggio e gli confessai che la vedevo
dura. Gli confessai che se si separava da noi nessuno lo avrebbe preso sul
serio e anzi magari lo avrebbero pure contrastato, aspettai la sua ira o peggio
il suo silenzio invece…
…Gli risposi che lo sapevo, che ero perfettamente
conscio e che ero deciso e uscire da
quella via di solitudine anche se tutto ciò poteva portare altra sofferenza.
Ero pronto.
Mio fratello era cambiato.
Mio fratello era cambiato.
E ne fui immensamente felice.
Tanto da pensare egoisticamente di non volerlo perdere per nulla al mondo, che
se per tutta la vita lo avevo considerato un moccioso inutile e poi un temibile
mostro, ora era per me il mio piccolo fratellino da difendere a costo della
vita.
Mi impegnai a fondo. Ripensando giorno per giorno alle parole
di quel tale, Naruto, che mi avevano profondamente
sconvolto l’anima. Mi impegnai e fui premiato. Divenni Kazekage
e l’unica cosa che vedevo negli occhi dei bambini era ammirazione e non più
terrore. Ero felice. E mio fratello lo sapeva. Mi stette accanto per tutto il
tragitto come a voler recuperare il tempo perduto. Lo apprezzai. Lo accolsi.
E di nuovo in quell’immenso
spazio bianco chiamato vita gli tesi la mia mano.
E di nuovo in quell’immenso spazio chiamato vita gli afferrai
la mano per non lasciarla mai più.
Tutto sembrava perfetto. Io e
mio fratello ci parlavamo tranquillamente. Tutte le barriere erano state abbattute
e io mi sentivo felice. E sapevo che lo era anche lui.
Quell’ufficio era la mia conquista. La mia nuova casa. Tutto
il paese era la mia famiglia e se anche c’era ancora qualcuno che dubitava di
me, non me ne preoccupavo più di tanto perché avrebbe cambiato idea.
Ma…
Ma…
Fu un disastro quando arrivò
quell’uomo.
Quella persona mi mise alla prova nella difesa del villaggio…
Dio solo sa quando fui
spaventato in quel momento...
Dio solo sa quanto per me era importante proteggere tutti…
Sconfisse mio fratello…
Fui sconfitto… Ma il villaggio era salvo ed era quello che
contava. Per me.
Il furore mi strappò un urlo. Il
furore mi dilaniò il cuore. Il furore mi ferì l’anima. Scappai. Stavolta però
non distolsi lo sguardo. Mi catapultai a proteggere quello che da una vita era
stato il mio amato fratellino.
Morii. Prima di morire realizzai che avevo realizzato il mio
sogno. Solo questo era importante.
Correvo. Correvo. Correvo.
Correvo. Ma non arrivavo da nessuna parte. Avevo provato a fermarli quei
bastardi ma mi avevano steso. Uno di loro era Akasuna
no Sasori. Il peggiore. Il migliore. Rimasi in coma.
Ero solo una piccola sensazione…
Una ragazza dai capelli rosa mi
salvò. Quando mi svegliai provai un’improvvisa voglia di piangere. Ma
trovandomi così tante persone davanti non osai farlo. Una in particolare
catturò la mia attenzione. Era quel bricconcello ormai diventato grande. Naruto. Colui che ha cambiato l’anima di mio fratello,
colui che è stato più fratello di quanto non lo sia stato io, colui che era venuto
qui da Konoha per salvarlo. L’unica cosa che mi venne
da dirgli fu -“Salva..salva mio fratello”-, nulla di più banale.. ma in quel
momento non era importante.
…Una piccola…
Me l’hanno rubato. Me l’hanno
rubato. Me l’hanno rubato. Quando l’avevo ritrovato me l’hanno rubato. Era
questo che pensavo continuamente mentre fissavo quel dannato soffitto immobile
con la sensazione che il mio debole corpo fosse incapace di muoversi. Era
questo che pensavo mentre mi maledicevo per essere troppo debole, l’impotenza è
una brutta cosa quando colpisce te. Ancora assorto in quei pensieri sentii uno
schianto, mi voltai e rimasi di sasso. La nostra foto insieme, io tu e nostra
sorella. Come una vera famiglia finalmente.
…Sensazione…
Non potevo sopportare di stare lì immobile come un
idiota. Dovevo fare qualcosa. Decisi di seguire il vecchio Ebizu-ojiisama
e gli altri. Il piano era raggiungere mio fratello. Era proprio quello che
volevo. Non stavo più nella pelle, e anche se davanti a Temari
e a tutti gli altri facevo il figo in realtà ero
preoccupato da morire. Troppo preoccupato.
… Dal buio, ritornò una luce, prima piccola poi sempre più
grande. Vidi un bambino, rannicchiato, disperato. Ero io? Si. Io. Quel me che
tendeva la mano a vuoto. Quel me che non voleva star solo. Quel me che aveva
tanto bisogno di amore. Ma ora io chi sono?...
Arrivammo, ero trafelato, ma non
importava. Arrivai ed ebbi un tuffo al cuore. Una donna era china su mio
fratello, immobile riverso nel terreno. Davanti a sé aveva quel ragazzo e
entrambi stavano riversando una densa quantità di chakra
nel suo corpo. Lì per lì non capii. Poi compresi tutto. E mi dispiacque, ma
egoisticamente ero immensamente felice perché lui…
…Mio fratello…
Era salvo. Vivo. Vegeto. Non lo
avevo perso lui era …
…Gaara…
Il mio piccolo, importante,
dolce fratellino.