Soul Silence…
Seduta
alla mia solita poltrona guardavo il cielo di Konoha
tinto di quel rossastro tipico del tramonto, il sole che pian piano andava a
nascondersi dietro le colline spoglie per lasciare il posto a una misteriosa
luna che irradia con la sua luce argentea la notte scura. Il tramonto era un
passaggio molto lento ed era curioso guardare come gli uccelli parevano infuocarsi,
sembrava che facessero un tutt’uno. Sembrava che tutta la natura in quel
momento partecipasse al tramonto, come un triste funerale…
Il sole
andava via e tutto si rabbuiava come un triste addio e questo succedeva tutti i
giorni perché alla fin fine ogni giorno una persona perdeva qualcuno a lei caro,
e la natura partecipava al dolore sempre allo stesso modo.
Mi
ritrovavo lì, sola a pensare al tramonto con mille metafore, in realtà avevo
una montagna di lavoro da fare, come sempre mi lasciavo tutto indietro e alla
fine gli arretrati mi arrivavano fin sopra i capelli. Ma quella volta era
diverso, quella volta non era per pigrizia o sregolatezza, forse per la prima
volta in vita mia ero veramente in ansia. E, ironia della sorte, ero in ansia
per l’ultima persona al mondo per cui dovevo essere in ansia, ma lo ero. Lo ero
terribilmente. Quel dolore vicino al cuore non mi aveva lasciato sola un
momento, mi aveva distrutto emotivamente come un parassita e non avrebbe ceduto
finchè non lo avrei rivisto solcare quella porta con
quella sua risata e la sua battuta sempre pronta. No non avrebbe smesso finchè lui non avrebbe varcato quella soglia e mi avrebbe
guardata negli occhi.
Ormai
erano passati due giorni e nessuna notizia, eppure lo avevo raccomandato di
avvertirmi, quello stupido!
Decisi
di uscire, l’aria viziata in quella stanza aveva superato i limiti. Lasciare il
mio posto di lavoro per un po’ non avrebbe fatto male a nessuno e poi Ton-Ton
mi avrebbe ritrovato in un battibaleno.
Avevo
bisogno di riflettere, di pensare alla mia vita e alle scelte che avevo compiuto.
Prendere il posto di Hokage al posto di Dan e del mio
fratellino per adempiere ai loro desideri, mi aveva reso veramente soddisfatta?
Probabilmente si, ma nonostante tutto c’era ancora qualcosa che mi dava
tormento. Come se ci fosse un vuoto. Quell’ultima chiacchierata con lui, e la
mia richiesta che tornasse vivo, aveva stupito anche me. Non credevo che mi
sarebbe mai potuto importare, dopo tutti questi anni ho sempre pensato a lui
come a uno stupido pervertito, ma il suo impegno, la sua tenacia e anche la sua
protezione nei confronti di Naruto, mi hanno fatto
scoprire una parte di lui ancora sconosciuta. Pensavo che come al solito
avrebbe risolto tutto con una risata, che alla fin fine a lui importasse poco
di tutto e di tutti. Scrivere quei suoi dannati libri era la sua priorità e
nulla poteva distrarlo, neanche i sentimenti…
Era
questo che pensavo di lui prima che mi avvertisse che partiva per scontrarsi
col capo dell’Akatsuki, quel suo discorso su Minato,
sul fatto di quanto tenesse a Naruto, di quanto gli
stesse a cuore la sua vita…
Capii
che in realtà non avevo capito nulla di lui, mi ero fatta una convinzione
sbagliata, in realtà la sua era sempre stata una maschera per farsi notare da
me, quelle sue battute fuori luogo quei suoi discorsi senza senso, e fino
all’ultimo quella sua battuta sarcastica sul fatto che gli uomini non sono
fatti per cercare la felicità, e ancora che gli uomini devono essere forti in
qualsiasi situazione. E alla fine sparisti proprio come eri apparso, d’un
tratto sei andato via e io mi sentivo uno straccio e non capivo il perchè, mi
sentivo un peso al cuore insostenibile.
Arrivai
a un piccolo laghetto, mi sedetti con le ginocchia al mento a contemplare lo
splendore dell’acqua. Vibrava alle folate di vento che di tanto in tanto mi
scompigliavano i capelli. Mi ero ripromessa che se fosse tornato vivo non ci
sarebbe più stato bisogno che facesse lo scemo per farsi notare. Perché oramai
avevo realizzato che rappresentava una parte importante nel mio cuore, non
potevo perderlo, non anche lui…
D’improvviso
il sole scomparve e la luce cedette il posto alle tenebre, il funerale era
finito e tutto taceva. L’acqua si mosse prima impercettibilmente poi sempre più
forte fino a evidenziare che qualcosa stava per venire a galla.
Mi
incuriosii e aspettai che quel qualcosa affiorasse, avevo un certo timore,
poteva trattarsi di ninja o banditi di strada, ma non c’era da preoccuparsi.
Quando
invece mi vidi spuntare un rospo, tutto si fermò, il tempo intorno a me smise
di scorrere. Lo guardai sbigottita ponendomi una domanda, una cruciale domanda,
il rospo era fermo davanti a me e mi guardava fisso, il rospo era da solo…
Degludii a fatica e non riuscii ad
emettere alcun suono.
<<
Tsunade…>>
Il
rospo aveva sussurrato il mio nome, una voce flebile e anche apparentemente
triste.
<<
D-dov’è…?>> era solo un tremolìo
di corde vocali.
Il
rospo si limito a guardarmi ancora.
<<
E’ rimasto indietro vero? >> risi, risi dal nervosismo,
dall’autoconvinzione che doveva essere così, non poteva essere altrimenti anche
se una piccola parte remota del mio cuore stava urlando qualcosa che mi
rifiutavo di ascoltare.
<<
Ti decidi a parlare dannato rospo? >>
Urlai,
urlai tutta la frustrazione accumulata in quei giorni.
Ma il
rospo non fiatava, insisteva nel guardarmi con quegli occhi da cui non vedevo
alcuna espressione ne tantomeno alcuna risposta. Alla fine dovetti convincere
me stessa che quello che avevo sempre saputo alla fine era accaduto.
<<
Tsunade.. lui.. sorrideva..>>
Sorrideva,
anche prima di morire, perfino prima di andare all’altro mondo non ha versato
una lacrima, è rimasto fedele al suo credo, è rimasto…forte. Anche se in realtà
non lo era, era una persona debole che ha sofferto metà della sua vita, ma non
lo ha mai perso, non ha mai perso quel suo sorriso.
<<
E così… mi ha abbandonata anche lui..>>
Non
sentivo più nulla dentro me, è come se il cuore continuasse a procedere con un
battito involontario e l’anima si fosse spenta, chiusa in un silenzio tombale.
Ma non c’erano lacrime, non c’erano singhiozzi, c’era solo un attesa. Un attesa
che lui spuntasse da chissà dove e si facesse una bella risata guardando la mia
espressione e dicendomi che avevo perso l’ennesima scommessa. Gia.. la
scommessa.. alla fine l’avevo vinta quella dannata scommessa, l’unica nella mia
vita che dovevo perdere, l’ho vinta…
Mi
alzai lentamente, i pensieri confusi, barcollando tornai nel mio studio. Aprii
la porta e mi tuffai nella poltrona poggiando la testa sulle mani.
“Aveva
un sorriso” … sai che bella consolazione ... non lo era per nulla …
Ebbi
uno scatto e tutto volò, fogli da tutte le parti sembrava la mia testa in quel
momento, un rimuglio di fogli gettati chissà dove,
pieni di ricordi che fanno male.
Mi ci
sarebbe voluto un po’ per raccapezzarmi del fatto che non c’era, forse ancora
non lo avevo compreso appieno. Perché non stavo piangendo? Cosa mi tratteneva
dal farlo? Io non avevo bisogno di essere forte, io ero una donna, potevo
permettermi di piangere, o forse no?
Passarono
alcune settimane da quella notizia. In verità non trovo un aggettivo per
descriverla, dire triste sarebbe troppo banale, dire tragica troppo
superficiale. E’ stata una notizia che mi aspettavo di ricevere, che quella
parte più oscura del cuore avverte e cerca di avvisarti di non creare illusioni
inutili, ma non le dai ascolto e ti ritrovi col cuore a pezzi ancor prima di
accorgertene. Ecco cosa avevo provato io, le pareti del mio cuore avevano
subito un attacco, un terremoto di tristezza associato alla disperazione fece
crollare tutto! Tutte le speranze, i sogni, il mio futuro. Gia. Il mio futuro.
Perché l’avevo capito solo allora di voler passare il resto dei miei giorni con
lui, di poter ridere e finalmente poter scorgere la gioia nei suoi occhi sempre
così velati di una lieve malinconia dietro quella celata ilarità. Ma il destino
aveva voluto così. Il cielo se l’era portato via con se prima che potessi
confessargli che avevo capito il suo valore solo allora. Ma ancora non ero
riuscita a versare una lacrima, i giorni passarono ininterrotti e nessuno
sapeva nulla, non lo dissi neanche a Shizune.
D’altronde nessuno me lo aveva chiesto, nessuno si era interessato della sua
sorte.
Fino a
quel giorno.
Fino a
quando lui non tornò.
Triste,
amareggiato, deluso. Naruto era lì con quel suo
sguardo.
<<
Nonna Tsunade, sono tornato… ma ho fallito di nuovo.
Mi è sfuggito un'altra volta, non ho adempito alla promessa un'altra volta.
Dov’è ero-sennin? Mi starà aspettando… >>
Le
parole rimasero sospese nell’aria, in attesa di una risposta, di una conferma,
ma io non riuscivo ad aprire bocca, avevo tra le mani una penna e la stavo
osservando come se avessi davanti un quadro di Van Gohg,
non volevo e non potevo rispondere. La paura che quell’atteggiamento forte che
tanto avevo faticato per mantenere potesse svanire di colpo. No, non avevo
avuto il coraggio di dirglielo. Avrebbe dovuto aspettare.
<<
Mi spiace Naruto, non so dove sia. Se non te la senti
non ti assegnerò alcuna missione, puoi riposare se vuoi.>>
C’era
un tono insolitamente risoluto e serio nella mia voce, chissà se non si fosse
gia insospettito.
<<
Ah.. ok.. mi prenderò qualche giorno.. ci vediamo nonna Tsunade!>>
Visibilmente
turbato Naruto lasciò la stanza, sapevo di dover
essere io a dirglielo ma proprio non riuscivo, le parole si bloccavano in gola.
Era
notte fonda e mi trovavo ancora nel mio ufficio a sistemare missioni, elenchi e
quant’altro, quando mi venne un improvvisa voglia di bere un goccio.
Uscii
di soppiatto e mi addentrai nel vento gelido di Konoha,
era pieno inverno e per poco non nevicava, gli alberi erano completamente
scheletrici e spogli come la mia anima, a quell’ora erano pochi i locali ancora
aperti, tutti si ritiravano sotto le loro coperte calde e si addormentavano
mettendo da parte tutti i problemi. Io invece avevo perso il conto delle notti
passate in bianco, perché il mio non era un problema a cui ci si doveva
applicare per trovare una soluzione, il mio problema una soluzione non ce
l’aveva…
Arrivai
al locale infreddolita, era deserto non c’era neanche una mosca. Mi sedetti al
bancone e dissi al barman quasi addormentato di darmi una bottiglia di sakè. Il
tipo non mi diede molta attenzione e molto svogliatamente mi lanciò la mia bottiglia.
Come sempre affogavo tutti i dolori nell’alcool, bella soluzione! Bella e
facile. Ma in quel momento non pensavo a cosa fosse giusto o sbagliato, pensavo
solo a dimenticare. Dimenticare il suo volto, e la sua presenza costante, il
suo conforto. Ma soprattutto a dimenticare la mia indifferenza, tutto il tempo
in cui l’ho rifiutato e ignorato, facendolo sentire inutile più di quanto gia
non si sentisse. La delusione forte che lo aveva colpito a causa di Orochimaru, dentro al suo cuore non l’aveva mai superata. E
io come una stupida a pensare solo a me, alle mie perdite e ai miei complessi,
quando qualcuno a me vicino soffriva ancora di più, soffriva in religioso
silenzio… senza che nessuno avvertisse nulla. E pure ora che non c’è più, l’ha
fatto in silenzio, con un sorriso sulle labbra.
Cominciava
ad annebbiarsi la vista, il barman addormentato era diventato doppio, e sentivo
un gran calore alle guance. D’un tratto sentii il rumore della porta cigolante
che veniva aperto. Girai il capo, nonostante il dolore lancinante, e scorsi una
sagoma dai capelli biondi. Era terribilmente sfocata e solo quando chiamò a
gran voce il mio nome capii che era Naruto.
Successivamente diventò tutto nero.
Mi
risvegliai con la luce della luna e le carezze fredde del vento, ero su una
panchina e accanto a me Naruto era seduto con un aria
afflitta. Potevo caricarlo di un altro dolore così grande quando aveva gia il
suo per Sasuke?
Probabilmente
si, aveva il diritto di sapere.
<<
Na-naruto..>> sussurrai, non mi rendevo conto
se stessi o no sognando fino a quando
lui non mi mise a sedere.
<<
Nonna Tsunade, hai esagerato.. te ne sei scolati 8..
e sei collassata nel bel mezzo della notte!>>
<<
Perdonami..>>
Mi
sentivo stranamente colpevole, un sentimento forte si insidiò nella mia anima
scacciando tutto il resto, e qualcosa simile alla turbina di un fiume mi salì
fino alla gola stringendola in una potente morsa. Decisi che era quello il momento.
<<
Naruto senti, che ne dici di camminare un
po’?>>
<<
Ce la fai?>>
<<
Non preoccuparti>>
<<
Va bene allora andiamo>>
Sentivo
che dovevo condividere quella disperazione che avevo così tanto represso.
<<
Successivamente alla tua partenza, lui mi disse che doveva scoprire il segreto
del capo di Akatsuki…>>
Le
parole uscirono così senza un filo logico. Naruto mi
fissò sbigottito.
<<
Lui chi?>>
<<
Era convinto delle sue capacità, o almeno così mi fece credere, e mi promise
che avremo ideato un piano insieme una volta tornato… Lo pregai di tornare vivo
perché era l’unica persona importante che mi era rimasta e non potevo
assolutamente perderla, avrei perso un pezzo di me altrimenti. Ma lui mi lasciò
con una risata, mi rassicurò che sarebbe andato tutto bene. Mi fece pure
scommettere sulla sua morte…>>
Mi
fermai aspettando che una folata di vento gelida cessasse. Naruto
guardava in basso, probabilmente ancora dubbioso. Continuai.
<<
… e per la prima volta in vita mia Naruto, vinsi
quella scommessa.. >>
Lui si
voltò verso di me, gli occhi dilatati e
la bocca leggermente aperta in una smorfia di stupore. Quella stessa smorfia
che pochi secondi dopo si trasformò in impazienza.
<<
Tsunade…>>
E fu
così che tutta la tristezza, l’amarezza, la delusione, la disperazione represse
in quei giorni ebbero finalmente sfogo.
<<
Si, Naruto… Jiraiya… Jiraiya non c’è più… è morto… è morto ucciso dal capo dell’Akatsuki… è morto… col sorriso sulle labbra… me l’hanno
portato via proprio quando io avevo più bisogno di lui…>>
Stavo
quasi urlando senza accorgermene, mi inginocchiai e misi il volto tra le mani,
le lacrime presero a scorgare senza tregua, e sentii
due potenti e calorose braccia donarmi un sincero abbraccio.
Singhiozzai
per un tempo indefinito, fino a scorgere che il respiro di Naruto
era irregolare… anche lui stava piangendo…
Jiraiya,
so che ormai è inutile, e che probabilmente starai ridendo di me in questo
momento dovunque ti trovi. Ma voglio comunque dirti le parole che non ti ho mai
detto, le parole che avrei dovuto dirti tempo fa, è da vigliacchi lo so, dirlo
ora che non ci sei più, ora che non puoi farmi una delle tue proposte
indecenti, ora che non puoi più atteggiarti di fronte a me, ora che non hai più
bisogno di fingerti forte. So che questo non è abbastanza per lavar via le mie
colpe, per non esserti stata mai vicina e per aver lasciato che convivessi col
tuo dolore da solo. Perché se c’è qualcosa di orribile nella vita e il non
poter condividere con nessuno il proprio tormento e mi dispiace di non essere riuscita
a essere la persona che desideravi.
Mi dispiace tanto di non averti
amato, mi dispiace tanto di aver capito solo ora che ti amo da sempre. Mi
dispiace dirti queste parole scrivendole in una sudicia carta, che
probabilmente verrà rapita dal vento, ma tu custodiscila nel cuore. Non
dimenticarla mai perché so che la stai leggendo.
Perdonami se puoi.
Tsunade.