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Autore: FairySweet    29/09/2015    1 recensioni
Non era quello suo padre, non era da quell'uomo che aveva imparato il rispetto, l'onore, l'amore per la guerra. Indossava l'uniforme per proteggere se stessa ma le parole di suo padre avevano lo strano potere di oltrepassare quella barriera così, tutto quello che provava, tutte le incertezze, le debolezze, le paure, tutto era lì, alla luce del sole, perfino quell'amore sofferto che aveva lasciato cicatrici immense nel suo giovane cuore ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo: Sette anni di pura                        Dolcezza




Aveva cavalcato per giorni, giorni lungi e faticosi ma c'era una ragione, una ragione violenta che lo spiengava a compiere quel viaggio massacrante.
Il sole era sorto da poco, c'era un profumo meraviglioso di gelsomini nell'aria e le montagne di fronte a lui davano il benvenuto a quel nuovo giorno di primavera.
Il verde era così brillante da far male agli occhi e il gorgolio del fiume accompagnava i suoi pensieri e quelli dei tre uomini alle sue spalle.
Il sole splendeva alto nel cielo illuminando ogni cosa, si rifletteva sulle decorazioni dell'uniforme, sui bottoni dorati e su quegli occhi di cielo che si confondevano con il resto.
Era infastidito da tutta quella luce o forse, era infastidito da quello che avrebbe trovato in quella luce.
Fece un bel respiro spronando leggermente il cavallo, girarono a destra in una strada di campagna dove gli alberi correvano su entrambi i lati coprendo con le loro fronde il cammino dei viaggiatori.
C'erano farfalle colorate ovunque e due bambini che giocavano a rincorrersi.
Socchiuse gli occhi mentre quell'immagine diventava sempre più nitida davanti a lui, si fermò a pochi metri dai piccoli ridendo di quei volti che sembravano usciti dai ricordi.
Avevano sei anni al massimo, forse la bambina era più piccola del fratello ma avevano entrambi meravigliosi capelli d'oro e nei loro giovani corpi riconosceva quell'eleganza che per tanti anni era stata la sua nenia.
“Da dove venite?” si risvegliò da quel leggerissimo torpore incotrando il visetto sorridente della piccola.
Era a pochi passi dal suo cavallo, con le maninie strette dietro alla schiena e il volto rivolto verso di lui, indossava dei pantaloni scuri e una camicia chiara, semplice e leggera “Da Jossigny bambina” “Ed è molto lontano?” “Conosci la reggia di Versailles?” “Sì” “Ci sei mai stata?” “No” “E allora come la conosci?” La immagino per questo la conosco, papà dice sempre che se riesci ad immaginare le cose puoi anche imparare a conoscerle” “Ma davvero” “Davvero” esclamò annuendo decisa “E tua madre?” la piccola socchiuse gli occhi inclinando leggermente la testa “Pensa anche lei la stessa cosa?” “Perché vuoi saperlo?” “Perché una volta, tanto tempo fa lei era il mio unico raggio di sole. Voglio sapere se assomiglia ancora a quel sole” “La mia mamma è bellissima signore” “Non devi scappare così” esclamò il bambino raggiungendola “Ma ero curiosa” ribattè indispettita “Perdonatemi signore, mia sorella a volte dimentica le buone maniere” strinse le mani attorno alle spalle della sorellina tirandola leggermente indietro “Come ti chiami?” “Etienne signore, Etienne François e lei è mia sorella” “Renée” esclamò la piccola “E quanti anni hai Renée?” “Cinque” un debolissimo sorriso forò la coltre gelida sul volto dell'uomo “E tu?” “Quasi otto signor generale” aveva un bel volto, dai lineamenti fini, il taglio degli occhi era perfetto, con lunghissime ciglia e lo sguardo limpido.
I capelli ordinatamente raccolti in una coda dove un fiocco scuro ne bloccava i riccioli setosi.
Indossava un abito semplice, simile a quello della sorella ma il colore della camicia era leggermente più scuro, stringeva nella mano sinistra un bastone che fino a qualche secondo prima, era stato una spada con cui giocare.
Continuava a stringere la mano libera attorno a quella della sorellina, una bambina meravigliosa che si avvicinava in modo impressionante al passato.
I capelli sciolti sulle spalle, mossi dal vento e così chiari da sembrare gocce di luce cadute per caso sulla terra. Gli occhi chiari, più chiari del cielo, più profondi del mare stesso, le labbra dolcemente schiuse in quel sorriso meraviglioso che mai lasciava il suo viso e un incarnato di porcellana che ben conoscva “Sai riconoscere gli ufficiali ragazzo” “Si signore” “E come mai?” vide il bambino socchiudere gli occhi, le labbra chiuse mentre tirava ancora più indietro la sorella “Perdonatemi signore, ma a quest'ora dovremo essere a casa” “Perché?” domandò confusa Renée voltandosi verso il fratello “Ricordi cos'ha detto nostra madre? Che potevamo giocare per qualche ora” “Ma io non so contare le ore” ribatté indispettita posando entrambe le mani sui fianchi, il generale sorrise stringendo più forte le redini “Non importa. Dobbiamo tornare a casa” “La mamma non si arrabbia se torniamo più tardi” “La mamma si arrabbia se scopre che non mi hai ascoltato” si voltò di nuovo verso gli uomini a cavallo assumendo una postura rigida e controllata.
Era elegante nei movimenti così come lo era quel piccolo sprazzo di luce di cinque anni accanto a lui “Perdonatemi signore. Mia sorella ed io dobbiamo congedarci da voi” “Andate” un debolissimo cenno d'assenso mentre li vedeva correre lungo la strada.
Correvano mano nella mano verso qualcosa, qualcuno, il suo qualcuno, il qualcuno che per tutti quegli anni gli era mancato da morire.
Sentì la risata della bambina mentre stringeva le braccina attorno ai fianchi della madre, la testa posata sul suo ventre e lo sguardo sollevato verso di lei.
Lei che forse era più bella di prima, uguale nel modo di vestire, diversa dal ricordo che custodiva.
Sospirò perdendosi nei gesti lenti, sorrise quando la vide chinarsi leggermente verso il figlio, la mano posata sulla sua spalla mentre ascoltava le sue parole poi quello sguardo rivolto a lui, anche da così lontano riusciva a sentirlo.
Per tutti quegli anni l'aveva odiata, l'aveva chiusa a chiave da qualche parte in fondo al cuore perché ricordare il suo volto faceva male ed ora, alla fine di quella strada abbracciata dal verde c'erano gli stessi occhi che l'avevano reso un padre orgoglioso.
“Va tutto bene signore?” annuì leggermente senza staccare gli occhi da lei, la vide annuire leggermente, probabilmente qualche risposta alle domande curiose del bambino.
Si rialzò in piedi, le gambine di Renée si chiusero attorno ai suoi fianchi, il volto posato sulla sua spalla e il bambino immobile davanti a lei, con la schiena posata al suo ventre come un piccolo soldatino pronto a difendere il bene più prezioso che aveva “Volete fermarvi qui signore?” “No, no credo sia meglio continuare” “Ma voi … insomma, siete venuti fino a qui per vostra figlia” “E così è stato” “Ma ...” “Capitano, smettetela di contraddirmi” “Scusatemi signore” “Ho una richiesta da farvi colonnello” un giovane dagli occhi di mare si avvicinò a lui. Era alto e bello, con lineamenti fini figli di quel misto di razze che era in grado di creare gioielli “Ditemi pure” mormorò l'altro avvicinandosi a lui “Fate in modo che non le manchi mai niente” “Sarà fatto signore generale” “Di qualsiasi cosa abbia bisogno non esistate ad aiutarla, che siano soldi, sorrisi o qualsiasi altra cosa” “In pratica sono la sua balia” il generale sorrise “Siete il suo angelo custode” “Lo sapevo già signore” gli uomini spronarono leggermente i cavalli tornando sui loro passi ma il generale restò immobile, con lo sguardo perso sull'angelo che ogni notte tornava nei suoi sogni “Sono fiero di te bambina mia” sussurrò portandosi una mano alla fronte, un saluto leggerissimo, negli occhi il sorriso di quei nipoti a lungo desiderati, nipoti che avrebbe preferito nobili ma scatenavano ma che ora erano carne e fiato e che avevano scatenato in lui dolcezza e fierezza.
Li avrebbe portati con sé, ovunque sarebbe andato li avrebbe portati nel cuore e forse un giorno, quando sarebbero stati pronti, avrebbero incontrato un povero vecchio sciogliendo il gelo che si era costruito attorno.


 
  
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