28.
“Un’altra
firma qui e…” l’uomo attese che Allison finisse di
firmare, poi sorrise compiaciuto rimettendo la cartelletta nella borsa da
lavoro grigia e consumata. “Congratulazioni signora Morgan, è proprietaria di
un bellissimo ristorante.”
Allison
sorrise stringendo in mano quelle che erano le sue copie e sospirò salutando
con un cenno del capo l’uomo mentre usciva lasciandola sola, seduta al bancone
di quello che era, ufficialmente, il suo ristorante; il Rousseau’s. Solo che, a parte lei e lui, che era stato incaricato di
venderglielo e riscuotere il cospicuo assegno, erano le uniche due persone a
saperlo.
Camille
uscì in quel momento dalla cucina e le riservò un sorriso cordiale
approcciandola al bancone. “Allison, non sapevo che
fossi in città.”
“Vado
e vengo,” rispose la cacciatrice mettendo giù i documenti. “Sono tornata da due
settimane circa, ma non vivo più dai Mikaelson.”
La
bionda piegò poco il capo recuperando un bicchiere bagnato che asciugò senza
staccare gli occhi da lei. “Cos’è successo?”
“Niente
in particolare” Allison sospirò. “Avevo bisogno della
mia indipendenza e così ho comprato una piccola villetta poco fuori città.”
“Quindi
non c’entra niente il dramma amoroso fatto di triangoli tra te ed Elijah?”
“No,
anche se ad alcuni sembra così” la cacciatrice si passò la lingua sulle labbra,
poi si mordicchiò l’interno della guancia e infine parlò. “Camille,
devo dirti una cosa.”
“Dimmi
pure,” le disse l’altra. “Vuoi qualcosa da bere?”
“Una
soda sarebbe perfetta, grazie” la donna fece un grosso respiro, e si prese un
attimo per trovare le parole giuste. “Cami, ho appena
comprato questo ristorante.”
La
mano della barista si fermò a mezz’aria, prima ancora che iniziasse a riempire
il bicchiere. I suoi occhi chiari si spalancarono stupiti e aprì la bocca
diverse volte prima di emettere un suono. “Perché?” chiese semplicemente alla
fine.
La
sua interlocutrice si strinse nelle spalle. “Perché mi piace e perché se non lo
avessi comprato io l’avrebbe fatto un tizio del Minnesota che voleva trasformarlo
in una sala scommesse.”
“Che
vuol dire?”
“Da
quando le legittime proprietarie sono morte questo posto non appartiene a
nessuno. Ci sei tu a gestirlo, ma risultava essere di proprietà della città e
quindi chiunque poteva acquistarlo. Questo ristorante è un punto di riferimento
per i turisti e anche per gli abitanti di New Orleans e non volevo che lo
abbattessero per farne una bettola di scommettitori. So che tu non hai i soldi
necessari a comprarlo, quindi l’ho fatto io” spiegò.
“E
tu avevi i soldi necessari? Quanto diavolo è costato?”
“Mezzo
milione di dollari,” dichiarò Allison sorridendo
appena. “Sì, li avevo.”
“Come?”
“Sono
un’orfana, i miei genitori erano benestanti, per così dire… e visto che mio
fratello è, tecnicamente morto, anche quello che spettava a lui è andato a me.”
“È
terribile…”
“Sì
lo è… ma è andata così.” Allison le prese di mano la
soda e bevve un lungo sorso dalla bottiglia. “Ad ogni modo,” continuò cambiando
discorso “ovviamente puoi restare. Io lavorerò fianco a fianco con te di tanto
in tanto ma sarai comunque tu a gestire tutto. Volevo solo che sapessi la
novità da me prima che ti arrivi una comunicazione scritta da parte delle
competenti autorità.”
Camille
sorrise. “Grazie per la premura, e anche per il ristorante. Voglio che tu sappia
che ti consulterò prima di prendere qualunque decisione importante.”
“Decisione
in merito a cosa?”
La
voce era inconfondibile, la leggerezza con cui si era intromessa in una
conversazione privata anche.
“Klaus,”
disse Allison voltandosi verso di lui, trovandosi
davanti non solo l’Ibrido ma anche Elijah. “Questa è una conversazione
privata.”
“Privata?”
chiese lui di rimando. “Allora non dovreste parlarne al bancone di un bar in un
ristorante, chiunque potrebbe ascoltare. Non credi, Allison?”
Lei
annuì, poi bevve un altro sorso di soda prima di alzarsi. “Hai ragione” gli
disse. “Ma vedi, visto che io al contrario di voi non ho nulla da nascondere,
non ho pensato che forse era meglio nascondersi da qualche parte, come ad
esempio in un cimitero o in un vicolo buio, per parlarne.”
Camille
osservò la cacciatrice e l’Ibrido scambiarsi un’occhiata che sembrò durare in
eterno. Elijah invece stava in silenzio, le mani nelle tasche dei suoi
pantaloni eleganti. Negli occhi, puntati su Allison,
una dolcezza tutta riservata a lei.
“Allison ha comprato il ristorante” disse sentendo il
bisogno di interrompere quel momento, qualunque cosa stesse succedendo. “È
ufficialmente il mio capo.”
“Ah”
sospirò Niklaus mettendosi a sedere. “Fare il boss è sempre piaciuto ad Allison. È una questione caratteriale credo.”
La
diretta interessata rise, tirando fuori dalla tasca il suo cellulare. “Già,
alcuni nascono con certe attitudini. Essere autoritari come me, dolci come Camille, manipolatori come voi due… gli inseparabili
fratelli Originali.”
“Sempre e per sempre…” mormorò il più giovane
dei due.
“Allison” intervenne finalmente Elijah. “Potrei parlarti per
un attimo?”
“No,”
gli disse lei. Poi lentamente si avvicinò a Klaus. “E tu prendi il tuo sempre e per sempre e vai a farti fottere.”
Lui
sfidò quello sguardo nocciola ed infuriato per un istante, un’espressione
vagamente divertita sul viso. La guardò fin quando lei non si allontanò, con un
gesto calmo prese dei documenti sul bancone e sorrise a Camille
prima di voltarsi e lasciare il ristorante. Elijah dietro di lei.
****
“Allison, fermati!” Elijah la afferrò per un braccio
costringendola a voltarsi ma senza ribellarsi quando lei si liberò dalla presa
con un gesto brusco. Gli faceva male che non si facesse neppure toccare, ma la
furia che leggeva nel suo sguardo gli suggeriva di non insistere.
“Che
cosa vuoi?” gli chiese lei, con quella voce rauca e sensuale pervasa da un
leggero tremito. “Non ho tempo adesso.”
L’Originale
sospirò indietreggiano di qualche passo. Voleva guardarla meglio, perdersi in
quel viso bellissimo circondato da onde castane scuro che le incorniciavano gli
occhi nocciola e quelle dannate fossette sulle guance.
Era
bella, bellissima. Bella più di qualunque altra donna avesse mai amato, o forse
era solo il fatto che, in quel particolare modo, non aveva mai amato. Era uno
di quei sentimenti capaci di consumare qualcuno e quel suo distacco lo logorava
già un po’ dentro.
Ricordò
con un velo di malinconia uno dei pomeriggi che avevano trascorso insieme, anni
prima quando lui l’aveva raggiunta a Los Angeles.
LOS ANGELES – TRE ANNI PRIMA
Allison gemette stringendo le mani di
Elijah che stringevano le sue. Gli baciò il collo prima di spostarsi sulla sua
parte di letto e rise fissando il soffitto.
“Cavolo Mikaleson,”
gli disse. “Credo che mi mancherai quando sarai ripartito.”
Elijah si girò verso di lei e
allungò una mano passandole due dita sulle labbra. “Credimi, il sentimento è
reciproco” sussurrò abbozzando un sorriso. “Stasera vorrei portarti a cena.”
Lei incrociò il suo guardo prima di
sollevare la testa sorreggendola con la mano. “A cena fuori?”
“Sì, un bel ristorante per una
bella signora. Vorrei vederti con un bel vestito e vorrei tenerti la mano per
tutta la sera.”
Allison sorrise. “Sotto tutta la passione
si nasconde un animo romantico allora.”
“Se avessi l’anima direi di sì”
scherzò lui, ma nei suoi occhi si poteva leggere una lieve malinconia.
“Hey”
mormorò la donna poggiandogli una mano sulla guancia. “L’animo umano è pieno di
potere ma non sono del tutto certa che sia ciò che fa di qualcuno una persona.
Ho visto esseri soprannaturali comportarsi più umanamente e decentemente di
tanti esseri umani, Elijah. Come te per esempio… Non hai l’anima ma sei più
compassionevole, appassionato e buono di tanti uomini.”
L’Originale si prese un attimo per
perdersi negli occhi belli e lucidi di Allison.
Quello sguardo era pieno di ombre, colpa di un passato piuttosto ingombrante,
un passato che gli aveva raccontato con molta tristezza. “Sei bellissima sai?”
“Più di tutte le donne che hai
incrociato nel corso dei secoli?” la donna rise.
“Sì” ammise lui serio. “sì, molto
di più.”
“Allison, ho bisogno di chiederti un favore” mormorò
ritornando al presente. “Ma prima vorrei chiederti scusa.”
“Non
serve,” rispose lei. “Non ti crederei comunque quindi dimmi solo cosa vuoi.”
“Quando
eri in coma, abbiamo avuto dei problemi con il corpo che ospita Rebekah e abbiamo chiesto l’aiuto di una donna, Josephine LaRue.”
Allison
corrugò la fronte. “Questo nome dovrebbe dirmi qualcosa?”
“Non
credo che tu la conosca, ma lei ha molta voglia di conoscere te,” Elijah fece
un grosso respiro cercando di essere più chiaro possibile. “Non so perché, ma
ha saputo che… ha saputo che siamo in contatto e mi ha chiesto di estenderti un
invito a cena per questa sera.”
“Gentile
da parte sua…” la donna guardò il suo cellulare; quattro messaggi di Diego, due
chiamate perse di Sam e un messaggio vocale da parte di John Constantine.
Pensando al suo amico umano si disse che forse era arrivato il momento di dare
e pretendere qualcosa in cambio. “Okay, va bene. Ti aiuterò, ma tu devi aiutare
me prima.”
****
Quell’addio
si stava rivelando più complicato di quanto pensasse. Mentre Elijah soggiogava,
su richiesta della cacciatrice, Diego affinché lasciasse la città e si
dimenticasse di lei e di tutto, Allison pensò che era
stanca di dire addio, ma era consapevole che probabilmente le cose non
sarebbero mai cambiate.
“Vivrai
la tua vita felice e non metterai piede a New Orleans per lungo lungo tempo. Qui non ti sei trovato bene e così hai pensato
che era meglio trasferirsi in un posto lontano e diverso, magari l’Europa.”
“Credo
che mi trasferirò in Europa” disse Diego come in trance. Poi, quando Elijah
indietreggiò di qualche passo, chiuse ed aprì gli occhi due volte tornando
lucido.
“Salve,”
disse guardando Allison. “Prendete quello che volete,
il locale sta per chiudere, quindi offre la casa.”
Sparì
dietro la porta della cucina ed Allison trattenne a
stento le lacrime. Il mento le tremava, ma si sforzò di mantenere il controllo
e fissò gli occhi sul vampiro Originale.
“Grazie,”
gli disse. “Mandami l’indirizzo con un messaggino, ci vediamo alle otto in
punto.”
Elijah
annuì deglutendo a vuoto. “Allison” la chiamò in un
sussurro e lei si fermò senza voltarsi. “Perché hai voluto che lo soggiogassi affinchè se ne andasse, affinchè
si dimenticasse di tutto, di te…”
“Perché
è un brav’uomo e il mio è un pessimo mondo.”
Il
vampiro sentì l’urgenza di avvicinarsi e stringerla forte. Stringere la
fragilità che sentiva nelle sue parole… invece rimase immobile mentre lei se ne
andava.