Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Ricorda la storia  |      
Autore: leila91    30/09/2015    15 recensioni
Dal testo:
La giovane Hobbit aprì la porta, esitante, appena un secondo prima che Bilbo potesse darle il suo consenso.
“Ecco dove ti eri rifugiato. Ma i principi sono coraggiosi, e non si nascondono. Giusto?”
Il piccolo mugugnò qualcosa che sembrava un “Giusto”, prima di ficcare la testa sotto il cuscino.
Belladonna ridacchiò avvicinandosi al letto.
Iniziò ad accarezzare la schiena del figlio, sentendolo rilassarsi sotto i suoi tocchi.
“Dove sei stato questa volta?”
Il buffo faccino di Bilbo riemerse.
“Lucciole”, sentenziò, come se questo spiegasse tutto.
(Tenero missing moment a Casa Baggins, quando Bilbo era ancora bambino.)
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belladonna Tuc, Bilbo, Bungo Baggins
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Shire Folk'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Di litigi, lucciole ed Elfi.

 
 
“Bilbo! Per la miseria, ma dov’è andato a cacciarsi questa volta quel ragazzo?!”
Belladonna Tuc sorrise intenerita nell’udire la voce preoccupata del marito.
Ogni sera la scena era praticamente sempre la stessa: l’orario di cena arrivava e passava, senza che a tavola vi fosse traccia di Bilbo, il loro unico figlio.
Il piccolo -ma non chiamatelo così: potrebbe indispettirsi alquanto!- sembrava dimenticare che cosa fosse un coprifuoco quando arrivava l’Estate, e a nulla erano valsi i continui rimproveri del suo preoccupato padre, il rispettabilissimo Bungo Baggins.
 
“Per quando si cena devi essere a casa, quante volte dovrò ancora ripetertelo? Ci fai stare in pensiero, lo capisci?”
 
Insomma, non c’era proprio nulla da fare… Per quanti richiami, tirate d’orecchio o punizioni potesse subire, Bilbo continuava a fare di testa sua, arrivando sempre e costantemente in ritardo.
Che fosse a giocare con gli amici e i cugini, o semplicemente in giro da solo, finiva ogni volta per perdere la cognizione del tempo, assorto com’era nelle sue fantasie di bambino, con le quali sembrava avere un talento speciale nel trasfigurare il mondo circostante.
 
Il tempo, peraltro, era incredibilmente bello quell’anno.
La Contea si trasformava d’Estate: gli alberi fiorivano offrendo frutti succosi e maturi; i campi, gravidi di raccolto, parevano immense distese dorate. E l’azzurro del cielo si specchiava nei piccoli rivi e negli stagni dei quattro Decumani, creando magici giochi di luce.
 
Non c’era da stupirsi, pensava Belladonna, se il loro vispo figliuolo si lasciasse sedurre così intensamente da quel clima frizzante e dal profumo caratteristico del mese di Giugno.
E come avrebbe potuto biasimarlo, quando da ragazzina il suo comportamento era stato uguale, se non peggiore?
 
Tuttavia, forse proprio per questo, alcuni limiti andavano imposti, e suo marito non era certamente nel torto: avere libertà non voleva certo dire poter fare qualunque cosa, e, sebbene non vi fossero pericoli palesi nella Contea, prevenire era sempre assai meglio che curare.
 
Proprio in quel momento la porta d’ingresso si aprì con un cigolio e una testa ricciuta fece capolino.
Il birbante era finalmente arrivato.
 
 
                                              ***
 
“E niente dolce questa sera, signorino! Vediamo se per una buona volta ti entra un po’ di sale in zucca”.
 
Belladonna sospirò, ma non si oppose quando Bungo decretò la sua punizione: la torta di fragole era la preferita di Bilbo, e suo padre lo sapeva bene.
 
Il piccolo le rivolse uno sguardo implorante, uno di quelli che generalmente riuscivano a intenerire perfino la tremenda signora Asfodelia, severissima insegnante di Hobbiville.
Purtroppo per lui non funzionò, e l’espressione sul viso di Bilbo passò tosto ad un misto di ferita e delusione.
Aveva chiaramente sperato che sua madre lo appoggiasse, e invece…
Tirando su col naso, nella maniera più dignitosa possibile, il giovane Hobbit si alzò dalla sedia correndo verso la propria stanza.
 
“Bilbo Baggins! Torna qui immediatamente, giovanotto! Nessuno ti ha dato il permesso di alzarti da questa tavola!”
Bungo scattò a sua volta in piedi, pronto a rincorrere quel ribelle del figlio, ma Belladonna lo fermò afferrandogli il braccio.
“Non prenderai le sue difese anche questa volta, voglio sperare! Possibile che tu stia sempre della sua parte?” le berciò contro lo Hobbit.
“Io non prendo le difese di nessuno”, rispose dolcemente lei, “Mi limito a ribadire ciò che è giusto, solo che lo faccio alla mia maniera”.
Bungo sbuffò: “Le conosco le tue maniere, Bella. Moine e carezze, e io finisco sempre relegato a fare la parte del cattivo”, concluse lievemente intristito.
 
“A volte marito mio, sei più infantile del nostro ragazzo”, Belladonna ridacchiò allacciando le braccia attorno alla vita del compagno, “Se avessi veramente voluto farti passare per il cattivo, non avrei dovuto fare altro che prendere le difese di Bilbo quando gli hai negato il dolce”.
 
“È solo che non so veramente come comportarmi con lui…” Bungo sospirò, afflitto, “Mai una volta che mi dia retta. A volte mi chiedo se le mie parole abbiano un qualche significato per lui: non si rende conto che è solo perché mi preoccupo che…”
 
“Shhh! Bilbo ti adora, e lo sai”, lo rassicurò la moglie, “Forse è solo il tuo approccio ad essere sbagliato. Ci siamo passati tutti, no? Non dirmi che non ti è mai successo con tuo padre… Noi non eravamo poi così diversi alla sua età”, fece una risatina e poi riprese, “Ho perso il conto di tutte le sgridate che mi sono buscata. Forse quello che dovresti fare è provare a metterti nei suoi panni. Le parole giuste poi, verranno da sole”.
 
“Probabilmente hai ragione”, Bungo si rilassò visibilmente fra le braccia della moglie, “Ma dubito che in questo momento quel discolo voglia starmi a sentire…”
 
“Lascia fare a me”, ribatté la Hobbit, con una strizzatina d’occhio.
 
                
                                                            ***
 
Un paio di colpi leggeri, seguiti da un terzo più deciso.
Bilbo capì subito chi fosse: quello era un loro segnale speciale.
Difatti fu la voce di lei, che udì subito dopo.
 
“Bilbo? Mio piccolo principe, posso entrare?”
 
Il ragazzino sorrise: sua madre aveva iniziato a chiamarlo con quel nomignolo affettuoso dopo che avevano letto insieme una favola bellissima. Parlava appunto di un Principe che viveva in un palazzo lontano lontano. Aveva i capelli color della notte, e gli occhi fulgidi come stelle. La Principessa, sua sposa, era sparita misteriosamente, e lui si era messo alla sua ricerca. Era disposto ad affrontare mille pericoli pur di riaverla al suo fianco.
 
Non era il genere di storie che gli altri bambini, suoi amici, apprezzavano: non vi si parlava certo di cibo o di feste.
Ma era la preferita di Belladonna, e tanto bastava perché anche Bilbo l’adorasse.
 
La giovane Hobbit aprì la porta, esitante, appena un secondo prima che Bilbo potesse darle il suo consenso.
 
“Ecco dove ti eri rifugiato. Ma i principi sono coraggiosi, e non si nascondono. Giusto?”
 
Il piccolo mugugnò qualcosa che sembrava un “Giusto”, prima di ficcare la testa sotto il cuscino.
Belladonna ridacchiò avvicinandosi al letto.
Iniziò ad accarezzare la schiena del figlio, sentendolo rilassarsi sotto i suoi tocchi.
“Dove sei stato questa volta?”
 
Il buffo faccino di Bilbo riemerse.
“Lucciole”, sentenziò, come se questo spiegasse tutto.
“Credevo fossero i messaggeri degli Essere Fatati. Mi sono perso mentre li inseguivo. E invece erano solo stupide lucciole”, sbuffò con un tono deluso.
 
“Non prendertela, piccolo mio. Ti ho già detto che gli Elfi non si lasciano trovare così facilmente…”
 
“Ma io voglio vederli!” Bilbo saltò su, con una nuova luce negli occhi, “Mamma, ti prego, portami a vedere gli Elfi!”
 
“Un giorno”, rispose dolcemente lei, “Un giorno ti prometto che li cercheremo insieme. E vivremo una bellissima avventura, come quella del Principe”.
 
“Davvero?” esclamò il ragazzino, speranzoso ed entusiasta.
 
Belladonna non aveva mai visto suo figlio sorridere così tanto: sembrava un bambino di fronte di fronte a una tavola piena di dolci, e aveva gli occhi che brillavano come non mai.
 
“Davvero” confermò la Hobbit, abbracciandolo, “Ma agli Elfi non piacciono i bambini che disobbediscono e litigano coi genitori…”, continuò pensosa, “C’è forse qualcosa che vorresti dire a tuo padre?”
 
Bilbo ritornò serio in un battibaleno: “Che mi dispiace tanto”, mormorò, convinto, “E che non lo farò più”.
 
Belladonna gli tese la mano: “Coraggio, andiamo”.
 
Bilbo esitò appena un secondo, prima di stringerla: “Mamma… anche papà potrà venire con noi, non è vero?”
 
La Hobbit sentì il cuore scoppiare di felicità e tenerezza di fronte a quella richiesta.
Bungo Baggins… tu e le tue sciocche, inutili paturnie.
 
“Ovviamente!” rispose, arruffandogli affettuosamente i capelli.
 

 
 
 
 
Noticine Notucce:
Questa storiella è rimasta scritta a metà sul mio puici per un bel po’ di mesetti, ma di recente quando ne ho accennato a un’amica (Giulia <3), lei mi ha tipo costretta (xD, scherzo Mel) a riprenderla in mano. E così è l’ispirazione è tornata ^O^.
 
Grazie mille di aver letto, spero vi sia piaciuta :-*
 
Nb:
La maestra Asfodelia me la sono completamente inventata ^^”.

 
   
 
Leggi le 15 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: leila91