Anime & Manga > Rocky Joe
Segui la storia  |       
Autore: innominetuo    01/10/2015    10 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
BANNER-MIO-PER-L-UNICO-DOMANI
 
Yoko si risvegliò poco prima dell’alba.

Già nel corso della notte si era alzata silenziosamente per tirar fuori dallo spogliatoio dell’ufficio un plaid in cachemire, per coprire se stessa e Joe, facendo piuttosto freddo per la stagione invernale ormai inoltrata. Quando distesasi di nuovo sul divano accanto a Joe aveva rimboccato la coperta su di sé e sul ragazzo, questi aveva mugolato qualcosa nel sonno, stringendola con forza come per non farla muovere più, cosa che l’aveva fatta sorridere, intenerita. Si era concessa il lusso di contemplarlo: dormiva sereno, con i tratti distesi, russando leggermente. Sembrava innocente come un bambino, il suo campione invincibile.

Dolce, indifeso.

Lo aveva quindi imprigionato a sua volta tra le sue braccia, accarezzandogli i capelli lievemente, per non destarlo. Il sonno aveva tardato ad arrivare: erano successe così tante cose, nelle ultime ore, tanto che i picchi dell’adrenalina si erano fatti sentire e a lungo. Quello poi che, poco prima, era accaduto tra lei e Joe era stato assolutamente inaspettato, per tutti e due. Forse neppure Joe lo aveva creduto possibile e si era recato da lei senza sapere bene come comportarsi. Ma i sentimenti che provavano l’uno per l’altra, alla fine, l’avevano avuta vinta su inibizioni e su sterili “questioni di principio”. Lei stessa era stupita per essersi lasciata andare così, in modo totale. Dopo la morte di Tooru aveva deciso di dedicarsi completamente al lavoro, senza più coinvolgimenti emotivi con un altro uomo. Invece il suo cuore aveva deciso diversamente, palpitando di nuovo: quel ragazzo sbruffone l’aveva fatta capitolare.

Chissà… magari già ai tempi del riformatorio, quando tra lei e Joe gli scontri verbali erano stati anche molto accesi, dato che il ragazzo era stato solito rivolgersi a lei spesso in modo sarcastico e poco gentile, in realtà stava già nascendo un profondo sentimento. Quando finalmente era riuscita ad assopirsi, cullando Joe sul suo seno, per la prima volta dopo tanto tempo si era sentita completamente serena, in pace con se stessa ed appagata.

Cominciava ad albeggiare proprio allora: il sole fece il suo timido ingresso nel cielo di Tokyo per inaugurare una nuova giornata invernale, fredda ma serena.

Con delicatezza, Yoko si sciolse dalle braccia di Joe, rimboccandogli bene le coperta sulle spalle nude per non fargli prendere freddo. Si alzò, stiracchiandosi pigramente ed infilandosi una vestaglietta di ciniglia, in modo da poter preparare qualcosa di caldo per colazione. Mentre si scaldava l’acqua per il caffè all’americana nel piccolo angolo cucina dell’ufficio*, Yoko fece una capatina nella sua sala da bagno personale, per farsi una rapida doccia e per darsi una spazzolata ai capelli. Si osservò poi allo specchio, sorridendo tra sé e sé per la luce speciale che ora vedeva nei suoi stessi occhi e per il colorito roseo e sano delle guance: ma allora era proprio vero che l’amore sapeva regalare una bellezza tutta speciale... Mentre si acconciava i capelli, spruzzandovi un soffio di lacca, andava ripensando, con dolce languore, ai momenti magici trascorsi tra le braccia di Joe, cui si era abbandonata totalmente, senza remore né vergogna, sentendosi perfettamente a suo agio ed in pace con se stessa. Anzi: non avrebbe mai immaginato che un ragazzo irruente come lui potesse essere passionale ma anche delicato e gentile, capace di accarezzarla con infinita dolcezza.

Tornata in stanza, si diresse silenziosamente all’angolo cucina per preparare l’infusione del caffè e per zuccherarlo. Se ne versò una tazza, ristorandosi con il forte aroma dell’arabica. Poi, a passo leggero, si avvicinò al divano con una tazza di caffè per mano, un po’ come aveva già fatto appena qualche ora prima quasi per un déjà vu, e, posati i mugs sul tavolino, si accorse che Joe, nel frattempo, si era svegliato. Questi, tiratosi su a sedere, le scoccò quindi un’occhiata intensa, senza dire nulla; poi, non appena lei si fu chinata per baciarlo, la afferrò per la vita con fare possessivo e se la fece sedere sulle ginocchia.

“Buongiorno…” gli sussurrò Yoko “…dormito bene?” quando riuscì a prendere fiato dal lungo bacio con cui Joe le aveva dato il suo, di “buongiorno”.

“Mai stato meglio.” sorrise lui, continuando a baciarla sul collo con delicatezza.

“Gradisci un caffè?”

“Dopo…”

La fece distendere sul divano e, sciogliendo il nodo della cintura, le dischiuse la vestaglia, per poter nuovamente ammirare il suo corpo, stavolta reso luminoso dalla dolce luce dell’alba.

“Sei bellissima…candida come la neve…” mormorò, accarezzandole il collo e le spalle per poi catturarle le labbra.

“Joe…”

“Mmh…?”

“Forse dovresti telefonare a Tange… sei stato fuori tutta la notte…” riuscì lei a proporgli, tra un bacio e l’altro.

“Dopo…” ripeté lui, omaggiandola di un luminoso sorriso e ricominciando a baciarla ovunque, facendola sospirare.

“Non riesci a dire altro che ‘dopo’? Sei monotono…” celiò lei, ridendo, cingendogli le spalle con fare languido.

“E tu parli troppo.” replicò lui con la voce resa roca dalla passione, stringendola a sé. Affondò il viso nei capelli di lei, per aspirarne il profumo.

Ancora una volta il caffè venne abbandonato sul tavolino a raffreddare…

°°°°°°°

Un paio di ore dopo, Joe, fischiettando, si accinse a prendere la metropolitana per poter far ritorno a casa. Camminava si può dire ad un metro da terra. Finalmente, dopo tanto tempo, si sentiva sereno ed in pace con se stesso. Accidenti che eventi aveva vissuto, appena qualche ora prima… Dopo intere settimane in cui si era limitato ad andare avanti, quasi trascinandosi per pura inerzia, cercando di trovare solo in se stesso abbastanza fiducia e speranza per non arrendersi all’ineluttabile, ecco che ora poteva respirare a pieni polmoni in una serena e luminosa mattinata invernale. Erano state sufficienti solo poche ore, per stravolgere completamente la sua vita, sia come pugile che come uomo. E pensare che appena il giorno prima le cose sembravano essere giunte ad un punto di non ritorno. Persino Tange, infatti, giorni addietro gli aveva voltato le spalle, mettendolo di fronte al fatto compiuto con un biglietto di commiato. Il buon Nishi, suo antico compagno di cella al riformatorio, dopo aver chiuso con la boxe, se n’era andato a vivere per conto proprio, essendo desideroso di una vita tranquilla e regolare con un lavoro, con un tetto sulla testa e… chissà: magari pure con una moglie giovane e graziosa al proprio fianco.

Eppure… se anche tutto il mondo della boxe gli aveva sbattuto la porta in faccia decretando la sua fine come pugile, c’era stata una persona che non aveva smesso di credere in lui, dimostrandolo a pieni fatti.

Yoko.

Solo a pronunciare il nome di lei, a mezza voce, Joe provava una sensazione di dolce languore che lo pervadeva sino alle più profonde fibre del suo essere…

La sua donna.

Ecco: finalmente poteva pensarlo senza sentirsene turbato o non all’altezza. Lui non se l’era bevuta per nulla la storiella del pugile straniero capitato per caso in Giappone a disputare degli incontri sotto l’egida dello Shiraki Boxing Club per conto della bella ereditiera “fissata” con la boxe… incontri che, putacaso, vedevano come avversari proprio gli ultimi tre sfidanti di Joe! Carlos aveva già affrontato e battuto Nango ed Harajima. Mancava ormai solo Ozaki, per chiudere il cerchio. Joe emise una lieve risata: era quasi come se Carlos, in un certo senso, fosse giunto a Tokyo per “vendicare” il suo onore! Il venezuelano gli aveva saputo trasmettere la sua carica ferina, potente ed inarrestabile: in Carlos Joe aveva riconosciuto subito un suo simile.

Un uomo dalla pelle dura, cresciuto per strada, senza regole e senza remore.

Un uomo che sapeva prendere la vita a morsi, con ardore e con coraggio.

Un uomo che aveva la fame del ring, per il quale i rounds non erano mai abbastanza lunghi.

Avevano picchiato duro, tutti e due su quel ring della palestra Shiraki: non si era trattato di un allenamento, proprio per niente. E Joe non si era limitato affatto a fungere da sparring partner a Carlos Rivera. E Yoko aveva accettato questo match improvvisato perché lei sapeva che era proprio di questo che lui avesse bisogno, per superare il blocco psicologico che per mesi lo aveva inibito e che gli aveva impedito di essere se stesso sul ring. Intuito femminile, forse? Chissà. Joe sorrise tra sé e sé, felice di poter immaginare la sua innamorata come una fata benefica o un angelo custode, capace di venirgli in aiuto al momento opportuno. A differenza degli altri, capaci solo di allargare le braccia in segno di resa, Yoko aveva reagito, mettendolo nella condizione di potersi rimettere in gioco, di dimostrare a tutti, Tange compreso, che lui non era affatto finito. Averla tra le sue braccia era stato un regalo inaspettato del destino, di cui lui stesso era ancora incredulo.

Arrivato alla stazione di Minami Senju, vicina al quartiere del ponte Namidabashi**, Joe si fermò al passaggio a livello, insieme ad un gruppetto di persone, in attesa che passasse il treno che stava per arrivare proprio allora, quando, all’improvviso, si avvide che un bambino, cui era sfuggita la palla, aveva pensato bene di attraversare le sbarre abbassate per andare a recuperarla sulle rotaie, provocando le urla terrorizzate della sua povera madre!

“Ma porc…!” imprecò Joe, infilandosi subito sotto le sbarre per andare ad acciuffare il bimbo imprudente. Si sentì però spintonare sullo sterno, rinculando così al di qua delle sbarre: Joe, mentre si rialzava da terra, poté osservare la velocità fulminea con cui un uomo, sbucato chissà da dove, avesse oltrepassato le sbarre, agguantato in qualche modo il piccolo scavezzacollo e riattraversato il passaggio… il tutto in una manciata di secondi! L’eroe improvvisato era riuscito a salvare il bambino appena per un pelo, dato che il locomotore del treno sopraggiunse subito dopo.

“Grazie…grazie…” riuscì solo a dire la giovane madre, in ginocchio e tra le lacrime, mentre stringeva al seno il figlioletto con fare convulso.

“Non c’è nulla da ringraziare. Si calmi ora: è tutto passato.” replicò l’uomo in tono pacato.

Joe lo scrutò con attenzione. Doveva essere sulla cinquantina o giù di lì. Molto ben portante, era snello e di media statura. Ma c’era qualcosa in quel viso che lo turbò senza quasi rendersene conto… era come una sensazione o una forma di intuito. Eppure, nonostante l’incontestabile natura eroica del gesto dimostrato, Joe provò istintivamente disagio e nervosismo nei suoi confronti. Finalmente quelle benedette sbarre si sollevarono e lui poté, a grandi passi, allontanarsi da lì.

“Ehi… ragazzo, aspetta un momento. Vorrei parlarti: è da un po’ che ti vengo dietro.”

Se c’era un modo sbagliato per interagire con Joe era proprio quello di farlo sentire braccato.

“Non La conosco. Che cosa vuole?!” gli brontolò osservandolo un po’ di scarto.

“Te l’ho detto. Parlarti.” al che gli si avvicinò un poco. “Ho già conosciuto il tuo coach ed ho parlato con lui. Ora però è giusto che ci conosciamo pure noi due.”

Joe tornò a voltargli le spalle “Non mi interessa.” replicò, secco, riprendendo a camminare.

“Aspetta…” Hiro Nakamura gli corse dietro e gli posò la mano sulla spalla, per farlo fermare.

“Toglimi. La. Mano. Di. Dosso.” sibilò Joe, che si stava irritando sempre di più.

“NO: ed ora, che mi fai? Mi picchi?” insinuò l’altro, ironico.

Joe, imprecando a denti stretti, si divincolò dalla presa con uno strattone e si girò a guardare l’uomo negli occhi: gli parve davvero di specchiarsi e di vedere un altro se stesso. Una versione ovviamente più matura… ma la somiglianza era incontestabile! Non sapeva neppure lui che cosa provasse, in quel momento… un coacervo di sensazioni contrastanti e poco distinte nei confronti di quell’uomo gli si agitava dentro e gli faceva sentire dei forti crampi alla base dello stomaco.

Rabbia.

Paura.

Imbarazzo.

Risentimento.

Un accenno di tutte queste cose, che si alternavano l’un l’altra, come in una spirale impazzita che non smette di girare e girare. Ovviamente Joe non nutriva dubbi sul fatto che costui fosse quel Nakamura di cui Tange avesse provato a parlargli. Però non riuscì a replicare, ad offenderlo, a prenderlo a pugni. Non riuscì a fare nulla. Joe se ne rimase zitto, a fissare suo padre negli occhi, con le mani infilate in tasca. Nakamura non si sottrasse a quello sguardo. Rimasero a fissarsi per qualche minuto. Poi le note di un motivo malinconico si diffusero nell’aere. Hiro Nakamura si era messo a fischiettare la triste musica che per tanto, troppo tempo era stata unica compagna di vita per Joe.

Quando aveva vagato di città in città.

Quando aveva passato molte notti all’addiaccio.

Quando si era sentito solo.

La conosci questa musica?” gli chiese Nakamura con un tono raddolcito. Avrebbe voluto afferrarlo e stringerselo addosso sul suo petto, come quando era un neonato… farlo sentire protetto e sicuro come allora… Gli occhi gli si riempirono di lacrime… il suo ragazzo. Come si era fatto bello e forte…non avrebbe mai smesso di guardarlo. Notava alcuni particolari, sul viso di Joe, che gli ricordavano anche la sua povera Kahori: i lineamenti del figlio erano più gentili dei propri e la curva delle labbra era la stessa di quelle della maiko più bella di Gion…

“Sì. La conosco. La conosco benissimo.” rispose Joe con voce atona, spezzando l’incantesimo. Poi si voltò e se ne andò.

Hiro Nakamura, affranto, si lasciò scivolare a terra, in ginocchio.

°°°°°°°

“Eccomi, sono tornato.” borbottò, una volta rientrato a casa.

“Dove cavolo sei stato tutta la notte, eh? Io stavo morendo dal pensiero che ti fosse successo qualcosa! Mi avevi detto che avevi una persona da andare a salutare e poi non sei più tornato a casa!! Vuoi farmi morire dal crepacuore, eh?!?”

“Ehi ehi calma! Non sei morto di crepacuore quando mi hai mollato da solo, qualche giorno fa, mi pare…ora cosa ti prende?” brontolò Joe, sfilandosi la maglia e grattandosi la testa. Ci mancava pure Tange con i suoi sfiancanti predicozzi!

Tange sospirò, il mento sul petto. “Joe… ragazzo mio… tu hai ragione. Io ho sbagliato. Pensavo di fare la cosa giusta per te. Invece tu avevi bisogno del mio sostegno… non mi perdonerò mai per averti lasciato solo… ma ora sono di nuovo qui e non ti mollerò più per un solo attimo!”

Joe roteò gli occhi al soffitto, esasperato. Salì la scaletta di legno per andare a cambiarsi. “Va bene, va bene… non ne parliamo più” cominciò a dire più gentilmente, una volta ridisceso in tuta e scarpe da corsa “da oggi in poi desidero che mi alleni per come si deve: voglio tornare sul ring il prima possibile e mostrare a tutti chi è Joe Yabuki. Ci stai?”

“Certo… ed io farò di tutto per trovarti uno sfidante, anche a costo di andare a strisciare alla Federazione…”

“Ora non esagerare. A proposito: tra una settimana Carlos Rivera incontrerà Tiger Ozaki e Yoko mi ha regalato due biglietti per le prime file. Ci andremo insieme a vederlo, il vero Carlos: eh, che ne dici?”

Senza neppure attendere una risposta, Joe uscì dalla palestra, lasciando Tange visibilmente perplesso. Cominciò quindi a correre in modo sostenuto e ritmato, per aiutarsi a non pensare più a nulla.

°°°°°°°

Korakuen Hall, una settimana dopo, alle ore 21.00

Joe e Tange presero posto, guardandosi intorno: non avevano mai visto, prima d’ora, così poca gente assistere ad un incontro di boxe. Men che meno quando si trattava di un match con un campione della categoria dei pesi medi del calibro di Tiger Ozaki. Evidentemente, la gente si era stufata di vedere incontri noiosi portati poi a fine con un colpo “fortunato”: di sicuro, Carlos Rivera non aveva riscosso molto successo in Giappone, quanto a popolarità. Pure negli articoli dei quotidiani sportivi si poneva l’accento più sull’aspetto “esotico” del bel venezuelano e sulle sue scorribande notturne nei locali di Tokyo, piuttosto che sulle sue doti sportive…

“Accidenti, che deserto. Peggio per loro: non sanno cosa si perdono…” sussurrò Joe.

“Eh? Cosa intendi dire?”

“Intendo dire che mentre boxavo con Carlos, qualche giorno fa, ho conosciuto le sue potenzialità: altro che brocco. E non credo proprio che stasera farà il teatrante, tuttalpiù che questo sarà il suo ultimo match qui da noi.” sorrise Joe, sibillino.

“Queste cose te le ha dette Yoko, giusto? A proposito, ehm… ma che stai combinando… con la signorina Shiraki, intendo dire?” osò chiedere Danpei, arrossendo dall’imbarazzo.

“Scusami, vecchio, ma questi non sono affari tuoi. Ed ora concentriamoci sull’incontro di stasera.”

Tange lo osservò per qualche secondo. Niente da fare: quando Joe erigeva un muro col prossimo non c’era modo di avere risposte. Anche se, a volte, certi silenzi sanno essere molto eloquenti… Ad ogni modo, non avrebbe mai e poi mai forzato il suo ragazzo a confidarsi con lui: avrebbe deciso Joe se e quando farlo.

Intanto che aspettava l’ingresso dei due sfidanti della serata, Joe vide arrivare Yoko, in compagnia del suo segretario e di suo nonno. La giovane si voltò verso di loro e li salutò con un lieve cenno del capo. Tange si alzò in piedi e si inchinò rispettosamente. Joe sollevò brevemente la mano, come se niente fosse. Dall’esterno non apparve esserci nulla di nuovo, tra loro due: nessuno dei pochi astanti, neppure il più ficcanaso dei giornalisti, avrebbe mai potuto vederci chissà cosa, tra il pugile e l’ereditiera. Joe e Yoko avevano infatti deciso insieme di tenere celata al mondo la loro relazione, per proteggerla dai pettegolezzi, dalle cattiverie e dai pregiudizi. Ci fu quindi solo un breve istante, prima che Yoko prendesse posto, in cui lei e Joe si accarezzassero con lo sguardo, come per un segreto messaggio d’amore.

Ecco giungere i due pugili, ognuno accompagnato dal proprio team. Joe notò il loro diverso atteggiamento. Mentre Tiger Ozaki e compagnia erano tutti sorridenti come in vista di una scampagnata, Carlos ed Harry avevano sul viso un’espressione fredda e concentrata.

Un’espressione spietata.

“Eh già… stasera non credo proprio che farai l’attore, amico… Tiger se la vedrà molto brutta!” rifletté Joe, il mento appoggiato sulle mani, i gomiti sulle ginocchia, mentre osservava i preparativi sul ring degli sfidanti.

Lo speaker salutò gli spettatori e procedette con la presentazione dei due pugili; dopodiché, inaspettatamente, Carlos gli strappò il microfono di mano.

Buena tarde e scusatemi. Volevo dire che questo match non durerà dieci riprese. Ne avrà una: una soltanto.”

Joe sorrise, commuovendosi ad un ricordo… una frase simile l’aveva già udita, tanto tempo prima.

“Uno solo. Mi basterà un solo round per sistemare questo dilettante.”

Solo Tooru Rikishi lo aveva saputo rimettere al suo posto. Gli aveva insegnato ad essere umile ed a rispettare le regole della boxe. Il ragazzo di strada dalla rissa facile aveva imparato a mangiare la polvere. C’è sempre qualcuno più bravo e più in gamba: con Tooru aveva appreso questa importante lezione di vita…

Finalmente iniziò il match. Carlos avanzò subito verso Tiger con un magnifico gioco di gambe: lo raggiunse, rapido e fatale come un animale predatore. I suoi magnetici occhi verdi quasi ipnotizzarono Ozaki, il quale non fece in tempo a fare proprio nulla: non poté aggirare la difesa di Carlos, né, tantomeno, portare a segno anche un solo pugno. Il venezuelano schivò facilmente i colpi di Tiger e, scansatogli il braccio per aprirgli la difesa, gli assestò un uppercut poderoso… Ozaki venne sbalzato verso l’alto per poi piombare a terra a corpo morto. Il tutto si era compiuto in venti secondi netti. L’arbitro, anch’esso basito per la velocità con cui Carlos Rivera avesse stracciato il suo avversario, non poté che sollevare il braccio del venezuelano, decretando l’avvenuto ko tecnico per Ozaki. Il team di Tiger Ozaki si premurò immediatamente di prestargli soccorso, facendo intervenire il medico di gara. L’ex primo in classifica dei pesi medi giapponesi venne portato d’urgenza all’ospedale più vicino. Nella sala del Korakuen Hall scese un silenzio mortale: i pochi spettatori presenti erano rimasti di sasso.

Venti secondi.

Un incontro di ben dieci rounds era finito al ventesimo della prima ripresa. E l’artefice di ciò era stato Carlos Rivera, il “brocco” dello SBC. Ovviamente i giornalisti presero quasi d’assalto Rivera, Robert e la Shiraki, per capirci qualcosa, dato che ques’ultimo incontro non aveva avuto nulla a che vedere con i precedenti due disputati contro Nango e contro Harajima. Yoko venne intervistata per prima, dato che Carlos Rivera aveva boxato in Giappone sotto l’egida dello Shiraki Boxing Club.

“Shiraki-sama, come può spiegarci un simile ‘prodigio’? gli altri due incontri del suo pugile non erano stati molto brillanti… Carlos Rivera li aveva conclusi al terzo o al quarto round con dei colpi fortunati…”

“Ecco, vedete, non si è trattato affatto di colpi fortunati. Io ho sempre conosciuto le potenzialità di Carlos Rivera. Non per nulla è stato soprannominato ‘il Re senza corona’” spiegò Yoko, con molta pacatezza “A tal proposito, lascio la parola al procuratore di Carlos. Mr. Robert saprà essere di certo più chiaro di me.”

“Miss Shiraki ha detto il vero: Carlos ha delle enormi potenzialità. Vi annuncio anzi che a breve disputerà a Città del Messico l’incontro clou dell’anno: quello per il titolo mondiale.” aggiunse Harry Robert. I giornalisti impazzirono ad una notizia simile e flasharono i tre intervistati, subissandoli di domande, cui Robert rispose di nuovo. “Esatto, sì… José Mendoza combatterà contro Carlos: ho sentito giusto ieri il procuratore del campione mondiale. A fine gennaio avrà luogo il match.

Anche Carlos volle dire la sua e, preso il microfono da Harry, si rivolse ai giornalisti. “Pido disculpas***, se ho recitato una parte. Ho dovuto fingere di essere poco forte per poter fare degli incontri. Sennò nessuno vuole più combattere con me. Ma voglio dire pure un’altra cosa: non intendo andarmene dal Giappone se prima non avrò fatto un altro incontro.” al che Carlos si alzò in piedi e si voltò verso le prime file degli spalti, ove sapeva di trovarvi Joe. Lo cercò con gli occhi e, come lo vide, un magnifico sorriso lo illuminò tutto. Sollevò la mano e puntò l’indice verso Joe, il quale lo fissava stupefatto, incapace di dire alcunché per la sorpresa di essere interpellato in quel modo…

“Eccolo, il mio avversario. Voglio che venga subito fissato un match proprio qui. Voglio Joe Yabuki sul ring!”

______________________________________

Spigolature dell’Autrice:

*mi piace immaginare l’ufficio di Yoko Shiraki come uno di stampo “americano”, dotato di bagno personale, di spogliatoio e di angolo cucina… ricordate il capolavoro di Billy Wilder “Sabrina” (Usa 1954) con la divina Audrey Hepburn?

**Il Ponte delle Lacrime.

*** “Chiedo scusa” in spagnolo

L’angolo del boxeur :

Come termina un match?

L'incontro può terminare: per fuori combattimento di uno dei pugili o, eccezionalmente, anche di entrambi i pugili; per abbandono di uno dei pugili o, eccezionalmente, di entrambi (cosa incredibile a vedersi!); per getto dell'asciugamano (da parte dello staff del pugile: un allenatore SA quando il suo pugile non ce la fa più a continuare); per arresto del combattimento da parte dell'arbitro; per avere i pugili compiuto il numero delle riprese previste (ergo: il match è finito!). Il fuori combattimento (knock out o ko) si verifica quando un pugile (o eccezionalmente entrambi i pugili) è “contato” a terra dall'arbitro fino a 10 secondi. L'abbandono si verifica quando un pugile abbandona il combattimento in quanto non si sente in grado di proseguire; in tal caso egli dovrà alzare il braccio e desistere dal combattimento dirigendosi verso il proprio angolo: quando avviene ciò, egli alza il braccio e pronuncia la parola “abbandono”. Si ha il getto della spugna quando i “secondi” chiedono la fine del combattimento a causa della situazione di inferiorità in cui si trova il loro assistito: vedono cioè che non ce la fa più a continuare e decidono per lui. L'arresto del combattimento per ordine dell'arbitro si ha ogniqualvolta questi reputi che uno dei pugili si trovi in stato di evidente inferiorità oppure non sia in grado di continuare il combattimento per ferite (soprattutto al sopracciglio, dato che il sangue cola nell'occhio ed impedisce di vedere) o per altre cause; nel caso che uno dei pugili (o entrambi) abbia riportato una ferita e l'arbitro non sia da solo in grado di valutarne la gravità, potrà sospendere l'incontro e chiedere l'intervento del medico di gara per un rapido consulto sul ring stesso; quindi deciderà di conseguenza, dopo aver sentito il parere del dottore. Inoltre l'arbitro ha la possibilità di sospendere l'incontro quando ritiene di squalificare uno o entrambi i pugili.
L'incontro può anche essere sospeso dal commissario di riunione per sopravvenute circostanze di forza maggiore (per esempio: il comportamento rissoso del pubblico, che si mette a lanciare oggetti sul ring, un po' come gli ultras del calcio!).
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rocky Joe / Vai alla pagina dell'autore: innominetuo