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Autore: Nerhs    02/10/2015    1 recensioni
"E' stato solo un angelo che ha sfiorato le mie labbra"
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«Io non volevo deluderti Cal. Cosa posso darti? Sarebbe tutta un'immensa bugia»
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Day 5
 
                                                                                            Musica: Ludovico Einaudi – Tu Sei
 
«Ricapitolando: tu sei morta uccisa per salvare me, sei diventata un angelo custode, il mio per la precisione, nessuno a parte me può vederti, quando starò male anche tu ti sentirai così e puoi volare, che tra l’altro, penso sia la cosa più figa del mondo» rise
«Si, più o meno è andata così -mugolai rigirando un pop corn tra le dita, masticandone un altro- ricordavo fossero più buoni» sussurrai
 
Calum si sollevò dal divano e poggiò le sue mani sui fianchi. Mi fissò e sorrise. Ricambiai il suo sorriso e notai quanto fossero adorabili i suoi zigomi e quanto le sue labbra fossero piene e gonfie. Chissà quanto deve esser bello baciarlo. D’un tratto lo vidi impallidire, si irrigidì sul posto e lasciò che le mani scivolassero lungo i fianchi, dritte. Mi fissò ad occhi spalancati e aprì la bocca per dire qualcosa ma non uscì neppure un suono. Sembrava sconvolto e sorpreso, poi quando le sue gote si imporporarono, sembrò perfino imbarazzato. Mi girai per vedere se ci fosse qualcuno, ma il salotto di casa Hood era deserto.
Mi voltai nuovamente verso il ragazzo che ora sembrava essersi rilassato leggermente e un sorriso malizioso gli pitturava le labbra.
 
«Ti ho sentito pensare dentro la mia testa -confessò- vuoi provare?» chiese
«Provare cosa?» chiesi facendo la finta ingenua, sapevo benissimo cosa intendesse
«A baciarmi» si avvicinò piano e si sedette accanto a me sul divano
 
Non era una buona idea. Non avrei dovuto. Avremmo dovuto passare ogni singolo istante della sua vita insieme, sarebbe stato maledettamente imbarazzante dopo. Poi lui aveva una fidanzata, che per quanto infedele, era sempre tale. Lo vidi avvicinarsi e man mano che il suo viso si avvicinava al mio, i suoi pensieri si facevano sempre più forti e i suoi occhi si socchiudevano. “Riesci a sentirmi? Avvicinati”. Mi sporsi un poco avanti, giusto quanto rimaneva per riempire lo spazio che rimaneva a separarci e fui io a baciarlo.
Le sue labbra rimasero immobili, così come le mie. Nessuno dei due sapeva se continuare o no. Rimanemmo così per un po’, fin quando lui si decise a prendermi la guancia con una mano e a muovere la sua bocca sulla mia. La mia rimase immobile, così come il mio cervello. Non sapevo cosa fare, né cosa pensare. Le sue labbra erano piene e morbide come avevo pensato, ma non mi davano alcuna emozione. Nulla. Era come se non stessi baciando uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto nei miei brevi e insulsi sedici anni di vita. Presi la sua mano tra le mie e la scostai dal mio viso. Poi mi allontanai e sotto il suo sguardo attento, mi leccai le labbra. Sapevano di lui. Sorrisi e gli lasciai andare la mano.
 
«E’ stato bello come pensavi?» chiese avvicinandosi ancora
«No, in realtà. Baci bene, ma…non era giusto» dissi, abbassando lo sguardo
 
Calum si alzò, mi guardò per un po’, e se ne andò, lasciandomi su quel divano sola. Mi diedi della stupida per ciò che gli avevo detto e mi alzai anche io. Avevo sentito sbattere una porta e non sapevo se lui se ne fosse andato o meno. Iniziai a camminare per casa sua a piedi nudi, sentendo il freddo delle mattonelle sulla pelle e un fastidioso formicolio nel petto. Arrivai alla porta della cucina, ma lui non era lì. Mi fermai comunque e, aprendo lo sportello del frigo, trovai una scatola di latte e miracolosamente, anche l’ingrediente che più preferivo in assoluto. Afferrai un bicchiere dalla dispensa sul lavandino e lo riempii di latte, aggiungendo il liquido gelatinoso. Sorrisi e mi precipitai su per le scale, aprendo ogni porta, ma in nessuna trovai il ragazzo. Se ne era andato, probabilmente. Mi fermai in quella che sembrava la stanza di Calum e mi sedetti sul letto, poggiando il bicchiere sul comodino. Mi guardai intorno e osservai tutti i poster delle band attaccati in una parte di muro. Sembravano formare un murales, tutti rilegati in una parte della stanza. La scrivania era un completo disastro, così non avendo da fare, mi alzai dal materasso e mi sedetti sulla sua sedia girevole e mi misi a riordinare tutte le cianfrusaglie che teneva li sopra. Alcuni fogli caddero da un quaderno che teneva lì sopra e mi piegai per raccoglierli. Erano delle canzoni, con dei titoli stupendi. Erano forse una quindicina di pezzi e su ognuno di essi, oltre alle parole, erano scritti degli accordi musicali.
Nel leggerli mi addormentai con la testa poggiata sui fogli e non mi accorsi di quando lui tornò.
 
 
Entrò in camera e la trovò con la testa poggiata sulla sua scrivania, la schiena ricurva sulla sedia e il braccio che penzolava. Sorrise nel vederla così indifesa e, nel più bel significato possibile, infantile.
Si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla e poi prese a scuoterla. Spalancò gli occhi verdi e lucidi di sonno e, come una bambina, si passò il pugno chiuso su entrambe le palpebre. Non lo lasciò neanche parlare, perché intraprese un soliloquio sul fatto che lei lo stesse aspettando da un po’, e poi avesse iniziato a mettere in ordine la sua scrivania, scoprendo accidentalmente i suoi “stupendissimi testi”.
Calum rise, quando lei si alzò barcollando dalla sedia e si mosse in direzione del suo comodino, dove afferrò un bicchiere colmo di una sostanza verdognola e glielo porse.
 
«E’ latte e menta, niente veleno. Cioè, mia madre da piccola mi diceva che un po’ di latte e menta guarisce qualsiasi cosa, e siccome tu, insomma te ne eri andato, ho pensato che potesse piacerti e farti sentire meglio» commentò
 
Il ragazzo prese il bicchiere e ne trangugiò un bel sorso per poi sorridere. Le prese la mano e la tirò verso di lui, attirandola tra le braccia e stringendola come non aveva mai stretto nessun altro in vita sua. Le lasciò un bacio umido di latte e menta sulla fronte e ridendo “Avevi ragione, sto molto meglio ora” pensò.
Lei lo guardò dal basso, ancora stretta nel suo abbraccio e “Non ce l’hai con me, vero?”, lui scosse la testa, negando e le lasciò un altro bacio.
Lui non ce l’aveva con lei. Lui ce l’aveva col fatto che a lei lui non piacesse. Pich era così bella e lo pensava dalla prima volta che la vide sconvolta e piangente al centro commerciale. Pensava di aver fatto centro nello stesso istante in cui lei aveva confessato di voler provare un suo bacio, ma quando lei gli aveva detto che non aveva provato nulla, si era sentito deluso.
Ma pensò che infondo era meglio. Con quel angelo avrebbe dovuto passarci il resto della sua vita e le cose sarebbero diventate troppo imbarazzanti, dopo. Quindi era meglio così. Quella piccola attrazione fisica sarebbe passata per lui e avrebbero vissuto felici e contenti.
Io non volevo deluderti Cal. Sei un bel ragazzo e se non sarà Melissa, troverai un’altra ragazza da amare, ma quella non sono io. Ti prego credimi. Io ti voglio bene, ma immagina stare con me. I tuoi amici ti prenderebbero per pazzo. Finiresti in manicomio, affermando di avere una ragazza che nessuno vede. Cosa posso darti? Sarebbe tutta un’immensa bugia
Pensò Pich, stretta tra le sue braccia, non accorgendosi però, di aver pensato un po’ troppo forte e che anche Cal aveva sentito.
Hai ragione Pich, amici
 
  
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