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Autore: malandrina4ever    02/10/2015    22 recensioni
«Perché sono il tuo migliore amico. E se c’è qualcosa che ti pesa, allora tocca a me portarla al posto tuo.»
~ James Potter
«E lui poteva appendermi a testa in giù tutte le volte che ne aveva voglia, ma questo non sarebbe mai cambiato. Perché Lily sorrideva a me e non a lui.»
~ Severus Piton
«Potrebbe essere un complimento, lo sarebbe, se solo non fossero la voce e gli occhi di Potter. È incredibile come riesca a far suonare anche le frasi più gentili come una presa in giro, socchiudendo appena gli occhi e imprimendo quella vena beffarda in ogni parola.»
~ Lily Evans
«La vocina acuta che continua a ripetere ‘Prefetto. Dovresti essere un Prefetto’ si attutisce appena di fronte ai sorrisi entusiasti dei miei amici.»
~ Remus Lupin
«Il Grifondoro che c’è in me crede che, forse, dovrei sentirmi almeno leggermente in colpa per aver barato. Ma il Malandrino che c’è in me continua a ghignare soddisfatto.»
~ Sirius Black
«James si sta approfittando spudoratamente della nostra volontà di risollevargli il morale, noi lo sappiamo, lui sa che noi sappiamo, ma finiremo comunque a dare l’assalto alla Sala Comune dei Serpeverde, perché a volte per essere un buon amico devi semplicemente essere bravo a lanciare bombe fatte di cacca.»
~ Peter Minus
«Alla fine Sirius sa essere un fratello impeccabile. Solo non il mio.»
~ Regulus Black
---
I'm not a perfect person
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know

---
Ed improvvisamente non mi sento più così perfetto, perché Lily Evans sta baciando lui e non me.
Perché sarà sempre così, sarà sempre chiunque altro, piuttosto che me.
Ed è semplicemente l’ordine naturale delle cose, come sono sempre andate e sempre andranno, ma non riesco a togliermi dalla testa che è comunque tutto totalmente sbagliato.
Si fotta l’ordine naturale delle cose, dovrei essere io.
---
I've found a reason to show
A side of me you didn't know
A reason for all that I do
And the reason is you.
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Mangiamorte, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO 21.

 

 

 

 

 

Evans entra in camera subito dopo di me e non emette un suono.
Vedo le sue labbra socchiudersi e i suoi occhi spaziare per tutta la stanza e soffermarsi qualche secondo in più sulla parola tracciata in rosso sul letto di Remus: se la scritta la sorprende, non lo dà a vedere.
- Quindi i Serpeverde si sono, prevedibilmente, vendicati per la storia delle Caccabombe nella loro Sala Comune, – commenta infine, riportando lo sguardo su di me. – C’è un motivo in particolare per cui non hai chiamato un professore?
- Servirebbe a qualcosa? – replico scettico, inarcando un sopracciglio. Chiamare un professore. Solo ad un Prefetto poteva venire in mente un’idea simile.
- Cancellare la scritta, tanto per cominciare, - risponde immediatamente lei, avvicinandosi lentamente al letto di Remus.
- Già e poi la McGranitt saprebbe che siamo stati noi, quando...
- Quando vi vendicherete, – conclude contrariata, sospirando. So esattamente cosa sta pensando e mi preparo già a sentire una ramanzina indispettita sull’infantilità di tutte queste ripicche, ma lei si limita a sfiorare le lettere scarlatte con le dita, corrucciata, prima di voltarsi di nuovo verso di me. – Non è difficile, Potter. Una comunissima pozione Solvente la farà sparire: puoi chiedere a chiunque altro del nostro anno che non sia negato come te, non ti serve la più brava del corso.
Negato è un’esagerazione totale, perché potrei preparare anch’io una pozione Solvente, se volessi, se avessi più tempo e se non fossi sotto pressione. Ma non avrei la certezza di non sciogliere anche i muri e questo sarebbe sospetto, oltre al fatto che non gioverebbe ai nostri rapporti col vicinato e la nostra camera e quella di Frank, Mike e Daniel diverrebbero un tutt’uno. Il fatto è che Evans è tutto quello che si pone tra me e l’espressione mortificata di Remus nel momento in cui leggerà quella scritta e non è il momento di puntualizzare i dettagli.
- Sì, ma mi serve prima di subito, - insisto e probabilmente questo non è il modo esatto di chiedere un favore, ma non è una cosa in cui mi sia richiesta bravura, questa. Sono io a fare favori agli altri di solito, a cominciare dal favore che faccio al mondo semplicemente esistendo.
- Frank è perfettamente in grado di prepararla nel tempo minimo indispensabile, – Evans si affretta verso la porta, scoccandomi un’occhiata veloce. - Mi sta aspettando in Biblioteca con Mary ed Alice, te lo mando su.
 
*
 
Frank sarà felice di aiutare Potter.
Per qualche strano motivo, non trova la sua compagnia insopportabile come faccio io. Alice sarà un po’ meno felice di vedere il suo ragazzo defilarsi per occuparsi di affari misteriosi, ma una soluzione che mi permette di fiondarmi alla velocità della luce fuori dalla camera dei Malandrini, lontano da Potter, non può che essere la soluzione migliore. La mia mano si è appena stretta attorno alla maniglia, quando la voce di Potter si frappone per l’ennesima volta tra me e i miei piani.
- Evans. 
Non è come se non avessi mai ignorato Potter in vita mia, non è come se lui non passasse il tempo a chiamarmi senza motivo, ma questa volta è diverso. C’è qualcosa nella sua voce che mi costringe a voltarmi e il suo è lo sguardo di qualcuno che preferirebbe ingoiare un doxie vivo piuttosto che tenere questa conversazione.
- Non è proprio un insulto a caso, no? – sospira combattuto, accennando alla scritta alle sue spalle. – L’ho chiesto a te perché non mi stai facendo domande.
Non gli chiedo cosa gli ha dato la certezza che non gliele avrei fatte. C’è quel nome che aleggia tra di noi, quel ragazzino dai capelli neri che mi riempiva la testa con le sue teorie assurde su Remus Lupin, che poi così assurde, l’ho sempre saputo, non erano affatto. E se mi sono sempre costretta a cambiare argomento ed ignorarlo e non controllare mai, nemmeno una singola volta, il calendario lunare, non ho potuto impedirmi di notare le cicatrici sottili e i graffi nuovi, quelli freschi, una volta al mese. Ed è questo, quel qualcosa così importante per Potter da fargli mettere da parte l’orgoglio. È un qualcuno ed è il suo amico. 
- D’accordo, - acconsento con un sospiro, appoggiando la borsa coi libri sul letto più vicino. – Trovami gli ingredienti ed in dieci minuti la faccio sparire.
- Fantastico, - Potter si illumina, scattando subito verso la porta ed inciampando in un baule rovesciato. Finisce per terra e si rialza all’istante, arrancando, con la stessa espressione sollevata e agitata al tempo stesso. Si aggrappa alla maniglia, prima di voltarsi verso di me.
- Tu, - mi indica e sembra che abbia paura che io mi smaterializzi da un momento all’altro. – Non ti muovere, vado e torno. C’è il vecchio calderone di Peter da qualche parte, puoi cercarlo intanto.
Il rumore della porta che sbatte alle sue spalle copre il mio tentativo di richiamarlo. Incrocio le braccia al petto con un sospiro, continuando a fissare la porta. Diversi secondi dopo, quella si riapre e la testa arruffata di Potter fa capolino nella stanza.
- Non mi hai detto cosa ti serve.
-Infatti, - commento accigliata, afferrando da terra la pergamena più vicina a me e scrivendo velocemente la breve lista di ingredienti con una piuma spezzata a metà. – Fa’ in fretta.
Potter sparisce di nuovo, lasciandomi sola, il che è un lieve miglioramento. Lascio vagare sconfortata lo sguardo a terra, dove a malapena riesco a scorgere tracce di pavimento, figuriamoci un calderone. E va bene, Lily. Nessuno merita quella scritta, tantomeno Lupin, che è sempre gentile ed educato, a parte quando fa esplodere le aule insieme ai suoi amici. Fallo e basta. Così prendo un profondo respiro e mi metto a gattoni, pronta a frugare tra le cose dei Malandrini: questo non è per niente come la mia giornata doveva essere.
 
*
 
È la terza volta che attraverso la Sala Comune in tutta fretta ed è la terza volta che sento gli occhi di due ragazzini del primo anno fissi su di me. La prima volta ho dato per scontato che volessero semplicemente vedere se sarei per caso inciampato in una delle tre borse che portavo, cadendo per le scale ed ammazzandomi, la seconda ero troppo impegnato a gettare il mio orgoglio in pasto ad Evans per farci caso e la terza volta è quella in cui noto che, mentre seguono i miei movimenti ad occhi spalancati, sembrano terribilmente in ansia. Mi fermo di scatto di fronte al ritratto della Signora Grassa, prima di uscire, e punto i miei occhi su di loro, immobili, l’uno di fianco all’altro sulle poltroncine più lontane dal fuoco. Immediatamente abbassano lo sguardo con aria colpevole. Sono due primini, la Sala è vuota e loro non si sono fiondati ad occupare le poltrone più vicine al fuoco, che sono sempre occupate dai ragazzi più grandi e sono per questo il sogno segreto di ogni singolo primino. Ognuno, nessuno escluso. E loro invece se ne stanno là, lontani, come in punizione, anche se la Sala è vuota e potrebbero darsi alla pazza gioia accanto al camino. Ed improvvisamente so come hanno fatto i Serpeverde a scoprire la parola d’ordine della nostra Sala Comune. Gli riservo la mia occhiata più indignata, perché questa è la cosa meno Grifondoro che un Grifondoro abbia mai fatto, a parte quella volta che Sirius è scappato gridando per quel finto pagliaccio assassino, ad Halloween, ma non è questo il punto.
- Ci hanno detto che ci avrebbero trasfigurato le orecchie in tazzine da caffè, - mormora flebile uno dei due, abbassando lo sguardo.
Vorrei rimanere qui a spiegargli che andarsene in giro con delle tazzine da caffè al posto delle orecchie è per un Grifondoro più dignitoso che aiutare dei Serpeverde ad entrare nella nostra Sala Comune, oltre che in qualche modo potenzialmente utile, ma sono passati già diversi minuti da quando ho usato lo specchio per dire a Sirius di tenere Remus lontano da qui il più a lungo possibile ed ora devo sbrigarmi.
 
*

 
La fa facile James, trattieni Remus, quando tutto quello che vuole Remus è tornare in camera a stendersi un po’ a letto. L’ho lasciato cinque minuti fa nelle cucine con Peter, ma non credo che questo ci abbia fatto guadagnare chissà quanto tempo. La cosa frustrante di tutta questa faccenda, oltre al fatto che anche io, avendo dormito solo due ore in tutta la notte, vorrei gettarmi sul letto, è che non so nemmeno perché sia così importante tenere Remus lontano dalla nostra camera. Ma James sembrava serio, agitato ed incazzato e tutte e tre le cose insieme, oltre che ridicolo per via dei capelli, che smorzano sempre qualunque sua espressione dignitosa. Così ho dovuto fidarmi e basta, ma ora ho intenzione di scoprire con i miei occhi cosa sta succedendo nella nostra stanza che Remus non può vedere.
Oh.
Faccio un passo in avanti all’interno di quella che una volta era la nostra camera come ipnotizzato, prima di sbattere il piede contro qualcosa e rischiare di finire a terra. Non che ci sia una terra su cui finire, in tutto questo casino. Questa è guerra. Attorno alle lettere che formano la parola ibrido sul letto di Remus, ci sono tracce di schiuma e incisioni, segno che James ha già provato in tutti i modi a cancellarla, inutilmente. Severus Piton è un uomo morto in tutti i modi in cui un uomo ancora vivo può essere già morto. Credo che potrei andare a cercarlo ora, subito, immediatamente, perché Peter si sta occupando di Remus, James si sta presumibilmente occupando della scritta e a me non resta che occuparmi del funerale di Piton. Ma un lieve sciabordio proveniente dalla porta socchiusa del bagno attira la mia attenzione: subito la apro, aspettandomi di trovare James e non aspettandomi invece di trovare Lily Evans, inginocchiata a terra, che riempie d’acqua un piccolo paiolo dentro la nostra vasca da bagno. 
- Che stai facendo, Evans? – chiedo sospettoso, inarcando un sopracciglio. 
- Gioco a tennis, Black, - replica e anche il suo sopracciglio si inarca. Ma se vuole fare a gara con me, dovrà impegnarsi più di così. – A te che sembra?
- Non usare il sarcasmo con me, Evans, - Il mio sopracciglio ha appena raggiunto la massima inarcatura possibile e lei non potrà competere con questo. Credo di aver esagerato leggermente, perché ora il mio occhio sinistro ha iniziato a socchiudersi e questo sicuramente non mi aiuta a mantenere un’espressione intelligente. - Il sarcasmo è la mia cosa.
- Il sarcasmo non è una tua prerogativa: è un mezzo nelle mani di tutti quelli che hanno a che fare con degli idioti, come me in questo momento.
- Almeno ne sei consapevole: sembri davvero un’idiota chinata a fare cose losche nella nostra vasca da bagno.
- Non sono io l’idiota, io sono quella che ha a che fare con l’idiota, che per la cronaca sei tu. Oh, lascia perdere, sono un’idiota, anch’io: una persona intelligente non avrebbe accettato di aiutarvi, - Evans, a cui io, ci terrei a sottolineare, non ho chiesto proprio nessun aiuto, scuote la testa con un sospiro, prima di lanciarmi un’occhiata scocciata, il che è assurdo, perché non sono io che sono sconfinato nel suo territorio. - Dove si è cacciato il tuo compare?
- James?
- Potter.
- Sono la stessa persona, sai. 
- Non importa, Black, il punto è che non sono qui. 
- Intendi non è.
- Mi stai confondendo.
- Tu mi stai confondendo, Evans. E la vera domanda non è perché James non è qui, ma perché tu ci sei invece, – La nostra camera è stata depredata dai Serpeverde, Severus Piton respira ancora e c’è un Prefetto nel nostro bagno: tutto questo è così lontano dall’essere anche solo vagamente accettabile. - Sei nel mio bagno e non mi piaci nemmeno.
- Il sentimento è reciproco.
- Bene.
- Bene.  
Restiamo a fissarci a braccia incrociate per diversi secondi, poi lei sospira, passandosi una mano tra i capelli, che stanno iniziando ad arricciarsi per via del vapore che riempie il bagno.
- Senti, Potter è nei sotterranei da diverso tempo: forse dovresti controllare che non sia stato catturato e legato nudo da qualche parte o qualunque altra cosa vi facciate voi e i Serpeverde di solito.
- Va bene. Non so perché James dovrebbe essere nudo o perché la cosa dovrebbe interessarti, ma andrò a controllare, - stabilisco avviandomi, prima di voltarmi verso di lei con un sorriso sornione e puntualizzare l’ovvio. – E comunque, Evans, io piaccio a tutti. 
 
*
 
Quando attraverso il buco del ritratto, le braccia cariche delle strane sostanze elencate nella lista di Evans, i due primini sono ancora là nell’angolo che mi fissano spaventati. Mentre gli passo davanti spazientito, le mie labbra canticchiano qualcosa di molto simile a culla dei coraggiosi di cuore, audacia, fegato, cavalleria, fan di quel luogo uno splendore, giusto per sottolineare il disonore totale che rappresentano per la nostra Casa. Poi Sirius sbuca dal nulla e mi viene a sbattere contro, proprio in cima alle scale e mentre rotolo da un gradino all’altro, in una cascata di radici azzurrine e zampe di rospo, forse nemmeno io sono il massimo esempio di dignità ed onore cavalleresco. Mi rialzo stordito e con la risata di Sirius che mi riecheggia nelle orecchie e lui è un altro che il Cappello deve aver sbagliato a smistare, la dannata serpe in incognito.   
- Non è divertente, - informo il mio migliore amico, raddrizzandomi le lenti rettangolari sul naso e chinandomi a raccogliere velocemente tutto quanto. – Piantala di ridere e vai a fare il palo di fronte al ritratto: se Remus arriva prima che la stanza sia a posto, dovrai fingere di soffocare o qualcosa del genere. Ho detto che non è divertente.
 
*

 
Ho le ginocchia scomodamente premute contro il pavimento duro e gelido di un bagno, che non è nemmeno il mio bagno, e questa non è esattamente la situazione più indicata per preparare una pozione, non c’è davvero bisogno di leggere un manuale per capirlo. Come se non bastasse, avverto gli occhi nocciola di Potter fastidiosamente puntati su di me, come se poi riuscisse sul serio a seguire i miei passaggi: se anche stessi preparando un Distillato della Morte Vivente da far filtrare nel muro della sua camera in modo da avvelenare lui e i suoi amici, non se ne accorgerebbe comunque. Per un attimo la parte più sadica ed esasperata di me sfiora vagamente l’idea, ma dopotutto sono qui per aiutare, non per avvelenare.
- Smettila di fissarmi, - sospiro sbriciolando velocemente una foglia di Orclumpo nel calderone, sospeso per aria a qualche centimetro dal suolo, appena sopra le fiammelle azzurrine che escono dalla bacchetta di Potter, seduto a terra a gambe incrociate di fronte a me.
- Il mio sguardo ti deconcentra, Evans? – commenta lui con ghigno, la voce leggermente affannata e le guance ancora rosse per la corsa dai sotterranei. – Lo so, faccio quest’effetto.
- Non costringermi a versarti la pozione bollente addosso, Potter, o dovrò rifarla da capo, - commento pacata, dando un’ultima precisa mescolata. - E ora passami i semi di Formicaleone.
Il braccio di Potter si tende verso di me al di sopra del calderone e le sue labbra si muovono, ma io sono troppo impegnata a fissare i semi grassocci e marroncini che mi tende per permettere alla sua voce di farsi largo nella mia mente. Quindi è questo che succede ad aiutare gli altri, ti ritrovi sul pavimento gelido di un bagno, insieme alla persona che odi più al mondo e che non sa nemmeno distinguere dei semi di Formicaleone da dei Fagioli Sopoforosi. Mi ritrovo a chiudere gli occhi per un attimo, prendendo un profondo respiro, perché la voglia di rovesciare davvero il calderone in faccia a Potter o semplicemente lasciarlo qui e abbandonarlo al suo destino è tanta. Ma non è colpa di Lupin se il suo migliore amico è un idiota e fa schifo in Pozioni, giusto? Giusto. Così afferro i fagioli, li getto a terra e piazzo tra le dita di Potter il mestolo. Lui mi guarda perplesso, inarcando un sopracciglio.
- Che c’è?
- C’è che sei stupido, ecco che c’è, - replico alzandomi e battendomi rapidamente le mani sulla gonna della divisa, nel tentativo di lisciarla. – Ora però dovrai cercare di non esserlo almeno per qualche minuto e non fare esplodere la pozione, mentre io faccio una corsa a  prendere i veri semi di Formicaleone. Credi di esserne in grado?
Potter guarda me, per poi spostare gli occhi sulla sua mano stretta attorno al mestolo, come se non la riconoscesse nemmeno. Quella non è la faccia di qualcuno che ha fiducia nelle sue capacità di non far esplodere nulla. Ma certo, l’unica volta in cui sarebbe utile la sua eccessiva sicurezza di sé, Potter decide di esitare, mi sembra ovvio.
- Potter, - sospiro, afferrandogli decisa la mano che stringe il mestolo ed iniziando a girare lentamente in senso orario. Sento la pelle graffiata delle dita calde sotto le mie, nascoste dal vapore che si leva dal calderone, e di nuovo mi chiedo che diavolo abbia combinato per ridursi così. – Devi solo continuare a mescolare, niente di più. Non prendere nessuna iniziativa, non fermarti per passarti la mano tra i capelli o applaudirti da solo, lascia la bacchetta a terra e cerca di non darti fuoco.
- Posso passarmi l’altra mano tra i capelli, Evans, - commenta lui, dandomi una dimostrazione pratica, come se fosse questo il punto. – Ma ho recepito il messaggio, ci penso io qui.
- Fammi vedere come lo fai, – Lascio scivolare la mano dalla sua e resto a fissarlo critica mentre lui continua a mescolare la pozione, concentrato come se stesse risolvendo contemporaneamente tre problemi di Aritmanzia.
- Ok, continua così, cinque minuti e torno.  
Mentre mi chiudo la porta del bagno alle spalle, ho un pessimo presentimento, perché un piano che prevede James Potter con in mano un mestolo raramente finirà bene. Il pessimo presentimento si rafforza non appena parto di corsa verso la porta, per poi inciampare nella baraonda di oggetti che ricopre il pavimento e finire dritta per terra, con qualcosa di fastidiosamente appuntito conficcato nella pancia e il mento spiaccicato sulla copertina rigida di Storia del Quidditch. Dannato James Potter.
 
*

 
Io ed Allison siamo appena tornate in Sala Comune, dopo che Black si è finalmente deciso a lasciarci passare dal buco del ritratto: continuava a chiederci se per caso avessimo visto Lupin, che in realtà nessuno vede da ieri mattina.
- Okay, racconta, - Allison si siede su un divanetto un po’ in disparte dagli altri e mi punta gli occhi addosso, con un sorrisetto impaziente. Credo che mi abbia visto sedermi accanto a James a pranzo, perché di solito non è così eccitata di vedermi dopo appena mezz’ora di lontananza. – Lo hai salutato con un bacio e questo è assolutamente contrario al piano del lasciagli fare la prima mossa che avevamo concordato, ma insomma, lui ti ha baciato per primo, ieri, di fronte a tutta la Casa, quindi suppongo che vada bene lo stesso.
Allison ha detto racconta, ma tecnicamente è lei che sta parlando ora, non che la cosa mi dispiaccia: non ho la minima idea di cosa passi per la testa di James e non so nemmeno se ci sia qualcosa da raccontare, oltre al fatto che se le nostre labbra continueranno ad incontrarsi così, il mio cervello esploderà e finirà per macchiare la tappezzeria che ricopre le pareti della Sala Comune.
- Ha risposto al bacio o è rimasto immobile? Certo, era un bacio a stampo e conoscendoti ti sarai staccata subito, ma si è sporto un po’ verso di te almeno? Ha spinto le labbra contro le tue?
C’è una ragazzina del secondo anno, su una poltroncina non molto distante da noi, che guarda Allison con gli occhi sgranati e l’aria vagamente rapita e quando la vedo voltarsi all’improvviso verso le scale dei dormitori maschili, perplessa, automaticamente la imito. Allison pare essersi accorta che non le sto prestando particolare attenzione e sta sbuffando infastidita ora, ma i miei occhi continuano ad essere puntati altrove. Non so se posso considerare James Potter il mio ragazzo, probabilmente no, ma se per assurdo lui lo fosse davvero, allora Lily Evans sarebbe appena uscita in tutta fretta dalla camera del mio ragazzo.
 
*

 
Sto per entrare senza permesso nell’aula di Pozioni e saccheggiare la credenza di Lumacorno e questo probabilmente non è qualcosa che un Prefetto dovrebbe fare. Ed è questo che succede a dare retta a James Potter, Lily, finisci nei sotterranei ad infrangere le regole.
- Sei un po’ troppo lontana dalla tua torre, Grifondoro, non credi?
La porta dell’aula è a solo due corridoi di distanza da me, quando una voce gelida e beffarda mi fa bloccare. Le lezioni pomeridiane sono finite da un pezzo e gli unici ad aggirarsi per i sotterranei, oltre agli idioti come me che si sono lasciati coinvolgere in affari che non li riguardano, sono i Serpeverde. Avery avanza lentamente, lo sguardo di un gatto che punta la preda, ed improvvisamente realizzo di non essere così sveglia come ho sempre pensato, perché una persona intelligente avrebbe tirato fuori la bacchetta dalla borsa abbandonata sette piani più sopra, nella stanza dei Malandrini, e se la sarebbe infilata in tasca prima di avventurarsi nei sotterranei, che sono notoriamente territorio ostile a noi Grifondoro.
E quindi eccoci qui.
Io, Avery, i sotterranei deserti e niente bacchetta.
Con tutta probabilità quello che seguirà entrerà nella top ten dei peggiori quarti d’ora della mia vita.
- Sai, hai ragione, - replico spedita, incrociando le braccia al petto e sostenendo decisa il suo sguardo. – Credo che toglierò subito il disturbo.
Voglio dire, non posso rubare nulla dalla dispensa di Lumacorno se c’è un Serpeverde a fissarmi, no? Ed entrare nell’aula, con Avery che potrebbe seguirmi e chiudersi dentro con me, è l’idea meno allettante del secolo ed in fondo devo essere viva e vegeta per finire la pozione Solvente. Ed entrare lì dentro con la possibilità che Avery faccia lo stesso non è il miglior modo per assicurarsi di restare viva e vegeta. La ritirata è la scelta migliore, poi mi farò dare da Potter il suo stupido mantello dell’invisibilità e potrò portare a termine la mia missione. Sono sicura che Black riuscirà a distrarre Lupin per un altro po’, lui è così bravo ad attirare l’attenzione su di sé e distogliere la gente dai suoi pensieri grazie alla sua idiozia. Quindi, la ritirata è la scelta migliore, è lampante. Il problema è che Avery se ne sta proprio nel mezzo del corridoio da cui sono venuta, tra me e la via di fuga, il che non è un bene. E avvicinarmi ad Avery non sembra una buona idea, dato che il fine ultimo è proprio quello di allontanarmi da lui.
- Che aspetti, Evans? – Avery si scosta con l’accenno di un ghigno, portandosi vicino al muro e mostrandomi la strada libera con un braccio. - Prego.  
È così palesemente una trappola ed io ci sto così totalmente cascando, penso mentre mi avvio a passo spedito verso di lui, tenendomi il più vicina possibile alla parete. Ma a volte non ci sono alternative possibili al cadere in trappola e questa è una di quelle volte.
Il braccio di Avery mi sbarra improvvisamente la strada ed io mi fermo di scatto, sentendo davvero tanto la mancanza della mia bacchetta. Il palmo posato sul muro di fronte ai miei occhi  è grande quasi quanto la mia testa e non perché io abbia una testa piccola, ben inteso. Quando lui parla e sento il suo respiro contro il mio collo, mi ritrovo a riflettere sulle possibilità che Potter si accorga che ci sto mettendo troppo e venga a controllare che succede, ma la realtà è che tutte le sue limitate funzioni cerebrali al momento saranno concentrate sul continuare a mescolare la pozione, perché sa che se smette di farlo, allora probabilmente Lupin leggerà la scritta e lui non vuole questo, perché a quanto pare Potter, oltre ad essere l’essere più egocentrico, esibizionista, irritante, infantile e presuntuoso di Hogwarts, è anche un buon amico. E quindi Avery mi ucciderà per colpa dell’unico pregio di James Potter ed ora lo odio persino più di prima, se possibile.
- Non fai più tanto la sbruffoncella, quando non ci sono i tuoi amichetti a difenderti, eh, sanguesporco? – Sento il fiato del Serpeverde proprio dietro il mio orecchio ed automaticamente mi irrigidisco, continuando a guardare dritto di fronte a me, verso la fine del corridoio.  – Perché non mi ripeti ora quello che hai detto stamattina a lezione?
Mi chiedo se Avery si riferisca a Potter, con amichetti, o a Lumacorno e non so davvero decidere quale delle due ipotesi mi indigni di più. E poi c’è quel sanguesporco, sputato fuori con superiorità e disprezzo, che mi spinge a voltarmi verso di lui e incrociare i suoi occhi, a pochi centimetri dai miei.
- Analizziamo la situazione, Avery, - inizio decisa e vagamente accomodante, una vena vibrante di rabbia appena percepibile nella mia voce. Lui continua a stare chino su di me, gli occhi ridotti a fessure. – La natura ti ha dotato di un corpo molto più grande e forte del mio, ma non di un cervello, cosa che io invece ho. Quindi sarò gentile e ti aiuterò a riempire il vuoto che c’è all’interno della tua scatola cranica: non c’è nessuno qui a parte noi ed io non ho la bacchetta e questo a quanto pare ti dà la sensazione di essere onnipotente. In realtà sei solo molto stupido, perché a meno che tu non abbia intenzione di uccidermi e marcire ad Azkaban, allora prima o poi qualunque cosa tu troveresti divertente farmi finirà e ad un certo punto io mi riapproprierò della mia bacchetta. E poi ti verrò a cercare, ti caverò gli occhi dalle orbite e mi ci affaccerò per contemplare il vuoto cosmico.
Un sorrisetto mi si dipinge sulle labbra, perché so che questo farà infuriare Avery più di quanto già non lo sia e vedere la sua faccia che arrossisce d’ira e si contorce in espressioni rabbiose è in qualche modo appagante. Probabilmente non particolarmente positivo per me, ma comunque soddisfacente.
Ma Avery si limita ad estrarre lentamente la bacchetta, impassibile.
- Anche la tua amica era sicura che non le avrei fatto nulla, Evans, - Sento le unghie premermi dolorosamente contro i palmi delle mani, tanto le sto stringendo forte, mentre i miei occhi non si staccano da quelli quasi neri del Serpeverde. - Continuava a dire che sarei stato espulso, che era magia oscura, che non potevo. E lo sappiamo entrambi com’è finita.
La parola di Mary contro quella di Avery e lei che non ha avuto il coraggio di mettere piede fuori dall’Infermeria per settimane. Mary che trema ancora ogni volta che Avery è nelle vicinanze e non si spoglia mai di fronte a me e Alice per non mostrarci le cicatrici sottili che le percorrono la pelle lattea della schiena, ecco com’è finita.
- Sei patetico, – sibilo, mentre la punta della sua bacchetta mi sfiora il collo. Poi le dita di Avery sono sul mio petto ed io rifletto su quale eleggere a mia prossima mossa, dargli un calcio nelle parti basse e poi correre, oppure provare a strappargli la bacchetta di mano con uno scatto. Intanto lui ha strappato la spilla dal mio petto e se la rigira tra le dita per qualche secondo, prima di gettarsela alle spalle.
- Ho sempre pensato che i sanguesporco come te non dovrebbero essere nominati Prefetti, – commenta e la bacchetta premuta sempre più forte contro la pelle della mia gola è l’unica cosa a trattenermi dal procedere con la mossa alla babbana.
- Io ho sempre pensato che i deficienti come te non dovrebbero venire al mondo, che ci vuoi fare, – replico immediatamente e quando le sue labbra si contorcono in preda all’ira ed iniziano a pronunciare un incantesimo sconosciuto, mi dico che ne è valsa la pena.
Poi Avery si interrompe, la bacchetta ancora puntata su di me, e il suo sguardo si abbassa confuso: sui pantaloni della sua divisa si è improvvisamente aperto uno strappo all’altezza della vita ed ora sono arrotolati attorno alle caviglie, lasciando in bella vista le gambe pallide e muscolose che spuntano dai boxer.
- Per l’amor di Godric, Avery, copriti, - commenta una voce sarcastica alle sue spalle ed è la prima volta in vita mia che sono felice di sentirla. -  Se volessi vomitare, mi ficcherei direttamente due dita in gola.
Il Serpeverde non pare altrettanto felice ed emette un ringhio feroce, voltandosi e chinandosi a raccogliere i pantaloni, lasciandomi libera la visuale. Sirius Black se ne sta di fronte a me con la bacchetta stretta in mano, i capelli che gli ricadono a ciocche scure sulla fronte e un’aria ostentatamente annoiata.
- Black.
Avery ringhia e dalla punta della sua bacchetta escono scintille nere e violacee, mentre sposta la traiettoria sul ragazzo.
- Sì, sì, so come mi chiamo, grazie, - Black rotea gli occhi al cielo, avanzando apparentemente tranquillo verso di noi. - Ora gentilmente prendi il tuo brutto muso e sparisci, io ed Evans abbiamo da fare, non possiamo giocare con te. 
- Cosa devi fare, Black? Sistemare la cameretta? - Avery ghigna, mentre io aggrotto la fronte, nello stesso momento in cui Black assottiglia gli occhi. È stato lui quindi. A parte la scritta, che era così palesemente la calligrafia di Severus, come se il fatto che fosse tracciata con una pozione Indelebile non fosse già una firma sufficiente. – Stavamo aspettando voi a dire il vero, non Evans. Dove hai lasciato, Potter? Senza quel vostro mantello dell’invisibilità non ha il coraggio di scendere qua sotto?
Black spalanca gli occhi, perché evidentemente sia lui che Potter sono stati troppo impegnati a preoccuparsi della scritta per accorgersi della sparizione del mantello. Avery sembra piacevolmente sorpreso dall’aver preso Black alla sprovvista e a questo punto sono quasi sicura che la scritta sia stata tutta opera di Severus, aggiunta solo alla fine, una volta rimasto solo.
- Che c’è, pensavate che vi avessimo semplicemente messo in disordine la stanza? Dopo che ci avete ricoperto di Caccabombe? Mi stupite, Black, se io avessi un mantello così, lo terrei d’occhio meglio, – Avery scoppia in una mezza risata che riecheggia per i sotterranei, prima di voltarsi verso un punto alla sua sinistra ed alzare la voce. – Non ho ragione, ragazzi?
- Oh sì, questo mantello è grandioso.
Sentendo una voce rispondere ad Avery, sussulto istintivamente e avverto Black irrigidirsi al mio fianco, mentre Walden MacNair ed Evan Rosier compaiono all’improvviso a pochi metri da noi, sfilandosi il mantello argenteo di Potter di dosso. La mano di Black si stringe così forte attorno alla bacchetta da fargli sbiancare le nocche, gli occhi grigi puntati sulla stoffa argentea tra le dita di Rosier: immagino che questo sia un bell’affronto per i Malandrini. Io continuo a non avere una bacchetta e siamo ancora in netta minoranza, ma Black fa un passo in avanti e sembra abbastanza incazzato da mettere al tappeto tre Serpeverde contemporaneamente.
Poi Antonin Dolohov spunta dall’angolo in fondo al corridoio, la bacchetta già sguainata, e non è da solo. E a quanto pare sono appena finita nell’imboscata che mezza Casa di Serpeverde ha preparato per i Malandrini e questo, questo è quello che succede a dare retta a James Potter.

 
*

Quanto sono bravo.
Evans se n’è andata da un sacco di tempo e la pozione non è ancora esplosa. Sento una sensazione di onnipotenza risalirmi lentamente le dita e spargersi per tutto il corpo; credo che alla prossima lezione Lumacorno si accorgerà del mio cambiamento e sarà costretto a tramutare tutti i miei voti in Eccezionale: James Potter ha infine appreso anche l’arte del non far esplodere le pozioni, signore e signori.
Certo, è comunque una noia mortale.
Questa pozione è piattissima e non emette nessuno sbuffo o rumore divertente, come invece fanno sempre le mie, prima di gorgogliare, strabordare e corrodere il calderone o altre amenità simili. Questa pozione non fa nulla di interessante ed io ormai ho un bisogno quasi fisico di alzarmi e correre lontano da qui, all’aria aperta, dove ci sono persone con cui parlare e oggetti da lanciare, ma sono bloccato in questo bagno, la mia vita indissolubilmente legata a questo calderone noiosissimo tramite il mestolo di legno. Evans dice tanto a me, ma anche lei a quanto pare non è poi così brava a riconoscere i semi di Formicaleone o non ci metterebbe una vita a trovarli. La verità è che mi sto annoiando così tanto e sono così concentrato a continuare a mescolare sempre nello stesso identico modo la pozione, che ho perso la cognizione del tempo: mi sembra di essere qui a mescolare da mesi. Il non sapere quanto tempo ancora dovrò stare qui a terra a respirare gli effluvi della pozione è terribilmente frustrante, così mentre con una mano continuo a mescolare, con l’altra estraggo da una tasca lo specchietto e chiamo Sirius. Una volta, due volte, tre volte, quattro volte. Ma niente, continua a non rispondere e questo è bizzarro, perché Sirius risponde sempre e non vedo perché non dovrebbe farlo ora, quando in teoria è ad annoiarsi insieme al ritratto della Signora Grassa. So che Evans disapproverebbe, ma il mio braccio è indolenzito e Sirius non risponde, quindi non è come se avessi altra scelta. Dieci secondi e torno, la pozione non esploderà per questo, ormai si è creato un rapporto di fiducia tra di noi. Continuando a mescolare, mi alzo lentamente, per poi mollare il mestolo di scatto e correre in camera; evito i mucchi di roba sparsi a terra e raggiungo il letto con l’agilità che mi contraddistingue, poi sollevo leggermente il materasso e ci infilo sotto una mano, a tastare la rete. Pochi secondi dopo sono di nuovo seduto accanto al calderone in bagno, una mano intenta a mescolare e l’altra che spiega la Mappa del Malandrino di fronte a me.
Come prima cosa controllo l’entrata della Sala Comune ed in effetti Sirius non è più lì. Un classico. I miei occhi si spostano quindi sulle cucine, localizzando in fretta i puntini di Peter e Remus. E bravo Peter, a quanto pare sta riuscendo a prendere tempo; spero solo che non imploda per il troppo cibo ingerito. C’è ancora la possibilità che Sirius ed Evans siano stati risucchiati in un vortice spazio-temporale però, così continuo a perlustrare la mappa velocemente: a questo punto Evans dovrebbe essere sulla via del ritorno, così inizio a percorrere con lo sguardo la strada dalla Sala Comune fino all’aula di Pozioni, senza trovarne traccia. Poi arrivo nei sotterranei e i miei occhi incontrano i puntini di Evans e Sirius, l’uno accanto all’altro, circondati da altri nomi. Nomi di Serpeverde. Troppi nomi di Serpeverde.
Le mie dita si stringono immediatamente attorno alla bacchetta ed io scatto in piedi, lasciando la mappa aperta sul pavimento ed iniziando a correre.
 
*
 

Frank, amore, vai a controllare che fine ha fatto Lily, per favore?
Ma certo, Alice, Frank amore si fa subito quattro piani di scale per andare a controllare che fine ha fatto Lily, perché Frank amore non può proprio continuare a vivere e a scrivere il suo tema di Incantesimi senza sapere che fine ha fatto Lily. Frank amore non ci dorme stanotte se non va subito a scoprire perché Lily non si è presentata all’appuntamento in Biblioteca.
A detta delle poche persone presenti in Sala Comune, Lily è uscita correndo diversi minuti fa, diretta verso destinazione ignota. Questo renderà la mia ricerca più lunga e complicata del necessario, quando tutto quello che chiedo è poter tornare in Biblioteca in modo da finire i miei compiti prima di sera, senza perdere la concentrazione; ho in mente una frase perfetta per concludere il mio tema e devo continuare a ripetermela per paura di dimenticarla. Come se non bastasse, c’è una ragazzina del primo anno che continua ad insistere di aver visto il Prefetto di Grifondoro scendere dalle scale dei dormitori maschili, il che è assurdo ovviamente. È così assurdo che potrebbe essere vero, così inizio a salirle, pronto a bussare in tutte le porte e a chiedere informazioni, ma non arrivo nemmeno al terzo scalino che James Potter, che chissà dove deve andare così di corsa, mi piomba addosso ed ora Frank amore è a terra dolorante. James non sembra eccessivamente turbato dallo scontro ed in una frazione di secondo è di nuovo in piedi, pronto a riprendere la sua corsa. Ma se la ragazzina dice che Lily stava correndo ed ora anche James sta correndo, allora forse le due cose sono collegate, così lo afferro per un polso prima che possa sgusciare via, approfittandone anche per ritirarmi su.
- Capitano, sai che fine ha fatto Lily?
James incrocia il mio sguardo per una frazione di secondo, prima di rispondere un’unica parola, liberarsi dalla mia presa e ricominciare a correre. Ha già raggiunto il buco del ritratto, quando parto di scatto anch’io, cercando di tenergli dietro. Ho la sensazione che non riuscirò a finire il mio tema tanto presto, perché tra tutte le risposte possibili, Serpeverde è l’ultima che volevo sentire, specie se accompagnata da quel tono agitato.

 
*

 
Ho deciso di non contare i Serpeverde, perché sono troppi e credo che sarebbe masochista e scoraggiante dare un numero preciso alla loro superiorità. Quello che ho deciso di fare, d’altro canto, è stato schiantare Rosier, prima che chiunque avesse il tempo di aggiungere altro ed ora i Serpeverde sono uno in meno di prima, il che è positivo. Anche il fatto che le dita di Rosier abbiano lasciato la presa sul mantello, aprendosi inermi verso il soffitto, è piuttosto piacevole. Quello che è meno positivo, invece, è che ora i Serpeverde, che continuano ad essere troppi, si stanno lanciando contro di me tutti insieme ed io mi ritrovo ad alternare incantesimi di difesa e di attacco ad una velocità eccessiva per continuare a capirci qualcosa ancora a lungo. La nota positiva è che Evans non se n’è stata immobile a fissare la scena, ma è sgusciata verso il corpo svenuto di Rosier per sfilargli la bacchetta ed ora siamo due contro, beh, più di due. La nota negativa è il taglio che uno di questi bastardi mi ha appena aperto lungo tutto l’avambraccio e che fa un male cane, ma potrebbe andare peggio: ho ancora entrambe le braccia e questo non è così scontato quando sei un Grifondoro circondato da più Serpeverde che quadri.
Il getto di luce rossa uscito dalla bacchetta di MacNair mi colpisce quasi in faccia e riesco a spostarmi per un pelo, prima di mandarlo gambe all’aria con un Impedimenta. Con la coda dell’occhio vedo Selwin puntarmi la bacchetta contro e dopo pochi secondi viene colpito contemporaneamente dal mio Pietrificus Totalus e dallo Schiantesimo di Evans, il che è spettacolare e piacevole da vedere, perché vola per aria rigidissimo, prima di atterrare sulla schiena; ma colpire lo stesso avversario mentre si è in minoranza non è esattamente un colpo di fortuna e non appena il getto di luce parte dalle mie mani, un altro mi colpisce di striscio, facendo volare la mia bacchetta proprio tra le dita di Avery.
E per oggi ne ho avuto abbastanza di vedere le mie cose tra le mani dei Serpeverde.
Se solo il Ministero non la facesse tanto lunga con la storia del registro degli Animagi riconosciuti legalmente, come se fosse chissà quale reato non esservi iscritti, allora potrei semplicemente dare retta al mio istinto e trasformarmi, per poi partire a quattro zampe verso Avery e affondare i denti nelle sue palle, dando finalmente un senso a questa giornata.
Sto ancora cercando di convincermi che trasformarmi di fronte ad un Prefetto e a due Serpeverde non è una buona idea, quando una fattura di Evans fa finire Avery contro il muro, ma nello stesso momento l’Expelliarmus di Nott la colpisce in pieno ed ora siamo nella merda. Mentre Avery si rialza a fatica e inizia a camminarci lentamente attorno, asciugandosi un rivolo di sangue dal naso e tenendoci sotto tiro, io mi concedo una veloce occhiata ai Serpeverde svenuti attorno a noi. Non male: tecnicamente siamo riusciti a riportare la situazione alla parità, dato che in piedi ne sono rimasti solo due. Certo, se lo avessimo fatto riuscendo a tenerci le bacchette sarebbe stato meglio.   
- Che dici, Black? – Mentre Nott tiene sotto tiro Evans, Avery mi si avvicina, puntandomi la bacchetta in mezzo alla fronte, le labbra piegate in una smorfia feroce. – Ora ce l’hai il tempo di giocare con me?
Nello stesso momento, un rivolo di sangue caldo inizia a colarmi su un sopracciglio e poi più in giù, costringendomi a socchiudere l’occhio. 
- Oh, non saprei, Avery, sei sicuro di farcela? - commento beffardo, ignorando il bruciore della pelle a contatto con la sua bacchetta. – Due contro due, non sarà troppo rischioso? In quanti eravate, sette? Lo prendo come un complimento.
- Guardalo, Theodore, si sente così sicuro di sé il traditore, - ghigna derisorio Avery, prima di abbassare la bacchetta contro il mio petto, gli occhi gelidi fissi nei miei. -  Vediamo se con questo ti passa la voglia di fare lo spiritoso.
Non so cosa intenda Avery con questo, perché nell’esatto momento in cui schiude le labbra per pronunciare chissà quale incantesimo, nulla di eccessivamente piacevole suppongo, lo vedo spalancare improvvisamente gli occhi, mentre viene sollevato da terra per qualche secondo. Poi vola a tutta velocità contro il muro alla nostra sinistra e ci si schianta contro con un rumore secco piuttosto gradevole; quello deve aver fatto male.
- Allora, Black? Passata la voglia di fare lo spiritoso? 
James, la bacchetta ancora stretta tra le dita, mi si piazza di fronte a braccia incrociate, lanciandomi un’occhiata a metà tra il divertito e il preoccupato.
- Veramente no, soprattutto ora che ho i tuoi capelli davanti.
 
*

 
Quando io e James arriviamo nei sotterranei, lo spettacolo che ci si presenta di fronte fa bloccare per un secondo ad entrambi il fiato in gola: ci sono alcuni Serpeverde a terra, incoscienti, e uno dei due ancora in piedi pare proprio sul punto di lanciare una maledizione a Sirius. Non ho davvero bisogno di vedere l’espressione di James per sapere che Avery non resterà in piedi ancora a lungo.
La bacchetta di Nott vola nelle mie mani nell’esatto momento in cui Avery vola attraverso il corridoio, prima di sbattere contro il muro e cadere a terra con un tonfo. Terribilmente prevedibile.
Ci sono diverse regole da ricordare per non avere problemi con James Potter: non toccare la sua scopa, tanto per cominciare. Un'altra cosa che è bene tenere a mente è che chiunque tu sia, qualsiasi cosa stia accadendo, per nessun motivo al mondo devi interferire con gli allenamenti di Quidditch della squadra di Grifondoro.  Non sederti vicino a lui durante le lezioni di Pozioni, anche. E la lista è ancora lunga, oserei dire infinita: in effetti, il solo fatto di conoscere James Potter è già di per sé un problema, come dimostra il mio essere finito in mezzo a un duello all’ultimo sangue tra Grifondoro e Serpeverde solo perché lui mi ha investito mentre salivo le scale.  Ma c’è una regola che sta sopra a tutte le altre: non si tocca Sirius Black davanti a James Potter.
 
*

 
- Ti avevo detto di continuare a mescolare, Potter.
Nott ha saggiamente battuto in ritirata verso la sua Sala Comune, Sirius sta disegnando cose sulle facce dei Serpeverde svenuti sotto lo sguardo accigliato di Frank, che ripete tra sé e sé nozioni e frasi bizzarre che potrebbero far parte di un tema di Erbologia, ed Evans mi fissa a braccia incrociate, come se non avessi appena salvato il destino dell’intero mondo magico. Beh, di lei e Sirius comunque.
- Prego, Evans, e no, davvero, basta così, non c’è bisogno di ringraziarmi, un’occhiata al tuo tema di Storia della Magia per la prossima settimana sarà una ricompensa più che sufficiente, - commento spedito, prima di ricordarmi che a questo punto Peter starà letteralmente rotolando sul pavimento delle cucine e Remus starà iniziando ad insospettirsi. – Comunque sia, hai preso i semi?  
- No, ero impegnata a finire nella trappola preparata dai Serpeverde per voi, - sbuffa lei, accennando con la testa al corpo privo di sensi di Rosier, a pochi passi da noi. Lo scruto perplesso per qualche secondo, prima di notare, abbandonata proprio accanto al suo braccio, una cascata di stoffa argentea, che non dovrebbe proprio essere qui. Subito scatto in avanti e mi riapproprio del mio mantello, stringendolo al petto scandalizzato: un Serpeverde ci ha messo sopra le sue manacce e questo è inammissibile; dovrei legare Rosier ed abbandonarlo nel punto più sperduto dei sotterranei, dove il suo cadavere verrà ritrovato solo tra un milione di anni, quando Gazza si deciderà finalmente a dare una spazzata qua sotto. Dovrei davvero, perché i Serpeverde sono andati decisamente oltre e la loro punizione richiede tempo ed inventiva, oltre che un sacco di rossetto. Ma la situazione richiede anche e soprattutto dei semi di Formicaleone, così mi affretto a seguire Evans nell’aula di Pozioni.
- Formicaleone, Potter, vedi? – Evans, riemergendo dalla credenza di Lumacorno, porge verso di me una manciata di semi perfettamente identici a quelli che avevo preso io e probabilmente si è inventata tutto solo per poter passare più tempo insieme a me. – Non somigliano affatto ai Fagioli Sopoforosi, non so come tu sia riuscito a...
- Che ci fa lei qui, Potter? – Evans si zittisce improvvisamente, mentre io mi irrigidisco al suo fianco, voltandomi lentamente verso la direzione da cui ci ha raggiunti una voce gelida e strascicata. - Non sei nemmeno in grado di sistemare da solo i tuoi casini? 
Severus Piton mi fissa beffardo dal fondo dell’aula, una maschera di impassibile freddezza tradita dalle labbra sottili premute l’una contro l’altra così forte da farle sbiancare: vedere Evans che aiuta me lo manda fuori di testa, ci scommetto.
- Potter, muoviamoci.
La voce glaciale di Evans mi arriva distintamente alle orecchie ed una parte di me conviene con lei che ignorare Piton e andare a finire la pozione è assolutamente quello che è di primaria importanza fare ora, ma quella parte di me non sono le gambe: quelle, d’altro canto, mi stanno portando sempre più vicino al Serpeverde, senza un reale contributo da parte mia. I suoi occhi neri come il petrolio si soffermano sulle mie mani strette a pungo per qualche secondo, prima di piantarsi dritti nei miei.
- Che c’è, Potter? – sibila, l’accenno di un sorrisetto trionfante a piegargli le labbra sottili. - A Lupin non è piaciuta la nuova decorazione?
Evans mi chiama di nuovo, perentoria, ma Piton non stacca gli occhi dal mio viso, bevendosi ogni minima contrazione di rabbia, le dita pallide tese accanto alla tasca esterna del mantello, pronte a stringersi sulla bacchetta. E non è il fatto che esiste, non è mai stato solo quello, è che non è stupido, è maledettamente furbo e scaltro in realtà e sa esattamente dove colpire per fare male. E sa che l’unico modo per arrivare a me è toccare i Malandrini. Quello che non sa, d’altro canto, è che è inutile che se ne stia pronto a tirare fuori la bacchetta nel momento in cui io dovessi estrarre la mia, perché la mia mano sinistra, stretta a pungo, è scattata dritta verso la sua smorfia saccente senza nemmeno sfiorare la tasca del mantello in cui tengo la bacchetta. Sento l’osso duro del mento e le labbra contro le mie nocche e il rumore del banco alle sue spalle che striscia contro il pavimento, mentre lui ci finisce contro ed io gli sono sopra in un attimo. I suoi occhi neri sono spalancati e mandano lampi furiosi, ma io avverto a malapena le sue unghie graffiarmi una guancia, lo sguardo puntato sul labbro spaccato sotto di me e il rivolo caldo del sangue che mi cola tra le nocche, mentre carico il secondo pugno. Evans ha iniziato a gridare il mio nome e la sua voce copre lo scrocchio del naso di Piton contro la mia mano, ma lo schizzo di sangue che ne esce è appena più chiaro della pozione che ha usato per tracciare la scritta ed io non riesco proprio a fermarmi. Sento lo zigomo duro contro le mie dita per l’ultima volta, poi delle braccia che mi afferrano da dietro e la voce di Sirius appena dietro il mio orecchio e il suo petto contro la mia schiena, mentre mi trascina lontano dal Serpeverde. E Piton è comunque tutto quello che riesco a sentire e vedere per qualche secondo ed il mondo si riduce all’odio che provo per lui, alla voglia annientante di continuare a fargli male. Poi la mia schiena sbatte contro il muro di pietra dell’aula, gelido oltre la camicia sottile della divisa, e Sirius è davanti a me, le mani contro le mie spalle e il mio nome sulle labbra.
- Là fuori non sarà così, Potter, – Piton, una mano a coprirgli il volto sanguinante, arranca malfermo verso la porta, scoccandomi un’ultima occhiata rabbiosa. Gli occhi grigi di Sirius, di fronte a me, sono spalancati, come se stesse cercando di inglobare i miei e ricoprire il mio intero campo visivo, tagliandone fuori Piton, ed io mi concentro su di lui fino a quando la porta dell’aula non sbatte alle spalle del Serpeverde. A quel punto le mani di Sirius scivolano via ed io prendo un respiro profondo, cercando di calmarmi. Come l’adrenalina inizia a calare, la mia mano sinistra decide di informarmi che non ha gradito affatto lo scontro con la faccia di Piton ed io piego lentamente le dita, giusto per assicurarmi che funzionino ancora. Trattengo a stento una smorfia di dolore, prima di alzare lo sguardo ed incrociare quello verde di Evans, molto meno omicida di quanto mi aspettassi.
 
*

 
- Sei mancino, Potter?
Black e Potter sembrano entrambi alquanto perplessi e suppongo che questo non sia quello che ci si aspetterebbe che dicesse un Prefetto dopo aver assistito ad un pestaggio in piena regola. Soprattutto quando il pestato era il migliore amico del suddetto Prefetto. Ma Severus ha sputato quel là fuori con così tanta rabbia ed odio e soprattutto desiderio da farmi rabbrividire. Perché quello che c’è là fuori è la guerra, sono i Mangiamorte che uccidono innocenti per le loro assurde convinzioni di superiorità. Là fuori, da qualche parte, ci sono anche quelli che hanno ucciso i miei genitori e Severus lo sa. Lo sa, ma non mi ha nemmeno guardata, perché il fatto che questa guerra appena agli inizi mi ha lasciata orfana è meno importante per lui del suo bisogno di rivalsa su Potter. E la verità è che è un dannato peccato che Black lo abbia fermato.
- No, Evans, ma la destra è la mano con cui prendo il boccino e ci sono delle priorità da rispettare.
Potter mi parla come se io fossi un po’ tarda e lui stesse esponendo una verità universale piuttosto scontata, quando sono abbastanza sicura che non ci sia nulla di ovvio nel riuscire a mantenere abbastanza lucidità da pensare al Quidditch anche nella totale assenza di lucidità. Perché sì, forse per la prima volta in sei anni, ho visto James Potter perdere totalmente il controllo e dimenticare di mostrarsi troppo al di sopra del resto del mondo per essere toccato da qualsiasi cosa: è stato quasi come vedere un estraneo, perché senza quell’accenno perenne di ironia a piegargli l’angolo delle labbra, il viso di Potter non sembra per niente il viso di Potter. E questo, in particolare oggi, non può che essere un bene, perché è da tutto il giorno che la sua faccia continua ad infilarsi nel mio campo visivo e questo è contrario al piano generale: passare i miei sette anni ad Hogwarts il più lontano possibile dai suoi sorrisetti odiosi e le sue battutine. Rispettare il piano è l’unico modo per sopravvivere e non morire soffocata dall’ego che si espande attorno a lui, schiacciando tutti e spezzando vite innocenti. Alice dice che a volte esagero quando parlo del piano, ma la verità è che cose orribili accadono a chi istituisce piani generali e poi non li segue.
Black, che evidentemente ha sofferto molto per aver dovuto indossare una maschera di serietà per quasi un minuto intero, fa il verso a Potter ed ora stanno bisticciando per non so quale idiozia, apparentemente tranquilli, come se niente fosse successo.
- Vi rendete conto che Lupin potrebbe tornare in camera da un momento all’altro, sì? – commento ad alta voce, estraendo velocemente dall’armadietto diversi contenitori: la pozione, grazie alla pessima combinazione di Serpeverde e fato avverso, è stata ferma per troppo tempo ed ora dovrò rifarla da capo; non che ci voglia molto, ma questo cospira contro il mio piano di levarmi Potter da sotto gli occhi il più presto possibile. – Ora prendete questi e muoviamoci. 
 
*

 
Evans ci precede impettita fuori dall’aula di Pozioni, dopo averci piazzato tra le braccia una piccola montagnola di ingredienti a testa. Oh, quindi bisogna rifare tutto? Meraviglioso. Stupide pozioni: non puoi lasciarle sole per dieci minuti che si sentono abbandonate e muoiono, ridicolo. Hanno la maturità di un bambino di due anni, ecco cosa.
- Chi ha deciso che comanda lei? – Sirius mi guarda perplesso, prima di seguire Evans lungo il corridoio, crucciato.
- La mia abilità in Pozioni lo ha deciso, Black.
- Tu non porti niente, Evans? – chiedo affannato, chinandomi a raccogliere una provetta che è scivolata dal mucchio e ha iniziato a rotolare lungo il pavimento di pietra. Nell’esatto momento in cui riesco ad afferrarla, tenendo malamente in equilibrio tutti gli altri ingredienti con un braccio solo, un altro piccolo contenitore cilindrico sfugge dalla pila.
- Io porto il peso del mio cervello, oltre che la responsabilità del successo o meno della missione.
Evans è molto convincente, ma le sue mani continuano a sembrarmi abbastanza vuote e probabilmente dovremmo rivedere la distribuzione dei compiti.
- E la responsabilità è pesante? – commento, riuscendo finalmente a recuperare tutto e affrettando il passo per raggiungere lei e Sirius, che sono già arrivati alle scale che portano al piano terra, lontano da questo luogo di morte e distruzione.
- Abbastanza, - replica Evans impassibile, mentre io mi rendo conto dello spiacevole contenuto del barattolo trasparente proprio in cima alla pila, all’altezza del mio viso. - Ma mai quanto la tua compagnia.
- Evans, c’è qualcosa che mi sta fissando. È normale?
- Sono gli occhi di Girolacco e non ti stanno fissando, Potter.  
- Sono sicuro che lo stiano facendo.
- È morto, le cose morte non fissano, - replica Evans seccata, aumentando ulteriormente il passo, come se il suo inconscio le stesse suggerendo di seminarci. - E non parlano nemmeno, prendi esempio.
Non vedo perché dovrei prendere esempio da qualcosa che è morto, quando se il Girolacco fosse stato così tanto furbo, allora forse sarebbe riuscito a tenersi gli occhi incollati alla testa, cosa in cui io invece eccello.
- Allora, Evans, questo sabato o il prossimo? – chiedo dopo qualche secondo di silenzio.
- Di che parli?
- La tua ricompensa per averci aiutato: un appuntamento ad Hogsmeade con me, - replico con un’alzata di spalle e subito la risata di Sirius riecheggia per il corridoio, coprendo lo sbuffo incredulo di Evans, che non si volta nemmeno, aumentando ulteriormente il passo. - Sembri aver bisogno di divertirti, soprattutto  dopo il disastroso appuntamento con Philips.
- Quando vorrò essere internata al San Mungo, Potter, te lo farò sapere: il modo più veloce sarà senz’altro passare un’intera giornata in giro con te, - risponde lei impassibile, prima di aggiungere con una punta di stizza: - E l’appuntamento con Dean non è stato affatto disastroso.
- Ti ha portato da Madama Piediburro. È stato disastroso, - ribatto deciso, perché Dean Philips è sicuramente la noia fatta a Corvonero e non ha idea di come intrattenere una ragazza. - La parte più emozionante della vostra uscita dev’essere stata quando hai incontrato me ad Accessori per il Quidditch.
- Non so perché tu ti sia erroneamente convinto che il mio appuntamento con Dean sia affar tuo, Potter, ma su una cosa devo darti ragione: vederti gattonare a terra terrorizzato da Mulciber è stato divertente.  
- Non ero terrorizzato, Evans. Ero appena un po’ teso.
- Sì, teso verso la via di fuga più vicina.
- Si chiama istinto di sopravvivenza, - puntualizzo accigliato. Non mi piace la piega che sta prendendo questa conversazione. - E per la cronaca...
- Godric, avete intenzione di prendere fiato di qui alla Sala Comune? Perché sto per gettarmi nel vuoto.
Sirius sposta eloquentemente lo sguardo da me ed Evans al corrimano della ringhiera accanto a lui, che lo separa da un volo di diversi piani con atterraggio nella Sala di Ingresso. Sembra un po’ seccato.  
- Se sporchi il pavimento di sangue, sarò costretta a toglierti dei punti, Black, ma ogni tua mossa suicida gode di tutto il mio appoggio, lo sai.
 
**********

 
 
 - Cos’è questa, Potter?
Sul pavimento del bagno, proprio accanto al calderone, c’è una grande pergamena ingiallita ricoperta di linee fittissime e piccole scritte in continuo movimento e sono abbastanza sicura che prima non ci fosse. Incuriosita, mi sporgo verso di essa, allungando una mano, ma in una frazione di secondo Potter ci si getta letteralmente sopra ed io faccio appena in tempo a ritirare il braccio, prima che venga schiacciato tra la sua ingombrante idiozia e il pavimento.  
- Fatto il misfatto, - Potter, mezzo steso al suolo, estrae velocemente la pergamena da sotto il suo corpo e ci punta contro la bacchetta, fulmineo. Non appena finisce di parlare, mi sembra di vedere l’inchiostro ritrarsi sempre di più, mentre Potter non perde tempo a ripiegare in tutta fretta la pergamena e a infilarsela in tasca. Poi, come se nulla fosse, si volta verso di me con l’espressione innocente meno credibile di sempre. - Niente, non è niente, Evans.
Vorrei far notare a Potter che sono qui con lui e che ero qui anche tre secondi fa, quando lui ha pronunciato distintamente fatto il misfatto, cosa che rende davvero poco credibile il suo niente. Quella pergamena è palesemente qualcosa e con tutta probabilità qualcosa su cui un Prefetto dovrebbe indagare, ma ci sono momenti in cui un Prefetto ha priorità più importanti che sondare ogni possibile effrazione del regolamento, priorità come smettere di essere nel bagno di James Potter insieme a James Potter.
- Va’ ad aiutare Black a mettere a posto la stanza, non mi servi qui.
 
*
 

Evans non sa di che cosa sta parlando: io servo sempre, a tutti, in qualunque luogo. Sono la personificazione stessa dell’utilità ed è oltraggioso che io sia appena stato sbattuto fuori dal mio stesso bagno, quando mi pare di aver dimostrato perfettamente di poter stare nella stessa stanza di una pozione Solvente senza farla esplodere.
Sirius non sta mettendo a posto la camera, per l’appunto.
Sta cercando, in modo piuttosto pietoso, di arrotolarsi una maglietta attorno al braccio a mo’ di benda, stringendo la stoffa tra i denti in maniera ridicola. Non ho davvero bisogno di vedere il piccolo boccino dorato ricamato in un angolo per sapere che è la mia fottuta maglia del Quidditch quella che lui ha intenzione di imbrattare di sangue, perché questo è quello che succede sempre ai miei vestiti in questa stanza: i miei amici se ne appropriano e li usano in modi sconvenienti tutto il tempo, ormai ci sono abituato. Con un sospiro lo raggiungo e metto la mia maglietta in salvo, perché non posso diventare il più bravo Cercatore al mondo con la bava del mio migliore amico sulla divisa. Poi gli afferro il polso e studio corrucciato il taglio che gli si apre sull’avambraccio, aggiustandomi gli occhiali sul naso.
- Stai sanguinando.
- Il tuo spirito d’osservazione mi commuove, Prongs.  
- Intendo che stai continuando a sanguinare. È buona norma smettere ad un certo punto. Remus deve avere del dittamo da qualche parte, - commento guardandomi attorno perplesso, prima di estrarre la bacchetta. – Accio dittamo.
Dal mucchio informe di oggetti sparsi sul pavimento nei pressi del letto di Remus si leva effettivamente una boccetta scura, solo che la vedo partire verso di me con un po’ troppa foga e faccio appena in tempo ad abbassarmi per evitare che mi si schianti proprio in faccia. Sirius, d’altro canto, ha i riflessi di una puffola pigmea morta, così mentre la boccetta mi cade finalmente tra le dita, lo vedo portarsi entrambe le mani alla fronte con un gemito.
- Quindi non va bene se il mio braccio sanguina, ma procurarmi una commozione cerebrale è ok?  
Sirius continua ad accusarmi di tentato omicidio per tutto il tempo in cui gli spalmo il dittamo sul taglio e lo avvolgo con bende trasfigurate che nessuno dovrà poi indossare alla prossima partita di Quidditch contro Tassorosso, mentre dalla fessura sotto la porta del bagno inizia ad espandersi uno strano fumo azzurrino e forse Evans sta dando fuoco al bagno o forse no. Mentre Sirius, che dopotutto non morirà dissanguato, inizia a frugare tra la roba a terra, nel tentativo di ripristinare il contenuto originale del suo baule, io lancio un incantesimo di Levitazione al pesante baldacchino di Peter, prima di farlo riatterrare dalla parte giusta. La priorità è che Remus non legga la scritta che deturpa il muro sopra al suo letto, certo, ma la verità è che se riuscissimo anche a evitare di fargli scoprire che i Serpeverde si sono vendicati non sarebbe male: le possibili rappresaglie sono uno dei motivi che Remus ci elenca sempre per distoglierci dai nostri scherzi ai Serpeverde e probabilmente prima che noi lo trascinassimo nell’assalto alla loro Sala Comune ci aveva avvertito che qualcosa di simile sarebbe successo. Non che Remus sia il tipo di persona che dice ve lo avevo detto, ma i suoi occhi, le sue sopracciglia, il suo naso e persino l’aria attorno a lui lo fanno.
- È pronta.
Evans esce dal bagno stringendo tra le mani un asciugamano sgocciolante, imbevuto nella pozione Solvente. Subito io e Sirius ci immobilizziamo, puntando gli occhi su di lei: se non funziona, allora dovremo ridipingere tutta la parete della stessa identica sfumatura di rosso della scritta, che sono sicuro essere proprio lo stesso colore del sangue di Piton. Poi Evans sfrega leggermente l’asciugamano contro il muro e le lettere scarlatte iniziano a sbiadire, facendomi trarre un sospiro di sollievo. 
- Funziona! – commento sorpreso, mentre Sirius si lascia andare ad uno strano ululato di trionfo, che suona molto come un richiamo d’accoppiamento canino a dire il vero ed è un bene che gli unici animali permessi ad Hogwarts siano gatti, rospi e gufi.
- Certo che funziona, Potter, - sbuffa Evans, continuando a strofinare con forza contro il muro e rendendo definitivamente illeggibile la scritta. – È quello che le pozioni fanno, funzionare, quando non le si fa esplodere prima.
Non è assolutamente vero ed Evans mente sapendo di mentire: in sei anni ho preparato così tante pozioni e non tutte sono esplose, ma nessuna ha mai funzionato in ogni caso. Quando sarò conosciuto in tutto il mondo magico per la mia carriera nel Quidditch e la mia opinione sarà influente a livello internazionale, convincerò il Ministro ad abolire le pozioni e sostituirle con incantesimi appositi, più veloci e meno esplosivi, per un mondo migliore in cui gli studenti non saranno costretti ad avere a che fare con cose viscide e occhi in scatola.
- Abbiamo detto questo sabato ad Hogsmeade per la ricompensa allora, sì?
- Potter, - Evans mi punta gli occhi addosso e non ha l’aria felice: forse preferisce sabato prossimo. - È così tanto al di là delle tue capacità limitarti a dire grazie come una persona normale?
- Certo che so dire grazie, Evans, non faccio altro che ringraziare le persone, tutto il tempo. Guarda: Sirius, - Il mio amico si volta verso di me con un sopracciglio inarcato. - Grazie.
- Quando vuoi.
- Vedi? Tutto il tempo.
- Ora me ne vado, - stabilisce Evans e non sembra particolarmente convinta dalla mia dimostrazione. - Se vuoi ricompensarmi dell’aiuto, cerca di non rivolgermi la parola per il resto dell’anno.
- Come vuoi, Evans, ma sabato sarà una noia passare tutto il giorno insieme in silenzio, – Sorrido sornione, mentre lei si dirige spedita verso l’uscita senza degnarmi di uno sguardo. - Ma sarà sempre più divertente dell’appuntamento con Philips! – aggiungo alzando la voce, mentre la porta della stanza si chiude alle sue spalle con un po’ troppa forza. - Madama Piediburro, ma per favore.
Nella stanza cala il silenzio ed io avverto improvvisamente lo sguardo di Sirius fisso su di me: se ne sta lì, le braccia conserte e un sopracciglio lievemente inarcato, circondato da un’aria beffarda del tutto fuori luogo.
- Che c’è?
- Niente, – replica vago con un’alzata di spalle, chinandosi a rovistare all’interno del suo baule con un sorrisetto enigmatico in volto. Oh, ma certo, guardiamo James con aria sospetta e poi liquidiamo il tutto con il niente meno credibile della storia, perché no: sono qui apposta.
Dannato bastardo.
 
**********

 
- Credo che prenderò un’altra fetta di torta, Moony, ti dispiace?
Siamo nelle cucine da più di un’ora e sono abbastanza sicuro che se Peter ingerirà altro cibo, sarà la sua pancia quella ad essere dispiaciuta. E di conseguenza, a lungo termine, anche io sarò dispiaciuto, dal momento che condivido il bagno con lui.
- Pete, - lo chiamo pacato, incrociando le braccia al petto e studiandolo assorto al di sopra del tavolino che ci separa. - Puoi smettere di mangiare, dico davvero.
Peter mi guarda perplesso, ma anche con un lieve barlume di speranza, perché, arrivato più o meno alla quarta fetta di torta, ha evidentemente smesso di trovare questa situazione confortevole.
- Se non possiamo salire in camera, resteremo qui, non importa, - sospiro, grattandomi per l’ennesima volta un polso: questa notte devo essere finito in una pianta d’ortica o qualcosa del genere. – Solo, James e Sirius ti hanno dato un limite di tempo in cui trattenermi? Perché se non te lo hanno dato, dovresti trovare il modo di comunicare con loro e scoprire se hanno finito di fare qualunque cosa susciterebbe la mia disapprovazione o passeremo qui il resto delle nostre vite.
Peter spalanca gli occhi, agitato e terribilmente colpevole.
- Non ti sto trattenendo, Moony, perché dici così? - nega immediatamente, guardandosi attorno alla ricerca d’ispirazione ed incontrando solo i grandi occhi a palla degli elfi domestici che ci circondano. – James e Sirius non stanno facendo nulla che tu non approveresti e noi possiamo salire in camera quando vogliamo: sono solo stato colpito da un attacco di fame, tutto qui.
- Peter, – Assottiglio lo sguardo ed inarco al tempo stesso un sopracciglio e questo basta per farlo crollare.
- D’accordo, ti sto distraendo, - sospira Peter rassegnato, allontanando da sé l’ennesima fetta di torta appena portatagli da uno degli elfi. – E no, non abbiamo concordato un tempo preciso. Era qualcosa come il più a lungo possibile.
Come temevo.
- D’accordo, - rifletto, appena un po’ preoccupato, chiedendomi cosa diavolo stiano combinando i miei amici: il giorno dopo la luna piena di solito se ne stanno tranquilli, per non stancare me e perché anche loro sono a corto di energie, avendo passato la notte a zonzo per il parco. - Qual è il territorio off-limits? Se ti prometto che non salirò in camera, possiamo almeno andare in Sala Comune?
Peter mi fissa incerto con i suoi occhietti liquidi, soppesando la mia affidabilità.
- Così tu puoi fare una corsa in stanza a vedere se hanno finito di fare qualunque cosa io non debba vedere, – continuo ragionevole, vedendo il mio amico sempre più allettato dall’offerta.
- Mi prometti che aspetterai di sotto? – Peter mi guarda esitante, mordicchiandosi un labbro: non vuole fallire il suo compito. – Niente scatti improvvisi verso i dormitori?
- Hai la mia parola, – confermo, alzandomi finalmente dalla sedia di cui le mie natiche hanno ormai preso la forma. – E non potrei fare scatti nemmeno volendo al momento, lo sai. 
Peter lo sa, perché è lui che è venuto a prendermi in Infermeria ed è da sei anni che lo fa e non è mai successo una singola volta che io mi mettessi a correre come se nulla fosse il giorno dopo il plenilunio, eppure continua a lanciarmi occhiate sospettose per tutto il tragitto dalle cucine alla torre di Grifondoro, come se si aspettasse di vedermi partire ai duecento all’ora da un momento all’altro. Quando il ritratto della Signora Grassa scorre di fronte a noi, per un attimo mi aspetto di trovarvi al di là caos e distruzione, ma dei miei amici nemmeno l’ombra e tutto sembra tranquillo. Tutto tranquillo a parte Evans, che d’altro canto se ne sta proprio di fronte a noi, colta evidentemente nell’atto di uscire dalla Sala e che mi fissa non solo stupita, ma palesemente agitata.
- Lupin, - esclama, gli occhi leggermente spalancati. Subito si schiarisce la gola, sistemandosi meglio la cinghia della tracolla sulla spalla, tentando di darsi un tono. – Lupin, ciao. Io sto andando a studiare in Biblioteca, dove mi aspettano i miei amici. Perché fino ad ora sono stata impegnata a non fare nulla, nella mia stanza. A non fare nulla e questo non è davvero un comportamento da Prefetto, converrai con me. Buona giornata.
Evans mi supera e si allontana spedita prima che io faccia anche solo in tempo a sbattere le palpebre, figuriamoci a risponderle. I miei amici non vogliono che io salga in dormitorio ed Evans si comporta in modo bizzarro: qui sta così palesemente succedendo qualcosa ed i miei compagni non hanno la minima idea di come si tenga un segreto; sono fortunati che sia io ad essere un licantropo perché tutti loro sarebbero stati scoperti nel giro di tre secondi dal resto della scuola. Peter mi spinge quasi di peso su un divanetto e mi passa anche un cuscino dorato, prima di lanciarmi un’ultima occhiata ammonitrice e sparire di corsa sulle scale dei dormitori maschili.   
- Lupin, - È la seconda persona nel giro di trenta secondi che pronuncia il mio nome come se fossi una qualche sorta di apparizione mistica, ma questa volta sono io a sobbalzare, perché non mi ero proprio accorto che fosse Lizzie quella seduta sul divanetto accanto a me. – Remus. Sei qui.
- Sono qui, - confermo pacato, anche se forse sarei dovuto restare nelle cucine, perché i Grifondoro oggi hanno tutti degli sguardi allucinati ed agitati che delle persone sane di mente non dovrebbero avere. – Ciao, Lizzie.
- Ciao, Remus Lupin, - ripete lei, senza staccarmi gli occhi di dosso. – Tutto bene? Sei uscito dall’Infermeria?
- Sì, sono qui, - confermo, cercando di non farmi trascinare nell’improvvisa incapacità di tutti di tenere una conversazione sensata. - Non sono più in Infermeria.    
- Questo è fantastico, perché ho così tanto bisogno di te ora, - replica Lizzie entusiasta, stringendo con entrambe le mani il cuscino sul mio grembo. Automaticamente mi ritiro contro il divanetto, lievemente in allerta. - E perché vuol dire che ora stai bene, certo. Soprattutto per quello, non sono una di quelle persone egocentriche che pensano solo a se stesse. Però ora ho davvero bisogno di esserlo, quindi mi puoi dare il permesso di essere egocentrica e non chiederti cosa ti è successo e perché sei così pallido? Voglio dire, posso chiedertelo, ma non ascolterei davvero la risposta, perché è da ieri che non so più pensare lucidamente. Non che io sia generalmente una campionessa di lucidità, certo.
- Hai il mio permesso, – dichiaro e se ogni mese tutti decidessero di non chiedermi cosa mi succede, la mia vita sarebbe migliore. – Che problema hai?
- Il mio problema, - inizia Lizzie e dal suo tono di voce capisco che ha in realtà diversi problemi al momento. – È che Lily Evans è appena uscita,
 per la seconda volta dalla tua camera, che è anche la camera di James, che è soprattutto la camera di James. Lo stesso James che ieri sera, mentre tu eri disperso, mi ha baciata di fronte a tutta la Sala Comune. 
- James ti ha baciata, – ripeto atono, decidendo di non soffermarmi su Evans che esce dalla nostra camera perché non è un’informazione che il mio cervello può elaborare senza andare in confusione.
- Sì, di fronte a tutti, – conferma Lizzie, quasi gridando, e la cosa evidentemente la sconvolge molto. Io non sono particolarmente sorpreso a dire il vero, perché James è fondamentalmente un idiota ed era ovvio che prima o poi sarebbe successo. – E non ho idea del perché, te ne rendi conto? Non me lo ha detto. Ed oggi non si è spostato quando io l’ho baciato a mia volta e questo cosa vuol dire? Tu lo sai?
Faccio per aprire bocca, ma Lizzie continua a parlare con una certa foga e le mie labbra sono costrette a richiudersi.
- E poi Alice Prewett mi ha chiesto se sono la sua ragazza. Di James, non di Alice, lei sta con Paciock, lo sanno tutti. E perché dovrebbero essere affari suoi poi? Ma a quanto pare lei ha il diritto di chiedere queste cose: è una sorta di informatrice ufficiale della scuola, tu lo sapevi? Hai mai parlato con lei della tua vita sentimentale? Lo trovi sensato? Oh, non importa. Il punto è: ti sembro la ragazza di James? Guarda la mia faccia, è cambiata dall’ultima volta che mi hai visto? Ti sembra la mia solita faccia oppure è la faccia di una che è appena diventata la ragazza di James?
Lizzie ha portato il volto a due centimetri dal mio, gli occhi spalancati ed interrogativi fissi nei miei. E i Grifondoro sono tutti pazzi, nel caso non lo avessi chiarito prima.
Il fatto è che vorrei avere un libro in questo momento, un enorme e dettagliato manuale dell’amicizia con tanto di esempi e casi eccezionali ed illustrazioni da consultare per almeno due ore prima di rispondere a Lizzie. Perché ho una non così vaga idea delle motivazioni che possono aver spinto James a baciarla e tutte hanno a che fare con il suo essere un idiota e nessuna di esse ha invece a che fare con l’essere seriamente preso da lei. È qualcosa che ha a che fare con il suo orgoglio e con la cosa,  il fatto innominabile, quello che non gli sfiora nemmeno la mente, quello che a dire il vero a volte si affaccia alla sua coscienza e pretende di essere riconosciuto e baciare Lizzie è un modo come un altro per zittirlo e ricacciarlo nell’oblio. E se James fosse un po’ più consapevole di quello che sta facendo, allora le cose sarebbero più facili anche per me, perché potrei limitarmi a dargli uno scapaccione e a ordinargli di dire lui stesso a Lizzie cosa succede. Ma James in realtà di quello che gli passa per la testa non ne sa molto di più della ragazza seduta affianco a me e questo complica le cose, perché anche senza il manuale dell’amicizia,  so di non dover essere io a dirgli di smettere di provare a tutti i costi a farsi piacere Lizzie. Lo so e basta, come lo sa Sirius, come lo sa persino Peter, perché un giorno James, Godric volendo, aprirà gli occhi, ma non possiamo essere noi a forzargli le palpebre.
- Credo che dovresti parlarne con James, – sospiro infine, ignorando la spiacevole sensazione che mi stringe lo stomaco nel vedere l’espressione delusa di Lizzie. – È il mio migliore amico, voglio dire, non posso, ecco. Non è il caso, no? Posso darti della cioccolata.
Estraggo dalla tasca del mantello la tavoletta che mi ha dato Madama Chips e gliela porgo, dandomi mentalmente dell’idiota, perché esistono dei momenti in cui la cioccolata non è la soluzione a tutto. Quando sono stato morso, i Medimagi continuavano a portarmi tavolette di cioccolata e per quasi due giorni ho pensato che fossero la cura per la licantropia, prima che mi spiegassero che per quella non c’era nulla che si potesse fare. Lizzie, comunque, ha afferrato la cioccolata, anche se la guarda un po’ corrucciata.
 - Grazie.
- Mi dispiace, - mormoro a disagio, mentre lei scarta distrattamente la stecca. E mi dispiace davvero, perché vorrei essere più utile di così e perché quella era la mia ultima tavoletta. – Non ti ho aiutato, lo so. Ma dovresti sul serio parlarne con James.
- Hai ragione, forse lo farò, – sospira Lizzie ed io ho l’impressione che non lo farà affatto, perché James non è il solo ad essere un po’ idiota e a quanto pare ignorare i problemi aspettando che scompaiano da soli è la tattica preferita dai Grifondoro.
- Ehy, Moony, - James, come appellato magicamente, scende all’improvviso le scale, le mani in tasca e un’aria svagata e disinvolta che equivale a scriversi colpevole sulla fronte a lettere cubitali e lampeggianti, visibili anche da miglia di distanza. - Peter dice che ti sei convinto di non poter salire in camera, che assurdità. Sali pure quando vuoi. Ciao, Lizzie.
- Ciao, James, – replica lei nervosa, mentre io mi alzo dal divano e le rivolgo un silenzioso cenno di saluto.
- Allora io salgo, – informo James, lanciandogli una breve occhiata sospettosa: non ci sono segni di bruciature sui suoi vestiti e nemmeno sangue. Forse non hanno combinato nulla di così catastrofico.
- Certo, – Il suo sorriso tranquillo si allarga ulteriormente, le spalle rilassate e un braccio a indicarmi la via dei dormitori, come se non la conoscessi perfettamente. La scritta colpevole sulla sua fronte lampeggia più che mai.
Quando apro la porta della nostra camera sembra tutto a posto e a quanto pare Peter, che ora è chiuso in bagno a pentirsi dell’ultima fetta di torta, è riuscito a trattenermi abbastanza a lungo. Sirius è steso sul letto con una mano a reggergli il capo e uno sguardo così flemmatico ed ostentatamente rilassato da risultare ridicolo: inutile dire che la scritta colpevole risalta anche sulla sua fronte.  
- Che hai fatto al braccio? – chiedo immediatamente, puntando gli occhi sulla benda che gli fascia il braccio sinistro e che quando è venuto questo pomeriggio a prendermi in Infermeria insieme a Peter non c’era affatto.
- Quale braccio?
Sirius non si smuove di un millimetro, impassibile, perché Sirius è il genere di persona che può prendere le distanze da una parte del suo stesso corpo senza sentirsi o sembrare un idiota.
- Il tuo braccio, – insisto, inarcando un sopracciglio, perché per quanto Sirius sia bravo a mentire, il suo braccio è ancora innegabilmente attaccato al resto del corpo.
- Non ho nessun braccio.         
Nella stanza accanto Peter tira lo sciacquone e la scritta colpevole sulla fronte di Sirius spicca più che mai.
 
*

 
James si è appropriato di uno scacchetto della cioccolata offertami da Lupin ed ora sorride appagato, gli occhi appena più chiari della tavoletta ancora tra le mie mani e i capelli scuri che gli sfiorano la fronte. Si è lasciato cadere sul divanetto accanto a me e il suo sguardo vivace, quello che proprio non riesco a togliermi dalla mente, si sposta dalle mie labbra ai miei occhi e probabilmente Lupin ha ragione. Dovrei allontanarmi un po’ da lui, mettere dello spazio o almeno un cuscino tra me e quei suoi occhi troppo grandi, in modo da riappropriarmi di tutte le funzioni del mio cervello e poi chiedergli di fare chiarezza nel suo di cervello, in modo da farla poi anche a me, nero su bianco. Senza più baci e sorrisi che possono voler dire tutto e niente.
È solo che non lo voglio davvero, perché ho sempre pensato che lui non mi avrebbe mai nemmeno guardata ed ora invece lo sta facendo ed è così vicino ed è così bello. E forse questo sguardo è l’unica cosa che avrò mai di James Potter e prendermi una cotta per lui è al primo posto nella lista di cose stupide che ho fatto da quando sono arrivata ad Hogwarts, è probabilmente il titolo stesso della lista. Solo che può succedere, a volte, che qualcuno sorrida in quel modo e allora tu non hai davvero altra scelta se non prenderti una cotta di dimensioni epiche. Non è qualcosa che posso controllare, come James non può impedirsi di puntare istintivamente gli occhi oltre la mia spalla, verso l’entrata della Sala Comune, mentre la voce di Evans che si lamenta degli orari troppo restrittivi della Biblioteca ci giunge alle orecchie. È solo qualche secondo e poi i suoi occhi sono di nuovo fissi nei miei e probabilmente è così abituato a guardarla non appena entra in una stanza che non si è nemmeno accorto di averlo fatto.
E mentre lui mi chiede di scendere insieme a cena, la voce di Allison, che è ora nella mia testa la voce della ragione e questo è un chiaro segno di quanto la situazione sia grave, si sovrappone alla sua e risponde per me no, no, e ancora no.
Perché, voglio dire, lui nemmeno lo sa.
Non è il genere di cosa con cui si può competere, no? 
Ma le mie labbra non sono mai state davvero collegate al cervello ed è la mia voce quella che risponde sì, certo ed è la voce della stupidità.
Poi lui sorride di nuovo e l’unica voce che sento ora è la sua.
 

 
[Just gonna stand there and watch me burn,
but that's alright because I like the way it hurts 
Just gonna stand there and hear me cry,
but that's alright because I love the way you lie]

 

 

 

 

 

 

   
 
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