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Autore: SofiFlo    02/10/2015    1 recensioni
Questa è la mia prima fanfiction, si tratta di una rivisitazione in chiave moderna della vita di Regina riassunta in 4 capitoli. Mi sono presa la libertà di apportare tutte le modifiche che ho ritenuto corretto apportare, per cui la vita di Regina rimane solo una traccia generale, uno sfondo nel quale possiamo riconoscere nomi, ma in cui i personaggi e gli eventi vengono modificati (e a volte spostati cronologicamente). Spero che piaccia a tutti e accetto volentieri qualunque critica e consiglio. •Sofia
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Cora, Regina Mills
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lo stupore di Regina aumentò vertiginosamente quando, arrivata in ufficio trovò sulla segreteria telefonica un messaggio di Robin: “Buongiorno, signorina Mills, o posso chiamarti Regina? Onestamente, penso che tu ora crederai che io sia un pericoloso maniaco che vuole darti tormento e non so che altro. Beh, se vuoi farti un favore, arriva alla fine di questo messaggio. Dopo che sei sfrecciata via con la tua macchina portandoti dietro tutta la rabbia e la sorpresa che sono certo stessi provando, mi sono accorto che uno dei tuoi fogli è rimasto in terra poco lontano dal punto in cui abbiamo raccolto tutti gli altri. Ora, io sono una persona che tendenzialmente cerca di aiutare gli altri, ma tu sei veramente impossibile. Ti avrei restituito il foglio questa mattina, se ti fossi fermata per un saluto, ma, va bene, comprendo che fossi impegnata. Se, come suppongo, non finisci di lavorare dopo le 11, conosco un ristorante a due isolati da casa tua e, beh, ti sto inviando a cena per restituirti un foglio. Per domani può andare? Fammi sapere a che ore devo passare a prenderti sotto casa. Robin.” Non poté fare a meno di ridere, perché quell’uomo, che le ricordava un momento così spiacevole del giorno precedente, cadendo ai suoi piedi come tutti gli altri, anche se decisamente con più classe. E, Regina non avrebbe mai finito di chiedersi il perché, ma pensò che per una sera avrebbe potuto chiamare la babysitter per dedicarsi a qualcosa che, ne era certa, l’avrebbe divertita non poco, anche se in modo diverso dal solito. E Regina – come al solito – ebbe ragione riguardo i suoi presentimenti. Robin non era l’uomo perfetto: l’aveva fatta  sentire agitata per una buona metà della serata, ma era una persona intelligente, affascinante, e anche un po’ divertente, e non ebbe bisogno di chiedere a Regina un secondo appuntamento. Fu lei a salutarlo con un “Mi dovrai dire il tuo indirizzo, o non potrò darti un passaggio, giovedì. E non credo che tu sappia la strada.” Passarono circa due anni, prima che Robin trovasse il coraggio di chiederle di passare il resto della sua vita con lui. E furono entrambi d’accordo sul fatto che non servisse avere un anello al dito per ricordarsi di amare qualcuno – anche se questo fu Regina a dirlo, chiamando il simbolo del matrimonio con lo stesso soprannome che per lei aveva avuto per anni: collare. Robin la faceva sentire sicura, e vedere Regina – o sentirne la voce, o percepirne la presenza al mattino, quando entrambi avevano ancora gli occhi chiusi – lo rendeva l’uomo più felice del mondo.
Nella sua vita di tutti i giorni, Regina era cambiata parecchio. Non le era mai piaciuto giocare con suo figlio, ma gli voleva bene, e vedere Robin farlo giocare le faceva comparire un immediato sorriso sul volto. Non aveva voluto altri figli, perché temeva ancora di essere una pessima madre, e voleva rischiare di rovinare meno vite possibili. Una mattina si svegliò tardi, non dovendo andare al lavoro, e sapeva che i suoi ragazzi erano usciti per andare a scuola e al lavoro, così fece colazione tranquilla e uscì solo per fare un po’ di spesa. Al ritorno guardò nella cassetta delle lettere, e trovò un biglietto, alto circa un centimetro, con una scritta a computer. “-‘Il demonio è venuto a trovarmi, questa mattina, lassù in alto, nella mia camera’* – in alto nel bosco, dove era (in verità) la tua camera, lasceresti che ti venissi a trovare?” Nonostante fossero passati così tanti anni, Regina impiegò circa cinque minuti a capire chi le stesse rivolgendo quella domanda. E, presa la macchina, in dieci minuti tornò a casa sua e, in venti, andò alle rovine che l’avevano ospitata così spesso, che le avevano permesso di fuggire dalla sua stessa vita. E abbracciò – portando con sé tutte le emozioni, soprattutto negative, che non avevano mai smesso di tormentarla – la ragazza dalla chioma bionda schiarita dal tempo che aveva davanti. Affondò le dita nella giacca di Emma e si maledisse per non aver mai avuto il coraggio di chiamare quel numero di telefono che aveva sempre conservato, pur pensando che ormai non fosse più valido – ma Emma era stata attenta a non cambiarlo mai, perché non aveva mai smesso di aspettare quella chiamata. “Non sapevo se avresti riconosciuto i versi, ma non ricordavo più quali fossero i tuoi preferiti.” “Non ho mai avuto dei versi preferiti.” E le risate invasero le pareti di quella casa morta.
I suoi capelli neri erano solo un ricordo, trasformati in mille tonalità di grigio, la sua pelle, che un tempo era stata liscia come seta, era solcata da rughe già profonde, i suoi occhi risplendevano della stessa luce di libertà che li aveva accesi così in ritardo rispetto agli altri. Eppure Regina non era anziana, era solo invecchiata. Nella sua postura si poteva notare l’eleganza che l’aveva sempre caratterizzata, il segno di un’origine che non aveva mai cancellato ( ne voluto cancellare).  Regina e Robin si erano trasferiti in quella casa in campagna quando George si era sposato e, essendo in pensione, il caos della città era solo di disturbo, per loro. Robin si era appassionato al giardinaggio, e a Regina piaceva sedere sul portico, con un bel libro, una tazza di tè e, quando poteva, con la compagnia di Emma. L’amica andava a trovarla spesso, ma abitava nella città vicina, e le mancava ancora qualche anno per andare in pensione, quindi le sue visite non erano troppo frequenti, ma si tratteneva sempre più di quanto si promettesse di fare ogni volta. Regina rimaneva sulla sedia a dondolo celeste che aveva posto sotto il portico per quasi tutto il suo tempo libero, e si lasciava stupire dai profumi del giardino, dai canti degli uccelli e dai colori del cielo. Il tramonto, come spesso fa, aveva su di lei un effetto rilassante, le ricordava di essere invecchiata di un altro  giorno, e che aveva avuto ancora un’intera giornata in cui Emma, Robin e George avevano potuto significare molto per la sua felicità. E guardando l’orizzonte non riusciva a fare a meno di pensare che la sua intera vita avrebbe sempre continuato ad essere una parte della lei presente che non poteva essere ignorata.
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*Baudelaire, ‘Tutta intera’ (I fiori del male)
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Grazie.
Grazie a chi, per sbaglio, ha aperto questa storia e poi ha richiuso velocemente perché in fondo non gli/le interessava leggerla.
Grazie a chi ha deciso che il modo migliore per farmi sapere che non gli era piaciuta fosse fermarsi al primo capitolo.
Grazie a chi si è annoiato prima della fine, a chi si è stufato di aspettare che aggiornassi, a chi dopo un po’ ha deciso di smettere di sprecare il suo tempo.
Grazie a chi ha letto ogni parola, dall’inizio alla fine.
Grazie a chi ha letto tutto solo per potersi tirar su il morale, consapevole di scrivere meglio di me.
Grazie a quelli a cui le mie parole sono piaciute (probabilmente molti pochi).
Grazie a chi ha recensito.
Grazie a tutti, perché, anche senza saperlo, mi hanno fatto venir voglia di scrivere.
Grazie a chi è arrivato fino a qui.
Grazie a chi ha letto e a chi leggerà.
Grazie di cuore a tutti. Vorrei solo dire che in un certo senso sono felice di aver concluso questa storia, visto quanto tempo richiede scrivere, ma che allo stesso tempo so che non l’ho veramente conclusa e che nella mia testa hanno frullato ( e spero che mi ritornino in mente, visto che al momento le ho dimenticate) alcune one-shot che potrebbero essere inserte, ma che allegherò in una raccolta.
Grazie, davvero, grazie.
• Sofia
 
   
 
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