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Autore: Ires    02/10/2015    0 recensioni
Fleria Grayson è una persona assolutamente normale. O meglio, lo era.
Ora è morta. Uh.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fleria Grayson era assolutamente, inesplicabilmente e indubbiamente morta, o almeno così le diceva la ragione mentre stava a fissare quello che una volta era il suo corpo. Il suo cadavere era davanti a lei, pallido e immobile come un morto.
Oh giusto. Lei era morta.
“Uh. Ok” disse la ragazza, anche se dubitava che qualcuno potesse sentirla. Come funzionava ora? Sarebbe stata trascinata all’inferno o elevata al paradiso? C’era una specie di tribunale? Forse sarebbe rimasta un fantasma… diamine, la cosa era confusa. Si sarebbe dovuta arrangiare a quanto pareva; per ora la situazione non includeva niente di sovrannaturale.
A parte il fatto che lei stesse guardando il suo cadavere. Uh.
Comunque avrebbero potuto mandare qualcuno ad avvisare. Del tipo “eh scusa del disturbo ma TA-DAN! Sei morta. No niente, solo per avvisare”.
Santo cielo, era morta! La sua vita era finita ed era finita male perché, andiamo, chi vorrebbe essere ricordato come “quella morta scivolando nel fiume”?
Fleria stava per gridare qualcosa simile a “Mi rifiuto di credere di essere deceduta in un modo così indegno!”, ma d’improvviso qualcosa risucchiò via quello che era rimasto di lei, segnando quel momento come l’istante esatto in cui la signorina Grayson aveva cessato di esistere.

Un bianco accecante attaccò i suoi occhi e per un flebile momento la studentessa pensò di essere in una sala d’ospedale; poi si ricordò di aver visto quello che forse era il suo cadavere e si rizzò in piedi.
Ok, non era in un ospedale. Decisamente no.
I capelli biondi fluttuavano nell’aria come se fosse sott’acqua, eppure Fleria riusciva a respirare. Almeno, pensava di riuscirci: in effetti si accorse di non averne più bisogno; il suo petto non si abbassava né si alzava e il suo cuore era fermo. Si sorprese quando trovò le sue mani tiepide e morbide, mentre sarebbero dovute essere fredde e rigide; il tempo era come sospeso.
La ragazza si alzò, ma diede troppo slancio: finì per fluttuare lei stessa, eterea ma morta tra le luci bianche di quel posto.
“Ehilà?”
La sua voce riecheggiò anche se le sembrava di essere all’esterno e per qualche motivo questo piccolo, insignificante particolare la irritò più che mai; con un paio di bracciate si spinse in avanti, versò la fonte di luce più luminosa.
“Fantastico! Forse sono morta, fluttuo, non respiro e non ho idea di dove cazzo sono! Andiamo, non posso essere morta! Però non so dove sono! Oh, aspetta! C’è qualcos- oh porca puttana”
Lo sproloquio di Fleria fu interrotto da un enorme porta aperta che lasciava intravedere cosa c’era oltre esso: quello che sembrava lo spazio si estendeva all’infinito ed enormi palazzi di cristallo illuminati di bianco troneggiavano su un terreno terribilmente simile a quello lunare; un cartellone con una scritta al neon stava davanti tutto questo, la parola scritta sopra che lampeggiava.
La dicitura “Paradiso” si impresse nelle retine della ragazza permanentemente, tanto che dovette distogliere lo sguardo.
Se avesse avuto bisogno di un respiro ne avrebbe preso uno profondo; Fleria si limitò ad afferrare lo stipite e spingersi dentro, verso lo spazio che tanto vuoto non era.
  
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