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Autore: kissenlove    02/10/2015    4 recensioni
[Amuto*]
Un giorno Amu decide di indagare personalmente sulla sua situazione. La giovane si trova da sola, in bagno, con solo una possibilità al primo posto, fare quel benedetto esame. Ma il risultato cambierà per sempre la sua vita?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                       Ikuto sono... indovina?
                              Part II




Era da molto tempo che la voce della mia dolce Amu non mi giungesse all’orecchio, mi era mancata da morire, come mi era mancata lei, i suoi capelli tenuti perfetti color confetto, che le ricadevano sulle spalle, l’aroma che sprigionavano quando dopo l’ennesima volta mi ero stabilito a casa sua per questioni burocratiche, quella fragranza di vaniglia che mi inebriava il cervello fino a farmi perdere la lucidità di tenere le mani a posto; fu impossibile una sera di quasi tre mesi prima, io e lei ormai eravamo una coppia a tutti gli effetti, nessun re impertinente tra i piedi, e nemmeno la Easter che infastidiva più la nostra vita. Non che fosse qualcosa di necessario, non che io avessi preteso da lei molto più di quanto lei avrebbe potuto concedermi, ma è successo, lo abbiamo fatto e non c’è ombra di dubbio.
Non avevamo pensato a niente se a noi. Mi ero avvicinato a lei con prudenza in modo che non scappasse via da me, e con una mano sulla schiena l’avevo bloccata; un bagliore di confusione aveva attraversato il suo sguardo, quando spegnendo la luce, attaccai le nostre fronti e combaciai le nostre labbra, tanto che ebbi l’impressione tangibile di salire in paradiso. Amu seppur rossa come un peperone, aveva continuato a solleticarmi le labbra, aggiustando le braccia e incrociandole verso il mio collo, piegandomi verso di lei, che teneva la punta delle pantofole piegate. 
Man mano che andava scemando l’imbarazzo iniziale, lei prese a sbottonarmi, con una certa calma, senza mai perdere di vista le mie labbra, e introdusse una mano ad accarezzarmi il petto. Io mi beavo dei suoi occhioni ambra che venivano attraversati da righe parallele proveniente dal piccolo balcone, e facendo dietrofront, mi lasciavo cadere sul divano, lei sopra di me, io sotto, una cosa che mi mandava in estasi. I suoi movimenti non erano goffi e disarticolati come mi sarei aspettato da una ragazzina più giovane di me, erano sicuri, vivaci, sapeva giocare con il mio corpo, sapeva come farmi sussultare quando passava il suo indice da sopra al petto fino a sotto, sapeva lasciarsi travolgere senza timore con il sorriso sulle labbra, facendomi capire che per lei andava bene, che anzi quel momento pareva perfetto. In realtà mi sentivo tremendamente in colpa, ero a Parigi, suonavo con il mio violino in un orchestra che non seguiva mai la stessa prassi, e avevo quasi timore che Amu avesse preso quel viaggio quasi come un’abbandono, e il fatto che la sua voce nell’ultima telefonata apparisse a tratti strana, mi faceva pensare ancora di più che la colpa fosse mia. 
Amu quando ci telefonavamo era sempre piena di vitalità, non mi piaceva avere corrispondenza con lei, non sapevo mai che scriverle, così preferivamo sentirci, e la sua voce ogni volta mi faceva balzare il cuore, osservare di continuo quel calendario, guardare con sguardo critico la data di ritorno, però dovevo resistere, se non lo avessi sarebbe stato certamente più doloroso star separato da lei, dopo quello che era successo tra di noi. Alla fine era il mio lavoro, non potevi far altro che perseguirlo in negativo e in positivo, e Amu aveva imparato ad attendermi anche se ci sarebbero voluti mesi; appariva ai miei occhi sempre felice, libera da ogni problema, con quel suo dolce sorriso a cui dedicavo ogni nota di una nuova sinfonia, e che mi faceva immaginare quelle deliziose fossette che le si formavano. 
Il lavoro non mi dava tregua, ero molto stressato, fra interviste e performance non avevo mai il tempo per me; quel giorno avevo dovuto sottopormi a un’intervista, e poco prima, avevamo fatto le prove, essendo decisamente impegnato avevo abbandonato il telefono nel camerino, e cosa peggiore, avevo dimenticato di togliere la vibrazione. 
Appena ebbi un po’ di respiro, mi rifugiai per una furtiva visita, sul pizzo della Tour Effeil, da cui potevo osservare la vista dei caffè della capitale francese; era emozionata vederla così, era ancora più desiderato il momento in cui i miei pensieri vagavano indisturbati fra i meandri della solitudine, e me ne restavo sospeso lì, con il vento che ti scompigliava leggermente i capelli. Yoru, il mio Shugo Chara, mi venne incontro svolazzandomi vicino. 
Sapeva che lavoravo troppo e che quella era una pausa, oserei dire, fortuita. 
-Ikuto! - 
-Ciao, Yoru. - 
Solo un breve saluto, poi mi chinai verso la tasca del pantalone in cui ci avevo infilato il telefonino; Yoru a quel punto colse l’occasione di farmi un breve riepilogo di ciò che era accaduto mentre ero impegnato. 
-Ha chiamato Amu. - 
A queste concitate parole, guardai il display, che segnava una chiamata persa; e adesso cosa avrebbe pensato di lui? 
Lui che non rispondeva nemmeno in quei rari momenti in cui parlavano, mi sarei voluto odiare, perché non avevo rimosso quello stupido silenzioso, perché non avevo udito vibrare qualcosa, perché non avevo tempo per lei! 
Mi dissi frenetico, scorrendo nella rubrica per chiamarla. 
-Ikuto, sicuro che vuoi chiamarla? - mi chiese Yoru, asserendo al fatto che probabilmente non fosse in casa. 
-Certo, Yoru. - gli risposi. Volevo sentire la sua voce, improvvisamente la mia astinenza da lei era diventata insopportabile rincarata poi dalla dose di lavoro a cui ero forzatamente sottoposto in quel periodo. Ciò che più riusciva a rilassarmi era pensare a lei, ai momenti insieme a lei, e tutto sarebbe andato meglio. 
Misi in chiamata, e attesi che qualcuno rispondesse. 
Uno... due.. poi il tonfo della cornetta che si alza, la voce impastata dal sonno che mi era tanto mancata. 
Amu, reduce da un lungo sonno, mi rispose, e il mio cuore si alleggerì. 
-Ciao Amu. - iniziai. 
Sentii un forte tonfo dopo queste due parole, e la voce di Amu che si faceva più forte. 
-Ikuto! - urlò, forandomi un timpano. 
-Yoru mi ha detto che ha trovato una tua chiamata... scusa se non ho sentito.. lavoravo per questo. - 
-Non fa niente, Ikuto! - si affrettò, la voce le divenne improvvisamente sdrammatizzata, cominciando a blaterare frasi senza senso, al che io continuai. - Amu, come stai? - 
Sentii Amu tacere. Un vuoto nella cornetta, un buco nel mezzo del mio petto. 
-Bene.. - si limitò a dire, anche se la sua voce era ridiventata flebile. -Scusami non sapevo lavorassi.. - 
-La vita di un violinista è fatta di alti e bassi. -
Lei sorrise. Come era bella quando rideva.
La amavo non solo perché era la mia ragazza, ma anche perché era unica nel suo genere. 
-.. Piuttosto tornando a prima, cosa volevi Amu che mi hai chiamato? - 
Amu si zittì di nuovo. Era snervante anche ipotizzare che mi nascondesse qualcosa che fosse importante. 
-Amu. - la chiamai, e lei sussultò, sentii la connessione tremare un po’ e poi stabilizzarsi. -Amu, mi senti? - 
-S-sì.. - bofonchiò. Non sapeva come articolare il discorso?
-Amu, hai qualche problema? - 
-No! Solo che... mi mancavi. - mi si strinse il cuore, stava per piangere, odiavo vederla piangere, vederla soffrire mi stritolava il cuore in una mossa ferrea e non mi lasciava finché non mi uccideva. -E anche che... quando torni? - 
-Amu.. perché mi fai questa domanda? - domandai, ammiccante, assottigliando gli occhi. 
-Così... - fu la sua risposta. 
-In che senso? - richiesi, ancora più ammiccante. 
-Vuoi forse dire che ti manca il mio lato pervertito da non poterne fare a meno? - 
Secondo me, e se tutto ciò che pensavo era esatto, stava morendo di vergogna. 
-M-ma sei sempre il solito maleducato, Ikuto! - mi gridò. 
-Non è colpa mia se ti piacciono i ragazzi leggermente pervertiti.. - 
-Leggermente? - ripeté. - Sarebbe più corretto dire che sei l’emblema della perversione! - 
Io mi misi a ridere, mentre lei evidentemente stava cercando di uccidermi col pensiero. 
-Nonostante questo però... ti amo Amu. - le confessai. 
Io la amavo
-Anche io Ikuto. - mi disse in risposta. - Spero che tu torni presto. Lo sai.... - cercò di dirmi, anche se poi si interruppe, era ormai troppo tempo che non la vedevo, mi mancava, mi mancava da morire, volevo esserle vicino col pensiero, anche se non sapevo esattamente cosa avrei potuto fare per proteggerla nonostante i chilometri che ci dividevano. 
-Cosa Amu? - 
-Ehm... ti stiamo aspettando. - sottolineò. 
Io cercai di rimuginare su quelle tre parole, chi mi stava aspettando? Chi, oltre a lei, attendeva il mio ritorno. 
Avevo impressione di non riuscire a respirare, e se lei mi avesse rimpiazzato con un altro? 
Tutto ciò mi mandava in paranoia.
-Chi.. - non mi lasciò continuare, e tornò a parlare a vanvera, rifilandomi concetti che nemmeno lei capiva. 
-Be’ torna presto! - esclamò, e riagganciò. 
Rimasi con la cornetta ancora vicino all’orecchio. 
Un fuoco di gelosia iniziò a corrodermi dentro, era come qualcuno per sbaglio avesse acceso un fiammifero e avesse attizzato un falò, appena Amu mi aveva detto quelle cose ‘ti stiamo aspettando..’ ero entrato in modalità fidanzato, pervertito, leggermente ma neanche poco, geloso della sua ragazza. Non volevo che Amu frequentasse nessuno. 
Quella ragazzina nonostante fosse più piccola di me... era soltanto mia, mio il suo corpo, mio i suoi pensieri leggermente pervertiti su noi, mia nel senso fisico, mentale, morale, mia.. soltanto mia. 
Amu era mia
Mi tolsi il telefonino dall’orecchio, e me lo infilai nella tasca. Guardai la vista che mi si propinava dalla Tour Effeil.
Un pensiero mi attraversò fulmineamente la mente; non avevo mai fatto nulla del genere, ero perfezionista, amavo le cose fatte bene, amavo suonare col violino nell’orchestra, ma Amu era più importante, era mille volte più importante.
Se io restavo a Parigi quel tipo se la sarebbe presa, e non mi andava di lasciarla, ero io il suo proprietario. 
-Ikuto... cosa ti succede? - mi domandò Yoru, osservando il mio volto corrugato. 
-Niente. - feci. Diedi una veloce occhiata al display, in bella mostra la foto mia e di Amu, sorridenti e abbracciati. 
Il mio unico pensiero era quello. 
-Ma... Yoru. - 
-Sì? - 
-Puoi sostituirmi? - 
Il mio Shugo Chara non afferrò bene il concetto. 
-Intendo dire nel mio ruolo di violinista. - 
Yoru spalancò la bocca. 
-Eh? Cosa, sei pazzo! - 
Io lo guardai. -No... sono innamorato. La cosa è diversa, ti sembrerà da pazzi ma io devo tornare. - 
Yoru sospirò. 
-Chi ti capisce è bravo! -
Io sorrisi. Amu sto vedendo da te, aspettami










**Angolo della Love**

Amici, benvenuti a questo nuovo aggiornamento! 
Allora Ikuto ha trovato la chiamata di Amu, e finalmente i due si sono chiamati. 
Amu non ha detto niente al nostro ragazzo, ha solamente accennato al noi che ti stiamo aspettando.. ma Ikuto a quanto pare ha frainteso, adesso cosa accadrà ai nostri due protagonisti, e al piccolo pargoletto in arrivo. 
Buone notizie fan di Amuto, vedrete anche la sua nascita, chissà.. sarà maschietto o femminuccia? 
Vi prego, recensite questo schifo, e mi raccomando seguitemi nei prossimi scritti. 
Cattiva notizia per quanto riguarda il tempo, visto che dovrò frequentare le lezioni di scuola guida, ovviamente serali, cercherò di aggiornare quando mi sarà possibile. Ovviamente godetevi, questa seconda parte. 
In tutto ne saranno sei o otto, poi vedrò.
Baci :) 
Non scannatemi viva! 
#Love



 
   
 
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