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Autore: Hisokagirl    14/02/2009    1 recensioni
[Dedicata alla mia Uchi.
Perchè è la mia gema, l'altra metà della mia follia.
Perchè lei c'è sempre per me.
Perchè sa quanto èuò essere fiQuo lo yaoi. xD
Perchè la amo punto e basta. <3]
Le stelle quella sera sembravano gemme d'ambra.
Non sapevo dove mi trovavo, né perché fossi li.
L’unica cosa che ricordavo era di essermi infilata nel letto ed essere piano piano scivolata tra le braccia di Morfeo... poi nulla.
Quando mi risvegliai, mi ritrovai in questo luogo bellissimo ma allo stesso tempo terribilmente lugubre.

[Ha partecipato al contest Let's Sing A Story del Writers'Zone]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le stelle quella sera sembravano gemme d'ambra

Non sapevo dove mi trovavo, né perché fossi li.

L’unica cosa che ricordavo era di essermi infilata nel letto ed essere piano piano scivolata tra le braccia di Morfeo... poi nulla. Quando mi risvegliai, mi ritrovai in questo luogo bellissimo ma allo stesso tempo terribilmente lugubre.

Mi guardai intorno: gli alberi mi circondavano, l’erba sotto di me era umida come se avesse appena ricevuto una pioggia leggera, la luna piena era di una strana sfumatura di blu che la rendeva bellissima.

Ogni minimo particolare sembrava far parte di un sogno o di una di quelle favole che i miei genitori mi raccontavano quando ero piccola.

Chiusi gli occhi e mi sdraiai... Le mani scivolavano tra i ciuffi d’erba e dei piccoli fiori che spuntavano di tanto in tanto, fino a che...

Un’altra mano si unì alla mia.

Sobbalzai sorpresa, poi mi alzai di scatto.

Era un ragazzo: Il volto pallido in contrasto con gli occhi dorati, forse merito di un paio di lenti a contatto, capelli corvini lucidi come seta e delicatamente spettinati.

- Ch-chi sei? – gli chiesi irrigidendomi all’istante.

Non rispose, ma mi prese nuovamente la mano accarezzando il dorso con il pollice.

Le parole che stavo per pronunciare mi morirono in gola, notando la sua espressione beata mentre osservava il cielo, muto.

Gli occhi, leggermente socchiusi, scrutavano l’infinità della notte come specchi gemelli.

Sulle labbra, era disegnato un sorriso enigmatico e intenso.

I miei pensieri non erano affatto lucidi: quel suo viso, quel suo fare da principe azzurro riuscivano ad ipnotizzarmi.

- Guarda... – disse all’improvviso. – Non è bellissimo? –

Istintivamente alzai gli occhi al cielo: quei cristalli d’ambra alla fine stavano veramente cadendo.

- Si sono veramente bellissime. –

Senza più parlare, il ragazzo mi trascinò in avanti fino a che il mio corpo fu attaccato il suo; le mani destre all’altezza del volto, erano intrecciate l’una all’altra, la sua mano sinistra era sul mio fianco mentre la mia era sulla sua spalla.

Il suo sguardo era inchiodato nel mio, mentre una musica cominciò a risuonare nell’aria: all’improvviso si mosse seguendo la musica; i nostri movimenti erano perfettamente a tempo nonostante ero consapevole di non saper ballare.

C’era qualcosa di strano.

Sciolsi la presa e indietreggiai di qualche passo.

- Io non ti conosco. - dissi alzando un poco la voce.

Il tono era deciso, limpido senza esitazione al contrario dei pensieri che erano tutto tranne che senza paura.

-Io sono solo quello che tu vuoi che io sia – disse avvicinandosi – Tutto qui è frutto dei tuoi pensieri Claire. Gli alberi, i fiori, a luna, perfino io. Davvero vorresti scappare da tutto questo? - la sua voce era dolce carezzevole e nonostante tutto era riuscito sommariamente a calmarmi.

Non riuscivo a capire il significato delle sue parole ma in qualche modo aveva ragione: Tutto qui era stranamente perfetto.

Forse anche troppo.

-E ora – con dei passi felpati, inumani mi raggiunse.

Silenzioso.

Delicato.

Come il più bello dei felini.

- Guarda -

Indicò il cielo e anch'io alzai lo sguardo.

Il cielo non era più tempestato da stelle cadenti, ma era diventato di un colore indecifrabile: un misto di sfumature di viola, rosa e giallo.

- Il tramonto – dissi come incantata.

- Si. E' la tua parte preferita del giorno, insieme all'evento di San Lorenzo a cui hai assistito prima. -

Quel ragazzo aveva qualcosa di innaturale; aveva un aspetto da... da... da quei vampiri del mio libro preferito: bellissimi, occhi dorati, pelle chiarissima...

Continuai ad osservarlo, ma lui sembrava come pietrificato.

Sospirai gettandomi a terra.

- Sono stanca – dissi raccogliendo un fiore alla mia destra: era una margherita.

Certo... come poteva non esserci in quel luogo il mio fiore preferito?

- Sono il simbolo della semplicità e della purezza -

- Cosa? -

- Le margherite – rispose indicando il fiore – Nel medioevo si pensava che fossero profetiche, sfogliandole potevano capire se l'uomo, o la donna, che amavano ricambiava i sentimenti -

- Ah non lo sapevo -

Mi scrutò un attimo poi tornò ad osservare il cielo.

Com'era misterioso...

- Non ti ho ancora chiesto come ti chiami, visto che tu a quanto pare sai tutto di me... Non ti sembra il caso di dirmi almeno il tuo nome? - dissi sperando in una risposta positiva.

Il ragazzo sfoderò un sorriso enigmatico lasciando intravedere i denti bianchissimi: peccato niente canini allungati; non era un vampiro. Sorrisi a quel pensiero.

- Mi chiamo Eric -

Mi porse la mano e io lo seguii.

-Dove stiamo andando? -

- Shhh... - si mise un dito sulle labbra facendomi segno di non parlare. - Così le spaventi -

- Scusa ma chi dovrei spaventare? -

Lui sorrise indicando qualcosa nell'oscurità della notte. - Le lucciole -

I piccoli insetti sembravano danzare nel buio creando dei bellissimi giochi di luce.

Fece un passo allontanandosi da me e ne prese una su un dito.

- Così delicate... Così complesse... Potresti ucciderne una con un dito, ma senza di loro la notte non sarebbe la stessa. -

Rimase in silenzio, poi fu un momento e lo vidi sussultare.

Si voltò verso di me: il volto ansioso, triste come se qualcosa di bello fosse appena finito.

- Addio – disse raggiungendomi.

Non riuscivo a capire, in verità non ero riuscita a capire niente di quella notte...

Prima le stelle cadenti, poi il tramonto, i fiori, Eric...

- No -

La mia voce era incrinata dall'emozione, non volevo andarmene. Non in quel momento. Volevo sapere di più di lui... Ma, non so come, sapevo che stavo per andarmene o lui per scomparire.

- Ci incontreremo presto – disse abbracciandomi.

La terra tremò all'improvviso. E il ragazzo mi strappo qualcosa dal braccio: lo riconobbi subito, era il richiamo degli angeli nero che avevo comprato ad un mercatino.

Urlai dallo spavento poi il buio mi avvolse.

...



Un urlo riecheggiò nella stanza.

Aprii gli occhi piegandomi in avanti.

- Eric! - urlai spaventando il povero gatto che tranquillo stava appallottolato ai piedi del letto. Mi guardai intorno e notai di essere nella mia stanza. Più tranquilla mi ricoricai capendo di essere al sicuro.

Era stato tutto un sogno... Ora si spiegavano molte cose.

Voltai la testa e quando vidi la sveglia sul mio viso si dipinse un'espressione di terrore.

- Tardi ! - urlai alzandomi dal letto.

Proprio quella mattina dovevo svegliarmi tardi? Proprio il primo giorno delle superiori?

Aprii l'armadio e mi vestii con la prima cosa che mi capitò sotto mano.

Presi lo zaino ed uscii.

La scuola distava solo dieci minuti da casa così andai a piedi.

La gente camminava tranquilla per i marciapiedi, andando verso chissà dove. Un cane ringhiava verso una donna impaurita, i tassisti che suonavano il clacson urlando insulti ovunque... La vita era tornata normale. Però... continuavo a scrutare la città in cerca di qualcosa. Ammettiamolo. In cerca di Eric... Aveva detto che ci saremmo rivisti e nonostante fosse stato solo un sogno io continuavo a credere alle sue parole.

All'improvviso un tintinnio risuonò nell'aria.

Senza sapere il perché mi voltai di scatto: sul volto un misto di eccitazione e di paura.

Sgranai gli occhi e rimasi ferma, immobile.

Eric era lì. Stavolta non eravamo in un sogno, era la cruda realtà.

Capelli nerissimi, occhi dorati, pelle chiara. Era lui.

Al braccio l'inconfondibile braccialetto, e nell'altra qualcosa di indefinito stretta nella morsa del suo pugno.

Fece un passo, poi un altro senza dire un parola.

Era solo.

Sapeva chi ero? O era solo un casualità il nostro incontro?

Continuò ad avanzare ed in poco, pochissimo tempo mi fu accanto.

Intorno il mondo sembrò fermarsi.

Silenzio.

Un secondo e il ragazzo mi superò senza badare a me.

Mi voltai a guardarlo mentre un lacrima di delusione scese sulle guance infreddolite del mattino.

Niente.

Al braccio il mio braccialetto e l'altra mano vuota lasciata libera al vento.

Asciugai la lacrime con la mano e qualcosa di profumato passò sotto il mio naso.

Aprii la mano e la vidi.

Una margherita.

- Eric! - urlai al vuoto, voltandomi e attirando l'attenzione dei passanti.

Vidi il suo sorriso, poi scomparve tra la folla.

Era tutto vero. Quella notte ero davvero stata in quella foresta.

E qualcuno in quella città era stato mio complice.

  
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