Nome:
Rinalamisteriosa
Titolo:
Team Konohamaru ~ Coprifronte
Disclaimer:
I personaggi citati non mi appartengono e non ho scritto a scopo di
lucro.
*
Lo
specchio di fronte a lei rifletteva chiaramente l’immagine di una ragazzina
undicenne tranquilla e composta, munita di occhiali dalla montatura rossa, nel
suo ordinario modo di vestire, anche se si presentava ai suoi occhi neri un
nuovo elemento.
Eccolo,
sulla fronte, a trattenere i capelli corvini, il tratto distintivo da esibire a
testa alta, con fierezza, serietà e con la consapevole determinazione di aver
compiuto il primo passo per raggiungere l’ambizioso obiettivo che aveva
stabilito per il proprio futuro, sul quale aveva meditato dopo la scoperta
rincuorante di essere davvero figlia dei suoi genitori.
Si
sarebbe impegnata per essere il prossimo Hokage di
Konoha.
Si
infilò uno alla volta i suoi guanti lunghi fino ai gomiti, bucati in
corrispondenza delle cinque dita, mentre si voltava appena a controllare
l’orologio da parete. Allora Sarada decise che era ora di avviarsi verso il
luogo di ritrovo dai suoi compagni di team.
Serena,
senza altre preoccupazioni.
«Imouto-chan, guardami! Non noti niente
di diverso in me?» esclamò il ragazzino piazzandosi davanti alla sua sorellina,
curioso di sapere se l’avrebbe notato o meno.
«Sì,
onii-chan, ti sei messo il
coprifronte!» osservò lei, davvero contenta per il suo fratellone, battendo le
manine due volte. «Sembri un vero ninja adesso!».
«Sono
un vero ninja. Precisamente. Dammi qualche mese e vedrai che tutti
riconosceranno il mio valore! Questa nuova generazione ruoterà intorno a me, dattebasa!» si esaltò di prima mattina,
atteggiandosi spavaldo.
Luce
negli occhi, sorriso birichino, pollice sollevato e puntato su di sé, l’altra
mano chiusa sul fianco, la cerniera della felpa aperta e il ciondolo d’argento
che ricordava il suo nome poggiato sul colletto della
maglietta.
Boruto
si sentiva estremamente orgoglioso di sfoggiare in testa quell’oggetto simbolico
che ben si sposava alla sua esuberanza e alla sua grandissima voglia di
dimostrare al mondo intero chi fosse davvero.
Il
ninja che un giorno supererà il suo vecchio e senza alcun bisogno di diventare
Hokage per riuscirci!
Accolse
l’abbraccio altrettanto entusiasta della piccola Himawari, prima di ricambiare
con un affettuoso buffetto sulla guancia, di salutare a gran voce lei e la
mamma, di uscire da una finestra aperta balzando giù e allontanandosi
correndo.
Mitsuki
si sentiva pienamente soddisfatto di se stesso.
Non
solo aveva superato brillantemente l’esame finale e ottenuto un diploma da
conservare nel tempo, ma gli era stata consegnata la prova della sua
appartenenza al Villaggio.
Era
la carta d’identità che stava aspettando con ansia, assieme alla conferma di
essere stato assegnato alla stessa squadra di Boruto Uzumaki e Sarada
Uchiha.
Pur
essendosi trasferito a Konoha da non molto tempo, l’enigmatico ragazzino dai
capelli argentei e dagli occhi ambrati aveva avuto modo di sondare attentamente
il terreno, di studiare nei minimi dettagli i comportamenti dei suoi coetanei e
di stabilire con pignola certezza i perfetti candidati con i quali poter
tranquillamente trovarsi in una squadra di tre elementi.
Non
per formare un team qualsiasi, ma il migliore di tutti, perché “buon sangue non
mente” e “non c’è due senza tre”.
La
compagna di squadra l’aveva sorpreso davvero quando, con un sorriso cordiale,
aveva affermato che potevano abbandonare ogni formalità e comportarsi da amici -
per il bene del gruppo, eh, non per
altro -, quindi non si sarebbe affatto offesa se si chiamavano per nome,
come già facevano lui e Boruto.
Udendo
il cinguettio armonioso di un uccellino, di un piccolo passerotto che, qualche
giorno prima, si era ferito all’ala e che lui aveva accudito durante il tempo
libero, abbassò la testa e diede una carezza alla sua, minuta e delicata, con un
dito.
Quell’esserino
stava tranquillamente accovacciato sopra la sua mano sinistra e non pesava
nulla, lo stesso poteva dire di sé, seduto su un ramo non tanto robusto, la
schiena poggiata sul tronco ruvido, eppure lì vi aveva trovato una stabilità
perfetta.
Mitsuki
mantenne la sua espressione serafica anche quando non fu più il solo in quel
luogo rigoglioso, vicino ai campi di addestramento.
La
prima a presentarsi all’appuntamento, oltre a se stesso che già si trovava sul
posto da un’oretta, comparve sotto di lui, in un ramo poco più in
basso.
«Mitsuki,
come sta il passerotto?» lo salutò così Sarada, curiosa di sapere se avrebbe
potuto rimetterlo presto in libertà.
«Aspettiamo
Boruto e poi vediamo se è pronto a volare di nuovo, Sarada», le riferì con voce
carezzevole.
Lei
si limitò ad annuire toccandosi gli occhiali e puntando lo sguardo assorto
altrove.
Quando,
dopo dieci minuti, sopraggiunse anche il suo amico, il terzo elemento del nuovo
team, che li salutò allegramente agitando un braccio, atterrarono dinnanzi a
lui, che alla vista dell’uccellino convalescente ebbe un’idea
fulminante.
«Sarada,
Mitsuki, conosco il posto perfetto per farlo volare senza che corra pericoli.
Seguitemi!» assicurò Boruto battendo il pugno sul palmo aperto dell’altra
mano.
Il
nipote del Terzo Hokage di Konoha, quel piccolo scavezzacollo che andava dietro
a Naruto ammirandolo ed emulandolo, ormai cresciuto e diventato un uomo, non lo
aveva ancora realizzato in pieno, ma era jonin.
Uno
jonin serio a cui di recente era
stata affidata una squadra davvero promettente.
E
pensare che un tempo detestava intensamente quel ruolo, aveva perso il conto di
tutte le volte in cui aveva fatto impazzire o esasperare il povero Ebisu-sensei,
eppure adesso gli apparteneva e desiderava tenerselo ben
stretto.
Senza
contare che quei tre rivelavano una sorpresa dietro
l’altra.
Konohamaru
Sarutobi levò lo sguardo in un punto molto alto, sulla cima della scalinata che
dal monte degli Hokage scendeva e si collegava a una stradina lastricata, la
stessa in cui sostava in quel momento.
Ficcò
le mani in tasca e osservò divertito i suoi allievi mentre donavano la libertà
al passerotto, per poi scendere a un ritmo sostenuto gli scalini e seguirne il
volo incerto, tra gli incitamenti spontanei di Boruto, le frecciatine sottili di
Sarada – del tipo: “Baka, mica ti
capisce, che schiamazzi a fare?!” – e i silenzi rispettosi di
Mitsuki.
Il
fatto che riuscisse già a immaginarseli capaci di questo e molto altro ancora
era forse il segno che si stava abituando al ruolo un tempo tanto
odiato?
Scosse
il capo e tornò a concentrarsi totalmente sul presente, avviandosi per
aspettarli in fondo agli scalini di pietra e per informarli sul da
farsi.
Loro
formavano una squadra affiatata.
Il
team Kohohamaru.
E
la fascia da capitano legata e portata con orgoglio intorno al braccio non gli
era mai parsa così leggera.
_____
Noticina:
In
un certo senso questa breve one-shot è il seguito di “Simply
Friends”, quindi la collocherei dopo il Naruto Gaiden.
Semplice semplice, riflessiva, senza troppe pretese, purtroppo non ho ancora visto il film, inoltre mi sa di aver nuovamente messo in risalto Mitsuki rispetto agli altri :P ma se non lo faccio io mi chiedo chi avrà il coraggio di farlo, lol xD
Spero
vi piaccia e grazie a chiunque abbia letto fin qui ^^
Baci,
Rina