"Yoshikawa! Yoshikawa! Svegliati".
Un eco lontano e sbiadito risuonava nelle mie orecchie come se fosse un
martello pneumatico. Lo sentivo con tremenda nitidezza. Era come se quella
specie di eco fosse stata parte di me. Aprii gli occhi e vidi Keiko sorridermi.
Keiko era la mia ex ragazza, mi sorrideva e mi sussurrava
"Tagliami il collo! Tagliami il collo!"
Solo in quel momento mi accorsi di avere nella mano un coltello da cucina
"Keiko! Ma che stai dicendo?" urlai "sei
impazzita!"
Lei non sembrò darmi ascolto e continuava a ripetere in continuazione con
squittii.
Ansimai, sempre più velocemente, quasi dessi uno strano ritmo sospirato a
quella strana richiesta.
"Taglia il mio collo...taglia il mio
collo"
Lei in divisa scolastica, i capelli corvini posti elegantemente dietro le
orecchie, il sorriso stampato sul volto e lo sguardo sempre felice mi stava
chiedendo di ucciderla e sembrava sincera. Voleva essere uccisa.
"Yoshikawa! Cazzo!"
Cominciò ad urlare "Taglia il mio collo!"
Solo in quel momento mi svegliai davvero. Davanti a me Noburi e Nobuyuki mi
parlavano.
"Finalmente si è ripreso" sospirò Noburi
"Come ti senti?" mi chiese Nobuyuki con il suo solito sguardo
calmo ed impenetrabile
Non stringevo più alcun coltello in mano e già mi sentivo meglio.
La testa mi faceva male, sembrava che sarebbe dovuta esplodere da un momento
all'altro.
"Si può sapere che ti è successo?" incalzò Noburi con prepotenza
Sentivo il retro della giacca della divisa fradicio.
"Allora?"
Mi alzai senza dire nulla e mi lavai le mani. Il pavimento era bagnato di
piscio e mi veniva il voltastomaco pensando che ci fossi sdraiato sopra.
Mi tolsi la giacca e vidi una terribile, nefanda macchia umida che si
estendeva dal colletto sino all'orlo. L'odore era osceno. Mentre tentavo di
rimediare pulendo con un pezzo di carta igienica, Noburi continuava a fare
domande e Nobuyuki continuava a fissarmi con il suo solito, strano sguardo.
Se avessi raccontato loro la verità non mi avrebbero mai creduto. Non
avrebbero mai creduto del fatto che avessi visto il fantasma della
videocassetta. Mi avrebbero preso per scemo.
Tornai in classe senza voltarmi, con il fiato corto, tra lo scioccato e lo
stranito.
Là incontrai Keiko. Era passata per lasciarmi una lettera.
"Ciao Yoshikawa" mi sorrise imbarazzata, come una bambina che ha
perso la strada di casa.
Mi diede la lettera. La presi con dolcezza e la salutai con gli occhi.
Mi piaceva stare con Keiko, le giornate con lei passavano via che un
piacere. Con lei le ore diventavano minuti. Eravamo in perfetta sintonia.
Poi un giorno tutto si spezzò. Non ricordavo bene cosa fosse successo, ma
accadde, così di colpo, con la stessa fragilità di uno swaroskvi scheggiato.