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Autore: Sephirah    15/02/2009    5 recensioni
Sono passati alcuni mesi dalla scomparsa della principessa, e a Clef è stato dato il compito di aiutare i Cavalieri Magici da lei chiamati su Sephiro. E' pronto a combattere per tener fede alla promessa fatta ad Emeraude, ma a convivere con tre cavalieri adolescenti non è molto preparato...
Di ritorno con la seconda fase, ecco a voi una storiella dai toni più leggeri della precedente e con un po' di humor che non guasta mai, la mia rivisitazione della prima serie a fumetti di Rayearth.
N.B.: AGGIORNATA FINALMENTEEE!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Clef
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Rayearth - revolution'
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capitolo 9 CAPITOLO NONO: BIDIMENSIONALE

Sephiro è un mondo pervaso da mille segreti, ed è folle colui che tenta svelarli tutti, poiché se questo mondo è generato dalla volontà dei suoi abitanti è allora profondo come le loro menti.

                                                       Ferus – Enciclopedia


Appena Hikaru si svegliò la prima cosa di cui prese coscienza fu che aveva fame. Tanta Fame. Poi si accorse di avere il naso gocciolante, e che quindi s’era presa un raffreddore. Infine si rese conto che Umi la stava chiamando.
“È già mattina?” chiese all’amica con la voce impastata.
“Da un pezzo, noi siamo già pronti”
“Non facciamo colazione?”
Umi esitò qualche istante, poi lanciò un’occhiata di sottecchi al resto del gruppo.
“Non mi sembrano dell’umore adatto. Non ho idea di che diavolo gli sia preso, ma hanno delle facce da funerale che non ho nemmeno domandato nulla…”
Hikaru si tirò su per guardare. In effetti i tre compagni erano silenziosi e avevano un’aria mesta mentre fissavano le armi sul corpo.
Fu stava avendo qualche problema ad allacciare arco e faretra alla schiena, così Ferio le si avvicinò ed allungò una mano per aiutarla. Fu sobbalzò, si ritrasse, poi incrociò gli occhi del ragazzo: sembrava triste, disperato, ma il suo viso sorrideva.
Dopo aver guardato a lungo quegli occhi dorati, quando lui si avvicinò di nuovo lei si lasciò aiutare, sempre senza smettere di guardarlo.
Clef osservò la scena a distanza. Finì di assicurare il fodero alla cintura e si riavviò i capelli.
“Forza, muoviamoci, ormai manca poco”
Si misero in cammino, con sommo disappunto di Hikaru, che non era riuscita a fare colazione.
Mentre camminavano nessuno osò fiatare, tranne qualche misero tentativo di Umi di cominciare un discorso. Alla fine però anche lei si arrese.
Fu squadrò Clef per gran parte del tragitto, cercando un’ombra nel suo sguardo, un segno d’inquietudine, invece nulla: gli occhi del ragazzo rimanevano freddi e si limitavano solo a controllare Ferio, poco dietro di lui, di tanto in tanto.
Fu avrebbe voluto fermare, prenderlo per un braccio e dargli uno scossone, chiedergli spiegazioni su ciò che era accaduto l’altra notte, e soprattutto perché facesse finta di niente, perché non avesse comunicato alle altre due l’accaduto, perché non avesse allontanato quello che l’altra notte era sembrato essere un nemico. Ma non fece nulla. Preferì fidarsi della loro guida e rimanere in silenzio.
Hikaru ed Umi, intanto, si lanciavano occhiate di sottecchi. Continuarono a camminare per un paio d’ore, e man mano che procedevano gli alberi si diradavano, e l’erba diventava più alta.
Ad un tratto la vegetazione sparì, e tutto fu inondato di luce. Umi si coprì gli occhi con la mano e attese di abituarsi. Due giorni di oscurità avevano reso la luce una cosa strana, e le ci volle un po’. Sentì il vento sul viso, fresco e frizzante, e respirò a fondo. Poi abbassò il braccio per vedere.
“Siamo arrivati” disse Clef.
Umi storse il naso. “Sicuro?”
“Sicuro… ma che domanda è? Non ti fidi?”
“Ma… non c’è niente”
La piccola radura circolare brillava di luce smeralda, e il vento frusciava sull’erba creando onde simili a quelle del mare. A parte questo, era completamente vuota.
“Scusa se mi impunto, Clef, ma… se questa è la Sorgente Eterna, mi aspettavo come minimo, non lo so, una sorgente?”
Clef la osservò un istante, riavviandosi i capelli, poi sfoderò un sorriso provocatorio.
“Oh, ma la sorgente c’è”
Anche Ferio si lasciò sfuggire una risata, anche se un po’ forzata.
“Tu sai di che sta parlando, vero?” domandò Umi all’altro ragazzo. “Perché sono quasi sicura che stia cercando di comunicarmi qualcosa, ma non riesco a capire cosa”
Ma nonostante lo fissasse con sguardo assassino non ottenne risposta.
“Ehi, scherzi a parte” si intromise Fu. “Che storia è?”
Clef fece scorrere lo sguardo lungo la radura e si soffermò su una piccola altura rocciosa. La indicò alle ragazze.
“Le cose possono cambiare a seconda della prospettiva da cui vengono vitste”
Umi arricciò il naso. “Sì, grazie per questa perla di saggezza, maestro. Ora di grazia parla come mangi”
“Arrampicatevi”
“Eh?”
“Fidati di me”
Le ragazze si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi sospirarono.
Hikaru fu l’ultima ad iniziare la scalata e la prima a finirla. Una volta giunta in cima all’altura guardò giù.
Brillava come fosse fatta di minuscoli cristalli e disegnava un cerchio perfetto. La Sorgente Eterna era lì, sospesa a mezz’aria, dove prima c’era il vuoto. Anche le altre due osservavano a bocca aperta la scena. Poi Fu aggrottò la fronte.
“E’ bidimensionale”
Hikaru si voltò a guardare l’amica. “Eh?”
“Vuol dire che ha solo due dimensioni. Si estende per lunghezza e larghezza”
“Ma non per profondità”  completò Umi. “Ma non può esistere un oggetto bidimensionale”
“Non sulla Terra” disse Fu. “Ma qui siamo a Sephiro, chissà quali sono i limiti qui?”
“E’ così?” chiese Hikaru a Clef.
Il ragazzo annuì. “Sì, è quasi esatto”
“Quasi?”
“La Sorgente, a dispetto del nome, è più una porta" spiegò il ragazzo, giocherellando con una ciocca di capelli. “Diciamo un portale. Se lo intendi come un tunnel nello spazio-tempo, non è esattamente un oggetto. Per questo può esistere in due dimensioni”
“Un Wormhole” concluse Fu.
“Un che?” chiese ancora Hikaru.
“Una scorciatoia per passare da un luogo ad un altro, o addirittura ad un tempo diverso. È un po’ complicato da spiegare…”
“E adesso?”
Clef sorrise e mimò il gesto. “Adesso vi tuffate”

Questa volta convincere le ragazze era stato complicato, ma alla fine si erano arrampicate di nuovo sull’altura  rocciosa, si erano prese per mano e avevano saltato gridando un paio di accidenti. La sorgente le inghiottì in un baleno di luce.
Dopo quel lampo nella piccola radura rimasero solo Ferio e Clef. Passarono alcuni secondi di silenzio, e la foresta fu muta con loro.
“Allora” esordì Clef, mettendosi a braccia conserte. “Parliamone”
“Pensavo che avresti fatto come hanno fatto tutti” rispose Ferio.
“Sono un tipo originale. Come hanno fatto tutti?”
”Si sono nascosti e aspettano che il tempo ponga rimedio”

Clef scoppiò a ridere in una risata decisamente amara. “Già. Che bravi. Anche tu fai così?”
“Cosa pretendi?”
Gli occhi di cristallo del Monaco Guida s’incendiarono. “Cosa pretendo?  Pretendo che tutti quelli che hanno azzardato parlare di ideali ora si alzino in piedi e mettano mano al loro coraggio per fare la differenza, ecco cosa pretendo!”
“Ma come potrei?! Maledizione, Emeraude è mia sorella!”
“Soprattutto perché è tua sorella! Dovresti esserci tu al posto mio, vigliacco!”
“Non tutti hanno la tua stessa risolutezza! Forse tu puoi uccidere Zagart ed Emeraude senza paura di non riuscire più a dormire, ma io no! E’ questo che succederà! Ci ammazzeremo gli uni con gli altri! Come abbiamo potuto lasciare che accadesse?!”
Clef cercò di rilassare i muscoli, la sua voce si fece più ferma.
“Hai un bel coraggio a fare una domanda simile. Noi c’eravamo. Forse avremmo dovuto fare di più. Non lo so. Non mi importa. Bisogna riparare al danno fatto”
Ferio scosse la testa. “Non posso. E’ mia sorella. Non posso”
Il Monaco Guida si strinse nelle spalle. “Come vuoi, non intendo provare a persuaderti. Solo, non metterti sulla mia strada”
“Perché lo fai?”
Era una domanda semplice, la più importante. Clef abbassò lo sguardo. Una domanda così importante che la risposta sembrava banale.
“Perché è giusto”
“E’ giusto che Emeraude muoia?”
“E’ giusto che lei abbia ciò che chiede”
“Sei sicuro di volerlo fare tu?” chiese Ferio.
“No, per niente. Non sono sicuro di nulla. Ma lo ha chiesto a me. Sono rimasto solo io”
“Pensi che io te lo lascerò fare, senza intromettermi?”
Clef rimase un attimo in silenzio, riflettendo. “Credo di sì. Non mi fermerai”
“Perché lo pensi?”
“Perché so che le vuoi bene”
Ferio rise. “Hai ragione.” Poi si riavviò i capelli. “Ma soprattutto non lo farò perché sono stanco di combattere i miei amici. Me ne voglio tirare fuori e fare finta di niente”
“Allora non ti devo considerare un nemico?”
Ferio scosse la testa, con un mezzo sorriso. “No. E poi non potrei. Sono così diverse da come mi sarei aspettato i Cavalieri…”
Clef sbuffò. “Davvero…”
“Sei preoccupato?”
“Eccome. Ma le hai viste? Sembrano così delicate…”
“Però hanno tutte e tre un bel caratterino eh?”
“Speriamo”
Clef si risistemò la fondina addosso, poi si sedette sull’erba a gambe incrociate con uno sbuffo.

“A proposito” disse. “Hai notizie di Lantis?”
Ferio scosse la testa. “Nessuno sa più niente di lui da due mesi”
“Hai idea di dove possa essere andato?”
Il ragazzo col codino fece spallucce. “Forse. Non saprei”
“Ootozam?”
“Mi viene in mente solo quello”
Clef fissava incantato l’erba ciondolare al vento. “Ha fatto la sua scelta”
Il frusciare dell’erba musicava una melodia delicata, appena udibile in tutto quel silenzio. Ma c’era qualcosa di strano, un rumore che stonava. Un suono leggero. Un frullio d’ali.
“Lo senti?” chiese Ferio. Aveva irrigidito i muscoli e messo mano all’elsa della spada, legata dietro la schiena.
“Da dove viene?”
“Dalla foresta?”
Clef scosse la testa. “No, le creatura della Foresta del Silenzio non si avvicinano alla radura della Sorgente”
“E allora da dove?”
L’erba ebbe un sussulto, una raffica di vento inondò la radura. Clef e Ferio alzarono lo sguardo.
Nel cielo si dimenava un’ombra scura, non molto grande, sbatteva le ali con foga. Clef non riusciva a vedere di più, la luce del sole gli feriva gli occhi, accecandolo.
“Andiamo via!” disse Ferio.
“No, non sono ancora tornate” rispose Clef, mentre il vento gli agitava i capelli sul viso.
“Non abbiamo i mezzi per affrontare un nemico con le ali, dobbiamo andare!”
il ragazzo rimase immobile, non riusciva a decidersi. Sapeva di dover fuggire, ma sapeva anche che se si fosse allontanato avrebbe lasciato  le ragazze il balia di un nemico sconosciuto.
La creatura si avvicinava velocemente, così Ferio decise per entrambi: afferrò l’amico per un braccio ed ignorò le sue proteste, trascinandolo di nuovo nel buio della Foresta.

“Si sono nascosti”
“Ho visto. Non importa”
Alcione spronò la fiera volante perché andasse più in basso. Quella emise un fischio ed eseguì.
“Dovremmo dividerli” disse la voce dietro di lei.
La donna scosse la testa. “No. Abbiamo degli ordini da eseguire, e li eseguiremo alla lettera”
“Come vuoi” rispose l’altro.
“Va bene quest’altezza?”
“credo di sì”
“Allora fai quello che devi fare”

Clef estrasse l’arma e se la rigirò tra le mani. Rimasero immobili, nascosti nell’ombra delle fronde. La radura era ancora ben visibile tra i rami, se fosse accaduto qualcosa sarebbero stati in grado di intervenire.
“A proposito” bisbigliò Ferio. “Scusa per prima”
“Niente” rispose Clef. “Hai fatto bene. Secondo te che cos’è quell’affare?”
“non lo so, ma di sicuro è un guaio”
“Non veniva dalla Foresta, sono sicuro”
“Perché si sarà piazzato proprio lì?”
“Che vuoi dire?” domandò Clef, sempre senza staccare gli occhi dalla radura.
“Che è una postazione particolare, no? Di solito questi mostri schifosi non brillano d’intelligenza, questo invece sembra aver scelto un punto strategico…”
Clef annuì. “Hai ragione. Che diavolo vorrà?”
In quel momento la radura si illuminò e li investì un’ondata di calore e di puzza di bruciato.
La creatura aveva lanciato una deflagrazione e gli alberi avevano preso fuoco in un istante. Poi un tuono, e altre fiamme. E di nuovo, e ancora. Le deflagrazioni colpivano punti differenti, a poca distanza gli uni dagli altri. Il mostro stava incendiando tutta la foresta, sistematicamente.
Clef e Ferio rimasero paralizzati, in attesa che una deflagrazione li travolgesse, incapaci di staccare gli occhi dalla piccola radura, circondata dalle fiamme. Passarono diversi secondi.
“Perché?” sussurrò Ferio.
“Ti pare il momento per l’esistenzialismo?”
“Perché colpisce la parte della foresta opposta a quella dove siamo noi? Ci ha visto fuggire, e non ci attacca?”
“Quel coso ce l’ha con noi di sicuro, non c’è nessun altro qui”
Clef rimase immobile mentre la foresta bruciava e si illuminava di luce rossa. La radura, però, era illesa, e alle loro spalle c’era ancora l’oscurità.
“Non ci sta attaccando” sussurrò. “Ci sta tagliando le vie di fuga”
“Eh?”
“Sta bruciando la metà di foresta opposta. Vuole farci tornare indietro”
Le fiamme li stavano circondando. Ormai la via di fuga era obbligata.
“E’ un trappola” constatò Ferio. “Che facciamo?”
“Sai attraversare un muro di fiamme rimanendo illeso?”
“No”
“E allora cadiamo nella trappola”
C’era fumo. Dovevano andare via.
In quel momento nella radura ci fu un sussulto, poi un lampo di luce candida. Dopo meno di un istante il bagliore sparì.

Umi riaprì gli occhi lentamente. Era confusa, disorientata. Non era più nella Sorgente Eterna, c’era troppo rumore attorno a lei. Troppa luce. E odore di bruciato.
Voleva muoversi, ma non riusciva a trovare le gambe, o le braccia. Non sentiva il suolo sotto i piedi. C’erano dei rumori fortissimi.
Sentì qualcosa afferrarle la vita e strattonarla, tirarla giù, e poi sentì di nuovo il pavimento, terra ed erba contro la guancia. C’era una voce che urlava, che cercava di sovrastare gli altri rombi assordanti. Qualcuno la sollevò da terra, la teneva in braccio, correva inciampando, mentre il mondo intorno esplodeva.
Voleva scuotersi, ma non ci riusciva. Sentiva una stanchezza pesante precipitarle addosso, aggrapparsi ai suoi polsi, alle sue caviglie, e renderla pesante, immobilizzandola. C’era puzza di bruciato, così forte da star male.
E poi odore di erba, e terra.
Della stoffa le stava sfregando contro la guancia, era calda. Aveva un profumo particolare, indefinibile. Di cose lontane.
Spalancò gli occhi. Sopra di lei il viso di Clef era rosso dalla fatica, imperlato da piccole gocce di sudore. Stava correndo, ma era impacciato, inciampava. Aveva il fiato corto. Doveva chiamarlo. Dirgli che era sveglia, che stava bene. Ma aveva il corpo pesante, voleva solo dormire.
Doveva dire qualcosa. Chiamarlo.
“Tua hai… un buon odore”
Clef abbassò lo sguardo su di lei, e si fermò. Ferio gli urlò di continuare a correre, ma il ragazzo non si mosse.
“Stai bene?” lo disse in un sussurro, non aveva più fiato, non riusciva più a correre.
Umi annuì, almeno ci provò.
“Puoi…” Clef provò a parlare, ma non ci riusciva. “Puoi camminare?”
Di nuovo la ragazza annuì. Non era vero, ma lui non era in grado di continuare con lei in braccio.
Clef la mise giù, afferrandola in modo che lei potesse appoggiarsi a lui e le disse di correre. Intorno a loro, la foresta bruciava.
Ovunque c’era la luce delle fiamme.
Ferio teneva Fu caricata sulle spalle, e stringeva la mano di Hikaru, che correva malferma sulle gambe. Anche lei doveva aver ripreso conoscenza da poco. Clef la spinse a correre, ma Umi faceva fatica a rendersi conto di cosa stesse succedendo. Cercavano di tenere il passo, ma lei poteva sentire Clef incespicare e chinarsi sotto il peso della fatica, fremere ai colpi di tosse per il fumo soffocante.
Il fumo. E la puzza di bruciato. La luce del fuoco.
La Foresta bruciava. Ad un tratto questa consapevolezza la travolse. Il senso di torpore scomparve, e Umi avvertì una scarica elettrica nelle gambe. Si scostò da Clef e lo afferrò per il polso.
“Corri! Devi correre!” gli urlò.
Ma il ragazzo sentiva le gambe pesanti, e il cuore scoppiargli. Non riusciva più ad andare avanti.
Cadde a terra sulle ginocchia. Umi lo afferrò da sotto le braccia e cercò disperatamente di tirarlo su, lo costrinse a continuare a muoversi. Chiamò aiuto, ma non si sentì rispondere. Si voltò, e si accorse che Ferio, Hikaru e Fu erano spariti. Era rimasta indietro, e ora erano soli.
“Alzati!” gridò a Clef, con la voce spezzata dal terrore.
Il ragazzo non rispose, tossì violentemente, e con la mano spinse contro la gamba di lei. Le stava dicendo di andare. Umi scoppiò a piangere.
“Non essere ridicolo! Avanti, muoviti!”
Lo afferrò di nuovo, provò a tirarlo su in piedi, ma ci fu un rombo, poi tutto divenne rosso.
Una deflagrazione si era abbattuta appena dietro di loro, e ora gli alberi erano divorati dalle fiamme, che si espandevano velocissime sulle altre fronde. Uno dei tronchi schioccò e cominciò ad inclinarsi. Clef prese Umi per una spalla e la strattono via, prima che l’albero le precipitasse addosso. Uno dei rami, però, lo colpì sulla schiena, schiacciandolo a terra. Batté la testa e non si mosse più.
Umi rimase paralizzata dal terrore, incapace di fare altro se non fissare il ragazzo a terra, aspettando che si rialzasse, fino a che le lacrime non l’accecarono.
Tossì. Il fumo aveva reso l’aria irrespirabile. Il tronco che era caduto aveva spezzato un altro albero, e le fiamme ne troncavano sempre di più. In pochi, lunghissimi secondi, il fuoco aveva distrutto tutto attorno a loro, e le sue punte indemoniate lambivano il cielo.
Umi si accucciò accanto a Clef, disperata, chiamandolo in un sussurro tra le lacrime. Ma lui non rispondeva.
Le fiamme li circondavano, e ormai la ragazza sentiva il calore del fuoco bruciarle il corpo e il viso.
Alzò lo sguardo verso il cielo.
Stava già scendendo la sera, nonostante non dovesse essere che pomeriggio inoltrato. Non c’erano nuvole, e già si vedevano alcune stelle. Alcune lingue di foco si allungavano verso quei minuscoli punti luminosi, come se cercassero di afferrarli.
Sarebbe morta. Lontana da casa, e sola. Avrebbe provato dolore, le fiamme le avrebbero bruciato i polmoni come carta.
Provò un terrore feroce, l’istinto di preservare la propria esistenza a tutti i costi.
Ma qualcos’altro accompagnò la paura e si insediò velocemente in lei.

Non aveva nessuna intenzione di morire in quel modo.
Tra quelle fiamme, con il sale delle lacrime secche che le bruciava il viso, si sentì potente. Una forza nuova, che non aveva mai sentito prima, la pervadeva completamente, e continuava a crescere, e quando dentro di lei non ci fu più posto per quella nuova energia, le zampillò dalle dita, da ogni singolo capello, dalle ciglia degli occhi.

E così venne l’acqua. Un vortice di cristallo le si avviluppò addosso, poi esplose, contro le fiamme, le combatté alcuni istanti, infine le soppresse.
Rimasero il fumo, il cielo e la terra annerita.
E pioveva.

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Bentornata a me! Chiedo perdono per non aver postato per tanto tempo, ma sono oberata dagli impegni... tra scuola di disegno, scuola quell'altra, i compiti di scuola quell'altra e le ripetizioni di matematica e fisica... mamma mia!! XD Quindi cercate di capirmi.... però adesso proverò a recuperare e mi metterò a scrivere anche in classe (noi bravi studenti...). Un saluto a tutti, e commentate!
  
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