E’ domenica pomeriggio, e dopo aver fatto una bella
passeggiata ho trovato l’ispirazione per completare questo quarto capitolo. E’ per ciascuno di voi, persone fantastiche che
apprezzate prima di tutto il mondo del Professore…e che per questo sento già amiche,
anzi…Mellon!
Grazie a: Lothiriel,
Hobbit, Estel21, Mel,
Jenny76, Dama Gilraen, Argenne,
Kiko87.
Allora allora…
Anche per questo capitolo ho dovuto un po’ studiare – anche
se, come potete immaginare, è stato un vero piacere! Il nuovo nome che
incontrerete l’ho “creato” partendo da una delle
radici più comuni ai nomi usati nelle Terre di Rohan:
“ Fe”, ed ecco a voi…
Un abbraccio da Caillie
Anime
attorno al fuoco
Capitolo Quattro
“ Mamma…”
Elrond avrebbe
voluto con tutto se stesso poter cancellare ogni istante dell’
ultima parte di quel viaggio. Aveva affrontato la bufera di neve con la
forza della disperazione, quando gli era arrivato il messo del capitano Haldir. Aveva raggiunto con pochi elfi il rifugio dove Celebrian e i loro figli erano stati ospitati al termine
dell’imboscata.
Non era
riuscito comunque ad arrivare in tempo, e il corpo che
aveva stretto tra le braccia le era parso una macabra imitazione della bellezza
della sua amata. La freccia era stata subito estratta – del resto si era sempre
fidato, e a ragione, di Haldir e degli elfi che lui
comandava. Avevano medicato Celebrian e i due figli
nel miglior modo concesso dal luogo e dall’imperversare della bufera…Elladan presentava un taglio abbastanza profondo
sull’avambraccio destro, Elrohir era graffiato su più
punti del volto. Nessuno dei due aveva lontanamente pensato di abbandonare la
madre, fino al momento del suo arrivo.
Tempestati
dalle peggiori sensazioni, avevano così affrontato la parte finale del viaggio
verso Lorièn, ed Elrond
aveva tenuto faticosamente a bada la propria collera verso gli orchi e le loro
maledette frecce avvelenate. Celebrian gli era stata
legata dietro, sul cavallo, perché non cadesse. Elladan
ed Elrohir avevano insistito per continuare a
cavalcare, e li avevano scortati ai lati a capo chino, anche quando la neve
aveva cessato di cadere.
Mai il Bosco
d’oro lo aveva accolto così tristemente: i primi mallorn
che la disperata compagnia si era lasciati alle spalle sembravano aver compreso
tutto. Dama Galadriel era venuta loro incontro. Anche lei aveva saputo, in virtù del legame così forte che
aveva sempre avuto con la figlia. La presenza di Arwen all’esterno del palazzo aveva richiesto di reagire a
sangue freddo: per
Anche quel momento
era passato, ora si trovavano tutti nella stanza dove Celebrian
era stata stesa, dove dormiva un sonno dal quale rischiava di non aver
risveglio.
Ed Elrond continuava a chiedersi se fosse stato un bene
permettere ad Arwen di vederla in quelle condizioni.
“
Mamma…svegliati, ti prego. Devi svegliarti! ”
Gli si
avvicinò lo stesso elfo che aveva appena parlato sottovoce con Haldir: “ Olòrin mi ha detto di dirvi, Sire, che resterà lui per un po’ con i vostri figli.
”
Elrond annuì,
grato.
Doveva andare
a parlare con lui in privato, perché di fronte ad Arwen
l’Istaro non aveva avuto cuore di rivelare la gravità
delle condizioni di Celebrian.
Elrond ne aveva avuto un
quadro terribilmente preciso quando si era reso conto che perdeva
progressivamente ogni contatto con l’esterno, con i volti di chi le stava
attorno e le voci ben note che la richiamavano. Un veleno agiva dentro di lei,
un veleno micidiale anche per gli elfi, nel quale gli
orchi dell’Oscuro signore avevano intinto quella maledetta freccia.
Ma prima doveva
fare qualcos’altro di molto importante. Riempì a passi lenti, pieni di angoscia, la distanza che lo separava dal biondo
capitano, e gli prese tra le mani la sinistra stretta in un pugno, abbandonata
lungo il fianco.
“ Riposa,
amico, e non farti una colpa di quello che è accaduto. Non ho bisogno di
chiedetelo, per sapere che hai difeso con la vita le
persone che mi sono più care. ”
Haldir irrigidì la
mascella. “ In qualcosa ho mancato, però, e Celebrian
la sta pagando cara…”
Elrond scosse la
testa: “ Non è tutto perduto, e quello che accadrà non cambierà nulla tra noi,
te lo assicuro. Non c’è motivo per cui tu ne dubiti.
Vai, adesso, anche tu hai una famiglia a cui tornare. ”
Quando l’elfo fu
uscito dalla stanza, Elrond trasse un lungo sospiro e
si preparò a spiegare l’accaduto alla creatura che fissava speranzosa la madre,
che le sedeva accanto sul bordo del letto e continuava ad accarezzarne le
braccia abbandonate sulle coperte.
Valar, perché?
“ Adar, la mamma
guarirà, non è vero? ”
“ Arwen, vanimelda…non posso mentirti, siamo tutti molto
preoccupati. Potrebbe…” gli si strozzò in gola non solo
la voce, ma il fiato stesso. “ Potrebbe rendersi necessario
portarla…”
Come
dirglielo, come? Con quale forza…
“ Portarla
nelle Terre imperiture? ” terminò per lui Arwen, con
il viso terrorizzato ma anche con un filo di speranza nella sua giovane voce, “
…e lì guarirebbe? ”
“ Avremmo
molte più possibilità…”
Lei annuì,
lottando coraggiosamente con le lacrime che premevano per uscire. Gli era
grata, lo sapeva, per averle detto la verità.
“ Guarirà! ”
“ Arwen, tu…comprendi cosa significherebbe vederla partire? ”
Perderla…conservarne
per tutta la sua vita forse solo il ricordo.
“ Non me ne
preoccupo, visto che andrò con lei. ”
“ Arwen, vieni qui ” riprese allora Elrond, ospitando la sua testa mora sul petto e parlandole
ad occhi chiusi. Non aveva bisogno di guardare Celebrian:
la sentiva dentro di sé, e dalla sua presenza trasse la forza di
proseguire. “ Le Terre Imperiture non sono un luogo
per un elfo che ha appena iniziato a vivere. Non potresti
tornare indietro, te ne rendi conto? Mamma, per te, ha sempre desiderato
la vita più felice che potesse immaginare…Non sarebbe quella, la felicità che
sogna per te, anche se certo non le dispiacerebbe
averti accanto a lei. ”
“ Ma se tu devi proteggere gli elfi di Granburrone,
io voglio stare accanto a lei. Non possiamo lasciarla sola! ”
Arwen…
Elrond pensò per un
attimo che avesse già parlato con Olorin.
La fermezza con cui aveva detto – in una sola parola – che comprendeva il suo
compito di custode dell’Ultima Casa accogliente, di responsabile di centinaia
di vite di fronte al pericolo rappresentato dalle armate di Sauron…La
sua era una maturità innata, una profondità e una
rettitudine d’animo che non avrebbero mai smesso di sorprenderlo. “ Ne
riparleremo, Arwen. Ma
tu…pensa a quello che ti ho detto, è quello che vorrebbe anche lei. Non
vorrebbe vedere sacrificato il tuo futuro. ”
“ Come puoi
sapere quello che vuole lei, ora? ”
Cosa risponderle,
adesso? Quanto poteva valere per Arwen una promessa
fatta tra di loro, nel momento del ritorno dell’Ombra?
Arwen aveva una vita da vivere, e Celebrian
non avrebbe mai potuto tornare ad essere felice,
sapendo che sua figlia aveva sacrificato quella vita per seguirla in un viaggio
senza ritorno. Questo Elrond poteva affermarlo con sicurezza, ma Arwen…?
“ Vai giù da Olòrin, padre…” E non pensare ù di potermi nascondere
qualcosa – gli sembrò di averla udita proseguire,
anche se con parole non pronunciate.
“ Sì ” , annuì il mezz’elfo, allontanandosi da lei con un’ultima
carezza.
Ora Frodo comprendeva perché Dama Celebrian
si era presa così a cuore la salute del piccolo ferito.
Lo guardò agitarsi nel sonno indotto dall’infuso
calmante che proprio la bella madre di Arwen gli aveva fatto inghiottire con pazienza. “ Anche lui è stato avvelenato con una freccia? ”
Dove era stato tratto in salvo? Chi era quel bambino?
“ Non è stata solo una freccia, temo.
”
Appena entrata nella
casetta insieme a Gandalf, Dama Galadriel
si avvicinò al capezzale del bambino e indugiò per qualche istante sul suo
pallido volto. “ Dopo la distruzione dell’Anello, Nazgul
e orchi hanno continuato ad infestare le terre che circondano Gondor, Edoras e i Reami elfici. Altre famiglie sono state catturate e sterminate da
questi…esseri, per puro divertimento. Questo piccolo è l’unico sopravvissuto di
un villaggio alle porte di Edoras.
”
“ Aragorn, Merry e Pipino ti hanno raccontato che non tutti i
clan risposero alla chiamata di Re Theoden. Non tutti
raggiunsero il raduno di Dunclivo…”
disse Gandalf.
Frodo annuì.
Ricordava la durezza con cui gliene avevano parlato i
due cugini, in particolare Merry, che aveva prestato giuramento al servizio del sovrano di Rohan.
“ Non deve avere più di sette anni ” rifletté
amareggiato, pensando al modo con cui
“ Esatto, forse anche meno. Forse non lo sapremo mai ” considerò Gandalf. “
Comincio ad essere ottimista, sul fatto che si riprenda, ma quanto a ricordare
la sua vita prima della cattura…E forse il non ricordare sarà la salvezza della
sua mente. ”
“ Anche Lindo sostiene che
non sia opportuno forzare in lui alcun ricordo. ”
“ Non sono d’accordo ” intervenne Dama Celebrian. “ Il ricordo sarà stato cancellato dalla sua
mente, come forma di difesa da tutto quell’ orrore…Ma riemergerà, e se in quel momento lui non sarà
preparato ad affrontarlo…”
Elrond corrugò la fronte. “ Celebrian,
non vorrai costringerlo a rivivere tutto quello che ha subito?!
”
“ Hai capito bene cosa intendo. Sai
qual è stata la peggiore conseguenza di quel veleno? Io sentivo la vostra vicinanza, udivo le vostre voci…Tutto si
allontanava, tutto si perdeva. E non riuscivo a
recuperarne le più piccole tracce. Se per me non ci fosse stata subito la
possibilità di attraversare il mare e giungere qui,
nelle Terre Imperiture, avrei smarrito di voi anche il ricordo. ”
“ E quali suoi ricordi
valgono la pena di esser conservati? ”
“ Il ricordo della madre, tanto per cominciare. Il ricordo della sua famiglia prima del massacro della sua gente:
le sole cose che gli potranno dare la forza di affrontare i ricordi più cupi,
quando la sua mente glieli ripresenterà. ”
Frodo osservò la chioma riccioluta del bambino, che
spuntava dalla coperta tirata fin sopra gli occhi. Sì, sarebbe accaduto…il
passato ritorna sempre, presto a o tardi, a chiederti
di affrontarlo.
Ww
I giorni si succedettero nella quiete che per Frodo
era una continua scoperta; ogni mattina gli pareva un dono la possibilità di
trascorrere ore a osservare il cielo, rischiarato da
un’aurora sempre differente e sempre bellissima.
Sì, in quelle Terre il cielo era comunque
una continua meraviglia, perché lo si poteva osservare lontani dalla guerra e
dalle dolorose scie che essa aveva lasciato dietro di sé. E
se all’inizio il senso di colpa aveva sporcato la serenità e la bellezza di
quei momenti, ora Frodo sentiva di poter meritare almeno un poco di quella
pace. Proprio per l’aver scoperto quella piacevole sensazione, sapeva di non
potersi fermare ad essa. Sapeva di doversi meritare la
possibilità di restare su quelle rive, in quella casa
riscaldata dalla presenza di tanti bambini, di tante anime veramente pure.
Le serate erano scandite dai
racconti attorno al fuoco, e in quei momenti i bambini avevano da
offrire tanto quanto gli Alti elfi. Le ballate hobbit
eseguite attorno al fuoco da lui e da Bilbo
incantavano gli sguardi dei piccoli, che subito dopo – sempre un poco
controvoglia – seguivano Vaire e Lindo verso le
lenzuola, pronte per essere rimboccate.
Anche quando pioveva, il clima ora restava tiepido,
permettendo lunghe gite sulle spiagge dorate.
Proprio queste gite erano ciò che più di tutto qualcuno amava farsi
raccontare. E il piacere di accontentarlo era il motivo principale per cui Frodo accettava di abbandonare la quiete della
biblioteca di Lindo per l’allegra confusione della spiaggia, gremita di
testoline accaldate e di figure che passeggiavano con passo leggero ed
elegante, le esili caviglie immerse nelle onde che si infrangevano a riva.
Al ritorno da quelle giornate, Frodo sedeva accanto al
lettino di Fealen e soddisfaceva ogni sua curiosità
sui luoghi visitati insieme a Bilbo, Gandalf, Dama Celebrian ed Elrond.
Per quanto il veleno – scorrendo nel suo corpo – avesse cominciato a raggiungere gli organi vitali, il
piccolo ora riusciva a restare alzato per diverse ore ininterrottamente. Il
problema principale, per chi trascorreva del tempo con lui, era riuscire a
distoglierlo dal ricordo del passato quando esso
oscurava la sua mente e la sua innata freschezza. Era pur sempre un bambino, e
conservava quella voglia di serenità, di divertimento, che premeva
costantemente per uscire e vivere.
Vivere…Quei suoi occhi azzurri te lo chiedevano come un dono, mentre era un suo diritto. Vivere... I suoi sguardi ti chiedevano di narrare, e i
racconti erano ciò che lo avrebbe fatto vivere. Erano ciò che più di tutto lo avrebbe fatto volare…al
di là del dolore che cominciava a tarpargli le ali.
Vivere…Fealen lo avrebbe
meritato più di tante altre persone, eppure quella freccia e le torture subite
dagli orchi avevano deciso per lui. Anche
la ferita subita da Frodo a Collevento non avrebbe
mai smesso veramente di dolere, così come l’aver portato l’Anello gli aveva
recato cambiamenti che non si sarebbero mai cancellati.
Ma quanto era accaduto a Fealen…Frodo lo giudicava davvero ignobile. La sua permanenza nelle
loro mani era stata troppo prolungata, e ora la medicina elfica
della casa di Lindo poteva soltanto alleviare il dolore che distorceva
progressivamente il suo corpo.
Il tempo per Frodo cominciò ad essere scandito dalle
tappe di questa nuova, particolare amicizia: per Fealen
l’hobbit cominciò a leggere le cronache conservate da
Lindo nelle sua Casa, scoprendo che alcune di esse
avevano anche viaggiato verso
Per Fealen Frodo chiese a Gandalf e a Sire Elrond di
insegnargli più a fondo la lingua degli Alti Elfi, e sempre per Fealen visse la gioia di poter comprendere quasi tutti i
testi più antichi conservati dal padrone di casa. Grande, eppure piena di
malinconia, fu la letizia di scoprire in uno di questi libri le liriche eliche
che Legolas aveva cantato
per tutta la compagnia, nei pressi del Nimrodel e di
nuovo a Gondor, prima della separazione.
Come era accaduto la sera del suo arrivo a Tol Eressea, a Frodo parve di
vedere il volto dell’arciere, Principe di Bosco Atro, nell’atto di ricordare
quelle rime, e le righe che ora la sua mente sapeva meglio tradurre riempirono
le sue orecchie della voce dell’elfo.
“ Cosa c’è, Frodo? ” gli
domandò una sera Fealen, vedendo che si era
interrotto, il libro posato sulle ginocchia, lo sguardo fisso sul cielo che si imporporava al tramonto.
Continua…