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Autore: LittleBigSpoon    04/10/2015    3 recensioni
Alcuni eventi della vita di Bilbo sono da sempre destinati ad accadere, ma non bisogna sottovalutare la volontà di Belladonna Took, e la sua scelta può ancora cambiare la vita di molti.
Questa è la storia di come Bilbo Baggins entrò a far parte del popolo delle Aquile di Manwë, e di tutto ciò che ne conseguì.
{Canon-divergence AU | slow-burn Bagginshield | Un sacco di OC aquile | 22 capitoli}
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della Traduttrice
Aaaah, è tardissimo! In tutti i sensi! Scusatemi tanto, queste ultime settimane sono state estenuanti per me, domani poi ricomincio la scuola ç-ç Ma tanto so che vi frega poco della mia vita, quindi sbrighiamoci e vi lascio al capitolo! 
Buona lettura! ♥

 


- Capitolo 8 -
Colui dal cuore d'Aquila

 

Bilbo fu triste di lasciare indietro Granburrone. Non poté fare a meno di fermarsi per guardare indietro un'ultima volta, ammirando la vista di un luogo che gli aveva dato, in maggioranza, un senso di benvenuto e di pace. La luce del sole nascente aveva appena iniziato a battere sui tetti riccamente colorati dell'Ultima Casa Accogliente, facendoli brillare d'oro. Bilbo si prese un momento per imprimersi l'immagine nella mente, poi si girò per unirsi al resto della Compagnia nella dura salita lungo il ripido fianco della montagna.

Si rammaricava di dover voltare le spalle a Granburrone, ma c'erano montagne davanti a lui e le loro alte cime erano un richiamo che gli provocava un tale desiderio che non sapeva proprio come avesse potuto pensare che le dolci colline della Contea l'avrebbero mai soddisfatto.

La strada che si dipanava sotto i loro piedi era ardua, e il tempo sembrava peggiorare ad ogni passo, ma Thorin andava testardamente avanti, instaurando un ritmo quasi inarrestabile che la Compagnia prese senza lamentele, ma spesso si udivano non pochi sospiri di sollievo quando veniva lanciato l'ordine di fermarsi per la notte. Sembrava quasi che Thorin volesse mettere più miglia possibile, e il più velocemente possibile, tra loro e Granburrone. Il tempo aspro e il vento ululante non infastidivano Bilbo, ma la dura marcia aveva lasciato il segno su quella che sarebbe dovuta essere una Compagnia ben riposata e felice, e ci furono poche chiacchiere e canzoni.

Le montagne si innalzavano sempre di più, e loro salivano con esse. Il terzo giorno di viaggio, il cielo divenne da blu acceso a nero nell'arco di pochi momenti, nuvoloso e agitato da fulmini. Una pioggia pesante cominciò a cadere.

I giganti di pietra furono la ciliegina sulla torta.

Bilbo pensava di aver visto tutto ciò che c'era da vedere sulle Montagne Nebbiose. Ma mentre si aggrappava alla parete di roccia dietro di sé, desiderò poter dire che fosse vero. Riusciva a malapena a distinguere i giganti che duellavano sopra di loro - erano solo ombre colossali illuminate dai lampi dei fulmini, troppo enormi perché la mente li comprendesse, ma ispiravano in lui abbastanza paura da fargli battere il cuore all'impazzata.

Una cascata di massi frantumati - ogni pezzo grande il doppio di Bilbo - piovve su di loro dall'alto. Il terreno sotto di loro si mosse, e la mano di Bilbo volò immediatamente sulla persona alla sua sinistra, che scoprì essere Bofur. Il nano sembrava terrorizzato tanto quanto Bilbo, entrambi si chinavano e oscillavano nel tentativo di seguire il loro appoggio instabile. Altri intorno a loro urlarono, di sorpresa, di paura, ma nulla si paragonava alle grida angosciate di Kili e Fili quando il sentiero si divise in due, separandoli. Il cuore di Bilbo pianse con loro.

Il sentiero stava scomparendo rapidamente. Bilbo si aggrappò con la mano al cappotto di Bofur, la stoffa ruvida un punto fermo in mezzo a quella follia. Si sentiva una formica - impotente, a rischio di essere spazzato via in un attimo. Non posso morire qui. Il pensiero fluttuava in cerchio nella sua mente terrorizzata. Un altro schianto di roccia sopra le loro teste, un altro tuono di un fulmine, e la parete di roccia si stava alzando per incontrarli.

Miracolosamente sopravvissero: riuscirono a salire sul nuovo pezzo di sentiero che si presentò davanti a loro prima che il gigante di pietra cadesse nell'abisso. Bilbo afferrò un appiglio e si aggrappò, con Bofur che faceva lo stesso di fianco a lui. Ma alcuni non furono così fortunati. Ori, alla sinistra di Bilbo, fu gettato sul sentiero solo per poi vederselo crollare in parte sotto di lui. Bilbo non esitò - abbandonò l'appiglio sicuro per afferrare il collo del cappotto di Ori e issarlo in una posizione migliore sul sentiero. Ori era salvo, Bilbo no - scivolò dal sentiero, riuscendo a tenersi aggrappato solo con le dita. Non riusciva a respirare, non riusciva a pensare. Se cadeva ora non ci sarebbe stata alcuna aquila a prenderlo. Non poteva morire lì. Ci fu un trambusto sopra la sua testa, grida e imprecazioni, e la mano di Bofur atterrò sulla su spalla, ma non riuscì a salvare Bilbo da solo. Con poca considerazione per la propria sicurezza, fu Thorin a gettarsi oltre il ciglio, sollevando Bilbo sul sentiero prima di essere tirato su da Dwalin.

Bilbo rimase lì dov'era caduto, ansimando per riprendere fiato. Bofur gli diede una pacca sulla spalla. "Pensavamo di averti perso, lì!" disse allegramente, sebbene la sua voce fosse scossa.

"Mastro Baggins si è perso da quando ha lasciato casa sua," ringhiò Thorin nella pioggia, "Non sarebbe mai dovuto venire."

Le parole di Thorin scivolarono su Bilbo. Non c'era spazio nella sua testa per elaborarle al momento, ma rimasero incastrate nel suo cuore.

Fu una Compagnia decisamente scossa e completamente zuppa a fare campo nella caverna che trovarono, poco distante dal campo di battaglia dei giganti di pietra. Il fuoco avrebbe sollevato gli animi, se Thorin ne avesse permesso uno. Così com'era, srotolarono i sacchi a pelo sul pavimento di pietra e cominciarono a sistemarsi per la notte, con poche parole scambiate.

Uno strattone sulla manica di Bilbo attirò la sua attenzione. Ori se ne stava da un lato, giocherellando con i fili tirati intorno al suo colletto.

"Grazie, Bilbo," disse, gli occhi illuminati da sollievo e gratitudine.

Bilbo riuscì a sorridere per lui. "Va bene, Ori. Avresti fatto lo stesso per me."

Ori si lanciò su Bilbo, dandogli un veloce e stritolante abbraccio che Bilbo tentò di ricambiare prima che l'altro si tirasse indietro per unirsi ai suoi fratelli. In un'altra serata, Bilbo avrebbe notato con divertimento che Dori gli lanciava occhiate sospettose, ma ora era troppo stanco, emotivamente e fisicamente prosciugato per darci troppo peso. La pioggia aveva lavato via tutto il suo buonumore.

Si avviò verso il fondo della caverna - facendo un cenno a Dwalin sulla strada - per raggiungere due nani in particolare che voleva accertarsi stessero bene. Kili e Fili erano seduti insieme, il che non era insolito, ma i volti pallidi e gli sguardi veloci che continuavano a lanciare l'uno all'altro tradivano una paura persistente.

Bilbo diede ad entrambi una pacca sulla spalla, rassicurato molto dal semplice contatto fisico. Kili tentò di sorridergli ma venne fuori più una smorfia, e Fili mise la mano sulla spalla di Bilbo per un momento. Non c'era un vero bisogno di parole.

Stanchi com'erano, la maggior parte della Compagnia si addormentò entro l'ora. Bilbo rimase seduto, ad ascoltare i respiri sempre più profondi e il russare ritmico. Stava cercando di concentrarsi sulla Compagnia, ma la sua mente continuava a ritornare al momento in cui era quasi caduto giù dal burrone e alle parole dure di Thorin. Non aveva idea di cosa ci facesse lì. Per un momento di follia, aveva seriamente considerato di fare i bagagli e abbandonare la Compagnia per tornare da solo a Granburrone. Abbandonò l'idea con uno sbuffo appena arrivò. Se c'era una cosa che il suo tempo con le aquile gli aveva rivelato, era che era determinato ad arrivare alla fine delle cose.

Una dozzina di altri pensieri gli svolazzavano in testa, finche Bilbo non riuscì più a pensare. La caverna era troppo piccola, troppo affollata e angusta. Aveva bisogno d'aria. Qualche minuto fuori sarebbe bastato.

Più piano che poteva, si alzò dal suo sacco a pelo. Fili e Kili si erano avvicinati nel sonno e la mano di Fili afferrava l'avambraccio di Kili. Bilbo si chiese se era così che dormivano da bambini. Erano così giovani, tutti e due; gli piangeva il cuore a guardarli. Fece attenzione a scavalcare loro e Bifur - c'era l'intera Compagnia tra lui e l'entrata della caverna, ma non era un vero ostacolo per Bilbo. Vide che Bofur era seduto vicino all'apertura - magari si sarebbe potuto sedere un po' con lui.

La sensazione di occhi fissi sulla sua nuca fece voltare Bilbo. Con un sussulto, si rese conto di non essere l'unico sveglio - Thorin era seduto da un lato sul suo sacco a pelo, lo sguardo scuro e calcolatore.

Si è perso da quando ha lasciato casa sua.

Bilbo avrebbe potuto girarsi e andarsene, avrebbe potuto distogliere lo sguardo e andarsi a sedere con Bofur. Invece si ritrovò ad aprire la bocca per dire:

"So che dubiti di me. So che è una cosa che non cambierà. Ma qualunque cosa tu possa pensare di me, io sono qui per arrivare fino alla fine."

Stava fuoriuscendo tutto in un torrente e Bilbo non riuscì a trattenere il flusso delle parole. Thorin non disse nulla, ma nemmeno tentò di interrompere il discorso di Bilbo, quindi lui continuò, la voce bassa per non svegliare i nani.

"Non so cosa significhi per i Nani dare la vostra parola, ma per un hobbit - per me - significa che la mantieni ad ogni costo. Perché… perché penso che Erebor sia una casa per voi tanto quanto sia un regno. Almeno, penso che lo sia per Fili e Kili, anche se non l'hanno mai vista. E conosco un po’ come ci si sente, a non avere una casa. Quindi voglio aiutarvi, se posso."

Riprese fiato. Come aveva fatto a pensare che dire la sua in mezzo a nani russanti fosse una buona idea era un mistero. L'imbarazzo cominciava a salire. Thorin continuò a rimanere seduto così immobile che sembrava fosse scolpito nella roccia, ma gli occhi del nano si abbassarono lentamente sul corpo di Bilbo, per fermarsi sulla spada alla sua cintura. La testa di Bilbo scattò all'ingiù e vide un bagliore blu spuntare dalla fessura tra fodero ed elsa. Lentamente, sguainò la spada e la luce blu gli illuminò il viso e la mano.

 Bilbo e Thorin ebbero solo un momento per scambiarsi uno sguardo inorridito. Thorin scattò in piedi, chiamando i nani alle armi, ma fu comunque troppo tardi - il pavimento si aprì sotto di loro, e rotolarono nell'oscurità.

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L'atterraggio tolse il respiro a Bilbo. Fu più fortunato degli altri, essendo caduto sul povero Bombur, che aveva preso il colpo più forte. La vista di Bilbo era punteggiata di bianco e si sforzò di respirare, ma le aquile gli avevano insegnato a non rimanere mai a lungo per terra - un'aquila a terra era un'aquila vulnerabile. Barcollò in piedi molto prima del resto della Compagnia, ma mai troppo presto - un vero e proprio sciame di goblin, che tra grida e stridii era quasi su di loro. Bilbo diede un pugno sulla mascella del primo che si avvicinò, ma altri tre ne presero il posto.

Furono soverchiati nell'arco di un respiro. La Compagnia non poteva nulla contro un numero così schiacciante e in uno spazio tanto piccolo non c'era modo di combattere efficientemente. I goblin li tenevano giù, afferrando armi e gambe e saltando sulle loro schiene. La Compagnia rispose all'attacco al meglio che poteva, ma ai goblin sembrava non importare di essere gettati giù dalla piattaforma, e non importava con quanta foga Bilbo tirasse calci e pugni, non poterono far nulla per impedire di essere trascinati via dall'orda.

A Bilbo fu strappata la spada, insieme al coltello. Forti dita con unghie taglienti affondarono nelle sue spalle, costringendolo a muoversi in avanti. Accanto a lui, Kili cercava di ritrarsi dagli aguzzini, senza risultato.

Bilbo non si era mai sentito così inerme.

Li condussero ancora più nelle viscere della montagna, giù lungo ponti traballanti e oltre un numero infinito di goblin che li deridevano al loro passaggio, resi folli dalla cattura della Compagnia.

Furono fatti fermare davanti ad un grande trono, sopra il quale sedeva il più grosso e ripugnante goblin che Bilbo avesse mai visto. Le armi della Compagnia furono gettate rudemente in un mucchio davanti al Re. Bilbo era seminascosto dalla mole di Dwalin e non riusciva a vedere molto di quello che accadeva, ma dalla breve occhiata che riuscì a dare al Re goblin, ne fu lieto. Non voleva guardare la sua brutta faccia più del dovuto. Senza una parola, la Compagnia serrò i ranghi, traendo quanto conforto potevano dalla presenza degli altri.

All'ordine del re, furono perquisiti. Bilbo perse tre bottoni di ottone dal panciotto, ma la Compagnia sopportò l'affronto con proteste minime. Ma non finì lì. Il cuore di Bilbo fece un salto quando Ori venne minacciato di tortura. Non in mia presenza! Ruggì Bilbo internamente. Questo nuovo sviluppo stava disfacendo Bilbo. Aveva i nervi a fior di pelle, e si sentiva come se il suo controllo potesse finire a brandelli ad ogni momento. Un goblin, con quella che era una contorta sembianza di un volto, gli ringhiò contro. Bilbo digrignò i denti e gli diede una testata. Il goblin se la svignò, ma Bilbo ricevette un graffio sulla guancia da un altro per il disturbo.

Ma poi Thorin fece un passo in avanti, apparendo fino all'ultimo il Re che stava combattendo per essere. Si erse in tutta la sua altezza e rimase immobile persino di fronte agli affronti del Re goblin. Bilbo provò ammirazione quando colse un frammento della schiena ampia di Thorin attraverso un'apertura nella Compagnia.

Sentirono un clangore e scricchiolio, e la Compagnia si riscosse nervosamente dal silenzio risoluto. Un tamburo cominciò a suonare ritmicamente in mezzo all'orda di goblin, che cantavano di membra spezzate e ossa frantumate. La Compagnia si strinse ancora di più insieme.

D'improvviso, Bilbo vide che un goblin stava masticando il suo zaino mentre un altro rovistava nel suo contenuto. Infuriato, Bilbo si lanciò in avanti, colpendone uno ai reni e gettandosi sull'altro, tuttavia l'azione lo fece uscire dal riparo fornito dalla schiena di Dwalin. Il nano cercò di andare in aiuto di Bilbo, ma la zuffa colse immediatamente l'attenzione del Re goblin.

"Tu!" sbottò il Re, puntando il dito contro Bilbo, "Portatelo avanti, fatemelo vedere!" e Bilbo fu spinto in avanti di fianco a Thorin, con lo sgomento della Compagnia.

Bilbo raddrizzò la schiena e lanciò uno sguardo truce al Re goblin, furioso e impaziente di combattere.

Il Re sorrise, tirando con il movimento la barba carnosa. "Bene bene bene," sogghignò, "Non avrei mai pensato che sarei vissuto per vedere questo giorno. Sì, so esattamente chi sei tu."

E il Re sputò una parola nella lingua degli orchi, una parola che Bilbo non sentiva da molti, molti anni, una che veniva pronunciata con quanto più disgusto possibile dai goblin:

"Portatore di luce!"

Ora sì che erano nei guai.

"Che bella coppia che fate!" gongolò il Re. Bilbo percepì Thorin che gli lanciava uno sguardo interrogativo, ma non si girò per incrociarlo. Un goblin diede a Bilbo un calcio nella schiena e lui scattò automaticamente. Mentre cercava di difendersi, il suo piede colse accidentalmente l'elsa della spada di Thorin, estraendola un poco dal fodero.

La reazione alla rivelazione della lama fu immediata. Dove prima vi era orgoglio per la vittoria, ora c'erano paura e rabbia. I goblin si rivoltarono contro di loro con le fruste e li picchiarono con dei bastoni. Bilbo fu gettato a terra da una serie di feroci colpi che lo fecero gemere di dolore. Si affrettò a rimettersi in piedi e un altro colpo atterrò sulla sua spalla. Il rumore della Compagnia che lottava e il grido di Ori gli riempiva le orecchie. Bilbo ficcò il gomito nella pancia di un goblin, con poco guadagno - una lama fendette un po' troppo vicina al suo collo, e avrebbe trovato il bersaglio in solo pochi momenti.

E poi, inarrestabile e implacabile, ci fu un'ondata di luce bianca e un'esplosione di energia. Nani, goblin e hobbit furono tutti gettati a terra, cercando storditi di riguadagnare la vista dopo la luce accecante.

Attraverso l'annebbiamento si fece avanti una figura molto familiare. Gandalf.

"Prendete le armi!" gridò, "Combattete! Combattete!"

A Bilbo non servì altro. Spinse via un goblin che gli era caduto sopra e afferrò la spada e il coltello, mentre la Compagnia faceva lo stesso intorno a lui, e nell'arco di qualche respiro stavano combattendo con le unghie e con i denti per una via d'uscita.

Bilbo si sarebbe ricordato poco della battaglia che seguì. Si muoveva seguendo il puro istinto - non c'era tempo per delibere morali al momento - stavano combattendo per fuggire, per sopravvivere, e i suoi arti si muovevano senza alcuna istruzione dalla sua mente, cadendo nel ritmo della mischia senza pensiero. Alcune cose gli sarebbero poi rimaste impresse - si sarebbe ricordato di aver combattuto insieme a Fili e Kili, coprendo la ritirata, con Thorin e Gandalf che aprivano la strada. Ricordava con certezza di aver lanciato il suo coltello senza esitazione, colpendo a pochi pollici di distanza dalla testa di Kili il goblin che si era avvicinato troppo al nano. Si scambiarono un breve sorriso, finché la situazione rese necessario che Bilbo recuperasse il coltello e riportassero l'attenzione sulla battaglia.

Miracolosamente, nonostante quella che sembrava un'intera montagna di goblin che cercava di impedire la loro fuga, la Compagnia piombò fuori alla luce del sole senza che nessuno si fosse fatto seriamente male.

Corsero giù lungo il fianco della montagna fin quando non si resero conto di non essere inseguiti. Ognuno di loro ansimava per riprendere fiato - persino Gandalf sembrava affaticato. Bilbo si appoggiò con la mano ad un albero e prese lunghe sorsate d'aria, cercando di non guardare la spada macchiata di sangue che aveva in mano.

"Beh," disse Bofur, fermandosi accanto a Bilbo, "quello è stato spiacevole."

"Non mi dire-" cominciò lui, sarcastico, ma fu interrotto dal suono da far gelare il sangue di un ululato di mannaro. Un altro ululato si unì al primo, e poi un altro e un altro ancora. Un branco di mannari, pensò Bilbo con rinnovato orrore. Un branco di mannari decisamente troppo vicino.

"Dalla padella..." disse Thorin.

"...alla brace. Correte!" abbaiò Gandalf.

Ma velocemente si resero conto che non c'era posto dove  correre. Il rumore di enormi artigli che martellava sulla terra li raggiunse - il branco era già su di loro, e Ori dovette colpirne uno con i martello da guerra preso in prestito prima di venir sollevato sugli alberi dai suoi fratelli. Un altro mannaro cercò di tagliare in due Bilbo, ma lui gli ficcò la spada dritta tra gli occhi, strattonò la lama per liberarla e si arrampicò velocemente su di un albero per sedersi un ramo sotto Fili .

Non c'era via d'uscita. I mannari graffiavano e artigliavano le basi degli alberi, strappando il legno come se fosse carta. Poi, un nuovo orrore. Da in mezzo agli alberi si avvicinò un enorme mannaro bianco - la cui vista fece echeggiare un vecchio dolore nel fianco destro di Bilbo, riportando alla luce oscure memorie di sangue, battaglia, e le aquile che gridavano di dolore e rabbia. Era il mannaro che gli aveva quasi tolto la vita, e l'orco che gli sedeva in groppa…

"Azog!" Bilbo sentì esclamare Thorin, sconcertato, dietro di lui, "non può essere."

L'enorme orco pallido sollevò la sua mazza, e i mannari corsero in avanti con rinnovato vigore, attaccando di nuovo gli alberi, strappando interi rami con le fauci nella fretta di raggiungere la Compagnia. Gli alberi tremarono e si scossero sotto la carica,e Bilbo si aggrappò meglio che poteva sperando disperatamente che nessuno degli altri cadesse per esse fatto a pezzi dal branco in attesa.

Con un potente rombo, l'albero di Bilbo cominciò a cadere. Il mondo rotolò di lato e l'albero caduto diede inizio ad una reazione a catena, finché solo uno rimase in piedi, con tutta la Compagnia nascosta tra i rami. I mannari continuarono a saltare e a mordere, e Azog osservava il tutto con un crudele sorriso soddisfatto.

Bilbo desiderò di avere il suo acciarino, per creare un incendio come faceva in situazioni simili in guerra. Prima ancora che finisse di formulare il pensiero, Gandalf stava passando loro pigne infuocate. Bilbo trovò non poco piacere nel lanciarle ai mannari sottostanti. Il sottobosco secco prese fuoco immediatamente, e presto fiamme rosse ruggirono di vita, riempiendo l'aria di fumo nero. I mannari si ritrassero di qualche prezioso metro. Fili e Kili esultarono, ma la loro piccola vittoria durò poco. Con un enorme gemito, l'ultimo albero si ribaltò. Fortunatamente, qualche forte radice impedì che cadesse ulteriormente, e la Compagnia rimase appesa solo grazie a riflessi veloci e pura fortuna. Bilbo stesso penzolava dal tronco principale, aggrappato alla corteccia con braccia dolenti. Il cuore gli si fermò quando sentì Dori chiamare Gandalf e cadere dall'albero, e sembrò riprendere a battere solo quando vide che Dori e Ori avevano afferrato il bastone dello stregone.

Il fumo punse gli occhi di Bilbo, inondandogli la gola. Aveva finito le idee.

Tutte le idee, tranne una, e Thorin la stava eseguendo. Bilbo guardò, sconcertato, il nano alzarsi lentamente sul tronco, trovare l'equilibrio, lo sguardo fisso in avanti e concentrato solo su Azog, spada e scudo pronti. Stava andando per guadagnare loro tempo. L'improvvisa consapevolezza sprizzò attraverso Bilbo, scuotendolo.

No! Se Thorin pensava di poter fare una cosa così folle da solo, era fuori di testa. Le mani di Bilbo rasparono la corteccia dell'albero - doveva alzarsi, ora, ma la corteccia era troppo secca, troppo friabile - si spezzò tra le sue mani quando provò ad aggrapparsi. Cercò disperatamente un buon appiglio, grattando il legno con le unghie, la pelle dei suoi palmi graffiata e tagliata dalla superficie ruvida; cercò di torcere il corpo per portare un piede sul ramo - ecco! - ora ce l'aveva, e si sollevò sul tronco. Ma era troppo tardi per salvare Thorin dal primo attacco, la carica del nano fu interrotta facilmente dal mannaro albino, e lo mandò a terra, impreparato per il colpo devastante della mazza di Azog che atterrò preciso sul petto di Thorin.

Paura e furia erano in guerra dentro di Bilbo, ma ora ne aveva il controllo. C'era un pensiero che sovrastava gli altri, un pensiero che gli rese salda la mano davanti a morte quasi certa: Thorin non deve morire. Bilbo trovò l'equilibrio immediatamente, e seguì il percorso di Thorin giù dall'albero, spada in una mano, coltello nell'altra, correndo a massima velocità. Le enormi, potenti mascelle del mannaro furono su Thorin in un battito di ciglia, ma Bilbo non era lontano - fletté la mano sinistra e fece volare il coltello senza fermarsi. Il mannaro ringhiò quando la lama gli graffiò il muso, e in un attacco di rabbia lanciò il corpo di Thorin di lato come se non fosse altro che una bambola di pezza. Thorin colpì violentemente il terreno e non si mosse, vulnerabile agli altri mannari che avanzavano al comando di Azog.

Ma non lo raggiunsero mai - Bilbo arrivò per primo, affondando la spada profondamente alla tempia del mannaro più vicino, dove il cranio era più debole, prima che si rendesse conto di essere attaccato. Bilbo estrasse la spada dalla testa del mannaro per incrociare la mazza del suo cavaliere, deviando il colpo e infilzando l'orco con tale forza da non incontrare la resistenza dell'armatura.

Guadagnatosi un certo spazio con il suo attacco spericolato, Bilbo si ritrasse verso Thorin - Thorin, che cercava di mettersi in piedi, usando la spada come appoggio e digrignando i denti per il dolore.

"Sta' giù, idiota!" gli ringhiò Bilbo da sopra la spalla, e non perse tempo a vedere se Thorin aveva dato ascolto al suo ordine.

Il cuore di Bilbo batteva troppo velocemente, un ritmo rapido che gli rimbombava nelle orecchie. Altri tre mannari e i loro cavalieri si avvicinavano, i ringhi bassi promesse di massacro. Bilbo strinse la presa sulla spada, le mani rese scivolose dal sangue, e non si spostò.

E poi, attraverso le colonne di fumo ondeggianti, attraverso le fiamme ruggenti e le nuvole scure nel cielo, Bilbo vide una sagoma familiare battere le ali attraverso il luminoso cerchio argentato della luna.

Bilbo sorrise. Non fu un sorriso particolarmente gradevole.

Per lo sbigottimento di tredici nani e uno stregone, cadde una lancia - come dal cielo - che si conficcò di punta nella terra a due piedi da dov'era Bilbo. Bilbo ringuainò la spada ed estrasse la lancia. I mannari si erano impennati all'improvvisa apparizione della lancia, e ora artigliavano il terreno con le zampe, incerti. Nei recessi annebbiati delle loro menti, i mannari riesumarono un ricordo semisepolto; la figura davanti a loro - avvolta dalle fiamme, piccola di statura, la lancia in mano - era familiare. Per loro era profondamente e istintivamente associata a due cose: morte e aquile.

Il riconoscimento diede vita a due reazioni diverse. Un mannaro guaì e si ritrasse, scontrandosi con il suo compagno, il terzo attaccò per la paura, scioccamente spronato dalla lama crudele del suo cavaliere. Fu sistemato velocemente dalla punta della lancia di Bilbo, che lampeggiò per infilzare il petto dell'animale, e poi con il manico disarcionò l'orco, gettandolo giù dal burrone. Altri mannari correvano in avanti per prenderne il posto, ma i nani avevano infine trovato un appoggio e ruggirono in battaglia in aiuto di Thorin, che si era accasciato, inquietantemente incosciente, dietro di Bilbo. I nani spinsero indietro i mannari, senza curarsi della propria sicurezza, con la paura per Thorin che rendeva i loro attacchi potenti ma disperati.

Tuttavia, sgomberarono inavvertitamente la strada per il mannaro bianco e il suo pallido cavaliere. Bilbo rimase saldo davanti a Thorin, praticamente ancorato al terreno. Incrociò lo sguardo terrificante di Azog e non si ritrasse. Il mannaro si accucciò, preparandosi a saltare.

Gli artigli di Luaithre mancarono mannaro e cavaliere di un soffio; il mannaro dovette torcersi e scattare via per schivare l'attacco. Il grido di battaglia di un'aquila riempì l'aria e Bilbo si voltò per vedere Landroval afferrare un mannaro con ogni artiglio. Tutt'intorno a Bilbo le aquile si gettavano in battaglia, cantando di gioia e furia terribile, difendendo i nani e spargendo le fiamme con le loro ali. Bilbo sentì il sollievo nelle ossa quando vide Deas raccogliere Kili e Fili e tirarli via dal pericolo, e gli altri nani ricevettero velocemente lo stesso trattamento. Abbassò un poco la punta della lancia. Sebbene non fosse la più ideale delle riunioni, era molto contento di sentire e vedere di nuovo la sua famiglia, e si sentì sollevato da i loro richiami, la sensazione di tornare a casa alla fine di una lunga, estenuante giornata.

Il branco di mannari stava provando a ritirarsi, ma erano corsi in avanti con troppa foga nell'inseguire la Compagnia, e ora non riuscivano a ritrarsi o voltarsi per scappare nella stretta striscia di terra, praticamente inciampando l'uno sull'altro nella fretta di fuggire. Erano un bersaglio facile per le aquile. Ma Bilbo non poteva prestare altra attenzione alla battaglia -  Gwaihir schioccò il becco in un saluto, e si librò sopra il dirupo. L'aquila indugiò per un momento, facendo una domanda a Bilbo, che annuì di risposta. Con più delicatezza di quanto quei grandi artigli potessero sembrare capaci, Gwaihir afferrò il corpo incosciente di Thorin, portandolo via dal pericolo.

Un ringhio raggiunse le orecchie di Bilbo. Si voltò per vedere che Azog e il suo mannaro bianco si stavano preparando ad un nuovo attacco, nonostante le fiamme che li separavano da Bilbo.

Era il momento di andare. Senza guardarsi indietro, Bilbo fischiò un nome e corse per saltare dal dirupo. Luaithre fu lì per prenderlo, come sempre.

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 C'erano poche ragioni per godersi il volo, o per essere grato di essere di nuovo con la sua famiglia. Lo strano assortimento di nani, aquile, uno stregone e uno hobbit volò lontano dal pericolo e verso l'alba, ma Thorin non si mosse negli artigli di Gwaihir. Fili chiamò lo zio, ma non ottenne risposta. Bilbo sedette in groppa a Luaithre e lasciò che il suo corpo seguisse i movimenti familiari del volo, al contempo pregando e sperando e desiderando con tutto sé stesso che Thorin stesse bene.

Scesero in cima ad una collina di roccia frastagliata; Bilbo scivolò giù da Luaithre senza una parola, senza spostare gli occhi da dove giaceva Thorin. Luaithre prese di nuovo il volo, ritornando in cielo per volare in cerchio sulla Compagnia con il resto dello stormo, lasciando spazio a Bilbo per il momento.

Le peggiori paure per Thorin non si realizzarono alla fine, perchè quella notte non aveva ancora finito di dispensare miracoli. Gandalf si sporse su Thorin per qualche momento, e quando si ritrasse, gli occhi del nano si aprirono.

Bilbo lasciò andare dal sollievo quella che sembrava tutta l'aria che aveva in corpo. Il testardo nano barcollò in piedi, con un po' di aiuto da Dwalin e Kili, rifiutandosi di rimanere giù a lungo. Ma poi Thorin si rivolse a Bilbo, ed il sorriso estatico che gli tirava le labbra scomparve quando i suoi occhi si fissarono su di lui. Thorin sembrava furioso.

"Tu! Cosa pensavi di fare?" il resto della Compagnia lanciò sguardi preoccupati tra i due, ma Thorin non aveva finito. "Ti sei quasi fatto ammazzare! Non avevo detto che saresti stato un peso?"

Bilbo sentì il grido oltraggiato di Gwaihir in risposta, anche se l'aquila volava in alto nel cielo.

Thorin continuò, menando il colpo finale che ferì Bilbo più di un'intera nottata di battaglia.

"Che non saresti sopravvissuto nelle terre selvagge? Che non c'è posto per te fra noi?"

Bilbo deglutì. Scoprì di non riuscire ad alzare gli occhi per incrociare lo sguardo di Thorin.

"Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia," concluse Thorin, e Bilbo si ritrovò ad essere trascinato in un brusco abbraccio.

Oh, pensò. La lancia gli cadde dalle dita inerti per sferragliare al suolo. Il resto della Compagnia rideva e applaudiva sullo sfondo, e Tuit fischiettava sfrontatamente nel cielo, ma l'attenzione di Bilbo era solo per le braccia avvolte intorno a lui e la pelliccia morbida e i capelli lunghi che premevano sulla sua guancia. Thorin abbracciava nello stesso modo in cui faceva molte cose - con il suo intero cuore, e Bilbo si affrettò a ricambiare la stretta, per quanto riusciva. Il suo cuore era in alta quota, e il sorriso estatico era ritornato al suo posto.

Dopo un lungo momento, Thorin si tirò indietro. Il sorriso che aveva illuminava l'intero volto del nano, e Bilbo non poté fare a meno di fissarlo per un attimo, leggermente stordito da tutto ciò che era successo. Gli occhi di Thorin vagarono oltre Bilbo, guardando in lontananza sopra la sua spalla. La Compagnia si calmò e si avvicinò, cadendo in silenzio, e Bilbo capì presto perché. Là, all'orizzonte, si vedeva una cima tagliente che spiccava nel cielo, la forma velata nella tinta viola e rosa del cielo, ma inconfondibile per i nani.

"Erebor. La Montagna Solitaria," disse Gandalf, "l'ultimo dei grandi Regni dei Nani della Terra di Mezzo."

"Casa nostra," mormorò Thorin con riverenza, lanciando a Bilbo un'occhiata significativa.

Sarebbero rimasti a guardare ancora un po', ma la pazienza delle aquile era infine esaurita. Con un grido secco Luaithre e Gwaihir annunciarono il loro avvicinarsi alla Carroccia. Thorin e la Compagnia si fecero indietro per dar loro spazio per atterrare, e rimasero senza parole quando Bilbo rise e corse ad abbracciarli entrambi.

"Luaithre! Gwaihir!" esclamò.

Thorin lo fissò, confuso dalla presa che avevano preso gli eventi. Una veloce occhiata a Dwalin accertò che non era l'unico ad esserlo. Quando l'aquila abbassò la grossa testa verso lo hobbit, Thorin sussultò in avanti in un movimento interrotto - le aquile potevano averli anche salvati, ma i loro becchi erano terribilmente taglienti. I suoi timori erano infondati, però - l'aquila sembrò semplicemente ricambiare l'abbraccio.

"Bilbo?" chiese Thorin, la voce carica di domande.

Bilbo si voltò per guardarlo. L'oro gli si addiceva, pensò distrattamente Thorin, osservando la sagoma di Bilbo bagnata dalla luce dell'alba, in controluce sullo sfondo di piume color oro caldo.

L'ampio sorriso di Bilbo si ingentilì.

"Penso che sia ora che vi racconti la mia storia," disse a Thorin. 


 

Continua...


Note della Traduttrice - reprise

Ebbene sì, è successo! C'è qualcosa che invece non è successo, vediamo se indovinate eheh. Nel prossimo capitolo: discorsi e spensieratezza generale <:
A presto :3
KuroCyou

  
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