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Autore: shane_lilith_riddle    05/10/2015    2 recensioni
Crow ha bramato, lottato, sperato, sofferto, gioito.. Tutto per amore.
Un amore che, letteralmente, è riuscito a condurlo in manicomio. Dentro le mura del St. Jimmy's Asylum, Crow non ricorda più nulla del suo passato, né dell'amore che lo ha condotto con tanta forza verso la follia, tutto è stato cancellato dai farmaci e dalle sedute di elettroshock.
Ma forse, qualcuno ha voluto fargli dimenticare tutto.
Qualcuno per cui, il misterioso passato di Crow, è una realtà fin troppo scomoda.
Ma il passato si rifiuta di stare a guardare, e quando una nuova paziente entrerà nell'istituto, tutti i misteri nascosti torneranno a galla, e come in una partita a scacchi, ogni mossa verrà ben calibrata fino a condurre all' inevitabile epilogo.
Basta solo seguire il coniglio bianco.
Genere: Dark, Erotico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Non-con | Contesto: Contesto generale/vago
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Ben ritrovate, mie care fanciulle! (E fanciulli), chiedo scusa per la prolungata assenza, purtroppo ho avuto diversi problemi familiari, e non sono mai cose facili.. >.<
Anyway.. ora basta deprimersi, sono qua, (purtroppo per voi), con un capitolo che scaverà nel profondo della nostra piccola Albina.
Finalmente scopriremo qualcosa di più sul suo passato, e su cosa si celi davvero dietro la sua angelica maschera, accenni che amplierò nei prossimi capitoli.
E poi, ci si metterà anche il Nostro Piccolo Corvo, che dovrà venire a patti con.. determinati sentimenti..
Bah, non dico di più, vi lascio la canzone di accompagnamento e.. buona lettura!!
 
Comatose, Skillet--- https://www.youtube.com/watch?v=uZ7XcxPMyN0

 
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TALES.
 
 
-“Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella, senza far niente: aveva una o due volte data un'occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non v'erano né dialoghi né figure,”  e a che serve un libro, pensò Alice,  “senza dialoghi né figure?”-
 

Leggeva, suo fratello, con quel tono tanto mellifluo. E faceva quasi impressione sentirlo, a raccontarle storie e favole quasi fosse stata una bambina , e poi spogliarla con gli occhi come fosse stata una puttana.
Il libro dalla copertina verde rilegato, illustrato, ben stretto tra quelle mani eleganti, mani che a prima vista non si sarebbero dette mai capaci delle peggiori brutalità.
 Lo sguardo illuminato appena da una luce di malizia, mentre cantilenava piano la sua velenifera nenia, quasi a volerla calmare, quasi a volerla drogare.
Ma nulla l'avrebbe tranquillizzata, bastava il suo sguardo , colmo di follia e desiderio represso, a mandarle il cuore in gola.
A farle intuire cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
 Le urla al piano inferiore, urla irose di suo padre, urla terrorizzate di sua madre, il rumore della parabola di colpi che sicuramente la donna stava subendo, non la scalfivano più come un tempo. Come sarebbe dovuto essere.
Era un film visto e rivisto, la solita brodaglia riscaldata.
I suoni, i rumori, oramai li conosceva a menadito.
Spesso li aveva provati in prima persona, se il Padre si infastidiva per qualche suo atteggiamento.
 E al Padre, bastava davvero poco per infastidirsi.
Dunque, non c'era spazio per i sogni, per le fantasticherie che una ragazza come lei, timida e ingenua d' animo, avrebbe potuto provare.
Era come una farfalla schiacciata più volte da uno stivale.
I sogni, le speranze, erano state inghiottite una ad una dal disprezzo, dal dolore, dalla vergogna, dal senso di inadeguatezza. Fin dalla prima infanzia.
Sangue, dolore e peluche color pastello, giusto per mantenere intatte le parvenze.
C'erano solo collant spessi e vestiti castigati a coprire i lividi sul suo corpo niveo, parole sulla punta della lingua che restavano incastrate tra le labbra, tra un sospiro tremolante e l’altro.
 C'era la conta dei giorni trascorsi tra il supplizio e la calma, e la pelle screpolata dalle mille passate nervose con la spugna di ferro sotto la doccia.
Ma tanto lo sporco restava incrostato nell'anima.
In un mondo giusto, lo sguardo folle di suo fratello non l'avrebbe mai perseguitata nel sonno.
 In un mondo giusto, suo padre non avrebbe mai picchiato né lei, né la moglie.
In un mondo giusto, non sarebbe mai stata costretta a sopravvivere dentro una prigione dorata.
Non avrebbe dovuto osservare suo fratello mentre riponeva il libro sul comodino con lentezza studiata, rivolgendole un sorriso tanto dolce quanto falso, fino a farsi più vicino.
Ma lei non viveva in un mondo ideale.
Viveva nella schifosa realtà.
 Dove le apparenze sono tutto e guai a ribellarsi.
 Viveva in un mondo dove non esisteva spazio per i sogni e le speranze.
Non esisteva spazio per niente che non fossero botte, sguardi vacui, urla, e le mani di suo fratello si di sé, bramose e prepotenti, quasi a intensificare il concetto che non sarebbe esistito, MAI, il paese delle meraviglie.
 
Quelle, bambina, sono solo favole.
 
 
E lei per prima, era una Alice che non voleva svegliarsi.
 
 

 
 
 
 
Il ticchettio dell'orologio a muro è sgradevole, insistente.
 Evidenzia con molto poco tatto, l'incalzare del tempo che scorre.
L'uomo pelato, l'uomo aguzzo dagli occhi di rettile, l'uomo dal camice bianco che tutti chiamano “Primario”, la fissa insistente.
Non distoglie un attimo lo sguardo, quasi non sbatte le palpebre. Per un istante, Pale si chiede se respiri.
 -Allora.. 50134...- spezza il silenzio con quella sua vocetta sferzante, dopo quella che pare un'eternità.
 -Sai perché sei qui?-
Pare davvero interessargli molto quella stupida, piccola domanda, ma Pale si limita a lasciar ciondolare la testa, guardandosi intorno quasi alla ricerca di qualcosa, come se tutto nella stanza fosse estremamente interessante da osservare, tranne lui.
Deve sembrargli completamente pazza, sì, ed è proprio l'impressione che vuole dargli.
Anche se, in verità, Pale STA CERCANDO qualcosa.
-50134..Cerca di concentrarti.. Ti ricordi perché sei qui dentro?-
 La incalza, stringendo gli occhi, due lame taglienti.
 -É Pale.- mormora lei, sommessamente.
-Come?-
-Mi chiamo Pale.-
 -Pale?-
 Per un attimo il Dottore pare spiazzato. Dopo annuisce, sorridendo accondiscendente.
-É stato Rage, non è così? Ha dato un nome quasi a tutti, qui dentro. Pare sia il suo hobby preferito.-
Le sorride come un padre con una figlia, con quell'espressione troppo intima, conciliante , che a Pale da il voltastomaco.
-Ti trovi bene con Rage e i suoi amici?- potrebbe sembrare una domanda innocente, se non le fosse porta con quel tono tanto mellifluo.
 -Rage è simpatico..- pigola, incerta.
-E degli altri? Di quel Crow, cosa mi dici?- Così impaziente, con quel tono convulso, convinto che tanto lei non se ne renda conto.
Dopotutto, è pazza.
il maggiore errore del Dottore, probabilmente è proprio quello di sottovalutare le persone.
E questo, Pale sembra capirlo fin troppo bene.
-Crow..-  soppesa lenta la parola, lasciandolo sul filo dell’incertezza.
-Sì, Crow. Sai perché ha avuto una crisi?-
-Crow..-
 -Ti trovi bene con lui?-
-...-
 -Ti ricorda qualcosa?? Allora?? Avanti, PARLA!-  Ed eccolo, a carte scoperte. Si gioca la faccia e anche le apparenze.
E se c’è una cosa che Pale ha imparato grazie alla sua piccola, dolorosa esistenza, è proprio che non bisogna MAI, MAI perdere le apparenze.
Se lasci cadere la maschera, i tuoi nemici sapranno bene dove colpire.
E quella sua fretta, quel suo reagire così impulsivo, le ha dato proprio le conferme che le servivano.
Sembra così importante, così preoccupato di un dettaglio talmente piccolo, insignificante, che se Pale non ne conoscesse i motivi, la cosa la stupirebbe.
Invece, quasi le scappa da ridere.
 Ma non può, non deve. O questo rovinerebbe tutto il piano.
 -Non conosco nessun Crow.- mormora, evitando ancora una volta lo sguardo indagatore dell'uomo.
-E di Nives? Nives ti ricorda qualcosa?- Stavolta, Pale lo fissa, con i suoi occhi vuoti da bambola, l' espressione volutamente assente.
Cavolo, deve essere davvero stupido per nominarle ad alta voce quel nome.
Stupido, oppure disperato.
 -Non conosco nemmeno lei, mi spiace. Provi a chiedere a qualcun'altro.-
L' uomo sospira forte, esasperato. O forse sollevato.
-Spero non fosse importante. - le sfugge, quasi a stuzzicarlo.
-No.. Non era importante, Pale.- le risponde studiandola, parla lentamente. Molto lentamente, troppo. In un modo che la mette a disagio.
 Quasi cercasse di venire a capo di un mistero.
Ma la barricata d’indifferenza di Pale è impenetrabile, è perfetta, grazie ad anni ed anni di angherie e soprusi.
È come se ogni cosa nella sua vita, alla fine, l’avesse preparata solamente per questo momento.
-Puoi andare.- mormora alla fine, sconfitto. E lei non se lo fa ripetere due volte.
Sotto lo sguardo attento e perforante dell' uomo, si allontana piano, ciondolando, l'espressione assente di chi non sa cosa sta facendo, fino a quando non arriva alla porta.
Fino a che non si allontana, dandogli la schiena.
Solo allora il volto inespressivo di Pale cede, quasi fosse stata una maschera di cera.
I suoi occhi diventano allora spaventosamente presenti, e un sorrisetto divertito le affiora sulle labbra.
Per quanto precedentemente non avesse prove certe della colpevolezza del Primario, le sue domande pressanti le hanno fornito esattamente gli indizi che le servono.
Inoltre ha notato un dettaglio, passando gli occhi sulla stanza: Primo, che tutti gli scaffali sono schedati e con etichetta, tranne uno.
Secondo, che l’uomo porta una catenella con una piccola chiave appesa al collo.
Il che significa che probabilmente, dentro l’archivio chiuso a chiave, l’unico senza nome, ci sono esattamente le prove che le servono.
E allora scuote la testa, allibita.
“Sì, quell’uomo davvero sottovaluta le persone.”, si ripete.
“E non è neppure capace di giocare a carte coperte.”
Invece, Pale sa bene che in ogni buon gioco, nella vita come negli scacchi, che lei ha sempre adorato, la strategia migliore è proprio non lasciare intuire le proprie emozioni.
Perché se c’è qualcuno dentro a quel cazzo di Manicomio che ricorda ogni cosa, quella è proprio lei.
Ed è decisa a fare vendetta.
 


 
 
 
 
 
Il flacone è sul tavolo, pieno di pasticche.
Sembra chiamare Fury a gran voce, e nonostante gli schiamazzi concitati della sala mensa, in quel momento nella sua testa ogni cosa si fa silenziosa, vuota.
Conta solo quel piccolo, stracolmo flacone di pasticche che se ne sta abbandonato sul tavolo, invitandolo a raccoglierlo.
Fury strizza forte gli occhi, in uno spasmo cieco, tentando di contenere la voglia che lo assale.
Ma non è mai stato bravo a contenersi.
 Se lo fosse stato, magari non sarebbe diventato un tossico, quel termine che lui tanto odia. Magari non sarebbe in quel manicomio..
Ma in bocca gli riesce solo di sentire il sapore pastoso delle medicine, e ricorda benissimo l'estasi che arriva dopo.
La sola che riesca ad estraniarlo dai suoi problemi.
 Fury getta uno sguardo fugace a Red, l'infermiere nuovo, pel di carota, per accertarsi che non si sia ancora accorto di aver scordato un flacone sul tavolo.
 Cazzo, è fin troppo sbadato, quello nuovo.
Dopo, semplicemente, agguanta la scatolina di plastica, quasi che le sue mani si siano mosse da sole.
E una gioia malsana lo pervade.
 Ne prenderà una, solo una, si dice.
 Ma già sa che non è così.
Non ha neppure il tempo di pensare, le dita si muovono da sole ad aprire il coperchio,
Il suo vaso di Pandora personale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando Pale entra in mensa comune, gli occhi si muovo in automatico sui tavoli, cercando una testa di capelli neri, i più lucidi che abbia mai visto, ed un paio di occhi color ghiaccio.
I suoi occhi.
 Ma non vede Crow.
Invece, curiosamente, lo sguardo le cade su quella montagna enorme che chiamano Fury.
E Fury raccoglie qualcosa dalla tavolata imbandita, guardandosi attorno nervosamente, come chi ha qualcosa da nascondere.
 
Mentre un brivido freddo le percorre la schiena, Pale si avvicina, ancora e ancora per vedere meglio.
E nel mentre, vede voltarsi anche un infermiere.
Un uomo alto, sulla trentina, con sguardo aguzzo e due occhiaie violacee.
Non è un uomo di brutta presenza, ma qualcosa, in quegli occhi, riesce a farla rabbrividire.
Forse semplicemente oramai è in grado di capire esattamente cosa si cela dietro le maschere delle persone.
 E nel mentre, Pale finalmente capisce che cosa Fury stia così avidamente tenendo tra le mani.
In effetti, conoscendolo, si stupisce di non averlo intuito prima.
 Il piccolo tappo bianco del flacone medicinale spicca sempre più fra le sue grosse dita.
 E allora non è difficile capire che cosa accadrà da lì a poco.
 Pale salta, ragiona in fretta, si lancia completamente addosso a Fury, prima che l'infermiere dalle occhiaie violacee riesca a girarsi del tutto, riesca a guardarlo.
 Il tavolino si ribalta con un tonfo secco, assordante, e il flaconcino vola via, mentre Pale si aggrappa alla vestaglia di Fury, trascinandoselo dietro di proposito, il tutto nel giro di una manciata di secondi.
 Quando l'uomo si volta, seguito da tutto il resto della sala, che d'improvviso si è fatta silenziosa, gli riesce solo di vedere la ragazza nuova sopra uno dei pazienti, il tavolo caduto, alcune pillole sparse per terra .
-Che sta succedendo qui??- grida l'uomo, tra lo stupore generale.
E dalla folla di pazienti pietrificati emergono i volti preoccupati di Rage, Crow e la piccola Candy.
-Fury! Se solo scopro che hai tentato ANCORA di rubare delle pillole, io..-
-NO.- interviene Pale, la vocetta incrinata ma decisa.
E i suoi occhi corrono a cercare quelli di Crow.
Lui se ne sta lì, la mascella contratta, i tratti rigidi, quasi a volerla perforare da distanza.
Tra tutte le maschere, quella di lui è la più difficile da far cadere. È esattamente parallelo a lei, quasi che il dolore gli avesse cucito addosso una patina impenetrabile, che lo rende impassibile lle emozioni umane.
Pale deglutisce, facendosi forza, tentando di guardare altrove.
 -É colpa mia.- continua, bucando il silenzio.
-Stavo cadendo, ho avuto un mancamento. Purtroppo mi sono trascinata dietro il tavolo.. Ma Fury.. Fury ha tentato di afferrarmi.-
Pigola, d'un fiato, mentre i suoi grandi occhi grigi, chiarissimi, quasi rossi, fissano l'uomo in una muta supplica di pietà.
Fury intanto pare ricomporsi, annuisce, la aiuta a sollevarsi.
Ma solo lei riesce a percepire il debole tremolio delle sue mani.
L'uomo dalle occhiaie le si avvicina, la spoglia con i suoi penetranti occhi verdi, le sorride perfido. Poi, lento, le carezza una guancia.
 -Povera piccola.- sussurra.
 -Povera, dolce bambina.- E le sue mani percorrono lascive il collo niveo dell'albina.
-Se ricapita, passa in infermeria e chiedi di Rick. Ti darò qualcosa che possa farti stare meglio.- E quel tono è talmente colmo di falsità da scivolarle doloroso sulla pelle.
Dopo, scoccando un'occhiata velenosa a Fury, l'infermiere si china a raccogliere le pillole, per poi andarsene, mentre la marea di pazienti si divide per lasciarlo passare:
Nessuno vuole crearsi problemi mettendosi sulla sua strada.
 
 -Guarda che pervertito, provarci con Pale, che ha la metà dei suoi anni.- sputa Rage, disgustato. Crow stringe i pugni fino a far sbiancare le nocche, fino a sentire le dita scricchiolare.
 Dita.
 Dita.
Dita.
Dita sul collo.
Sul collo di Pale.
Sulla sua guancia.
Su quella pelle troppo bianca.
Le dita di Rick.
 E tutti sanno cosa fa Rick con le pazienti, appena ne ha l'occasione.
Non può, non deve più, nemmeno per sbaglio, toccare Pale.
Eppure la rabbia lo rende cattivo, quale il bastardo che è.
“Perché non si è ritratta? Perché è rimasta lì a farsi toccare?”
 Questo pensa Crow, e la bile gli sale in gola.
É tutta colpa di lei, sì, è colpa sua.
 Di quella piccola, stupida albina.
Non riesce a fare proprio a meno di essere tanto bella.
Tanto appetibile.. Tanto..
 -Giusto.- sibila, tra i denti. -Provarci con una malata di mente, poi..-
Non può farne a meno, quelle parole sono più forti di lui.
 Gli escono a forza.
Vuole umiliarla, insultarla, maltrattarla in ogni modo.
 Perché non può, non deve abbandonarsi a lei.
Non può averla.
Sarebbe completamente sbagliato. Sarebbe troppo rischioso abbandonare il suo scudo di apatia. Perché lei riuscirebbe benissimo a rubargli il cuore, lo sa.
E allora, la sola cosa che gli resta è disprezzarla.
Peccato per lui che Rage non sia dello stesso avviso.
-Malata di mente? Lei??- lo schernisce, incredulo.
-Ha dato di matto facendo ribaltare il tavolino, poi si è giustificata dicendo che era caduta.-
 Sibila Crow, stizzito. Anche se non ha senso.
 Potrebbe benissimo essere stato qualsiasi altro motivo, Pale non gli sembra una che si mette al centro dell'attenzione senza una causa valida.
Ma questo, ovviamente, si guarda bene dal dirlo.
 Nessuno deve sospettare la sua inspiegabile attrazione verso quella ragazzina, nessuno. Tantomeno Rage.
-No, bello mio, quella è una volpe.- lo corregge l'altro, pronto.
-Ha parato il culo a Fury, sapendo che avrebbe preso quelle pasticche, e se beccato da Sick non avrebbe fatto una bella fine. Quello è malato, bello mio.- spiega, con l'aria di chi la sa lunga.
Crow per un Momento si perde a fissarlo, allibito.
-Si chiama Rick! Rick, maledizione!-
-Rick, che fa rima con Sick.*- ridacchia l’altro, cocciuto.
E a Crow tornano in mente le pasticche rotolate per terra, e le parole dell'infermiere.
La faccia vagamente colpevole di Fury, mentre annuisce con poca convinzione alle parole della ragazza.
"E se questa attrazione\repulsione che provo verso di lei mi stesse chiudendo gli occhi?"
 si chiede, sconvolto.
 Possibile che Rage abbia capito tutto?
-Per me ti fai troppi film mentali.-
 insiste. E la voce gli esce più irritata di quanto non voglia. Rage lo guarda strano, inarcando un sopracciglio.
 -Per me, hai troppi pregiudizi.-
 E anche Candy annuisce, convinta.
-Oh, ma dai!-
-Niente "ma dai", è da quando è arrivata che ti comporti in modo strano, non credere che non me ne sia accorto.-
Bene.
Ottimo.
 Inutile tentare di nascondere qualcosa a Rage, inutile.
-E sentiamo, perché quel genio del male sotto copertura dovrebbe fare una cosa come aiutare Fury?- lo istiga, cambiando discorso.
-Forse vuole farsi degli amici. Forse ha in mente la fuga, proprio come noi.- risponde Rage, pronto. Quello stronzo pare aver pensato bene a tutto.
 -Dobbiamo tenerla d'occhio.- mormora il ricciolo, quasi parlando tra sé e sé.
-Che emerita stronzata.- ringhia Crow, a denti stretti.
 E inevitabilmente, lo sguardo gli cade sull'albina.
 Vita sottile, corpo efebico.. Quella impalpabile, insostenibile aura di purezza tutta intorno a lei.
 E di colpo, il corpo robusto di Fury che la avvolge, in un abbraccio goffo e riconoscente.
 Quelle tozze mani che si stringono su di lei con fare innocente.
E nonostante questo, Crow non riesce ad impedirsi di odiarlo.
 Di odiare lei con tutte le sue forze, per quello che gli scatena dentro.
 E di odiare anche sé stesso, perché l'impulso immediato è quello di correre da Fury e spaccargli il faccione, per aver solo osato toccarla.
-Che dolci..- mormora Candy sorridendo, le piccole guance rosee tese allo spasmo.
 -Dolci un cazzo.- si ritrova a rispondere, prima di riuscire a frenarsi.
-Qualcuno qui si è preso una bella cotta.- le da manforte Rage.
Ma quando Crow si volta a lanciargli un'occhiata di fuoco, si accorge che l'amico non sta fissando Fury mentre abbraccia l'albina, no.
 Rage sta fissando proprio lui.
 E un'immediata ondata di calore gli serra la gola, improvvisa.
 "Qualcuno qui si è preso una bella cotta".
Quelle maledette parole continuano a produrgli una strana eco nella testa, mentre non riesce a fare altro che fissare Pale tra le braccia di un altro.
"Ma quanto cazzo dura un abbraccio???" si ritrova a pensare.
E così realizza.
Realizza di essere veramente fottuto.
Realizza di provare qualcosa per una ragazza di cui non sa nulla, con cui ha scambiato sì e no due parole.
 Qualcosa di talmente forte da fargli salire istinti omicidi verso qualsiasi altro uomo la sfiori. Chiunque non sia lui.
"Cazzo."
 Crow si passa una mano tra i capelli, nervoso, proprio nell'istante in cui Pale si volta a guardarlo, quasi avesse saputo che la stava fissando tutto il tempo.
E, maledizione, non gli riesce di distogliere lo sguardo.
Quegli occhi si incatenano ai suoi, ghiaccio contro ghiaccio, e proprio non gli riesce di staccarli, non vuole.
Desidera solo trovarsi lì, al posto di Fury, e stringerla a sé senza lasciarla andare.
 
 
 Ora sì, che è davvero nella merda.
 
 
*”Rick- Sick”.. qui Rage fa un gioco di parole, data la sua chiara fissa di cambiare i nomi delle persone in base alle caratteristiche, infatti “Sick” significa “malato”.
E conoscendo il nostro Rage, probabilmente intendeva malato di mente.
 
 
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Bene bene bene.. mie care fanciulle (E fanciulli), qui si scoprono parecchie cose.
Anzitutto, sappiamo che Pale ha un piano. Non sappiamo ancora quale, ma di certo implica una dura vendetta, e sappiamo che il nostro Primario, qui, è decisamente un tipo losco.
I Piani di Pale coincideranno con quelli dei nostri maschietti??
 
E Poi, sì, finalmente, Crow si è reso conto del legame innegabile che lo nega alla nostra albina, e non solo lui!!!
 

Nel prossimo capitolo, non solo ci tufferemo ancor più tra i ricordi di Pale, ma sbucheranno fuori anche altre incredibili verità , sul nostro misterioso Corvo!!
 
Fatemi sapere che ne pensate e se volete che la storia prosegua! Un bacione fortissimo e a presto!
 
  
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