Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dryas    05/10/2015    3 recensioni
E’ l’anno 1950 e Lettie Daly è stanca dei pomeriggi passi al jukebox a bere frappè. Sa cucinare solo bignè e il suo sogno è Los Angeles, ma nessuno sembra credere in lei, né i suoi genitori né l’odioso tenente Roger Cooper. Sfidando tutti, Lettie lascia Elsinore e la felicità sembra completa quando l’affascinate attore Mike Davis si innamora follemente di lei. Tuttavia, per quanto si ostini a negarlo, la realtà è ben diversa dai suoi sogni. Gli Stati Uniti sono lacerati dalla minaccia nucleare e dallo scoppio della guerra in Corea, per la quale Roger si è imbarcato e che sembra perduta quando l’esercito annuncia la ritirata sotto il 38° parallelo. Tra l’attesa del ritorno del marines, che scopre essere tutt’altro che presuntuoso, e la tormentata storia con Mike, si inseriscono accuse di spionaggio e rifugi antiatomici. Lettie si scontrerà con le contraddizioni di un’epoca che l’ha riempita di illusioni e che la vedrà costretta a lottare per trovare se stessa.
Storia partecipante al concorso ‘Epic Love’ di Lady Crazy sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Partecipante al contest ‘Epic Love’ di Lady_Crazy
Edita/Inedita:
Inedita
Genere: Storico
Coppia: Het
N° capitoli: 9
Avvertimenti: /
Note autore: è l’anno 1950. Le ferite della Seconda Guerra Mondiale sono ancora aperte quando il boom economico degli Stati Uniti esplode e il consumismo entra a far parte delle famiglie. La mentalità comincia a cambiare, si fa più aperta e si spacca. Da una parte il perbenismo, retaggio del passato, e dall’altra le pin up, conseguenze del presente. Nel frattempo l’ostilità con la Russia diventa minaccia nucleare. Nessuno si sente più al sicuro, e questa incertezza cambia il modo di vivere e di pensare delle persone. Il maccartismo, termine con cui oggi vengono chiamati i controlli di sicurezza interni applicati sugli impiegati del governo federale, terrorizza invece che rassicurare. La logorante tensione della Guerra Fredda trova sfogo in Corea, unica terra che ha visto occidente e comunismo scontrarsi fisicamente sotto falsi nomi.






38°Parallelo








Capitolo Uno




Lettie finì di sciogliere l’ultimo boccolo mentre il rumore distante di passi nervosi le ricordò di essere in ritardo. Sua madre aveva lavorato come una matta per quel ricevimento. Il forno non aveva smesso di funzionare dall’alba e i vetri erano così splendenti che ci si poteva specchiare. Anche lei avrebbe dovuto essere di sotto a sistemare i vassoi con gli aperitivi, ad assicurarsi che i posacenere fossero stati svuotati o a ravvivare i fiori del centrotavola. Ma poi si ricordava che tutta quella fatica era per dei vicini e tornava a sistemare i bigodini che aveva in testa.

Quando finalmente si decise a scendere, sua madre, la signora Daly, aveva la messa in piega perfetta e le labbra rosso scarlatto. Indossava un abito a pois bianchi su sfondo blu, stretto in vita con una cintura gialla dello stesso colore delle scarpe. Dove avesse trovato anche il tempo per se stessa era un mistero che Lettie non riuscì a spiegarsi. Suo padre, invece, era esattamente dove era tutti i weekend: seduto sulla poltrona a leggere il giornale, ma aveva fatto anche lui la sua parte. Aveva inaugurato la bottiglia di scotch.
Il campanello suonò. La signora Daly trattenne a stento un’esclamazione nervosa e si precipitò alla porta trascinando con sé l’aroma dei biscotti. Prima di aprire si lisciò la gonna del vestito, si diede una rapida occhiata allo specchio e chiamò il marito. Poi si voltò a guardarla e il suo sguardo si indurì.
-Cos’è quella?- le chiese, fissando il fiocco che spuntava dalla sua testa.
-Una bandana, mamma. Va molto di moda a Los Angeles.-
-Qui non siamo a Los Angeles- intervenne suo padre, guardando disgustato la fascia rossa chiusa con un nodo al centro della sua folta chioma.  
Le labbra di sua madre si strinsero. –Ormai non c’è più tempo. Tienila, ma mi aiuterai a servire i drink.-
Spalancò la porta accogliendo gli ospiti con un caloroso sorriso. Il devoto marito le mise una mano sulla spalla e li invitò ad accomodarsi in salotto, dove avrebbero trovato i migliori cupcake degli Stati Uniti. Tutti però si fermavano almeno mezzo secondo ad ammirare la loro bellissima figlia. Lettie aveva i capelli biondi e un viso angelico. Il suo sorriso era così dolce che era impossibile non pizzicarle le guance e rimanere inteneriti dal suo imbarazzo. Per di più era piccola e minuta, e sembrava una bambolina vestita di tutto punto, con gonna a trapezio e camicia candidamente bianca. Solo la bandana rossa stonava un po’, ma era giovane e doveva ancora raffinare il suo stile. 
La famiglia Daly era arrivata dai otto mesi nel nuovissimo sobborgo di Elsinore, a trecento chilometri da Los Angels. La moglie si era dimostrata fin da subito una donna premurosa e una casalinga impeccabile. Organizzava ricevimenti almeno una volta al mese e tutti ne andavano matti. Il marito era un uomo d’affari che lavorava in città. Non si vedeva spesso, ma aveva un ottimo pollice verde a giudicare dallo stato delle sue ortensie. La figlia, Lettie, si era diplomata quello stesso anno nel liceo del quartiere. Era una ragazza adorabile e una promettente futura moglie.
-Le stai cercando un lavoro?- chiese la signora Morris alla signora Daly. La signora Morris era una vedova di guerra che amava chiacchierare e farsi gli affari degli altri. La signora Daly l’adorava e passava ore al telefono con lei. Diceva che la stava sempre a sentire.
-Non credo che ce ne sarà bisogno- rispose, voltandosi a guardare Lettie. Stava servendo i drink ed era circondata dai pochi ragazzi non ancora partiti per la città o per l’esercito. Quasi tutti indossavano camicie in stile hawaiano a maniche corte e jeans stretti, e la guardavano ammirati. Lettie offriva il bicchiere tenendolo delicatamente con due dita e mentre si piegava a porgerlo la sua gamba destra si fletteva verso l’interno, come uno stelo spinto dal vento.
-Tesoro!- esclamò la signora Daly non appena sua figlia imboccò la strada per la cucina. –Non essere sgarbata, sono arrivati nuovi ospiti.-
Lettie sorrise mostrando i denti bianchissimi e si diresse verso i signori Cooper. A differenza degli altri vicini, i Cooper non si facevano vedere spesso. Avevano quattro figli, tutti maschi, di cui due non avevano più fatto ritorno in patria e uno si era trasferito a Los Angeles. Il quarto, il figlio più piccolo, non l’aveva mai visto e non sapeva cosa facesse.
-Grazie, Lettie- le disse la signora Cooper. Era più anziana di sua madre e la cosa strana era che quando sorrideva i suoi occhi sembravano esprimere solo tristezza. Le piaceva, era diversa da tutti quelli che aveva conosciuto fino a quel momento. Non sapeva fingere.
-Che cara ragazza!- esclamò il signor Cooper, un omone di circa sessant’anni alto il doppio di lei. -Roger, conosci Letitia Daly?-
Roger Cooper stupì tutti per l’assenza della camicia hawaiana e per il suo portamento alto e slanciato. Non toccò i famosi cupcake della signora Daly né assaggiò il frappè alla fragola servito con panna montata e gocce di cioccolato. Accettò solo il bicchiere di martini che Lettie gli offrì.
Finalmente conosceva il famoso figlio minore dei Cooper, minore per età ma non per altezza. Superava suo padre di parecchio e la semplice camicia bianca metteva in risalto le spalle larghe. Le avrebbe rapito il cuore se il suo saluto non fosse stato il più asciutto e il più forzato che avesse mai ricevuto. L’incapacità di fingere l’aveva presa tutta dalla madre. Quando fece il suo ingresso in salotto, gli uomini lo salutarono con una pacca sulla spalla, mantenendo però una certa distanza, e le signore gli riservarono sorrisi dolci e malinconici. Il clima da festoso divenne teso, ma durò il tempo di un lampo: sua madre uscì dalla cucina con una nuova teglia di biscotti e suo padre cominciò ad offrire lo scotch.
Naturalmente al ricevimento non c’erano solo i migliori partiti del circondario, ma anche le ragazze. Frequentavano tutte il liceo del quartiere e si conoscevano fin dall’infanzia. Lettie aveva legato in particolar modo con Marta Green, una ragazza bruna dal fisico prosperoso. Marta dimostrava più dei suoi diciotto anni e aveva un grande successo con i ragazzi. Aveva avuto un paio di fidanzatini al liceo, ma ora era single. I suoi genitori tentarono di impedirle di frequentarla, ma non le dissero mai il perché.
-Guarda chi è tornato!- esclamò, accennando a Roger.
-Lo conosci?-
-Certo, di tutti i buoni partiti lui è il re. Faresti bene ad andare ad offrirgli un altro martini prima che Ashley Simpson gli si inchiodi al braccio.-
-Preferirei un partito più scarso ma in grado di sorridere- fu la risposta secca di Lettie. Marta le diede ragione e rise di gran gusto. Poi iniziò la musica. La festa si spostò in veranda, dove c’era abbastanza spazio per ballare. Lettie fu sommersa di richieste. L’unico con cui non aveva ancora ballato era Roger, ma non le dispiacque, era troppo inquietante. Le capitò di trovarsi seduta vicino a lui mentre faceva riposare i piedi e riprendeva fiato. Non le disse una parola. Pensò che fosse timido, così provò ad intavolare il discorso.
-Ti va un panino? Ho notato che non ami i dolci, posso preparartelo!- esclamò. Sua madre sarebbe stata così fiera di lei.
-No, grazie- rispose asciutto.
-Vuoi qualcosa da bere?- ci riprovò.
-Sto bene così.-
Non riusciva a capire perché fosse venuto alla festa se aveva intenzione di passare tutto il tempo in un angolo con il muso lungo. A salvarla da quell’imbarazzante situazione ci pensò la signora Cooper.
-Roger starà con noi per un po’ di tempo- le spiegò dopo che si fu seduta di fronte a loro. Il figlio non sembrò apprezzare la sua sincerità a giudicare dallo sguardo che le riservò. –Sai, è un soldato e ora è in licenza. Lo hanno praticamente obbligato, non è mai tornato a casa per più di due giorni di fila da quando si è arruolato!-
-Marina, immagino- disse Lettie.
-Lo sapevi già?- chiese stupita la signora Cooper.
-Un pilota non è così abbronzato- rispose, guadagnandosi l’attenzione di Roger. Aveva dei begli occhi, grigio-azzurri, e anche il resto del viso non le dispiaceva. Gli sorrise, ma lui subito tornò a fissarsi i piedi con gravità. Non riusciva proprio a capirlo, ma capiva perché il suo arrivo avesse scombussolato l’atmosfera. Dire che l’aveva raffreddata era una battuta di pessimo gusto.
-Roger, perché non inviti Letitia a ballare?-
Lettie aspettò che le venisse posta la domanda di persona, ma il soldato alzò il capo senza dire una parola. Si limitò a guardare storto sua madre. Era chiaro che non aveva intenzione di chiederle di ballare.
-Oh, mi dispiace, ma queste scarpe nuove mi hanno fatto venire delle vesciche terribili- rispose. Non avrebbe permesso di essere rifiutata sgarbatamente dall’uomo più arrogante del pianeta. –Sarà per un'altra volta.-
Lettie sorrise e si allontanò zoppicando. Le scarpe le facevano davvero male e decise di prenderne un altro paio. Il sottoscala era vicino alla porta d’ingresso, nascosto dalla rampa che portava alle camere da letto. Per evitare che gli ospiti vedessero l’unico angolo della casa in cui regnava il disordine tirò la cordicella della lampadina e si chiuse la porta alle spalle. La piccola stanza era abbastanza isolata per attutire la musica proveniente dal salotto e quell’attimo di solitudine le sembrò più piacevole che stare a piedi scalzi. Tuttavia, il legno della porta non era abbastanza spesso per evitare di sentire i rumori che avvenivano proprio lì fuori. Dei passi pesanti, cadenzati e ritmati, le passarono accanto. Poi ne seguirono altri, molto più leggeri.
-Roger, ti prego, rimani ancora un po’.-
La voce era chiaramente quella della signora Cooper ed era piena di dispiacere. Sentì la porta dell’ingresso aprirsi. Roger stava lasciando la festa con almeno tre ore di anticipo. Sua madre si sarebbe offesa a morte.
-No- esclamò categorico. –Ti dico che non ho voglia di inutili chiacchiere e tu mi porti a una stupida festa di quartiere?-
-Potresti farti degli amici- insistette la signora Cooper.
-Non ho bisogno del tuo aiuto per farmi degli amici, né tanto meno per trovarmi una moglie.-
-Cos’ha Letitia che non va? Non ti piace? E’ bella, educata, ed è la più ambita di Elsinore.-
-Sarà anche bella, ma ne ho fin sopra i capelli delle perfette donnine di casa tutte sorrisi e smancerie. Non c’è niente di più falso e Letitia Daly è la più falsa che abbia mai incontrato fino ad ora. Non mi tenterebbe mai, quindi smettila di fare qualunque cosa tu stia facendo.-
Se ne andò sbattendo la porta. Lettie uscì solo dopo che la signora Cooper fu tornata in salotto e rimase per un attimo a fissare la porta da cui Roger era appena uscito. E’ certo che da quel momento l’antipatia fu reciproca, ma non si lasciò abbattere dall’unico commento negativo che ricevette. Andò da Marta e le raccontò l’accaduto. L’amica lo trovò divertente: non era mai successo nella storia del dopoguerra che un uomo rifiutasse di perdere la testa per un vitino a vespa.
Nonostante quel piccolo incidente la festa andò per il meglio. Marta tornò a casa con un paio di appuntamenti, mentre lei li rifiutò tutti. L’eyeliner attorno agli occhi di sua madre non bastò per nascondere il suo disappunto, ma era stata riempita di così tanti complimenti che non ci fece troppo caso. Non avanzò una briciola di quello che aveva cucinato e i colori delle sue tende erano stati apprezzati da tutti. Sapeva che il giallo canarino avrebbe fatto risaltare il verde acqua delle pareti, l’aveva letto su una rivista.
Suo padre, invece, disse che non si poteva stare senza martini e uscì a comperarlo. Non le sembrò strano non rivederlo più fino al mattino successivo. Succedeva, di tanto in tanto, che si assentasse per la notte o per il weekend. All’inizio, quando aveva capito che aveva un’amante, l’aveva odiato. In quelle notti la porta della camera matrimoniale rimaneva chiusa, anche se bussava per ore. Sua madre piangeva e non andava ad aprirle. Forse perché non voleva che la vedesse in quelle condizioni, triste e mortificata. Poi però i genitori della sua amica Nancy avevano divorziato e aveva capito che infondo non era poi tanto male. C’erano famiglie in cui il padre non si faceva più vedere, mentre il suo era sempre tornato e, a parte per qualche notte al mese, aveva sempre fatto il suo dovere con l’autorità richiesta. Anche sua madre aveva smesso di piangere; ora quando se ne andava lasciava i piatti sporchi nel lavandino e si sdraiava sul divano a guardare la televisione con una sigaretta in mano. Lettie aveva smesso di odiarlo perché non le aveva abbandonate, ma non riprese a stimarlo, perché teneva il piede in due scarpe. Quindi, quando un paio di giorni dopo le si parò davanti tenendo un foglio in mano, lo guardò a malapena.
-Cos’è questa?- le chiese. Lettie non aveva idea di cosa stesse parlando, così alzò il busto dalla poltrona e diede un’occhiata. Un ricciolo d’oro le spuntò da dietro l’orecchio facendole solletico, ma fu una sensazione lontana. I suoi occhi avevano appena notato la busta strappata che c’era insieme al foglio. –Los Angeles?- le chiese.
Si alzò con uno scatto e cercò di afferrare la lettera. Suo padre fu più agile: tirò il braccio indietro, mettendola fuori dalla sua portata, e la inchiodò sul posto con uno sguardo furioso.
-Non avevi il diritto di leggerla!- esclamò Lettie.
-E tu non avevi il permesso di cercare lavoro!- ribatté con la stessa foga. –Los Angeles? Sognatelo, ragazzina!-
Sua madre corse in salotto con i guanti da forno ancora infilati sulle mani. Era così sconvolta dal vederli litigare che per qualche istante rimase immobile con le braccia alzate. Dischiuse le labbra rosse in un oh di stupore che non pronunciò mai, le sopracciglia curate si alzarono verso l’alto e l’espressione divenne quella di una bambina confusa. Tutte quelle grida e quelle parole taglienti non facevano parte della sua quotidianità. La sua casa era un’oasi di serenità e armonia color confetto, cosa osava disturbarla?
-Martin! Per l’amor del cielo, Martin! Cosa succede?-
Si avvicinò al marito e gli mise una mano sulla spalla con fare affettuoso. Di sicuro stavano litigando per il posto in poltrona, ma lei avrebbe risolto il problema. Giusto quella mattina aveva visto una meravigliosa poltroncina sul catalogo del negozio d’arredamenti. Aveva dei fini piedi in legno e lo schienale alto, proprio come piaceva a Martin, e la fantasia era così fresca e giovanile che Lettie l’avrebbe sicuramente adorata. Anche il prezzo non era male, potevano permettersene addirittura due.
-Tua figlia vuole andare a vivere da sola a Los Angeles!-
La notizia lasciò la signora Daly senza parole. Guardò prima il marito e poi la figlia. Lettie abbassò lo sguardo e non appena lo fece sentì la guancia sinistra infiammarsi. Non capì subito cosa fosse successo. Si portò una mano al viso mentre il dolore cominciava a inumidirle gli occhi celesti. Suo padre aveva la stessa espressione marmorea dipinta in volto, sua madre invece era irriconoscibile. Si era sfilata un guanto e teneva le dita ancora chiuse. Era stata lei a schiaffeggiarla, e sembrava pronta a rifarlo.
Lettie si alzò in piedi e fuggì via lasciando spalancata la porta di casa.









Mi presento, sono Dryas, e nonostante bazzichi su EFP da parecchio tempo non mi ero mai cimentata con le originali. Questa è la mia primissima volta! Sono emozionata e terrorizzata al tempo stesso. Spero che questo primo capitolo vi abbia un po’ incuriositi e che darete un’occhiata anche ai successivi. In ogni caso, ogni  parere è ben accetto!

Premetto che degli anni cinquanta, dal punto di vista storico, sapevo ben poco. Spero quindi di aver rispettato gli usi e costumi del tempo prendendo spunto dalle informazioni che sono riuscita a raccogliere. Chiedo comunque scusa per questo atto di presunzione e per gli eventuali errori presenti.

Ringrazio Lady_Crazy per aver indetto il concorso “Epic Love”, stimolante e ricco di spunti!

Al prossimo capitolo,

Dryas

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dryas