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Autore: Heartless_18    05/10/2015    4 recensioni
Lei: Samantha Jackson, denominata psicopatica disadattata.
Lui: Sven Clark, denominato stronzo di professione.
L'apparenza inganna, e Sam lo sa bene.
Un angelo.
E' questo l'aggettivo che gli ha affibbiato la prima volta che i suoi occhi si sono puntati su di lui.
Peccato che poi questo angelo abbia aperto bocca, rivelando la sua natura da demonio.
Il problema? Per Sam è già troppo tardi, anche se cercherà invano di combattere contro la forza dell'attrazione che la spinge irrimediabilmente verso di lui.
Ma anche Sam sa di non essere un angioletto, quindi quale coppia più perfetta di due diavoli che indossano maschere da angeli?
“Tutto il mio cuore è suo; Gli appartiene e con lui rimarrebbe, anche se il fato destinasse il resto di me a stargli per sempre lontano.”
-Charlotte Brontё, Jane Eye.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Nei giorni seguenti potei affermare che mia nonna avesse una vita sociale nettamente migliore della mia.
Se i miei calcoli non erano errati,non vedevo la luce del sole da ben due giorni.
E,francamente,mi sarebbe andato bene continuare a fare in modo che le cose fossero rimaste così per i restanti della mia vita.
Trent mi aveva chiamata più volte,tant’è che alla fine avevo dovuto rinunciare al mio cellulare,decidendo di spegnerlo per scoraggiare i suoi tentativi futuri.
Si era presentato anche alla porta di casa mia attaccandosi al campanello,ma ero riuscita ad ignorarlo chiudendomi nella mia stanza con la musica ad alto volume.
Dopo un po’ pensai avesse rinunciato,ma quando sentii il telefono di casa suonare,mi colse impreparata.
Risposi,credendo fosse mia madre o comunque un mio familiare.
“Pronto?”
“Se non esci da quella casa ho già pronta la dinamite per farla esplodere.”
Rimasi con la bocca spalancata,presa alla sprovvista.
Era riuscito a fregarmi e non sarebbe stato furbo da parte mia riattaccargli il telefono in faccia. Ero più che sicura che avrebbe trovato un modo per vendicarsi.
“Non sei spiritoso.” feci,appoggiandomi al muro di fianco al tavolino con sopra quel dannato apparecchio.
“Io invece credo di esserlo.”
Non risposi.
“Trent, ti rendo partecipe già da subito della mia più totale convinzione nel chiudermi in casa fino a quando la mia intelligenza non si sarà rinnovata.”
“Direi che avresti dovuto pensarci prima, anche perché non l'hai mai avuta.” ridacchiò, ma in parte semiserio.
“Continui a provare a risultare spiritoso, ma sono spiacente nel non riuscire a cogliere l'ironia. Francamente non sono giornate decisamente felici..”
Te le stai rendendo difficili da sola..se solo cercassi di..”
“Non ho intenzione di uscire.” lo interruppi brusca e perentoria.
“Io invece credo che lo farai.” 
Era forse una minaccia quella?
“Non posso, aspetto la visita di mia madre.” mentii palesemente.
“Oh, ma andiamo! Pensi davvero che io ti creda? L'unico motivo per cui tu accetteresti di passare più tempo del dovuto con la tua genitrice, è per la volontà di friggerti definitivamente il cervello.”
“E chi ti dice che non sia proprio quello che voglio fare?" mi arrampicai sugli specchi.
Lo sentii sospirare rassegnato. “Ascoltami bene, stasera c'è la festa e vorrei che tu venissi. Sinceramente, non puoi lasciarmi da solo! Troverei il modo di fartela pagare e sai bene quanta fantasia abbia in materia.”
 Rimasi in silenzio, non sapendo realmente come tirarmene fuori.
Promettimi che ci penserai.”concesse quindi, accorgendosi del mio tentennamento. “Va bene, lo farò.” dissi, più per trovare una via di fuga che per prendere in considerazione l'idea. Per una risposta non mi serviva pensarci: era no.
Riattaccai e rimasi a fissare il telefono ancora per qualche istante, prima di ridere isterica e dirigermi al piano di sopra, buttandomi sul letto con un salto.
Lui era l'unico che non mi avrebbe mai abbandonato.
 
Era ridicolo che mezz'ora dopo fossi nella stessa identica posizione, a fissare il soffitto con apatia.
Quando mi accorsi che il senso di rifiuto mi stesse facendo a pezzi, presi a ridere da sola. Come se potessi realmente credere che bastasse quel gesto per migliorarmi la vita.
Non sortiva effetti, se non quelli di ispirarmi violenza nei miei medesimi confronti. Forse avrei dovuto cominciare ad andare in analisi, perché la mia scarsa sanità mentale mi avrebbe portata alla rovina.
E fu proprio per quella che, qualche minuto più tardi mi decisi ad aprire l'armadio, dopo averlo osservato con insistenza per attimi interminabili.
Mi trascinai fino ad esso con una coperta avvolta intorno al corpo, frugando all'interno in cerca di qualcosa che sarebbe stato capace di farmi illuminare gli occhi. Se avessi dovuto fare uno sforzo come quello di uscire dalla mia tana, volevo almeno avere una sicurezza e osare sfrontatezza per il mio aspetto.
Quando ormai stetti per buttare lo straccio, sentii il campanello di casa suonare. Guardai in direzione della porta come se il mio sguardo avesse potuto raggiungere i circuiti del campanello e farlo smettere di funzionare.
Mi decisi a scendere spinta dalla curiosità nello scoprire chi fosse l'incosciente da non tenere alla sua vita. Quando guardai dallo spioncino, però, non vidi nessuno. Aprii la porta confusa, guardandomi intorno circospetta.
Non mi accorsi fin da subito di una scatola riposta ai piedi della porta, con un bigliettino incollato sopra di essa.
Recitava: Il vestito contenuto dentro questa scatola è da accettare solo se hai intenzione di uscire di casa e spezzare qualche cuore, stasera. Se non hai intenzione di farlo, lascia la scatola dov'è e io presto la verrò a riprendere, capendo come hai avuto intenzione di passare il resto della tua miserabile vita. -Amy.
Mmh, cattiva.
Rilessi il biglietto almeno due volte, prima di prendere un grosso respiro e ributtarlo a terra, chiudendo la porta e ritornandomene in casa.
Feci per dirigermi nuovamente in camera mia, ma invece feci un giro del soggiorno e tornai indietro.
Aprii la porta e afferrai la scatola con una velocità sovrumana, prima che mi venisse l'idea di ripensarci.
Quando la aprii rimasi di sasso: non avevo mai visto niente di più rosso e accecante in tutta la mia vita.
 
Non seppi come,ma qualche ora più tardi mi ritrovai con indosso il vestito,i capelli fatti,trucco accennato,a rimirarmi davanti allo specchio.
La cosa più divertente,era che non ne avessi la minima intenzione e non avevo idea di come fossi arrivata a quel punto.
“Tacchi?” chiese Trent,ma ovviamente non rivolto a me.
“Tacchi.” confermò Amy,seduta comodamente sul letto intenta a farmi una radiografia completa  in un analisi dettagliata. Non doveva mancarmi niente.
“No!” subito mi opposi,non appena vidi Trent arrivare al mio fianco con un paio di decolté nere tra le mani.
Avevo ancora l’incubo dell’ultima volta in cui i miei piedi erano stati costretti in quelle cose infernali.
“E come pensi di andarci alla festa? In pantofole?” inarcò un sopracciglio in maniera irritata,con una mano appoggiata sul fianco.
“Non sarebbe una cattiva idea..” bofonchiai tra me,beccandomi un suo sguardo ammonitore.
Mi costrinse a indossarle,lanciandomele addosso privo di delicatezza.
Sbuffai e,a opera completata,mi guardai ancora una volta allo specchio.
Il vestito che Amy aveva scelto per me era sicuramente uno dei più audaci che avessi mai indossato,a mono spalla,con una manica di pizzo rosso così come la parte finale del vestito,che arrivava pressoché fino a metà coscia.
I capelli gli avevo lasciati ricadere ondulati sulle spalle,accentuando lo sguardo con..non avevo idea con cosa,era stata Amy a fare il più grosso.
A fine opera non potevo affermare di essere io,molto probabilmente avevo fatto cambio di corpo con qualcuno e neanche me lo ricordavo.
Alle mie spalle, Trent e Amy si lanciarono uno sguardo d’intesa prima di trascinarmi al piano di sotto non appena provai ad aprir bocca.
“Non rovinare questo momento sparando una delle tue stronzate, per favore.” mi zittì Trent,lanciandomi dietro la mia pochette nera con dentro lo stretto indispensabile che sicuramente non sarebbe stato abbastanza per la mia sopravvivenza.
Prendemmo posto in macchina,e io decisi di sedermi nei sedili posteriori,accucciandomi contro il finestrino.
“Come mai questa scelta? Non abbandoni mai la tua postazione.” fece Trent,mettendo in moto e guardandomi dallo specchietto retrovisore.
Mi infossai contro lo schienale,sprofondando sul sedile con le braccia incrociate al petto.
“Qua dietro è più facile nascondersi..” sibilai,gonfiando le guance come una bambina.
Entrambi si limitarono a fissarsi,prima di scuotere la testa e sospirare rassegnati.
Ok,ero un caso senza speranza,e allora?
 
Poco più tardi arrivammo nei pressi della festa, e non fu difficile capire di essere nel posto giusto,bastava seguire il rumore della musica fracassa timpani per accorgersene.
Sentii Amy parlare al telefono con qualcuno,probabilmente Jay,che le diede le indicazioni precise su dove si trovassero.
Quando Trent parcheggiò e spense la macchina,capii che fosse arrivato il momento di scendere.
Non sapevo loro,ma io non era che ne avessi intenzione.
Forse se fossi rimasta in silenzio non si sarebbero accorti della mia presenza e..
“Sam, scendi dalla macchina.” mi ordinò Amy,con una decisione tale che riuscì a stupirmi e a farmi desistere dal provarci.
Rimasi qualche istante ancora da sola nell’abitacolo,prima di scuotere la testa e schiaffeggiarmi.
Quella non ero io,quella ragazza così patetica e insicura non ero io senza ombra di dubbio. Mi rivolevo indietro,e lo pretendevo subito.
Assunsi un’aria determinata,prima di scendere dalla macchina senza tentennamenti e sbattere la portiera alle mie spalle.
Tutti si girarono in mia direzione,prima che Dee saltellasse felice e mi si buttasse addosso.
“Allora sei viva!” temetti che quasi si sarebbe messa a piangere.
“Si,sono viva,ora staccati.” feci un po’ brusca,ma solo perché il mio cervello non smetteva di segnalarmi la sua foto segnaletica.
Mi guardai attorno e..dove diamine era?
“Dov’è mio fratello?” chiese appunto Amy,precedendomi e intuendo i miei pensieri.
“Dove pensi sia, Amy? Siamo ad una festa,e di certo la figa non manca.” fece quel demente di Gaz,illuminandoci con la sua spiegazione esaustiva.
A volte mi chiedevo come facesse il suo cervello a ingranare..
Molto probabilmente dentro quella testa che si ritrovava,c’era la presenza di un criceto che correva sulla sua ruota.
“E noi cosa stiamo aspettando?” domandai,iniziando poi a camminare senza curarmi di ricevere risposta o di accertarmi che qualcuno mi seguisse.
Chi mi ama,mi segua.
Non dovetti camminare molto prima di avvistare una marea di gente riversata sul giardino esterno.
Se là fuori era presente tutta quella gentaglia,non osavo immaginare al suo interno.
Mi feci un segno della croce buttando gli occhi al cielo nell’invocare il mio protettore,prima di farmi strada all’interno di quella casa di dimensioni cosmiche.
Riconobbi facce conosciute di alcuni ragazzi dell’università,e altre che non avevo mai visto.
In ogni caso,in mezzo a tutti loro,i miei occhi vagarono alla ricerca di una sola persona.
Persi di vista gli altri nel preciso istante in cui varcai quella porta,cominciando poi a fare su e giù per i vari piani della casa nella speranza di scovarlo.
Al mio confronto,un cane da caccia sarebbe stato insignificante.
Ad un certo punto,al limite della sopportazione,presi anche ad aprire le porte di tutte le stanze che incontravo lungo il mio cammino.
Tant’è che alla fine,all’ennesimo tentativo,mi scontrai con una scena a luci rosse.
Avrei dovuto prevederlo,prima o poi.
Aprii una porta,avvertendo dei mugolii indistinti.
La stanza era illuminata,seppur fiocamente,dall’abatjour affianco al letto.
Presa alla sprovvista,non prestai tanta attenzione alla scena e mi affrettai a estraniarmi da quel momento.
“Chiedo scusa!” esclamai,alzando lo sguardo solo per un millesimo di secondo prima di chiudermi alle spalle la porta.
Rimasi però con una mano sulla maniglia,mentre lentamente assumevo un espressione accigliata,accompagnata dal presentimento che lui fosse..
Non mi fermai a ragionare e,in un gesto dettato dall’impulso,spalancai nuovamente la porta e accesi la luce premendo sull’interruttore poco distante dall’entrata.
Subito la mia espressione dubbiosa trovò una risposta davanti alla visione di Sven a carponi su una ragazza dall’espressione affannata e estremamente eccitata.
Rimasi per qualche secondo a fissarlo come se avessi avuto davanti agli occhi un panda che ballava la macarena.
Lui fece altrettanto,mantenendo il suo sguardo freddo e profondamente imperturbabile.
Mi tolsi dal disagio con una lieve risatina,prima di trasformarla in una a base di lacrime e crampi alla pancia per la sua intensità.
Presi a balbettare senza fiato,cercando di mettere insieme due parole di senso compiuto “Scusate.. io non..” un’altra risata,se possibile ancora più forte della precedente,prima che mi chiudessi la porta alle spalle con un tonfo sordo.
Mi allontanai continuando a ridere,aggrappandomi poi al corrimano delle scale per evitare di rovinare a terra.
Certo che il destino doveva avere uno spirito davvero umoristico e ironico.
Provavo ribrezzo solo nell’immaginarmi nuovamente lo scenario,accompagnato da una certa ilarità.
Se si trattava di me,era un attrazione pericolosa e non era conveniente stare vicini,ma se si trattava di qualsiasi essere umano dotato di una vagina,di un culo e di un paio di tette..ben venga!
Presto il momento divertente venne sostituito da una profonda irritazione,tant’è che cominciai a prendermela con qualunque persona mi capitasse a tiro.
“E  levati idiota! Guardi dove vai,o ti fai talmente tante seghe da aver perso l’uso della vista?!” sbottai acidamente,spingendo un ragazzo che mi era capitato addosso.
Puzzava di marcio,ed era una visione decisamente raccapricciante. Sfigato.
Mandai a quel paese il resto del mondo e mi buttai tra la folla,iniziando a muovermi in sincrono con tutti quei corpi ammassati. Sembrava una carneficina.
Il mio corpo si muoveva come dotato di volontà propria,ma la mia testa era completamente da un’altra parte.
Così tanto persa in meandri sconosciuti,che non mi accorsi neanche di un ragazzo che mi si era avvicinato così tanto da fondere il mio respiro con il suo.
Balzai all’indietro sbarrando gli occhi,come risvegliandomi da un incubo.
Oddio,che schifo!
Fu una sensazione raccapricciante,che mi stordì così tanto da farmi capire che non fossi adatta neanche a quell’ambiente.
Me ne andai camminando tra la folla con i gomiti sporti in fuori,in modo da aprirmi un varco sicuro in mezzo a tutta quella gente.
Se avessi avuto a portata di mano una tanica di benzina e un accendino,avrei saputo cosa farmene. Avevo sempre sognato assistere a un falò,poco mi importava se fosse di natura umana.
Non seppi in base a quale girone,ma arrivai nella cucina.
Era forse il luogo più tranquillo rispetto alle restanti parti della casa,così approfittai di quel piccolo momento di quiete per riprendermi.
Mi appoggiai con le mani al bancone,abbassando la testa e chiudendo gli occhi,sganciando un respiro.
Non era esattamente così che mi ero immaginata l’esito della serata.
Se pensavo avrebbe fatto schifo,mi ero ricreduta, poiché quello che stavo provando andava oltre il semplice schifo.
Mi serviva qualcosa che me la migliorasse,qualcosa che mi avrebbe fatta felice..qualcosa tipo il cibo.
Non mi curai di non essere a casa mia e aprii il frigo,iniziando a frugare con gli occhi in ogni angolo.
Ma possibile che non ci fosse niente che mi.. ehi,ma quelle erano ciliegie?
Raccolsi tra le mani una coppetta piena di ciliegie,prima di avvicinarmi al lavello per darci una sciacquata.
Dovevo ammettere di sentirmi già molto meglio.
Mi inoltrai nuovamente tra la folla,cercando di raggiungere uno di quei divanetti di pelle avvistati in precedenza.
Mi feci largo tra la folla con la forza bruta,stringendomi al petto le mie ciliegie in modo da non permettere a nessuno di fargli fare una brutta fine.
Erano l’unica cosa che mi rimaneva,quindi avrei lottato con le unghie e con i denti per far sì che sopravvivessero con me.
Quando raggiunsi la meta,quasi strepitai dalla gioia quando il mio sedere venne a contatto con i comodi cuscini del divano.
Iniziai a mangiucchiare le mie ciliegie in santa pace,appagata come una bambina davanti a un gelato.
Smisi di gongolare solo quando mi accorsi di chi occupasse uno dei divanetti a pochi metri da me.
Non era possibile,a quel punto non era più il destino ma direttamente sfiga!
Quasi mi spaccai i denti con il nocciolo di una ciliegia,quando mi si presentò davanti una scena simile a quella di poco prima.
Dov’era finita la mora e da dove era spuntata quella rossa?
Talmente ero assorta da quella visione,che ci misi qualche istante a rendermi conto che qualcuno si fosse seduto accanto a me.
Il mio organismo era già sull’attenti per far smammare chiunque fosse stato,ma si rilassò non appena riconobbe il volto familiare di Trent.
“E quelle dove le hai prese?” indicò la ciotola che avevo in mano,inarcando un sopracciglio divertito.
Ero contenta che qualcuno mi ritenesse motivo di tanta ilarità.
“Nessuno ha fatto gli onori di casa,così ho pensato di servirmi da sola.” commentai con mente assente,mentre con gli occhi ero ancora impegnata a non perdermi neanche un istante di quell’orrenda visione.
Cominciavo a pensare di aver sviluppato un lato masochista.
“Si può sapere cosa stai fissando con tanta..Oh.” seguendo il mio sguardo,trovò da solo la risposta alla sua presunta domanda.
Non risposi e archiviai la sua presenza,concentrandomi su quella scena con il tentativo di non farmi prendere da uno spasmo muscolare a causa dell’ira.
In quel momento avrei volentieri lanciato in aria la ciotola che avevo tra le mani,oppure l’avrei usata in un altro modo..
Una scodella in ceramica,se ricevuta con forza in testa,poteva provocare un trauma cranico? Avevo un’insana voglia di scoprirlo.
Inoltre,lei era spalmata su di lui in una maniera talmente patetica e disperata,che ero ancora intenta a capire dove finisse lei e iniziasse lui.
Quello spettacolo mi avvilì profondamente.
Sputai con rabbia un nocciolo all’interno della ciotola,prima di afferrare le ultime rimaste con uno scatto impulsivo.
Non mi accorsi neanche di cosa stessi facendo,fino a quando non presi la mira e gliele lanciai addosso.
Il colpo andò a segno,e mi trattenni  nell’esultare come una bambina solo sfruttando tutta la mia buona volontà.
Si staccò da lui come se fosse appena ritornata nel mondo reale,guardandosi attorno senza capire se fosse stato solo frutto della sua immaginazione.
Notai lui prendere in mano una ciliegia finita sulla sua camicia,esaminandola accigliato,prima di guardarsi attorno con sguardo indagatore.
Non appena incrociò il mio sguardo mi parve che il mio cuore avesse perso un battito,ma sperai vivamente fosse stata soltanto un allucinazione.
“E quello cos’era?” mi domandò Trent al mio fianco, trattenendo un sorriso per non incoraggiare ulteriormente le mie bambinate. “Bambina cattiva..” mi ammonì scherzoso.
Mi limitai ad una smorfia in segno di piena consapevolezza,prima di notare Sven guardarmi stranamente,per poi riportare la sua bocca su quella della rossa.
Mi si contorsero le budella e in quel momento avrei volentieri afferrato anche il vaso che si trovava al mio fianco,per lanciarglielo addosso.
Quella serata era uno schifo,e conoscevo solo un modo per migliorarmela.
Guardai tra le mani di Trent,trovandoci quanto sperato.
Gli fregai il bicchiere dalle mani,e mandai giù qualunque cosa ci fosse al suo interno.
“Ehi!” protestò Trent,ma lo ignorai.
Il liquido mi bruciò la gola,scorrendo poi giù fino ad arrivare alla bocca dello stomaco.
“Tequila..che schifo.” Feci una smorfia di disgusto,prima di buttarmi il bicchiere alle spalle e alzarmi per andare a cercarmi di meglio.
“Dove vai?” mi urlò Trent,fermandomi prima che mi perdesse di vista.
“A movimentarmi la serata.”
Mi defilai tra la folla,arrivando nuovamente in cucina.
Guardai tra le varie bottiglie riposte sul grande bancone,spostandole alla ricerca della mia preferita.
Vodka,vodka,vodka..eccola!
La afferrai e,recuperando un bicchiere,lo riempii interamente.
Presi a sorseggiarlo dapprima lentamente,cercando di aver parsimonia verso me stessa.
Quando però mi tornò in mente le ben due visioni a cui ero stata costretta ad assistere,ci andai sotto con più intensità.
Seguì un altro bicchiere di vodka,accompagnato da un terzo..
Fino a quando potei mandare a quel paese la mia lucidità.
 
Un’ora dopo mi ritrovavo a ballare in compagnia di ragazzi mai visti,sorridendo ad ognuno di loro e abbracciandoli come se avessi sviluppato affetto nei loro confronti in solo cinque minuti della loro compagnia.
A proposito..chissà che ore erano.
Feci per afferrare il cellulare e controllare l’ora ma..dove diamine avevo lasciato la mia pochette?
Oh al diavolo,poco mi importava in quel momento!
“Sei bellissima!” mi sussurrò uno all’orecchio,facendomi ridacchiare istintivamente.
Più che ridacchiare finemente,presi a grugnire come un porcellino,con qualche singhiozzo di mezzo.
Beh,se per lui ero lo stesso bellissima..poco male!
“Grazie..anche tu!” biascicai.
In realtà non era che potessi affermarlo con certezza,dato che non stava fermo un attimo.
Ma come diamine faceva a muoversi così veloce?
Prima era tutto lento,poi tutto veloce,infine tutto sfocato.
Uno di loro aveva le stesse sembianze di una scimmietta..
Avevo sempre voluto una scimmietta,fin da quando ero piccola.
Erano così carine e dal verso tenero,e inoltre mio nonno mi aveva sempre detto che ci assomigliavo!
Insomma,volevo una scimmietta,dove potevo andarla a comprare?
“Voglio una scimmietta!” urlai all’orecchio dello stesso ragazzo che,in quel momento,mi avevo cinto la vita.
“Tesoro,se vuoi posso essere quello che vuoi.” urlò al mio orecchio,cercando di superare il volume della musica.
Quando cominciai a sentire le sue labbra umide appoggiarsi sul mio collo,iniziando a succhiare,per poco non vomitai ai suoi piedi.
Mi distanziai da lui,spingendolo flebilmente dal petto,prima di barcollare fino all’uscita di quel posto infernale.
Avevo bisogno di aria,o presto sarei svenuta a terra come un sacco di patate provocandomi una commozione celebrale.
Presi a camminare con passo incerto,allargando le braccia per cercare di avere un equilibrio migliore.
“Ehi!” oh no,era la stessa voce di quel ragazzo.
Cosa diamine voleva ancora?
Se si fosse avvicinato,molto probabilmente gli avrei vomitato ai piedi.
“Dolcezza.” mi fermò,afferrandomi da un polso per far fermare la mia corsa.
Che poi ‘corsa’ non si poteva definire,se persino una lumaca era più rapida di me.
“Lasciami..” feci con voce flebile,provando a distanziarmi da lui con scarsi risultati.
La mia energia vitale era notevolmente ridotta.
Mi sentivo fiacca e totalmente rintronata, non osavo immaginare come sarei stata il giorno dopo.
La notte potevo già immaginarmela:seduta affianco al cesso.
In risposta lui aumentò la presa sul mio polso,prima di tirarmi a lui e imprigionarmi tra le sue braccia.
Provai a prendere le distanze,ma era ovvio che lui fosse nettamente più forte di me,soprattutto se mi trovavo in condizioni simili.
Forse avrei dovuto andarci giù con più calma..ma,accidenti,uno non poteva neanche ubriacarsi in pace?
“Vieni con me..” sibilò al mio orecchio,strofinando le sue labbra sul mio collo con fare viscido “Ti farò divertire.” rise.
Non appena sentii la punta della sua lingua sfiorarmi la base del collo lo spinsi via,rabbrividendo per il disgusto.
Mi riacciuffò in fretta e premette con forza e prepotenza le mie labbra sulle sue,cercando di ottenere un maggior accesso,che ovviamente mi sforzai di non concedergli.
Di quel passo avrei realmente vomitato.
Mi sentii sollevata quando mi accorsi di essermi allontanata da lui,sicuramente non per merito mio.
Guardai la mano che stringeva il mio polso,la cui presa non era opprimente come quella di cui ero stata schiava qualche attimo prima.
Quando alzai lo sguardo rimasi incantata,incapace di pronunciare una sola parola.
“Sparisci di qua prima che ti faccia sparire io.” sibilò freddamente,con un ovvio avvertimento di minaccia nella voce.
Se quel tono fosse stato usato contro di me,con alte probabilità sarei rabbrividita.
“Andiamo amico,stavo solo giocando un po’.” si difese l’altro,indicandomi con un cenno del capo.
Notai Sven rimanere a fissarlo con la sua solita espressione neutra e imperturbabile,prima che sul suo volto si disegnasse un ghigno poco rassicurante.
Mi lasciò momentaneamente libera dalla sua presa,prima di alzarsi le maniche della camicia fino ai gomiti.
“Te lo insegno io un nuovo giochetto.” partì in avanti con un mancino,beccando l’altro in pieno viso.
Si girò la testa di lato,prima che barcollasse all’indietro per il colpo subito.
Prima che potesse pensare di riprovarci,lo afferrai dal lembo della camicia,implorandolo a modo mio di lasciarlo in pace.
Onestamente,ero più preoccupata per la sua incolumità,di quella di quel tizio mi importava ben poco.
Il problema era che le mie capacità linguistiche,con tutto quell’alcool in circolo,fossero nettamente ridotte.
Lui sembrò lo stesso capire,arrestandosi e fissandomi come in cerca di conferma.
Sospirò rassegnato,prima di lanciare a quel ragazzo un ultimo segno di avvertimento e portarmi via.
O meglio,provò a farlo,ma io continuai per la mia strada come se la sua presenza fosse irrilevante. In quanto ai ringraziamenti,ci avrei pensato un’altra volta magari.
“Sam fermati,non sai neanche dove stai andando” parlò al mio seguito,con un tono di ammonimento e al contempo rassegnazione nella voce.
Non risposi,perché troppo impegnata a vedere dove mettere i piedi.
Non potevo mettermi a parlare e camminare al tempo stesso,in quelle condizioni sarebbe stata un’impresa impossibile.
Arrivammo ad un ponte dove, al di sotto di esso, si estendeva una ferrovia.
Mi fermai perché mi resi conto di non avere la più pallida idea di dove mi trovassi,ma non lo avrei mai ammesso.
“Ti sei persa, genio.” puntualizzò,però,lui.
Dio solo poteva sapere quanto lo detestassi.
“Ma insomma..tu non hai niente da fare se non starmi attaccato al culo?  Sono sicura che tu possa trovarne facilmente uno di riserva.” commentai acida,cercando di biascicare il meno possibile per non fargli capire in che situazioni pessime mi trovassi.
“È ambiguo il tuo modo di ringraziarmi.”
“Non è quello che sto facendo,e poi non ho bisogno del tuo aiuto.” ribattei,appoggiandomi al muretto di pietra per cercare di reggermi in piedi in maniera più efficiente.
“Non ti reggi in piedi” mi fece notare.
“Ti ripeto,non hai nessuna fanciulla da sorprendere con le tue prestazioni?” lo punzecchiai ulteriormente.
Forse ero infantile,ma non riuscivo ancora a togliermi dalla mente quella visione e,in secondo luogo.. chi se ne importava!
“Essere acida non ti aiuterà a nascondere il fatto che tu sia irrimediabilmente gelosa,Jackson.” ghignò soddisfatto,guardandomi in una maniera da infarto istantaneo.
Oh,non poteva immaginare fino a che punto lo fossi..
Ad un certo punto,nel tentativo di non sentirmi più così fuori di me per quello che avevo visto,avrei voluto che lui cancellasse quel ricordo facendo con me esattamente quello che aveva fatto con le altre due e chissà con quant’altre.
Il desiderio di sentire le sue labbra sulle mie,il calore del suo corpo pervadere il mio,i brividi lungo la colonna vertebrale..
“Baciami,Clark” ..era troppo grande da contenere.
 
Hooolaa!!
Come state?
Scusate se questa volta i tempi d'attesa sono stati più lunghi ma, purtroppo, credo di non poter mantenere più l'andamento veloce dei primi capitoli. 
In ogni caso cercherò di fare del mio meglio.
Tornando a questo capitolo..
Sam ubriaca è ancora più temibile del solito, anche da se stessa.
Se fosse stata lucida, molto probabilmente si sarebbe presa a schiaffi.
Io invece, personalmente, adoro questo suo lato: per lo meno è sincero.
Sven invece non si capisce più dove stia andando.
Cerca di starle lontano, ma alla fine sempre da lei ritorna ;)
E adesso cosa succederà?
Voi cosa ne pensate? Prima di pubblicare il successivo capitolo, ci terrei a sentire la vostra versione e a divertirmi nel guardare fin dove scorre la vostra fantasia. ^^
Un grazie speciale a tutti quelli che recensiscono, e a chi ha messo la storia nelle varie cartelle.
Siete mitici!
Un bacio, vi aspetto con ansia!
Xoxo. Heartless.

 
 
  
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