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Autore: Autumn26    05/10/2015    2 recensioni
Nina era tornata a casa. A distanza di due anni aveva deciso di ritornare sui suoi passi, dopo essere risalita dal fondo in cui sembrava essere precipitata. Era scappata e ora per lei era arrivato il momento di riavere la sua vecchia vita, per quanto fosse possibile.
Mentre Nina scappava, qualcuno restava e combatteva.
Mentre Nina partiva, Noa restava e affrontava un violento cambiamento che aveva scosso la sua vita. Un incidente lo avevo privato dell'uso delle gambe. In due anni Noa aveva combattuto per non arrivarci a quel fondo, per non annegarci, tra interventi e fisioterapia. Ora poteva finalmente dire di stare bene, di aver accettato la situazione a cui era costretto. O forse no.
Due anime che combattevano ancora i loro demoni si incontreranno, e combatteranno insieme. Perché certe volte è meglio così, dopo averlo fatto a lungo da soli.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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8°Capitolo

26/11/14
"Puzzi di cocco."
Nina rimase interdetta, interrompendo il suo chiacchiericcio.
"Come scusa?"
"Puzzi di cocco."
"Si, l'avevo capito."
"E perché me l'hai chiesto?", le domandò Noa confuso.
"Ti stavo dando l'opportunità di ritrattare", rispose la ragazza, con tono ovvio.
"Non vedo perché dovrei", controbattè tranquillo.
"Perché non è carino", chiarì Nina, l'aria di una maestra intenta a spiegare un concetto complicato ad un alunno particolarmente indisciplinato.
Se ne stavano sdraiati sul letto di Noa, sede del loro secondo incontro, che appoggiato come di consueto alla testiera del letto, lavorava con il pc sulle gambe; Nina, a una ventina di centimetri di distanza, a pancia sotto con i gomiti puntati sul materasso, riprese ad esporgli le sue idee per il sito, gesticolando. Noa la stava ascoltando, osservando il movimento frenetico delle mani, il dondolio incessante delle gambe, ma si fece distrarre quando notò che la maglietta le era risalita sulla schiena, a causa dei suoi continui movimenti. Fissando il lembo di pelle scoperto Noa ripensò a sabato, a quando aveva visto per la prima volta la schiena nuda di Nina, alla sorpresa e alla curiosità che ancora provava.

Gli ci volle un attimo per riprendersi, poi  senza pensarci due volte le andò dietro, giusto in tempo per vederla sparire nella stanza in fondo al corridoio. Quando Noa la raggiunse, si prese un attimo per guardare la camera, illuminata dalla luce che penetrava dalla finestra e da quella dei faretti sul soffitto, per poi tornare a concentrarsi su Nina, che si era infilata una maglia di cotone a manica lunga. Si lasciò sfuggire una smorfia contrariata; sì, forse gli dispiaceva non potersi più godere il panorama, ma quello che gli premeva in quel momento era vederle ancora la schiena. La guardò ritornare verso di lui e metterglisi di fronte, in attesa che si smuovesse dalla sua apparente immobilità.
"Allora? Vuoi restare fermo in mezzo alla stanza?", lo interrogò Nina sollevando un sopracciglio.
"Al momento vorrei che ti togliessi di nuovo la maglia", rispose Noa, non curandosi dell'effetto che avrebbe avuto quella sua uscita. Nina infatti strabuzzò gli occhi presa alla sprovvista, poi distese le labbra in un sorriso interpretando quella frase come il solito gioco.
"Voltati", continuò lui, l'espressione seria che non ricambiava il sorriso. Nina lo guardò attentamente, e quando capì il reale significato della sua frase strabuzzò di nuovo gli occhi. Quasi lo preferiva
realmente interessato a vederla ancora in reggiseno.
"Avanti, solo un minuto, voltati", insistè il ragazzo vedendola tentennare. Nina aveva il viso contratto, sembrava volergli dire no e in procinto di mettere distanza fra loro. Noa che non era disposto a rinunciare, si sporse velocemente in avanti afferrandola per i fianchi e la trascinò più vicino, tra le sue gambe. Nina era sicura che con quel contatto lui riuscisse a sentire quanto fosse realmente tesa; si sentiva rigida e si stava chiedendo quanto campo libero potessi concedergli. Lui dovette interpretare bene la sua incertezza, perché guardandola fissa negli occhi, a infonderle sicurezza, ne approfittò per farla voltare lentamente, nell'illusione di farle credere di avere ancora facoltà di scegliere di andare via.
"Se mi fai vedere il tuo, giuro che dopo ti faccio vedere il mio", scherzò Noa con voce bassa. Quando Nina gli diede le spalle, Noa si concesse di rilasciare un piccolo e inudibile sospiro; convincerla non era stato difficile come aveva pensato. Considerò di aver cantato vittoria troppo presto, quando nell'infilarle i pollici sotto la maglia lei si aggrappò con forza ai suoi polsi; tuttavia non fece niente per allontanarlo, rimase semplicemente così, come in cerca di un appiglio. Allora Noa rilassò le spalle e prese lentamente ad alzarle la maglia, mentre le braccia di Nina si piegavano e plasmavano ad ogni suo movimento. Quando la schiena fu finalmente scoperta, Noa incastrò un lembo della maglietta sotto l'elastico del reggiseno, riportò le mani sui fianchi, sempre seguite da quelle della ragazza, e stette a fissarla.
Il tronco di un albero, che racchiudeva la spina dorsale e sfociava in numerosi rami spogli che mettevano in evidenza la curva della schiena, spuntava da un mucchio di foglie secche tatuate alla base della schiena. Un giglio dettagliatissimo, e una foglia più grande delle altre nei toni del rosso, arancio e giallo, spiccavano nel mucchio e rappresentavano le uniche note di colore.
Il tatuaggio sembrava occupare ogni spazio della parte bassa della schiena; nonostante lasciasse lembi di pelle libera dall'inchiostro, era così imponente che catalizzava ogni attenzione su di esso, senza lasciarti altra scelta. Noa continuò a guardarlo, analizzandolo in ogni dettaglio, cercando di capire che significato potesse avere. Voltò poi Nina senza interrompere il contatto con i suoi fianchi, la maglia ancora ferma sullo stomaco, mentre lei spostava le mani sulle sue spalle.
"Ho creduto di dover temere per i miei pantaloni." Fu Nina a interrompere il silenzio con un tono di voce flebile, ma scherzoso.
"Perché?", chiese Noa stranito.
"Il tatuaggio continua poco più giù", spiegò lei sorridendo lievemente.
"Ora si che i tuoi pantaloni sono in pericolo." 
Nina sbuffò una risata in risposta e poi si accostò ancora di più a Noa, si sedette sulla sua coscia destra e infilò le gambe nello spazio libero lasciato da quelle del ragazzo. Non aveva voglia di continuare a stare in piedi, e aveva l'impressione che le sue gambe fossero in procinto di trasformarsi in gelatina. Temeva dove li avrebbe portati quel discorso, e non le sembrava sbagliato starsene in braccio a Noa, cercare in lui un appoggio; anzi, a pensarci bene le sembrava esagerata la reazione avuta quando gli era finita sulle gambe casualmente. Ma in realtà la situazione ora era diversa, avevano instaurato un loro rapporto, una specie di amicizia, che le rendeva naturale assumere comportamenti del genere; inoltre non pensava che per Noa fosse un problema averla sulle gambe. Ebbe la sua conferma quando un braccio del ragazzo la circondò, mentre l'altra mano prese a tracciare linee immaginarie lungo la sua coscia.
"Sembra proprio il genere di tatuaggio con una storia dietro", considerò Noa con tatto. 
"O forse è solo un banalissimo tatuaggio senza alcuna storia", rispose piano Nina, appoggiando il volto sulla spalla del ragazzo. Mentre le parole dicevano una cosa, la sua postura, la voce, la smentivano raccontandone un'altra.
"Potrebbe essere, ma sono sicuro che c'è, resta solo da scoprire qual è", insistè Noa con gentilezza, continuando a passarle il dito sulla coscia.
"Quella più ovvia; quella della mia vita", affermò con tono incolore, rialzando la testa e fissando gli occhi in quelli di Noa. Lui ricambiò appieno lo sguardo, cercano di capirci qualcosa in più. Pensò che non c'era niente di ovvio in quel tatuaggio, e di conseguenza nella sua storia; gli venne voglia di dirglielo, di chiederle spiegazione, di farsi raccontare; ma per quanto fosse caratterialmente impetuoso sapeva che non avrebbe ottenuto altro se avesse continuato ad indagare. 
"Allora, il tuo c'è davvero oppure l'hai detto solo per convincermi?", chiese Nina, spostando l'attenzione su di lui. 
"Mi credi davvero capace di fare una cosa del genere?", ribattè scherzosamente indignato; Nina non rispose nemmeno, ma si limitò ad alzare un sopracciglio, ovvia. Noa ridacchiò in risposta e con la mano destra, senza smettere di cingerle la vita, prese a scoprire l'avambraccio sinistro, avvolgendola in un abbraccio involontario. Sulla parte interna del polso era tatuata una botola aperta, da cui uscivano volute di fumo nero che si arrampicavano lungo il braccio, e che scomparivano sotto il maglione. Nina prese a seguirne i contorni con il dito, senza chiedere spiegazioni, nonostante fosse chiaro che anche dietro quel tatuaggio si celasse una storia. Era facilmente intuibile quale fosse, e non voleva appesantire ancora di più i toni di quella conversazione; avrebbe avuto altre occasioni per chiederglielo.
"L'ho soprannominato "The hole", azzeccato vero?", le chiese ironico, ma non con il solito tono scherzoso, bensì con uno più amaro, che sapeva un po' di sconfitta. Nina colse il riferimento al film horror, ma ancora un volta decise di lasciar correre; non era disinteresse, perché avrebbe voluto chiedergli tante cose, solo che Noa aveva assunto un'espressione così corrucciata che Nina sentì la necessità di strappargliela via.
"Anche il tuo tatuaggio continua, forse dovresti toglierti la maglia e pareggiare i conti", lo stuzzicò, continuando a passare le dita lungo l'avambraccio. La risata le arrivò inizialmente smorzata, poi sempre più chiara.
"Potrei... Ma non credo reggeresti il colpo." 
Noa se la strinse contro avvolgendola con entrambe le braccia e le lasciò un bacio sulla spalla, grato della sua mancata insistenza.
"Chi può dirlo. Iniziamo a lavorare dai."


Noa tornò al presente; ora, grazie al pantalone un po' più basso sulla vita, sapeva che il resto del tatuaggio era rappresentato dalle radici dell'albero, che affondavano sotto l'elastico dei pantaloni. Quanto affondassero ancora però non gli era dato saperlo.
"Giochi a pallacanestro?" 
La voce di Nina lo riscosse dai suoi pensieri e voltò il capo verso il suo viso; la vide con la testa rivolta alla sua destra a guardare verso l'alto, dove un tabellone basket era fissato alla parete.
"Sì, è uno dei pochi sport possibili per noi con il culo incollato ad una sedia", le rispose scrollando le spalle.
"Da quanto tempo lo fai?"
"Da circa un anno", fu la breve risposta. Tuttavia Noa si accorse che Nina era desiderosa di saperne di più, ma non si azzardava a insistere, come aveva già fatto con la questione del tatuaggio. Apprezzando il gesto il ragazzo decise di sbottonarsi un po' di più.
"Prima facevo pallanuoto a livello agonistico, poi due anni fa la vita ha deciso di giocare un po' a fare la bastarda, così dopo un anno di riabilitazione e fisioterapia ho deciso di riprendere a fare sport."
Nina immagazzinò tutte le informazioni che le aveva fornito e le passò al setaccio. Due anni fa un qualche tipo di incidente lo aveva costretto sulla sedia a rotelle, costringendolo a riorganizzare la sua vita anche sul fronte sportivo. Ripensò al suo tatuaggio, "The hole", e sì riteneva fosse un nome azzeccatissimo; cosa significava per una persona dover passare da uno stato di autosufficienza a uno di disabilità? A maggior ragione per una persona così attiva, che faceva sport a un livello competitivo? L'incidente aveva evidentemente aperto la botola delle sue paure, costringendolo a fare i conti con gli incubi che aveva riversato fuori.
"Avrei dovuto capirlo che le tue spalle sono merito del nuoto", commentò sviando il discorso.
"Cos'è questa fissa che hai per le mie spalle?", le chiese, divertito e disorientato dal cambio di conversazione.
"Io non ho una fissa per le tue spalle", rispose in fretta. Forse troppo in fretta.
"Sono sicurissimo che tu le abbia menzionate già un paio di volte", la canzonò ritrovando la sua solita malizia.
"È che ci sono; sono lì, ed hanno una loro personalità. Non ci posso far nulla."
Lei trattenne una risata, cercando di rimanere seria, mentre Noa non si sforzò neppure.
"Due anni fa io sono andata via, invece."
Nina riprese parola dopo qualche minuto di silenzio; voleva in qualche modo ricompensare le confessioni del ragazzo, seppur rimanendo sul vago.
"Perché?"
"Ho superato dei limiti che era meglio non oltrepassare", rispose mesta.
"E andandotene sei rientrata nei confini?"
"Si, diciamo così."
"Se è partendo che hai risolto i tuoi problemi, come mai sei tornata?", le chiese curioso di scoprire qualcosa in più.
"Presumo per lo stesso motivo per cui tu hai ripreso a fare sport; volevo riprendere in mano la mia vita, ricominciare. Questi due anni sono stati una sorta di bolla sospesa nel vuoto. Ho lavorato solo su me stessa, mentre il mondo fuori andava avanti, senza parteciparvi. È come quando ti prepari per un saggio e provi e riprovi in continuazione, ma lo fai nell'intimità della sala da ballo. Poi però arriva il momento di esibirti in teatro, davanti al pubblico; devi affrontarlo, non puoi sottrarti e fuggire le tue responsabilità."
Mentre parlava si era appoggiata anche lei alla testiera del letto ed aveva fatto vagare lo sguardo per la stanza. Le parole le erano uscite spontanee, ed era la prima volta che parlava così apertamente del suo ritorno; curioso che l'avesse fatto con Noa che era quasi uno sconosciuto. Ma forse era proprio quello il punto; parlare con una persona estranea ai fatti le permetteva di aprirsi senza però esporsi troppo.
Noa la guardava confuso, coinvolto ed affascinato dal discorso; benché gli mancassero molte tessere del puzzle, riuscì comunque a comprenderne il significato generale, soprattutto grazie alla sua esperienza personale. Anche a lui era sembrato di vivere in sospeso nei tempi successivi all'incidente; scegliere di iniziare a fare basket era stato come provare a riprendere il comando sulla sua vita. Cercava il modo di unire le poche informazioni che aveva su Nina e la sua partenza al tatuaggio che portava impresso sulla schiena, convinto che le cose fossero collegate, senza però alcun risultato soddisfacente.
"Per entrambi le nostre vite hanno preso una piega inaspettata due anni fa, curioso eh?", commentò dandole un colpetto sul braccio.
"Curioso? Inquietante direi", replicò storcendo il naso.
"Inquietante? Guarda che la prendo come un'offesa", minacciò fingendosi arrabbiato.
"La prenderesti per quel che è, quindi", lo sfottè ricambiando il colpetto di prima.
"Avresti dovuto fare qualche congettura da femmina", considerò sconsolato.
"Vale a dire?", chiese aggrottando la fronte.
"Del tipo che siamo predestinati e sciocchezze simili; che ragazza sei? Dove hai lasciato il romanticismo?"
"Hai ragione, sono imperdonabile, in vista del nostro nuovo incontro vedrò di farne scorta", promise Nina sforzandosi di non scoppiare a ridere.
Il resto del pomeriggio lo trascorsero discutendo del sito, che cominciava a prendere forma, con Noa che lavorava alacremente al pc e Nina che assisteva e gli indicava le sue preferenze su colori, font e dimensioni.



 

Angolo vaneggiamenti:
C'è nessuno? Spero proprio di si. Dopo due mesi sono tornata ad aggiornare, e chiedo scusa per averci messo così tanto, ma dopo l'ultimo aggiornamento sono partita e quando sono tornata non ho fatto altro che studiare per un esame, di conseguenza non ho avuto molto tempo.
Passando al capitolo, si viene finalmente a scoprire cos'è che aveva Nina sulla schiena; deluse? Ci avevate pensato? Come potete vedere è un capitolo dedicato interamente a Nina e Noa, dove si viene a scoprire realativamente poco sul passato ancora misterioso di Nina. In realtà il capitolo non è proprio venuto come mi aspettavo, ma ho preferito non farvi aspettare ancora piuttosto che stare u'altra settimana a rivedere e correggere il capitolo. Detto questo spero vogliate dirmi cosa pensate del capitolo, e come al solito per eventuali dubbi, incompresioni e quant'altro, sono a vostra completa disposizione. Baci, a presto!

  
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