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Autore: Princess of Dark    05/10/2015    3 recensioni
Per Sara la vita in casa Wilson non è facile perché ogni giorno deve scontrarsi con i suoi fratellastri:
Alexander, di cui un tempo è stata segretamente innamorata e che sembra provare disgusto nei suoi confronti, il sadico Darren che si diverte a stuzzicarla di continuo, il piccolo Jeremy completamente pazzo di lei.
Ma tutto cambia alla morte del padrino, quando per ricevere l'eredità i fratelli sono costretti a rispettare un'impossibile clausola...
Dalla storia: "Alexander era completamente diverso da me e insieme eravamo del tutto sbagliati.
Eravamo come due colori bellissimi che insieme stonano.
Alexander ed io avevamo in comune solo una cosa: il cognome."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quando uscii dalla stanza, con un enorme mal di testa, Alexander non c’era e con lui era sparita anche l’auto. Probabilmente era andato a lavoro oppure semplicemente voleva evitarmi.
A fine giornata, quando ormai mi ero messa da sola nel letto arrivai alla conclusione che non voleva vedermi. Chissà cosa gli era passato in testa quando aveva visto il test di gravidanza e chissà cosa pensava dopo il nostro litigio: la mia reazione gli aveva dato tutti i motivi necessari per credere che fossi davvero incinta. Ora mi spiegavo il suo comportamento quando era venuto a prendermi, la sua fissazione per Darren, Vincent e chiunque altro… chissà quante brutte cose aveva pensato su di me. Avrebbe dovuto dirmi anche questo. Perché diamine non parlava mai con me?!
Proprio quando stavo per addormentarmi sentii la chiave girare nella toppa e un rumore di passi. Circa dieci minuti dopo Alexander entrò in camera e si sdraiò sul letto. Mi sarei aspettata di restare da sola anche per tre giorni, conoscendolo, e invece era ritornato alle undici e mezza di sera.
«C’è un motivo se ho messo le mani nelle tue cose», fece lui, attirando la mia attenzione. Cos’è aveva ancora voglia di discutere a quest’ora? «Mi servivano solo delle informazioni sui tuoi dipendenti»
«Potevi chiedermele», tagliai corto, continuando a rivolgergli le spalle.
«Mi avresti chiesto a cosa mi servivano»
«A cosa ti servivano?», feci con aria di sfida, voltandomi per poterlo guardare negli occhi. Accennò ad alzare gli occhi al cielo ma si trattenne.
«Qualcuno mi ha minacciato di farti del male, sa dove lavori. Non volevo spaventarti», si limitò a dire col capo chino. Sgranai gli occhi meravigliata e lo credetti immediatamente: almeno stavolta sembrava sincero.
«È per questo che mi hai ordinato di lavorare a casa?». Lui annuì. Aveva tutto un senso. Alexander non era tanto psicopatico come pensavo, non provava uno strano gusto nel tenermi chiusa in casa né a farmi pedinare. Ora ero io quella in dovere di dare delle risposte: Alexander era lì a guardarmi nella penombra come per farmi una richiesta silenziosa. Mi tirai su e mi aggiustai una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Una sera io, Jeremy e Darren abbiamo bevuto un po’ troppo. Mi sono ubriacata e lo sai quanto reggo l’alcool… Jeremy ci ha lasciati soli, Darren mi ha baciato e mi ha fatto credere di aver fatto altro con lui quella notte. Ero diventata ossessiva perché mi vedevo ingrassata, non mi sentivo mai bene, avevo un ritardo. Ho pensato di essere incinta e ho comprato il test, ma poi mi sono venute le mestruazioni e mi sono completamente dimenticata di averlo comprato». Col capo chino guardavo le nostre dita vicine, che quasi si sfioravano ma che non avevano il coraggio di toccarsi davvero, nascondendomi tra i capelli per l’imbarazzo.
«Lo ammazzo», lo sentii sussurrare, poi le sue dita scomparvero e prima che potessi alzare il viso era già uscito sbattendo la porta furiosamente.
«Alexander!». Mi precipitai giù dal letto, sentendo le ruote slittare sull’asfalto. La porta di casa era ancora aperta e fuori tutto era immerso nel buio e nel silenzio interrotto dai grilli. Il cuore mi batteva all’impazzata. Cosa voleva fare ora?
Mi sentivo così in colpa. Ci ero già passata una volta: ritornai indietro nel tempo, a quella notte di cinque anni fa…

Singhiozzavo come una bambina che aveva appena fatto un altro dei suoi capricci e non riuscivo a fermarmi. Ero davvero stanca: un’altra botta e il mio cuore avrebbe ceduto.
Il camino dinanzi a me scoppiettava, il fuoco illuminava il mio volto e la fiamma viva emanava un calore pazzesco. Ero accaldata e le mie lacrime scendevano bollenti, nonostante fosse quasi dicembre stavo iniziando a sudare.
«Ehi, cucciolo di Bambi». Non avevo avvertito la presenza di Darren, che probabilmente mi aveva sentita piangere mentre passava per il corridoio. Nascosi il mio viso tra le mani per la vergogna e ciocche di capelli mi caddero davanti. Lui si sedette sul divano davanti a me e mi appoggiò una mano sulla gamba, sporgendosi nella speranza di trovare uno spiraglio per potermi guardare.
«Cos’è successo?», sussurrò dolcemente, allungando una mano per spostarmi i capelli. Sentii le sue mani sfiorare le mie e così le tolsi dal volto, trattenendo le lacrime e asciugandomi quelle che erano già scese. Tenni lo sguardo basso.
«Un viso così bello rovinato dalle lacrime», borbottò contrariato, mentre le sue mani scivolavano ad accarezzarmi le guance mentre il pollice mi asciugava. Mi voltai per guardarlo e incontrai i suoi occhi con espressione preoccupata. Darren che parlava in questo modo era un caso raro.
«Lasciami stare, Darren», mugolai, divincolandomi dalle sue premure. Non avevo voglia di parlare, né tantomeno di sentire la sua predica sul fatto che continuavo a seguire la strada sbagliata.
«Andiamo, sono giorni che ti sento piangere», mi incitò, ma da parte mia solo il silenzio. Avevo un nodo alla gola che quasi non mi faceva respirare, figuriamoci se mi mettevo a raccontare le mie sventure. A Darren. Che fino all’altro ieri provava a palparmi il sedere. «Stai rimuginando su Alex?», aggiunse.
Domanda retorica, ovviamente. Sapeva benissimo perché ero ridotta così, ce li aveva anche lui gli occhi per osservare come mi trattava e delle orecchie per sentire quello che Alexander mi sputava contro. Gli occhi mi si riempirono nuovo di lacrime ma avevo distolto lo sguardo e Darren non poteva vederlo.
«Hai chiarito quello che è successo?». Tirai su col naso e fissai le fiamme scoppiettanti per qualche secondo.
«No, Darren, no. Non riusciamo a superarla questa cosa». Mi fu impossibile trattenermi e scoppiai nuovamente a piangere. Lui mi prese prontamente tra le sue braccia e lasciò che la sua maglia si bagnasse con le mie lacrime, cullandomi dolcemente.
«Se fossi in te… lo lascerei andare. Non lo dico perché così io possa avere la strada spianata con te, ma perché io non ce la farei a dare continuamente amore senza ricevere nulla in cambio. Sara, io posso amarti, lui no. E tu meriti una persona che trovi il paradiso ogni volta che ti guarda e che per questo non si stanchi mai di guardarti». Facile a dirsi. Facile a dire “non ci pensare, ne troverai un altro”. Non pensarci davvero è tutta un’altra storia: ci avevo provato già un milione di volte ma la mia testa vagava sempre fino a lui.
«Non lo so cosa gli ho fatto… continua a trattarmi male, non capisce cosa provo»
«Allora vai e diglielo una volta per tutte quello che provi!», esclamò allargando le braccia. «Dopo anni e anni penso che sia arrivato il momento di parlare e mettere in chiaro le cose», disse serio.
«Hai ragione», mormorai annuendo, tirandomi su con il naso. «però.. non so da dove iniziare, sono cosi confusa… quando gli sono davanti mi scordo tutto quello che avevo in mente di dirgli due secondi prima».
Mise le mani sulle ginocchia e si diede una spinta per alzarsi.
«Ti aiuto», esordì, poggiandosi le mani al petto. «Fai finta che io sia lui, dimmi tutto»
«Ma no, dai…», mormorai imbarazzata.
«So che fa paura, ma diglielo chiaramente… Io ti amo», disse deciso, poi mi prese le mani e si mise in ginocchio davanti a me. Mi spuntò un sorriso divertito mentre lo osservavo sistemarsi il ciuffo ribelle all’indietro.
«C’è qualcosa che devi dirmi, Sara?», sbottò. Lo guardai confusa. «Muoviti, ho da fare», aggiunse. Ci misi qualche istante a capire che era già entrato nella parte di Alexander. Mi morsi il labbro e iniziai ad elaborare una frase di senso compiuto. Ero abbastanza imbarazzata, non era da me aprirmi così tanto e l’idea di farlo con Alexander mi spaventava a morte. Confessare i miei sentimenti a Darren poi… era più facile trovare l’ago in un pagliaio.

Pov Alexander

Mi arrestai poco più avanti, sull’uscio della porta, sporgendomi leggermente per guardare all’interno della stanza. Il grosso divano nascondeva perfettamente le due figure, riuscivo a distinguere solo la chioma spettinata di Sara che spuntava di qualche centimetro sopra la spalliera. Sapevo chi c’era con lei, avevo sentito Darren pronunciare un “ti amo” molto strambo. Chissà dov’era, se era seduto a terra come al solito, se si era sdraiato sul divano e se magari aveva anche appoggiato la testa sulle gambe di Sara con quell’espressione compiaciuta che gli avrei strappato dal volto.
Per qualche strano motivo restai lì ad ascoltare: sapevo che non avrei dovuto, che non mi riguardava, eppure non riuscivo a staccarmi da quella parete sulla quale ero appoggiato. Dovevo sapere cosa stava succedendo.
«Me lo sto tenendo dentro da troppo tempo… devi sapere quello che penso, vada come vada». Sara aveva la voce tremante, come se avesse appena finito di piangere. O forse era l’emozione… «Ho passato tanto tempo ad osservarti, a guardarti come se fossi la cosa più bella che mi sia capitata e a starmene in silenzio nella speranza che la fiamma si spegnesse. Sapevo che era sbagliato e a ricordarmelo c’eri proprio tu che mi guardavi con quell’aria come a rimproverarmi… mi sono sentita davvero in colpa», la sua voce era decisa. Cosa diavolo stava dicendo?! Davvero stava confessando quelle cose a Darren? Avvertii una fitta allo stomaco, ansioso di sentire il continuo. «Ma ecco… dopo quella sera… è cambiato tutto. Ho iniziato a pensare che forse anche tu mi volevi, che non mi vedevi solo come la sorellina adottiva. E me ne sono fregata di ciò che avrebbero pensato gli altri perché vedi, baciarti è stato lo sbaglio più bello della mia vita, se così si può definire». Lo stomaco si era completamente contorto, la mia bocca per poco non cadeva a terra per lo stupore… Sara… quella ragazzina che mi aveva fatto credere di stare ai miei piedi… si era fatta anche mio fratello. Che troia…
«Mi divertiva custodire questo segreto, l’abbiamo rifatto all’oscuro di tutti e questo forse ci univa… avevamo questo piccolo segreto da condividere. Pensavo che il nostro amore fosse come un piccolo seme da curare… ma non sta germogliando e anzi, gli strappi le radici. Mi sputi contro tanto veleno ma io non riesco ad odiarti perché in cuore mio ho ancora la speranza che nasca un bel fiore. Ora, senza finzioni, sai quello che provo e ho bisogno di sapere se c’è ancora una speranza per noi due». Le parole di Sara mi avevano mandato letteralmente in escandescenza… perché Darren? Perché aveva sempre finto indifferenza nei suoi confronti?
«Certo che c’è speranza», sentii dire da parte di Darren, che sicuramente stava gongolando pensando a me, povero illuso, che combatteva contro nemici immaginari come Don Chisciotte e i suoi mulini a vento. Mi sentivo così ridicolo… Sara, con la sua faccia d’angelo, mi aveva preso in giro per tutto questo tempo senza che me ne accorgessi. Darren me l’aveva soffiata via, era riuscito ad ottenere ciò che voleva e me l’avrebbe ricordato giorno dopo giorno, rinfacciandomi che era riuscito a vincere il suo trofeo più di quanto ci fossi riuscito io. Ero una pentola a pressione, le mie vene stavano per scoppiare, i pugni erano chiusi e tremanti di rabbia, mi sentivo come un re al quale era stato sottratto il trono. Darren aveva osato toccare qualcosa che mi apparteneva. Volevo solo spaccargli la faccia.

Pov Sara

Darren mi guardò con un’espressione compiaciuta e fece un enorme sorriso.
«Amore mio», sussurrò, prima di gettarsi su di me e mimare un bacio intenso con tanto di strani versi mentre ridevo e mi divincolavo. Un rumore di qualcosa di pesante che si spostava ci fece sobbalzare e ci voltammo di scatto.
«Pezzo di merda». Neanche il tempo di tirarmi su che vidi Alexander che si era scaraventato su Darren, afferrandolo per il colletto della polo per sbatterlo contro il muro. Mi tirai indietro, raggomitolandomi sul divano, osservando spaventata l’espressione infuriata di Alexander.
«Ma che cazzo ti prende», ringhiò Darren infastidito, spingendolo via con le mani contro il petto. Alexander gli assestò un pugno in piena mascella e Darren perse l’equilibrio. Mi portai le mani alla bocca.
«Alexander!», urlai allarmata, alzandomi dal divano per aiutare Darren a rialzarsi. Alexander si voltò immediatamente verso di me con gli occhi spalancati e il viso rosso per la rabbia, puntandomi un dito contro.
«Sei una puttana», ringhiò puntandomi un dito contro ed io sobbalzai, come se avessi paura di ricevere anch’io un cazzotto.
«Modera i termini, coglione!», lo rimproverò Darren prendendo le mie difese e Alexander, che non aspettava altro che un motivo per attaccare, si scaraventò su suo fratello e partì un altro pugno. Darren rispose annaspando, graffiandogli la guancia.
«Alex! Smettila!», urlai piagnucolando, afferrandolo per la maglia per tirarlo via. Non l’avevo mai visto così fuori di sé.
«Fai schifo», ringhiò Alexander, continuando a dare colpi alla cieca. Per poco non ne presi uno anch’io e, nello scansarmi, il vaso sul ripiano del camino cadde facendo un gran rumore.
«Ma che sta succedendo?!». Jeremy irruppe nella stanza e vide Darren e Alexander prendersi a pugni e subito si gettò tra di loro, cercando di separarli. Indietreggiai intimorita, mi sentivo impotente, confusa per quello che stava accadendo all’improvviso.
«Vi prego, basta», mugolai, tentando nuovamente di afferrare Alexander. Era un toro infuriato, impossibile da domare.
«Santo Cielo, signor Wilson!». Sentii Agatha urlare dopo che si era affacciata e aveva visto tutti e tre azzuffarsi e dopo qualche secondo anche mio padre entrò in stanza.
«Che sta succedendo?!», borbottò in tono autoritario e loro si acquietarono immediatamente. Alexander allentò la presa e Jeremy riuscì ad afferrarlo per le spalle per bloccargli  le braccia. Darren si tirò su e si sedette sul divano, pulendosi con una mano il sangue che continuava a scorrergli dal naso.
«Non posso credere a quello che vedo… siete tornati indietro di dieci anni?», ci rimproverò papà mentre Agatha mugolava qualcosa andando avanti e indietro, afferrando uno strofinaccio da mettere sotto il naso di Darren.
«Sara, portalo in cucina mettigli del ghiaccio», mugolò Agatha preoccupata, raccogliendo i cocci del vaso di porcellana che era andato in frantumi. Darren si alzò e passò a capo chino davanti a nostro padre, seguendomi in cucina e sedendosi su una sedia.
«Io non lo so cosa gli è preso», mugolai prendendo qualche cubetto di ghiaccio da avvolgere in uno strofinaccio con le mani ancora tremanti per lo spavento.
«Vorrei saperlo anch’io», borbottò Darren irritato, lasciando che premessi il ghiaccio sulla punta del naso che era inclinata leggermente verso destra. Fece una smorfia per il dolore e per l’impatto col ghiaccio freddo.
«Perché non andiamo al pronto soccorso? Vedo qualcosa di strano», feci preoccupata, osservando il suo naso. Lui lo tastò e fece un’altra espressione di dolore.
«Vado a mettermi una maglietta pulita», sbottò,  afferrando il panno con il ghiaccio diretto in camera sua. Presi un altro strofinaccio per pulire le macchie di sangue dal pavimento. Ancora non potevo credere a quello che era appena successo… non avevo mai visto Alexander usare tanta violenza e agire con così tanta rabbia fino a rompergli il naso. Sentii qualcuno entrare in cucina e quando alzai lo sguardo vidi Alexander a pochi passi da me.
Restai pietrificata ad osservarlo sciacquarsi le mani e massaggiarsi le nocche aprendo e chiudendo la mano a pugno mentre nella mia testa vorticava l’immagine del suo dito contro mentre mi dava della puttana. Era lo stesso Alexander di cui mi ero innamorata?
«Hai dei graffi…», accennai, allungando la mano con la pezza per pulirlo. Respinse la mia mano con uno schiaffo e senza guardarmi in faccia prese le chiavi dell’auto riposte sul tavolo, ignorando Darren sull’uscio della porta quando gli passò accanto per andare via.
«Questo casino è tutto per colpa mia», mugolai trattenendo le lacrime. Stavo portando troppi casini in quella casa.
 



Buonasera ^^ vi ho fatto aspettare un bel po' (sia in termini di giorni che di capitoli xD) ma finalmente stiamo facendo un po' di chiarimenti nel passato burrascoso dei nostri piccioncini *w*
Spero che continuiate ad apprezzare il mio lavoro, nel frattempo vi ringrazio per tutte le cose belle che continuate a dirmi, quando sono giù questo è il modo migliore per ricevere delle soddisfazioni... quindi grazie davvero!
Superata la parte "difficile" non ci metterò molto per il prossimo capitolo, quindi a presto! :)

 
  
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